Uomo di stato, filosofo, linguista e letterato (Pots dam 1767 - Tegel, Berlino, 1835). Fu una delle personalità salienti della cultura tedesca in epoca moderna, con pochissimi paralleli nella capacità d'impegnarsi e di primeggiare sia nella vita pratica sia in quella intellettuale. Perduto assai presto il padre, insieme al fratello Alexander ricevette in casa un'eletta educazione nel paterno castello di Tegel e a Berlino, prima d'iniziare a Francoforte sull'Oder, nel 1787, gli studî universitarî, proseguiti l'anno successivo a Gottinga. Iscritto a corsi di discipline giuridiche e politiche, nel frattempo s'interessava anche del mondo classico e prendeva contatto con la filosofia kantiana. A Weimar conobbe Karoline von Dacheröden, sua futura sposa, e per mediazione di lei entrò in contatto con Schiller, e la spirituale vicinanza con il poeta lo indusse a trasferirsi nel 1794 a Jena. Nel 1797 H. era a Parigi, dove rimase sino al 1799, quando si recò in Spagna, occupato dallo studio del dialetto basco. Nel 1801 assunse la carica di residente prussiano a Roma, ove rimase fino al 1808, dal 1806 quale ministro plenipotenziario. Nel 1809 assunse a Berlino la carica di direttore, in seno al ministero degli Interni, della sezione del culto e dell'istruzione, predisponendo fra l'altro la fondazione dell'università che porta ora il suo nome e dove insegnarono maestri insigni quali Savigny, Schleiermacher, Fichte, da lui chiamati. Incarichi più dichiaratamente politici assunse nel 1813, quando diresse come plenipotenziario la delegazione prussiana al congresso di Praga, e nel 1814, quando allo stesso titolo prese parte alle effimere trattative di pace di Châtillon e Parigi. Accanto al cancelliere Hardenberg fu anche al congresso di Vienna. Ricevette altri incarichi politici, sempre assunti con l'intento di dar vita finalmente alla promessa costituzione; ma i contrasti erano tali da indurre H. a una personale rottura con Hardenberg e quindi, alla fine del 1819, a una rinuncia definitiva alla vita pubblica. Dal 1820 sino alla morte, con l'interruzione di qualche viaggio di cui uno solo lungo, a Parigi e Londra (1828), visse nel castello di Tegel, nel quale veniva radunando una esemplare raccolta di sculture classiche. I primi scritti di rilevante peso furono di tema politico, Ideen über Staatsverfassungen, durch die neue französische Constitution veranlasst (1792) e Ideen zu einem Versuch, die Grenzen der Wirksamkeit eines Staates zu bestimmen (1792, ma pubblicato integralmente postumo nel 1851), quest'ultimo scritto sotto l'ispirazione dell'Éducation politique di Mirabeau, nei quali egli svolge la sua dottrina politica, che lo pone come uno dei primi teorici del liberalismo e dello stato di diritto. Lo stato è concepito da H. come un "male necessario": esso consente di superare la condizione d'isolamento dell'individuo, ma deve limitarsi a garantire la sicurezza interna ed esterna. Più consistente fu l'attività di H. letterato, il quale raccolse negli Ästhetische Versuche (1799) saggi in parte già in precedenza noti, fra cui, notevoli per lo sviluppo della poetica classicistica e per l'intesa fra lo stesso H. e Goethe, i saggi sui goethiani Herrmann und Dorothea e Reineke Fuchs. Qui, come anche nei saggi all'incirca coevi Über den Geschlechtsunterschied e Über männliche und weibliche Form, è enucleato l'ideale dell'umanità come compiutezza di forma, come rappresentazione, in un individuo o in una entità individuata, di un'idea universale. Il campo, però, in cui H. operò più a lungo, lasciando una traccia decisiva, fu quello del linguaggio, sia al livello della teorizzazione sia a quello della verifica documentata. Scrisse Berichtigungen und Zusätze zu Adelungs Mithridates über die kantabrische oder baskische Sprache (1817), Prüfung der Untersuchungen über die Urbewohner Hispaniens vermit telst der baskischen Sprache (1821), Über die unter dem Namen Bhagavad-Gita bekannte Episode des Maha Bharata (1826), Über den Dualis (1828), Über die Verwandtschaft der Ortsadverbien mit dem Pronomen in einigen Sprachen (1830), spaziando dalla lingua basca alla cultura indiana, per soffermarsi, con esemplare puntualizzazione, su singoli elementi e aspetti del fatto linguistico, con aperture anche verso la comparatistica. Suo capolavoro fu però il postumo Über die Kawisprache auf der Insel Java (3 voll., 1836-40), cui fece da premessa, anch'esso postumo, il saggio Über die Verschiedenheit des menschlichen Sprachbaues und ihren Einfluss auf die geistige Entwicklung des Menschengeschlechts (1836), che fa di H. uno dei maestri della filosofia del linguaggio, insieme a Vico e Herder. Lo studio della lingua diviene essenziale per conoscere la storia e quindi lo spirito di un popolo, in quanto la lingua non è prodotto di un'attività volontaria, bensì un'involontaria emanazione dello spirito. In conseguenza, H. esige per prima cosa che per ogni lingua si tenga conto delle sue specifiche ed esclusive strutture, che storicamente si pongono e si rinnovano nel dualismo fra la libertà dell'individuo, spontaneamente creante, e la necessità sociale consistente nelle limitazioni imposte dal gruppo nazionale in cui l'individuo stesso si colloca. A Roma, oltre allo studio improntato al classicismo Hellas und Rom (1806), H. scrisse il poemetto Rom (1806), che fu una delle poche testimonianze apprezzabili di una attività poetica del resto poco significante. Non altrettanto è da dirsi del Tagebuch W.v.H.s von seiner Reise nach Norddeutschland im Jahre 1796 (post., 1894), testimonianza di un sapere stilistico talora addirittura esemplare. Grande importanza infine hanno i suoi carteggi, che forniscono il ritratto di una personalità umanamente assai ricca, lontana dalle secche di una erudizione fine a sé stessa; da ricordare Briefwechsel zwischen Schiller und W.v.H. (1830) e Briefe an eine Freundin (cioè a Charlotte Diede, post., 1847).