Stato dell’Europa centro-orientale. Confina a N con la Polonia, a E con l’Ucraina, a S con l’Ungheria, a SO con l’Austria e a NO con la Repubblica Ceca.
Il territorio è chiuso a N da un tratto della catena carpatica, che culmina a oltre 2600 m con le cime degli Alti Tatra, modellate dal glacialismo. Verso S le valli del Váh e dell’Hernád separano gli Alti dai Bassi Tatra (2043 m), formati da arenarie e prevalentemente boscosi, mentre più a S ancora, separato dalla valle del fiume Hron, si allunga per oltre 100 km il rilievo paleozoico dei Monti Metalliferi Slovacchi (1458 m), dalle forme meno aspre. A SO la S. include un lembo della pianura del Danubio, alla sinistra del fiume, che in questo tratto segna il confine con l’Ungheria.
Il clima è continentale, con estati calde e inverni secchi. Le precipitazioni, più copiose nei mesi estivi, si aggirano intorno ai 650 mm annui.
La popolazione è composta per larga maggioranza da Slovacchi (85,8%); tra le minoranze, i più numerosi sono gli Ungheresi (9,7%), cui seguono i Rom (1,7%), i Cechi (0,8%) e piccoli gruppi di Ucraini, Polacchi e Tedeschi. Fino al secondo dopoguerra, la S. è stata caratterizzata da un forte dinamismo demografico, che ha alimentato un’intensa emigrazione verso i paesi europei più ricchi e verso gli Stati Uniti. Successivamente, il tasso di crescita della popolazione è gradatamente diminuito fino ad attestarsi intorno allo 0% (anni 2001-08). La struttura insediativa è incentrata su una rete di città di piccole e medie dimensioni: oltre alla capitale e a Košice, secondo polo economico del paese, nessun’altra città supera i 100.000 abitanti.
La religione prevalente è quella cattolica (68,9%) con minoranze protestanti (10,8%) e greco-cattoliche (4,1%); una consistente parte della popolazione (13%) si dichiara atea.
L’attuale Repubblica Slovacca è rimasta a lungo una regione poco sviluppata, con livelli di reddito individuali e condizioni materiali di vita nettamente inferiori a quelli della Boemia e della Moravia. A partire dal 1945, lo sviluppo economico slovacco fu considerato come una delle condizioni fondamentali per il consolidamento dell’unità cecoslovacca. Ma l’opera di ammodernamento dell’economia voluta dal regime comunista rimase frenata dalla perifericità della regione e dalla scarsa disponibilità di risorse. Modesti giacimenti di carbone e di lignite si trovano presso il confine moravo e nei Monti Metalliferi Slovacchi, dove si estraggono anche minerali di ferro, rame, piombo, zinco e mercurio. Tuttavia, la vicinanza della Slesia (Ostrava) rendendo agevole l’approvvigionamento di carbon fossile e coke, consentì a Košice l’impianto di stabilimenti siderurgici, che divennero in poco tempo l’unica attività industriale in espansione, relegando in secondo piano le altre vocazioni e potenzialità economiche della regione. Al momento della separazione dalla Repubblica Ceca, la S. si trovava dunque in una posizione svantaggiata sia per la carenza di risorse energetiche e minerarie sia per la povertà dell’agricoltura e l’arretratezza della tecnologia industriale. Dopo una fase iniziale, nella quale le riforme varate dal primo governo postcomunista hanno avuto ripercussioni negative sull’andamento dell’economia (forte disoccupazione, inflazione elevata), i primi segni di ripresa si sono manifestati nel corso del 1994, grazie anche al rilancio del programma di privatizzazione per cui la quota del settore privato sul prodotto nazionale è passata dal 20% del 1990 a oltre il 40%. Nella seconda metà degli anni 1990, la S. ha quindi proseguito la difficile transizione da un’economia pianificata a una moderna economia di mercato, attuando la riconversione di un apparato industriale obsoleto e la privatizzazione di settori strategici per lo sviluppo dell’economia. Come negli altri paesi dell’Est europeo, si è fatto ricorso a urgenti flussi di investimenti stranieri, attirati dal basso costo del lavoro e dalla creazione di zone economiche speciali con regime fiscale favorevole, che si sono concentrati nei comparti della meccanica, dell’elettronica e nei servizi bancari. I successi economici conseguiti (crescita sostenuta del PIL, drastica riduzione del disavanzo di bilancio) hanno permesso l’ingresso del paese nella UE nel 2004 e nell’area euro nel 2009, sebbene i costi sociali (alto tasso di disoccupazione, forte ridimensionamento del welfare) si siano dimostrati elevati.
L’agricoltura (che nel 2008 occupava il 4% della popolazione attiva e partecipava al PIL per il 3,7%) è passata nei primi anni 1990 dalla gestione di Stato del periodo comunista alla privatizzazione. I principali prodotti agricoli sono frumento, orzo, mais, patate e barbabietola da zucchero, coltivati nelle fertili terre della S. occidentale. Grande rilevanza ha l’allevamento suino e bovino.
Il settore secondario mantiene una notevole importanza, sia in termini occupazionali (39% della popolazione attiva) sia in termini di contributo al PIL (37,2%): le principali specializzazioni sono costituite dalla metalmeccanica (produzione di automobili e di componenti), dall’elettronica, dall’alimentare, dalla chimica, dalla siderurgia, dal tessile; il settore degli armamenti, dopo il crollo registrato nei primi anni del periodo postcomunista, si è parzialmente risollevato, rivolgendosi all’esportazione.
Le attività terziarie (56,9% della popolazione attiva e 59% del PIL) hanno registrato una forte crescita nel passaggio all’economia di mercato. Buone prospettive di sviluppo presenta il turismo, che può contare su attrattive quali i comprensori sciistici degli Alti e Bassi Tatra, le località termali e il patrimonio storico-artistico di città come Bratislava, Košice, Nitra, Bardejov.
Per quanto riguarda il commercio con l’estero, la bilancia commerciale ha raggiunto alla metà del primo decennio del 21° sec. un sostanziale pareggio, dovuto alla crescita delle esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera. I principali partner commerciali sono rappresentati da Germania, Repubblica Ceca, Russia, Ungheria, Italia e Austria. Alla fine degli anni 1990 la S. ha raggiunto l’obiettivo dell’autosufficienza energetica, grazie principalmente all’apporto della nuova centrale nucleare di Mochovce (1998).
Il sistema dei trasporti, che ha beneficiato dei fondi della UE per l’adeguamento delle infrastrutture dei nuovi paesi membri, si è notevolmente sviluppato nel corso del primo decennio del 21° secolo. In particolare, è stata potenziata la rete stradale (43.761 km nel 2008) e modernizzata la rete ferroviaria (3622 km). Interventi di ampliamento e di modernizzazione sono stati inoltre condotti sui principali aeroporti.
La S. trae il suo nome dalle popolazioni slavo-occidentali che nel 6° sec. vi si insediarono stabilmente. Nel 906 cadde sotto il dominio magiaro, rimanendo legata all’Ungheria fino al 1918, quando entrò a far parte della Cecoslovacchia indipendente. I Magiari si insediarono in massa in alcune regioni (Košice, Bratislava) e in genere si imposero quale classe dominante. Manifestatosi nella prima metà del 19° sec., il risveglio nazionale slovacco prese corpo soprattutto dopo la repressione della rivoluzione magiara del 1848-49.
Dopo la firma del patto di Pittsburgh, nell’ottobre 1918 il Consiglio nazionale slovacco aderì alla proclamazione di indipendenza ceca. Il rapporto fra Cechi e Slovacchi costituì tuttavia un elemento problematico costante della successiva storia cecoslovacca (➔ Cecoslovacchia). L’impostazione centralistica della costituzione del 1920 e il prevalere degli interessi economici delle più industrializzate regioni ceche favorirono lo sviluppo di una tendenza autonomista. Nel marzo 1939 la S. proclamò la propria indipendenza sotto la guida del filonazista J. Tiso, divenendo uno Stato satellite della Germania; fra il 1938 e il 1944 la S. meridionale fu occupata dall’Ungheria. Tornò a far parte dello Stato cecoslovacco nel 1945. Nel 1969, una modifica costituzionale istituì la federazione cecoslovacca: nacque così la Repubblica socialista slovacca. La politica centralistica sviluppata da G. Husák nei decenni successivi lasciò tuttavia le istituzioni slovacche prive di un potere reale, favorendo invece il processo di industrializzazione della Slovacchia. Le disparità economiche con la Boemia e la Moravia si riaccentuarono in seguito al crollo del regime socialista (1989) e all’adozione di misure per il passaggio a un’economia di mercato: a partire dal 1990 il problema di una ridefinizione del rapporto fra i due Stati fu al centro del dibattito politico.
Dopo la proclamazione della Repubblica nel 1993, che sanciva la definitiva divisione della Cecoslovacchia, la vita politica della S. si svolse in un clima di grande incertezza, segnato dal contrasto istituzionale fra il capo del governo, il nazionalista V. Mečiar, leader del Movimento per la Slovacchia democratica, e il presidente della Repubblica M. Kováč. Nel 1998 le elezioni politiche furono vinte dalle opposizioni di centrosinistra, unite nella Coalizione democratica slovacca, e il suo leader, il cristiano-democratico M. Dzurinda, fu nominato primo ministro. Nel 1999, dopo l’approvazione della legge sull’elezione diretta del capo dello Stato, fu eletto R. Schuster, ex comunista, leader del Partito della comprensione civica. Pur tra numerose difficoltà, la maggioranza riuscì a procedere sulla strada delle riforme e dell’ingresso nell’Europa comunitaria. Nel 2004 la S. divenne un paese membro della Unione Europea; precedentemente si era avuto anche l’ingresso nella NATO. Nello stesso anno fu eletto presidente il socialdemocratico I. Gašparovič (riconfermato nel 2009), e nel 2006 il centrosinistra del partito Direzione-Democrazia sociale (Smer-Sd) di R. Fico ha raggiunto la maggioranza in Parlamento essendo a capo di una coalizione fino al 2010, quando è stato sostituito alla guida dell’esecutivo da I. Radičová. Tornato all’opposizione, Fico ha beneficiato della crisi di governo in atto sin dal 2011 per consolidare il rapporto con l’elettorato e nel marzo del 2012 ha vinto le legislative anticipate con una larga maggioranza (44,8%), conquistando 83 seggi dei 150 in Parlamento, successo confermato anche nelle elezioni europee del maggio 2014, sebbene il mese successivo sia stato sconfitto alle presidenziali dal candidato indipendente A. Kiska. Il quadro politico del Paese è stato invece sostanzialmente modificato dalle consultazioni del marzo 2016, alle quali il partito del premier - pur attestatosi primo nelle preferenze degli elettori - ha registrato un nettissimo calo dei consensi, ottenendo il 28,2% dei suffragi (49 seggi), seguito dalla formazione liberale Libertà e Solidarietà (12,09%, 21 seggi), dai conservatori e dall'estrema destra, entrata per la prima volta in Parlamento con Kotleba-Partito popolare Slovacchia nostra (8,1%). Alla guida di un governo di coalizione sostenuto dal suo partito, dai nazionalisti del Partito nazionale slovacco (SNS), dal partito interetnico slovacco-ungherese Most-Híd e dalla forza politica SIEŤ, Fico ha assunto nuovamente l'incarico di premier, dalla quale si è dimesso nel marzo 2018 a seguito della grave crisi politica scaturita dall'omicidio del giornalista J. Kuciak, che indagava sui rapporti tra politica e 'ndrangheta, subentrandogli nella carica P. Pellegrini. Il primo turno delle consultazioni presidenziali svoltesi nel marzo 2019 ha registrato la netta affermazione della candidata liberale ed europeista Z. Čaputová, che ha ottenuto il 40,5% dei consensi contro il 18,66% del candidato del partito di governo M. Šefčovič, sconfiggendolo al ballottaggio con il 58,4% dei voti e subentrando nella carica a Kiska. Il partito Slovacchia progressista della neopresidente si è affermato alle elezioni europee svoltesi nel maggio successivo, ottenendo il 20,1% dei consensi e precedendo i socialdemocratici dell’ex premier Fico (15,7% contro il 24% del 2014) e l'estrema destra del SNS (12% contro il 2% del 2014), mentre le consultazioni generali tenutesi nel marzo 2020 hanno registrato la netta affermazione del partito conservatore anticorruzione OľaNO (Gente comune e personalità indipendenti), che si è imposto con il 25,2% dei consensi sui socialdemocratici dello Smer (18,9%) e il cui leader I. Matovič ha assunto nello stesso mese la carica di premier alla guida di un governo di coalizione. Nel marzo 2021 Matovič ha rassegnato le dimissioni a seguito della crisi politica generata da una gestione non condivisa delle strategie vaccinali, subentrandogli nella carica il ministro delle Finanze E. Heger; al referendum svoltosi nel gennaio 2023 per consentire l'anticipo delle elezioni dopo la perdita della maggioranza parlamentare ha votato il 27,3% degli aventi diritto, ben al di sotto della soglia necessaria a renderne valido l’esito. Nel maggio 2023, a seguito delle dimissioni rassegnate dal premier Heger, gli è subentrato nella carica, su nomina della presidente Z. Čaputová, L. Ódor; a seguito della vittoria elettorale del partito Smer-Ds (23% dei consensi), Fico ha ricevuto l'incarico di formare un nuovo esecutivo.
La lingua slovacca è affine al ceco dal quale si differenzia per es. in fonologia per r invece di ř, per il diverso esito di molte vocali (es. súsed, ceco soused, «il vicino») ecc.; in morfologia per -em invece di -ìm nella 1° persona singolare del presente indicativo, per l’infinito in -t’ invece di -ti ecc., e nel lessico.
La più antica letteratura slovacca è scritta in latino o in un ceco ricco di slovacchismi. Nel 16° sec. si incontrano le prime figure degne di rilievo, come il teologo E. Lani o gli autori teatrali P. Kyrmezer e J. Tesák. Notevole importanza ha nello sviluppo culturale slovacco il canto religioso, sia cattolico sia evangelico. Il testo principale in questo campo è il Kancionál (la Cithara sanctorum, 1636) di J. Tranovsky, uno slesiano che dopo la battaglia della Montagna Bianca si era rifugiato in Slovacchia. Omelie e cantici scrisse nel 17° sec. anche D.S. Horčička, al quale si deve altresì il libro di proverbi Neoforum latino-slavonicum (1678).
Il barocco slovacco culmina nell’opera dei francescani J. Abrahámffy, e H. Gavlovič. Sotto l’influsso dell’Illuminismo si venne sviluppando in S. il problema della lingua. Gli evangelici seguivano la cosiddetta bibličtina, cioè il linguaggio della Kralická Bible, mentre i cattolici, non essendo legati a quella tradizione, nei libri stampati a Trnava, loro centro, manifestavano la tendenza a staccarsi dall’unità cecoslovacca: essi cercavano piuttosto di avvicinarsi al popolo, scrivendo in una lingua vicina ai dialetti. In questo senso il prete cattolico A. Bernolák (18°-19° sec.) in una serie di opere teoriche oppose alla bibličtina il dialetto occidentale slovacco di Trnava e propose una nuova ortografia fonetica.
Tra la fine del 18° e l’inizio del 19° sec. si segnalano fra gli scrittori slovacchi J. Fándly che compilò calendari e libri istruttivi sull’economia domestica, sulle api, sugli orti, sulle malattie; i poeti J. Hollý, tipico autore neoclassico di egloghe, odi e poemi epici come Swatopluk e Cirillo-Metodiada; A. Doležal, autore della composizione filosofico-religiosa Pamĕtná celému svĕtu tragoedia («Tragedia memorabile per il mondo intero»); il lessicografo J. Palkovič. Con le figure di J. Kollár e di P. Šafárik gli Slovacchi contribuirono alla letteratura e agli studi cechi.
La letteratura slovacca conobbe una nuova fioritura dopo il 1820. L’attività culturale ricevette largo impulso a Bratislava, a Banská Štiavnica, a Levoča, a Kežmarok, a Prešov. La giovane generazione romantica, ispirata dalle idee panslavistiche di Kollár, aveva il suo capo in L. Štúr, il quale ripropose il problema già sollevato da Bernolák di unire tutte le classi slovacche in una unica lingua letteraria, che superasse i contrasti fra cattolici ed evangelici e conquistasse anche la nobiltà magiarizzata. Štúr, insieme coi suoi seguaci M. Hodža e J. Hurban, assunse come lingua letteraria il dialetto centrale slovacco. La cosiddetta odluka, ossia separazione linguistica dai Cechi, avvenne non senza polemiche e aspri contrasti. Lo scisma linguistico toccò il suo vertice nel 1884, anno in cui uscì la rivista Nitra di Hurban in slovacco. La scuola di Štúr vanta numerosi poeti, fra i quali S. Chalupka, S. Tomášik, J. Matuška, e soprattutto A. Sládkovič, J. Král’, figura irrequieta e tormentata, autore di melodiose ballate, e J. Botto con il poema Smrt’ Jánošikova («La morte di Jánošík»). Fra i prosatori della stessa epoca si nota J. Kalinčiak con il romanzo Reštaurácia («Le elezioni»). Nella tormentata seconda metà del 19° sec., spiccano le figure di S. Hurban-Vajanský con le sue novelle a sfondo sociale e Hviezdoslav (pseudonimo di P. Országh), poeta a tendenza realistica.
Nel 20° sec. la poesia slovacca ha avuto un ricco svolgimento con le figure di V. Roj, scrittore melodioso di liriche filosofiche e di quadretti impressionistici, e I. Krasko, poeta dal pessimismo profondo, ricco di suggestioni simbolistiche, il quale introdusse per primo lo spirito del modernismo europeo nella letteratura slovacca. Tra la fine del 19° e l’inizio del 20° sec. si affermò il prosatore M. Kukučín con descrizioni realistiche di vita popolare. Dopo la Prima guerra mondiale la poesia slovacca seguì le orme del poetismo ceco con L. Novomeský e con J. Ráb Poničan. Fra gli altri poeti, J. Smrek, E.B. Lukač, M. Rázus e J. Jesenský. Nella prosa vanno ricordati J. Hrušovský, Timrava (pseudonimo di B. Slančíková), M. Urban, e soprattutto P. Jilemnický di origine ceca, scrittore di tendenza comunista, forte romanziere in Kus cukru («Un pezzo di zucchero») e Kronika, quadro della rivolta slovacca contro i nazisti. Durante la Seconda guerra mondiale si affermò un gruppo di surrealisti al quale appartennero fra gli altri Š. Žáry, V. Reisel, R. Fábry e il teorico M. Považan.
Dopo il 1948 la letteratura slovacca ha prodotto fra l’altro il romanzo regionalistico Čiervené víno («Vino rosso») di F. Hečko, e le poesie aggressive di V. Mihálik e di M. Lajčiak. A partire dal 1963 ha raggiunto fama internazionale il narratore L. Mňačko con le opere Opoždĕné reportáže («Reportages in ritardo», 1963) e Jak chutná moc (trad. it. Il gusto del potere, 1967).
Notevole lo sviluppo della produzione teatrale, dove si sono affermati in particolare Š. Králik e P. Karvaš, accanto a H. Zelinová, F. Luknár, L. Lahola, V. Markovičová, J. Skalka, Š. Záry. Dopo l’apertura di nuove prospettive a seguito degli avvenimenti politici del biennio 1989-90, con la separazione della S. dalla Repubblica Ceca (1993) la letteratura slovacca è parsa rinchiudersi in una forma di isolazionismo.
Tra i resti di antichi monumenti emergono parti del castello di Nitra (8°-9° sec.), località dove sorse la prima chiesa in legno risalente all’830. Opere in stile romanico perdurarono fino alla metà del 13° sec. (cattedrale a Spišská Kapitula) mentre prime opere gotiche si hanno con i portici del complesso monastico di Sahy e poi, progressivamente, con le chiese degli ordini mendicanti (chiesa francescana a Bratislava; chiesa domenicana a Košice). Dal 1378 iniziano i lavori nella più importante cattedrale gotica della S.: S. Elisabetta a Košice, completata alla metà del 15° secolo. Nel resto della S., stilemi gotici si combinano con l’architettura di corte di M. Corvino (come nella cattedrale di Bratislava, completata dal viennese H. Puchspam). Sviluppi commerciali determinarono significativi insediamenti urbani, di cui il centro di Bardejov rimane un autentico esempio, anche grazie al suo municipio (1505-11) che segna il passaggio dal gotico verso stilemi rinascimentali.
Il Rinascimento costituisce un capitolo significativo dell’architettura slovacca, influenzata da Budapest e da alcuni centri della Slesia e della Polonia; riflessi di questi si hanno nell’attività edilizia promossa dai magnati ungheresi e caratterizzata da una serie di piccoli castelli o magioni, costituiti da tre o quattro ali, bastioni angolari, cortili interni porticati (a Červený Kameň, 1533-37; a Bratislava, 1552-70; a Zvolen, 1571-74 ecc.). Primi esempi barocchi si hanno nella chiesa universitaria di S. Giovanni Battista a Trnava (P. e A. Spezza, 1629-37). Opere barocche della fine del 17° sec. sono rintracciabili nelle piazze delle piccole città slovacche (Zilina, Banská Štiavnica, Trenčín) dove le case borghesi presentano facciate che rielaborano strutture tradizionali nello stile barocco. Notevoli, in questo stile, influenzato anche da Vienna: chiesa della SS. Trinità, su pianta ellittica (iniziata 1717); chiesa dei Cappuccini (1717) a Bratislava; chiesa abbaziale francescana (F.A. Pilgram, 1745-65) a Jasov. Esempi di edifici civili barocchi e rococò sono Palazzo Appónyi (1761-62) e il palazzo realizzato da G.B. Martinelli (1753); Palazzo Grassalkovich (J. e A. Mayerhoffer, 1760-65); Palazzo Mirbach (1768-70); Palazzo Illéshá (1769), tutti a Bratislava. Edifici neoclassici sono il palazzo primaziale a Bratislava (M. Hefele, 1771-81) e il municipio di Trnava (1793). Scarsa l’importanza della pittura e scultura neoclassica, con predominio dell’influsso viennese e berlinese.
Il 19° sec., oltre al perdurare dello stile neoclassico, vede affiorare episodi neogotici non solo in alcuni castelli e chiese ma anche in sporadici edifici pubblici. Lo stile impero caratterizza il teatro municipale (1831) a Trnava, mentre espressioni eclettiche, che intrecciano forme rinascimentali e moresche, si riscontrano a Kezmarok (T. Hansen, chiesa luterana, 1879-92) o nei bagni termali (1886) a Trenčianské Teplice. Esempio di art noveau è S. Elisabetta a Bratislava (Ö. Lechner, 1907-13).
Tra i pionieri dell’architettura moderna slovacca sono i cechi P. Smetana e J. Fragner, oltre a B. Fuchs e J. Krejcar. Attivi nel corso del 20° sec. sono V. Dedeček, D. Kuzma, J. Havlica, Š. Rosincová, M. Žitňanský. Nel 21° sec., si distinguono, tra l’altro, realizzazioni quali la chiesa di S. Francesco (J. Dahinden, 2002); il memoriale di Chatam Sofer (Studio For & Prodis, 2002) a Bratislava.
Nella produzione artistica, accanto al realismo socialista sostenuto dalla politica culturale ufficiale dopo il 1948, si è gradualmente sviluppata una ricerca libera, spesso collegata alla particolare tradizione artistica e artigianale slovacca (dalla grafica alla tessitura, alla lavorazione del vetro), ripresa con vigore negli anni 1990. Nel campo della grafica, dopo M. Galand e L. Fulla, hanno lavorato A. Brunovský, V. Gažovič, R. Jancovič. La ricca tradizione del ricamo e della tessitura artistica ha avuto in E. Holéczyová una figura centrale. Anche la lavorazione del vetro ha trovato intense espressioni nelle sculture di J. Zoričak, dal 1970 in Francia. In campo pittorico, oltre a J. Filo, si citano le ricerche di R. Fila, M. Laluha, M. Pasteka, J. Koller. Nella scultura si ricordano J. Jankovič, J. Meliš, P. Roller. Lavora con movimento e luce M. Dobeš. In una ricerca concettuale che ha come centro l’oggetto, l’installazione, l’environment, l’azione operano A. Mlynárčik, S. Filko, J. Zelibská, R. Sikora e, dalla fine del 20° sec., D. Fischer, I. Németh, R. Ondák; P. Rónai, nella videoarte; O. Rudavský con film e video; M. Sperka, con laser, video, multimedia ecc.
Risalgono al 10° sec. i primi canti latini sovrapposti al canto slavo antico, anche se le attività musicali rimasero per alcuni secoli molto limitate rispetto a quelle della Boemia. Buono sviluppo ebbe nel 17° e 18° sec. la musica sacra; verso la fine del 18° sec., per influsso di Vienna, prese avvio la produzione sinfonica; tra il 19° e il 20° sec. J.L. Bella (1843-1936) produsse musiche neoromantiche e saggi volti alla formazione di uno stile nazionale. Nella generazione che nel 20° sec. operò anche in S. per una nuova musica si distinsero V. Novák ed E. Suchon, iniziatore dell’opera slovacca contemporanea.