Matematico greco, autore di numerosi trattati, operò attorno al 300 a. C. nella colonia di Alessandria, allora di recente fondazione. E. è particolarmente noto per un'opera, gli Elementi (v.), contenente quelli che erano all'epoca i fondamenti della matematica (soltanto dell'aritmetica e della geometria, dato che i Greci ignoravano l'algebra), presentati in struttura assiomatica. È importante notare che, benché gran parte dei contenuti degli Elementi di E. non siano originali, quest'opera fu tra le più influenti per lo sviluppo del pensiero e della cultura occidentale. Una distinzione netta deve essere operata tra il contesto e l'importanza contemporanea dell'opera matematica di E. da un lato, e la sua influenza e significato in rapporto ai successivi sviluppi del pensiero occidentale dall'altro. Ci sono pervenute altre quattro opere di E. sulle tecniche per risolvere problemi geometrici e sull'applicazione della geometria all'astronomia e alla prospettiva. Tra le opere andate perdute e quelle attribuite, si annoverano trattati di geometria superiore, sulle sezioni coniche, sui metodi di ragionamento logico e scientifico, sull'ottica degli specchi e sulla musica. Della vita di E. e del suo contesto ignoriamo praticamente tutto. Secondo gli antichi commentatori E. operò in Alessandria, tra il 320 e il 270 a. C., probabilmente chiamatovi in coincidenza della fondazione della grande Biblioteca, poco dopo il 300 a. C. Il progetto che sottende gli Elementi rimane ipotetico. Certamente non fu scritto come un manuale di propedeutica matematica, poiché l'opera non si adegua all'esposizione elementare, ed è troppo difficile e astratta per rivolgersi a studenti alle prime armi, a causa del suo impianto logico. I compendî di matematica basati in qualche misura sul metodo deduttivo risalgono all'epoca di Ippocrate di Chio (circa 430 a. C.), ma tutto lascia supporre che gli Elementi fossero i primi ad assegnare alla matematica una struttura così rigorosamente assiomatica. Vale a dire che E., in base alle definizioni degli enti che costituiscono i fondamenti della matematica insieme agli "assiomi", o principî evidentemente ed indiscutibilmente veri che determinano le proprietà essenziali di questi enti, arrivò a dedurre in maniera sostanzialmente rigorosa tutta l'aritmetica e la geometria elementari. Perciò dalla verità evidente e necessaria dei primi principî e dal rigore della successiva deduzione, viene garantita la verità certa di tutta la matematica. Dei cinque assiomi (così come delle numerose definizioni) proposti da E., uno (il quinto, che tratta dell'intersezione tra un segmento e due linee parallele e che porta come conseguenza all'unicità della parallela per un punto a una retta data) venne considerato problematico fin dall'antichità. Lo studio di questo assioma e delle sue alternative (da parte, tra gli altri, di Gauss nel sec. 19°) generò differenti geometrie (v. geometria: Cenni storici). I filosofi dei secc. 5° e 4° avevano a lungo dibattuto quali definizioni e assiomi fossero in grado di costituire i punti di partenza da cui dedurre con assoluta certezza l'intera costruzione del corpo di conoscenze aritmetiche e geometriche, ed è probabile che il compendio assiomatico di E. fosse concepito per risolvere definitivamente la questione. Sebbene i matematici greci a lui posteriori fossero generalmente assai rigorosi, non sopravvive alcun tentativo di ampliamento degli assiomi euclidei che eguagli gli Elementi. Non è chiaro se E. conoscesse le idee di Aristotele sulla natura dei principî su cui dovrebbe fondarsi la deduzione logica e scientifica. È facile interpretare l'opera di E. come un processo di assiomatizzazione della matematica ispirato alla trattazione aristotelica sul metodo deduttivo e sui principî primi della scienza; ma Aristotele, di converso, può aver discusso le implicazioni filosofiche dell'opera dei matematici della metà del sec. 4° i quali furono, a loro volta, le fonti e i predecessori di Euclide. L'influenza degli Elementi su altri matematici non fu immediata (né Apollonio né Archimede li considerano fondamentali), e soltanto attorno al sec. 2° o 1° a. C. iniziarono a essere considerati come uno dei fondamenti della matematica. Tuttavia, nel giro di alcuni secoli, gli elementi pre-euclidei cessarono di essere commentati dai matematici successivi e andarono persi. Gli Elementi raggiunsero l'Europa medievale e rinascimentale attraverso tre vie: traduzioni latine classiche, frammentarie e non strettamente aderenti al testo originale degli Elementi; traduzioni in latino (risalenti ai secc. 11° e 12°) di numerose versioni arabe, alcune delle quali sotto forma di commentarî e versioni ridotte; edizioni o traduzioni, prima in latino e solo successivamente in volgare, di versioni greche (bizantine) pubblicate alla fine dei secc. 15° e 16°. È di indiscutibile rilievo l'impatto degli Elementi sulla cultura occidentale. Fino al sec. 17° l'opera costituì infatti la base del pensiero matematico e l'essenza stessa della matematica, e non ebbe rivali fino alla fine del sec. 19°; dal Medioevo fin quasi al sec. 19°, fu ritenuta un modello di ragionamento e, in una certa misura, del metodo stesso con cui veniva insegnata. Ma, al di là del ruolo paradigmatico degli Elementi come fondamento della matematica, l'influenza esercitata sul pensiero occidentale dall'idea del metodo assiomatico e del suo status di verità suprema fu grandissima. Non è un caso che solo la Bibbia superi per numero di edizioni gli Elementi di E.: il loro significato nella storia del pensiero occidentale è molto più di quello di un semplice trattato di aritmetica e geometria e costituisce piuttosto il paradigma del ragionamento rigoroso e della conoscenza scientifica.