Termine filosofico con cui si designano quelle concezioni che non solo riconoscono una funzione all'intuizione, ma rivendicano a essa un ruolo privilegiato. Di i. si è parlato a proposito della scuola scozzese del senso comune di T. Reid (1710-1766) e W. Hamilton (1788-1856) che, nel tentativo di superare le conclusioni scettiche di D. Hume, affermò la capacità degli uomini di percepire, mediante l'intuizione, delle verità certe sia sul piano gnoseologico sia su quello morale. Nel 20° sec. l'i. di H.-L. Bergson non si limita a riconoscere un posto primario all'intuizione, ma contrappone questa funzione libera e creatrice all'intelletto schematico e statico. In filosofia della matematica, L.E.J. Brouwer e A. Heyting (1898-1980) si sono opposti alla concezione della matematica come sistema di simboli e di formule, e hanno visto all'origine degli elementi di questa disciplina (numeri, assiomi, teoremi ecc.) un continuo intervento dell'intuizione concepita come attività della mente che crea e costruisce i costituenti essenziali in questo campo.