Stato dell’Europa orientale, confinante a N e a E con la Russia, ancora a N con la Bielorussia, a S con la Romania e la Moldavia, a SO con l’Ungheria, a O con la Slovacchia e la Polonia; si affaccia inoltre, per un ampio tratto, sul Mar Nero.
La maggior parte del territorio consta di una pianura costituita dal bacino inferiore del fiume Dnepr, che si distende tra rilievi di modesta entità: a O il Ripiano Podolico e le alture che prendono nome dal fiume (il quale, pur descrivendovi attorno un’ansa, le incide in parte nel settore più orientale), a E le Alture del Donez. Sono rilievi geologicamente antichi, entrambi pervenuti alla struttura morfologica attuale già nel corso dell’orogenesi ercinica del Paleozoico; nei primi, peraltro, sono predominanti formazioni di rocce cristalline antecedenti rispetto a quelle dei secondi. Nell’insieme si tratta di alture non elevate e con forme sommitali arrotondate. Dai versanti meridionali di tali sistemi scendono verso il Mar Nero il Bug e il Dnestr, lungo il quale passa il confine con la Moldavia. All’estremità orientale del territorio, le Alture del Donez prendono nome dal fiume che ne raccoglie gran parte delle acque, per poi dirigersi a E, dove confluisce nel Don. A S l’Ucraina si affaccia sul Mar Nero e sul Mar d’Azov, il secondo dipendenza del primo, dal quale è separato dalla penisola di Crimea.
Il regime termico presenta una discreta escursione annua, con medie invernali inferiori a −5 °C, mentre in estate si rimane comunemente sopra i 20 °C. La piovosità, che sulla costa è di circa 650 mm (regime di tipo mediterraneo, con prevalenza invernale), diminuisce nella parte centrale del territorio (fino a circa 400 mm), per poi aumentare proseguendo ancora verso l’interno, dove si raggiungono i massimi (oltre 900 mm, con piogge prevalentemente estive): questo si spiega con il fatto che, per quanto riguarda l’umidità, la zona è soggetta più all’influenza atlantica che a quella del Mar Nero; per quanto bassi, infatti, i rilievi giungono a breve distanza dalla cimosa costiera di quest’ultimo, limitandone l’influenza sul clima. Le regioni settentrionali (Volinia, Polessia e Podolia), che sentono maggiormente l’influenza dei venti provenienti dall’Atlantico, abbondano di foreste, e non mancano di zone paludose.
La vegetazione spontanea vede la netta prevalenza di foreste a N (pini, betulle, querce), un’ampia fascia intermedia di steppe arborate e una grande estensione di steppe a S e nel centro. I suoli sono podsolici nella zona delle foreste, mentre nella fascia intermedia hanno grande diffusione le terre nere (černozëm), particolarmente fertili, che verso S vengono progressivamente sostituite dai suoli bruni, anch’essi molto produttivi.
La popolazione è formata in gran parte da Ucraini (78,1%), largamente maggioritari nell’Ucraina occidentale, mentre in alcune grandi città dell’Est e del Sud sono predominanti i Russi (17,3%). In particolare, in Crimea i Russi, che il governo di Kiev sospetta di tendenze separatiste, sono i due terzi della popolazione. Sono, infine, presenti minoranze di Tatari (0,7%), Bielorussi (0,6%), Moldavi (0,5%), Ebrei (0,2%). Dagli anni 1990, la popolazione ucraina si è progressivamente ridotta, perdendo oltre 6 milioni di unità (il 14% in meno rispetto ai primi anni 1990). Il decremento è da ascrivere soprattutto a tassi di natalità particolarmente bassi (9,6‰ nel 2009), lontani dal compensare i tassi di mortalità (15,8‰), al contrario assai elevati. A ciò si aggiunge un saldo migratorio negativo legato, da un lato, al rientro di comunità russe nella madrepatria dopo l’indipendenza dell’Ucraina, solo in parte compensato dal ritorno di Ucraini e di Tatari di lingua turca (questi ultimi deportati in massa all’epoca di Stalin); dall’altro, a una sotterranea e, il più delle volte, clandestina migrazione verso i paesi dell’Europa occidentale. La popolazione urbana sfiora il 70% della totale e la capitale è di gran lunga la città più popolosa, alla quale segue Charkiv; oltre il milione sono anche Dnepropetrovsk e Odessa, mentre Doneck supera i 900.000 ab. e Zaporož´e e Leopoli sono sopra ai 700.000. L’insediamento ha manifestato la tendenza all’urbanizzazione al termine del periodo zarista, con l’inizio del grande sfruttamento minerario, e il processo è continuato con l’industrializzazione successiva alla rivoluzione sovietica.
Unica lingua ufficiale è, dal 1989, l’ucraino, ma in diverse aree del paese si è di fatto affermato un bilinguismo ucraino-russo. La religione prevalente è quella cristiana ortodossa (29,2%) con minoranze di religione cattolica, protestante ed ebraica; oltre il 57% della popolazione ucraina si dichiara non religioso.
L’economia ucraina presenta i caratteri tipici della transizione da un sistema socialista pianificato a uno di libero mercato, aperto al commercio e agli investimenti internazionali. Il programma di liberalizzazione economica e di austerità finanziaria promosso a partire dal 1994 dal presidente L. Kučma, con l’appoggio del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, nonché degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali, è riuscito solo parzialmente a conseguire i risultati sperati. Riforme quali la privatizzazione dell’apparato industriale, il taglio dei crediti alle industrie in perdita, l’adeguamento delle tariffe energetiche ai prezzi di mercato, la progressiva liberalizzazione dei prezzi al dettaglio e l’apertura al commercio con l’estero hanno incontrato la tenace resistenza di ampi strati della élite politica, per lo più legata al passato regime e orientata ancora verso un’economia a pianificazione centralizzata. Conseguentemente, la privatizzazione delle grandi imprese è cominciata con difficoltà, e l’ancora pesante controllo dello Stato sull’economia, in un apparato amministrativo dove è elevato il grado di burocratizzazione e di inefficienza, frena gli imprenditori e gli investitori esteri.
L’agricoltura riveste un ruolo fondamentale nell’economia del paese, occupando il 15,8% della forza lavoro complessiva (2008), contribuendo per il 10% alla formazione del PIL e, soprattutto, alimentando ingenti correnti di esportazione. Nonostante l’avvio del programma di privatizzazione delle terre, il settore è ancora gestito in larga parte dalle aziende collettive. Il suolo agricolo, che rappresenta quasi il 57% del complessivo territorio nazionale, è per lo più destinato alla produzione di cereali (l’Ucraina era considerata il ‘granaio’ dell’URSS). Nell’insieme del territorio si possono distinguere tre differenti regioni agricole, nella più settentrionale delle quali, fresca e umida, le piante tessili quali lino e canapa, i tuberi, come le patate, e i cereali minori, quali segale, grano saraceno e orzo trovano le migliori condizioni negli spazi liberi da foreste. Nella zona centrale delle steppe arborate e delle ‘terre nere’ si trovano le maggiori superfici coltivate, dedicate prima di tutto al frumento (quasi 26 milioni di t nel 2008), quindi al tabacco e alle oleaginose; estesi anche i frutteti. La regione meridionale e costiera, soggetta a periodi siccitosi, si avvantaggia dell’irrigazione (lo schema principale deriva l’acqua dal Lago di Kahovka); la barbabietola è la produzione più importante e sui suoi cascami, integrati da colture foraggere, si è basato lo sviluppo dell’allevamento bovino e suino. Lungo le coste è largamente praticata la viticoltura, presente anche nella valle del Dnepr. Le principali produzioni agricole e zootecniche hanno subito vistose diminuzioni rispetto alla media del periodo sovietico e la ripresa appare lenta. Dalle foreste, che coprono il 17% circa della superficie, si ricavano oltre 15 milioni di m3 di legname all’anno. Nel Mar Nero è largamente praticata la pesca, con buoni introiti.
L’Ucraina possiede vasti giacimenti di carbone (bacino del Donez) e di minerali di ferro (Krivoj Rog, Kremenčug, sul Dnepr, e Kerč´, in Crimea), e anche riserve di petrolio (Borislav e Drogbyč, nell’oblast´ di Leopoli) e di gas naturale (Drogbyč, Sebelinka, Borislav, Byktov, Mrežnica e Dashava). La produzione di minerali di ferro (80.000.000 di t nel 2008) pone l’Ucraina al 6° posto tra i paesi maggiori produttori e fornisce la materia prima all’industria siderurgica nazionale. Notevole anche la produzione di carbone (58.000.000 di t), anche se il settore è in crisi per gli elevati costi di estrazione dovuti al progressivo esaurimento dei giacimenti e all’arretratezza degli impianti. Di rilievo l’estrazione di manganese presso Nicopoli, sul Lago di Kahovka. Altre produzioni riguardano sali di sodio e potassio, magnesite, mercurio, uranio, mentre nella Bucovina, presso il confine romeno, sono presenti gesso e alabastro. La fornitura dell’energia per le attività industriali si è basata tradizionalmente sul carbone, con un apporto idroelettrico rimasto scarso. Il settore termonucleare produce oltre un quarto dell’elettricità totale, nonostante l’incidente nella centrale di Černobyl´ (➔), rimasta in funzione fino al 2000. Le riserve di gas e petrolio sono del tutto insufficienti alle esigenze del paese, che continua a dipendere largamente dalla Russia per gli approvvigionamenti.
Il settore secondario, che impiega il 18,5% della forza lavoro e contribuisce per il 31,2% alla formazione del PIL, è sviluppato in particolare, come in tutti i paesi ex sovietici, nell’industria pesante. Prevale la siderurgia, con i distretti maggiori centrati su Krivoj Rog e Doneck. Sono sviluppate, inoltre, le metallurgie del manganese a Nicopoli, e dell’alluminio a Zaporož´e. La capitale, Odessa e Charkiv figurano, con alcuni dei centri metallurgici, come sedi di produzione di autoveicoli commerciali e trattori, Charkiv si segnala per le locomotive, insieme con Zaporož´, e per macchinari agricoli vari e con Kiev per le produzioni elettrotecniche. Nel settore ‘leggero’, nella capitale e a Leopoli si ha la produzione di biciclette e autovetture; più diffuse sono le fabbriche di apparecchi radiotelevisivi ed elettrodomestici. Le città lungo il Dnepr concentrano quasi totalmente le produzioni della chimica pesante di base (acidi solforico, nitrico e cloridrico; soda, potassa, ammoniaca); Kiev è il maggior centro per le fibre artificiali e sintetiche, e insieme con Charkiv fornisce gran parte dei prodotti farmaceutici. Sempre sul Dnepr si trovano i cementifici, mentre le industrie tessili sono più disperse; tuttavia, anche in questo settore primeggiano Charkiv e la capitale, nella quale inoltre si trovano le maggiori fabbriche di tabacco, birra, pneumatici e calzature.
In costante crescita è il terziario, che occupa il 65,7% della forza lavoro, generando il 58,8% del PIL. Di rilievo soprattutto le attività commerciali e finanziarie. Il turismo offre ottime potenzialità, in particolare sulla costa del Mar Nero. La bilancia commerciale ha registrato, negli anni successivi all’indipendenza, andamenti altalenanti, prevalentemente negativi: le tradizionali esportazioni di prodotti alimentari e tessili e macchinari non riescono a compensare l’importazione, soprattutto di materie prime energetiche indispensabili per alimentare l’industria pesante. Oltre alla Russia, tra i principali partner commerciali dell’Ucraina figurano la Germania, la Cina, la Turchia e la Polonia.
La rete stradale (169.422 km nel 2007) e quella ferroviaria (21.655 km, di cui solo 9000, tuttavia, elettrificati) sono discrete, ma necessitano di opere di ammodernamento. Gli aeroporti maggiori sono nella capitale, a Leopoli e Odessa, che è anche il maggior porto marittimo. Largamente sfruttati il Dnepr e i suoi principali affluenti per le comunicazioni fluviali.
Il Paleolitico medio, individuato in siti della Crimea, è caratterizzato da industrie litiche confrontabili a quelle del Musteriano dell’Europa occidentale. Per il periodo più antico dell’Ucraina, il sito all’aperto Moldova I (Moldavia) presenta 9 livelli abitativi, di cui 5 musteriani, e resti di ossa di mammut datate a 44.000 anni fa; il Moldova V copre l’arco temporale dal Musteriano all’Epipaleolitico. Siti nei bacini del Donec, della Desna e del Dnepr documentano complessi anteriori o coevi al Maddaleniano. Mežirič presso Kiev ha dato resti di mammut, tra cui un cranio decorato con ocra, risalenti a 18.000-14.000 anni fa.
Nel Sud-Ovest dell’Ucraina, a partire dal 5° millennio a.C., apparvero le prime comunità neolitiche di provenienza balcanica, appartenenti alla cultura danubiana; successivamente la regione fu raggiunta dalla cultura di Tripol´e (➔). L’attività agricola si affermò nella zona fertile delle terre nere già all’inizio del 4° millennio, mentre a occidente del Dnepr e in Crimea continuò la tradizione mesolitica basata sulle attività di caccia, pesca e raccolta. Con l’inizio dell’età del Bronzo, verso il 2000 a.C., giunsero dall’Europa centrale i gruppi della ceramica a cordicella e dell’anfora globulare, in parte fondendosi con la preesistente tradizione culturale di Tripol´e. Dal 13° al 7° sec. a.C., movimenti di genti dalla Siberia portarono in Ucraina popolazioni nomadi e guerriere che introdussero la metallurgia; si intensificarono gli scambi tra i gruppi, stimolati dalla ricerca delle materie prime. In Ucraina orientale popolazioni appartenenti alla cultura delle ‘tombe di legno’ sfruttarono, dal 12° al 5° sec. a.C., le miniere di rame; nell’età del Ferro si evolvette la metallotecnica, con la presenza di fornaci fisse (1° millennio a.C.).
I territori a E e a O del Dnepr che sarebbero poi stati chiamati Ucraina furono occupati da popolazioni slave nei sec. 6°-7° d.C. Nella seconda metà del 9° sec. si trovavano sotto l’organizzazione politica della Rus´ di Kiev (➔ Russia). Nel 1139 la Rus´ si frammentò in numerosi principati, che l’invasione dei Tatari nel 1237-41 ridusse a condizione di vassallaggio. Nel 1362 il granduca di Lituania Algirdas sottrasse l’intera terra di Kiev ai Tatari per annetterla alla Lituania; quando nel 1386 la Polonia e la Lituania decisero l’unione dinastica dei due Stati, i Polacchi cominciarono ad avanzare verso est nei vasti territori che da allora si cominciarono a designare come ukraina («al confine»). Una parte della popolazione rutena preferì allora spostarsi verso SE, nella grande regione sul medio Dnepr.
I Cosacchi (➔) del Dnepr alla fine del 16° sec. stabilirono il loro centro oltre le cateratte del basso Dnepr, sulle isole del fiume e si costituì la Zaporožskaja Seč´, l’organizzazione politica guidata da un etmano eletto dall’assemblea (rada) dei Cosacchi. Nel 1569, il territorio del medio Dnepr colonizzato dai Cosacchi fu separato dalla Lituania e incorporato nella Polonia. I Polacchi, per piegare i Cosacchi, ne assunsero alcuni reparti armati al proprio servizio, esigendo che gli altri tornassero alla condizione di contadini. Le differenze di confessione religiosa nella popolazione dell’Ucraina (cattolici di rito latino, in maggioranza Polacchi, cattolici uniati, Ruteni e ortodossi, in maggioranza Cosacchi) aggravarono i contrasti. Quando i Polacchi costruirono presso le cateratte del Dnepr la fortezza di Kodak, i Cosacchi si ribellarono a più riprese e con l’etmano Bogdan Chmel´nickij, dopo alterne vicende, ottennero la protezione dello zar di Russia (1654). Il successore di Chmel´nickij, Vykovskij, cercò di sottrarre l’Ucraina alla protezione russa, finché con il trattato di Andrusovo (1667) l’Ucraina fu divisa tra Polonia, cui andarono i territori sulla destra del Dnepr, e Russia, che ebbe quelli sulla sinistra del fiume e la città di Kiev. L’etmano Pëtr Dorošenko si rivolse allora al sultano Maometto IV e nel 1672 i Turchi imposero alla Polonia la pace di Buczacz, per la quale l’Ucraina polacca passò sotto la protezione turca. La Polonia recuperò poi quei territori nel 1684 per opera di Giovanni Sobieski. Nell’Ucraina russa, fallito il tentativo dell’etmano Ivan Mazepa di ribellarsi al potere russo con l’appoggio di Carlo XII di Svezia (1708), lo Stato cosacco venne gradualmente spogliato di ogni autonomia e ridotto infine a provincia russa. Con la seconda spartizione della Polonia (1793), anche le terre ucraine alla destra del Dnepr passarono alla Russia.
La resistenza al processo di russificazione si accentuò verso il 1840, facendo capo a Kiev. A seguito delle persecuzioni subite dai nazionalisti ucraini, e ancor più dopo le restrizioni imposte dal governo all’uso della lingua ucraina, centro dell’attività dei patrioti ucraini divenne Leopoli, in territorio austriaco. Le condizioni per l’indipendenza maturarono tuttavia solo negli anni del Primo conflitto mondiale, quando l’Impero russo fu travolto dalla rivoluzione del 1917 e l’Impero asburgico dalla sconfitta in guerra. Raggiunta l’indipendenza tra il 1918 e il 1919, nel 1922 l’Ucraina divenne parte dell’Unione Sovietica, al cui destino rimase legata – con la parentesi della brutale occupazione nazista (1941-44) durante la Seconda guerra mondiale – ancora una volta in un quadro di pesante oppressione, sino agli inizi degli anni 1990.
Già verso la fine degli anni 1980, nel contesto generale della caduta dei regimi comunisti, riemerse in Ucraina, teatro del gravissimo incidente nucleare di Černobyl´ nel 1986, una tendenza nazionalista, che venne fatta proprio anche da una parte della leadership comunista. L’Ucraina proclamò l’indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto 1991, entrando a far parte della CSI. Presidente della Repubblica fu eletto Leonid M. Kravčuk (n. 1934).
Il paese dovette affrontare complesse trattative con la Russia e con gli Stati Uniti per lo smantellamento dell’arsenale nucleare di epoca sovietica, come anche l’avvio di una difficile transizione alla democrazia e all’economia di mercato; i problemi legati all’acquisita indipendenza erano amplificati, rispetto agli altri paesi dell’Est europeo, dalle dimensioni del nuovo Stato, la varietà dei gruppi sia etnici sia linguistici che lo componevano nonché l’importanza dei legami storici e culturali con la Russia. Un clima di instabilità politica, causato dall’irrisolto contrasto tra il presidente L. Kučma (n. 1938) – in carica dal 1994 e rieletto nel 1999 e la cui amministrazione aveva assunto caratteristiche sempre più autoritarie e oligarchiche – e il Parlamento, che aveva visto ridotti i propri poteri nel 2000, si inseriva in un contesto economico contrassegnato da disoccupazione, criminalità organizzata e corruzione, diventata un vero e proprio sistema di potere. Nel corso del 2001, accanto alle manifestazioni di piazza contro il presidente, già al centro di due gravissimi scandali, si aveva una riorganizzazione delle forze in campo, con le dimissioni e il passaggio all’opposizione di esponenti di spicco del governo, in particolare J.V. Tymošenko (n. 1960) e V.A. Juščenko (n. 1954), quest’ultimo dal 1999 primo ministro, principali promotori di una vasta mobilitazione contro Kučma. Il filorusso V.F. Janukovič (n. 1950), eletto nel 2004 presidente, dinanzi alle accuse di brogli e alle manifestazioni di piazza della ‘rivoluzione arancione’, dovette acconsentire a nuove votazioni, che assegnarono la presidenza al filoccidentale Juščenko. La tormentata vicenda elettorale palesava la frattura tra le regioni orientali russofone e russofile e quelle occidentali favorevoli a riforme economiche e integrazione europea.
Lo schieramento occidentalista ha incontrato numerose difficoltà, tra cui la rottura tra Juščenko e il suo primo ministro Tymošenko (2005), costretta a dimettersi e passata all’opposizione, e la questione della dipendenza energetica da Mosca. Sempre più isolato, il breve governo di J. Jechanurov (n. 1948) ha subito nel 2006 una cocente sconfitta nelle elezioni e si è affermata la formazione avversa di Janukovič, il cui governo è durato però anch’esso poco più di un anno ed è stato segnato dall’aspro braccio di ferro con la presidenza. La Tymošenko è stata primo ministro dal 2007 al 2010, quando, dopo essere stata sconfitta alle presidenziali da Janukovič, ha lasciato la guida del governo all’ex ministro delle Finanze M.J. Azarov. Le elezioni parlamentari tenutesi nell'ottobre 2012, sulla cui regolarità gli osservatori dell'OCSE hanno sollevato serie obiezioni, hanno registrato il successo del Partito delle Regioni di Janukovič, che ha ottenuto 191 seggi su 450, mentre la seconda forza in campo è la coalizione Patria di Tymošenko (103 seggi), seguita dal partito di opposizione dell’Udar dell'ex-pugile V. Klitschko (40 seggi), e dalla destra nazionalista (35 seggi).
Nel dicembre 2013, dopo che il mese precedente il presidente Janukovič si era rifiutato di sottoscrivere, cedendo alle pressioni di Mosca, il trattato di associazione con l'Unione Europea, violente manifestazioni di piazza duramente represse dalle forze dell'ordine hanno agitato il Paese. Le proteste sono proseguite nel mese di gennaio nonostante l'emanazione di severi provvedimenti volti a limitare la libertà d'espressione e il diritto a manifestare, interessando anche le sedi istituzionali della capitale e costringendo il premier Azarov a rassegnare le dimissioni per facilitare una soluzione pacifica del conflitto. Il 22 febbraio 2014, dopo un inasprimento degli scontri e grazie alla mediazione dell’Ue, l’opposizione ha accettato di siglare con Janukovič un accordo che fissava elezioni presidenziali anticipate da tenersi entro il dicembre successivo, il ritorno alla Costituzione del 2004 in modo da limitare i poteri del presidente e formare un governo di unità nazionale e un’amnistia che ha depenalizzato anche il reato di abuso di potere ascritto a Tymošenko; lo stesso giorno il Parlamento ucraino ha votato una risoluzione che fissava al 25 maggio dello stesso anno le elezioni presidenziali anticipate, destituendo Janukovič con l’accusa di avere violato i diritti umani e approvando la liberazione immediata di Tymošenko, il cui braccio destro O. Turčinov è stato eletto presidente ad interim, mentre la carica di premier è stata assunta da A. Jatsenjuk.
A seguito di tali eventi, nel marzo 2014 forze filorusse hanno assunto il controllo delle basi militari ucraine in Crimea, e il Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea ha votato la secessione dall’Ucraina e la richiesta di annessione alla Federazione russa, decisione confermata con il 97% dei voti favorevoli da un referendum popolare. Nonostante il mancato riconoscimento della comunità internazionale e l’emanazione di sanzioni da parte di Stati Uniti ed Unione europea, il 18 marzo V.V. Putin ha firmato il trattato di adesione della Crimea alla Federazione russa.
Alle elezioni presidenziali ha trionfato, ottenendo al primo turno oltre il 55% dei voti e sconfiggendo nettamente Tymošenko, l'industriale P. Porošenko, filo-occidentale, favorevole all'integrazione con l'Unione europea e alla cessazione dei conflitti, il quale nel mese di agosto ha sciolto il Parlamento e indetto nuove elezioni. Le consultazioni, svoltesi a ottobre, sono state disertate dall'elettorato delle regioni orientali di Donetsk e Lugansk, che ribellandosi al potere centrale si sono proclamate repubbliche indipendenti, usufruendo del sostegno delle truppe russe schierate al confine che hanno fornito appoggio logistico e militare ai ribelli, ciò comportando l’emanazione da parte di Usa e Ue di ulteriori, pesanti sanzioni economiche. I risultati elettorali hanno visto l’affermazione dell'orientamento filo-occidentale, sancendo la vittoria di misura del Fronte popolare del primo ministro Jatsenjuk, che ha ottenuto circa il 22,2% dei voti (pari a 65 seggi) contro il 21,8% (pari a 63 seggi) aggiudicatosi dal blocco del presidente Porošenko, mentre la tornata elettorale svoltasi nel mese successivo nelle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk per eleggere capi locali e organismi legislativi, ritenuta illegittima da Ue e Usa ma valida da Mosca, ha prevedibilmente sancito la vittoria della leadership filorussa, con il partito del capo separatista A. Zakharcenko che ha ottenuto il 65% dei consensi a Donetsk e, nella regione di Lugansk, il netto successo di I. Plotniski, con il 63% dei voti. Nei mesi successivi sono proseguiti gli sconfinamenti di mezzi militari e truppe russe in territorio ucraino; il settore orientale del Paese è diventato teatro di sanguinosi scontri tra i separatisti e l’esercito ucraino, e solo nel febbraio 2015 a Minsk (Bielorussia), grazie alla mediazione di Germania e Francia, le parti hanno trovato un’intesa per il cessate il fuoco, che comunque viene ritenuta dalla comunità internazionale estremamente fragile.
Sul fronte interno, l'esecutivo guidato da Jatsenjuk ha continuato a soffrire di una grande instabilità: accusato dagli altri membri della coalizione al governo di frenare le riforme e di ostacolare le inchieste sulla corruzione, nell'aprile 2016 il premier ha rassegnato le dimissioni, dopo aver già superato nel febbraio precedente una mozione di sfiducia che lo aveva però privato della maggioranza; nello stesso mese ha assunto la carica di premier V. Groysman, presidente del Parlamento e uomo molto vicino a Porošenko. Le consultazioni presidenziali svoltesi nel marzo 2019, in un Paese che soffre di una situazione economica e politica in progressivo peggioramento e incapace di porre freno alla corruzione, hanno registrato l'affermazione del comico televisivo V.A. Zelenskij, che ha ottenuto il 30,2% dei suffragi contro il 15,9% aggiudicatosi dal presidente uscente, sconfiggendolo al ballottaggio con il 73,7% dei consensi e subentrandogli nella carica. Nel maggio successivo, subito dopo essersi insediato ufficialmente, l'uomo politico ha annunciato lo scioglimento del Parlamento, nel quale il suo partito non aveva rappresentanza, e l'indizione di nuove elezioni; svoltesi nel mese di luglio, le consultazioni hanno confermato la vasta adesione popolare alla formazione politica del presidente, che ha ottenuto il 43% circa dei voti, il miglior risultato dall'indipendenza del Paese. La fragilità strutturale del Paese, dove nel secondo decennio del 21° secolo si è andata acuendo la polarizzazione tra una maggioranza costituita da sostenitori di una politica vicina all’Unione europea e alla NATO, fortemente appoggiata dagli Stati Uniti, e fazioni filorusse – concentrate essenzialmente nelle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk nel Donbass – ha prodotto dal novembre 2021 un riacutizzarsi delle tensioni con Mosca provocate da un eventuale allargamento della NATO, suscitando una reazione di aperta ostilità della Russia che, esasperando le divisioni del fronte atlantico, ha schierato truppe lungo i confini. Fallito ogni tentativo di mediazione politica e di risoluzione diplomatica del conflitto, nel febbraio 2022, dopo aver riconosciuto l'indipendenza delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk e nonostante l'imposizione da parte dell'Occidente di pesantissime sanzioni economiche, la Russia ha avviato una “operazione militare speciale” nel Paese, invadendo la regione di Kiev e lanciando offensive contro numerose città. Seppur mobilitando anche milizie irregolari e paramilitari, impedendo la praticabilità dei corridoi umanitari e non rispettando il cessate il fuoco - così da bloccare la fuga da città quali Mariupol’, Sumy e Charkiv, dove si è aperta una gravissima emergenza umanitaria -, l’avanzata delle forze russe è proseguita lentamente, ostacolata dalla controffensiva ucraina. Dopo il fallimento di vari tentativi negoziali e l’imposizione da parte dei Paesi occidentali di durissime sanzioni economiche, quali il congelamento delle riserve russe di valuta straniera, l'espulsione di alcune banche dal sistema di pagamenti globali SWIFT e – negli Stati Uniti e in Gran Bretagna – il blocco delle importazioni dalla Russia di gas e petrolio, l’offensiva russa si è intensificata, arrivando nel mese di marzo a interessare luoghi strategici quali le centrali nucleari di Chernobyl e Zaporižžja, ad accerchiare Kiev e a espandersi verso il settore occidentale del Paese, per concentrarsi nei mesi successivi nelle regioni orientali, dove è giunta a controllare quasi per intero l'area del Donbass. Nel giugno 2022 il Consiglio europeo ha approvato la richiesta di candidatura a membro dell'Unione europea depositata dall'Ucraina a febbraio. La sovrastima delle capacità delle proprie forze armate da parte del Cremlino, sul campo risultate impreparate ad affrontare il conflitto, congiuntamente alla sottovalutazione delle forze di difesa ucraine, sostenute dal decisivo apporto degli apparati di intelligence e degli armamenti dell’Occidente, hanno prodotto nel medio termine un prolungamento del conflitto, che è proseguito a intensità variabile, in un’alternanza di occupazioni e controffensive in cui è emersa la drammatica storia di città quali Buča, Izjum, Mariupol′ e Cherson, luoghi simbolo della resistenza ucraina. In un contesto di sostanziale stallo del conflitto, dove la resistenza del Paese ha continuato a frenare l'avanzata nemica, l'ammutinamento della milizia privata del Gruppo Wagner guidato da E. Prigožin ha consentito alle forze ucraine di lanciare nel giugno 2023 una nuova offensiva nel Donbass per la riconquista dei territori occupati.
Nel luglio 2023 l'Ucraina ha presentato formale richiesta di adesione all'Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico.
L’ucraino, secondo la tripartizione classica, appartiene, insieme al russo e al bielorusso, al gruppo delle lingue slave orientali. È la seconda lingua slava per numero di parlanti (46 milioni, ai quali va aggiunto il grande numero di Ucraini dell’emigrazione). Le sue principali caratteristiche a livello fonologico sono: l’esito i dello ě (jat): per es., dilo «cosa» dal paleoslavo dělo; il passaggio di o ed e a i in sillaba chiusa dopo la caduta della semivocale finale: nis «naso» da nošu, lid «ghiaccio» da ledŭ; le vocali i ed e etimologiche che non causano la palatalizzazione; l’okanie ovvero la pronuncia chiara [o] di o atona: ucr. hovoriti ‹hovorìti› «parlare», russo govorit´ ‹gavarìt’›; a livello morfologico, la forma in -ja del nominativo sing. neutro del paleoslavo in -je: pisannja «scrittura» da pisanje; la marca dell’infinito in -ti: hovoriti; la forma del preterito sing. di soggetto maschile in -v: pitav «ho chiesto» da pitalŭ. Numerosissimi i polonismi sintattici e lessicali dovuti all’influsso polacco dei sec. 16°-17°. Dopo alterne vicende, l’ucraino divenne lingua letteraria nazionale agli inizi del 19° secolo.
Le origini della letteratura ucraina corrispondono storicamente al periodo del principato di Kiev (988-1240). In tale fase non è possibile una distinzione tra le letterature che si sarebbero poi definite come russa, ucraina e bielorussa; per tale ragione il ricco patrimonio della Rus´ kieviana, dai testi a carattere religioso a quelli storici e folclorici, non è ascrivibile a una singola letteratura nazionale. Dopo la fine della civiltà kieviana, il suo retaggio fu in parte raccolto dal principato moscovita, mentre il centro politico e culturale della regione ucraina si spostò più a occidente nel principato di Galizia e Volinia. L’annessione della Volinia al Granducato di Lituania segnò l’inizio del declino dell’attività letteraria. Nel 14° sec. e parte del 15° la tradizione culturale si mantenne viva soltanto nella cronachistica e nella letteratura orale (canti rituali e agricoli, canzoni liriche ed epiche), conosciute attraverso testimonianze e trascrizioni molto tardive.
Nel 15°-16° sec. l’influsso umanistico-rinascimentale si manifestò dapprima attraverso le opere di letterati cattolici, che scrivevano in latino e in polacco. Una seconda fase, in epoca ormai barocca, si ebbe con la rielaborazione degli insegnamenti umanistico-rinascimentali a opera degli Slavi orientali di cultura greca e confessione ortodossa. Alla pressione della Chiesa cattolica (istituzione di case e scuole di gesuiti) e alla conversione al cattolicesimo della grande nobiltà rutena, il clero ortodosso reagì creando scuole che divennero centri di difesa e rinnovamento della tradizione ortodossa e nello stesso tempo di affermazione di una cultura sincretica di alto profilo. Il primo di questi centri, ancora di origine laica, è l’Accademia di Ostroh (russo Ostrog), fondata nel 1580, dove fu stampata la prima edizione completa della Bibbia in area ortodossa (Ostroz´ka Biblija, 1581). Più tardi (16°-17° sec.) personalità dominanti furono M. Smotryc´kyj, polemista e filologo, autore della più importante Grammatica dello slavo ecclesiastico, I. Vyšens´kyj, P. Berynda, S. Zizanij, apologeta e polemista, e Z. Kopystens´skyj. A cavallo tra il 16° e il 17° sec. si affermò una poesia colta, con un indirizzo ‘tradizionalista’, di più stretta osservanza religiosa d’impronta slavo-greca (P. Berynda, K. T. Stavrovec´kyj), e uno ‘occidentalizzante’, più aperto a istanze laiche e alle suggestioni della cultura latino-polacca (K. Sakovyč, S. Počas´kyj).
Fenomeno complesso e per molti versi contraddittorio fu il barocco ucraino (ruteno); suo punto nodale è la decisa svolta verso l’Occidente, pur nella piena consapevolezza della propria identità da parte dei letterati, siano essi ortodossi o uniati e che scrivano in ucraino, in latino o in polacco. Accanto ai generi dominanti, come la storiografia (F. Sofonovyč, J. Gizel´, S. Velyčko), le descrizioni di viaggio (V. Hryhorovyč-Bars´kyj), gli epistolari, le autobiografie e i racconti cavallereschi di derivazione occidentale, nel nuovo sistema letterario trovano posto anche la prosa polemica (I. Vyšens´kyj, M. Smotryc´kyj) e quella oratoria (I. Galjatovskij, L. Baranovyč, D. Tuptalo, S. Javorskij). Ma le innovazioni più evidenti si registrano nella poesia e nella drammaturgia, grazie anche alla diffusione dei trattati di poetica (di F. Prokopovič nel 1705; di M. Dovnalevs´kyj nel 1736), basati sui dettami occidentali. La poesia barocca predilesse l’elemento epico (Sakovyč, Smotryc´kyj), dove ampio spazio fu dato all’epopea cosacca (I. Paškovs´kyj, S. Divovyč). Genere poetico per eccellenza fu l’epigramma, che ebbe il suo maestro in I. Velyčkovs´kyj. Nel teatro, particolarmente originali furono gli intermezzi e la forma popolare del vertep, che costituirono le basi della commedia ucraina.
Con l’inizio del Settecento la fioritura culturale volse al declino, sancito dalla proibizione dell’uso della lingua ucraina (1721). Le maggiori personalità passarono al servizio della Russia, dove la Scuola Kieviana ricoprì un ruolo primario, mentre la letteratura prodotta in Ucraina si esprimeva nelle forme popolari della tradizione orale e dei componimenti satirici, soprattutto anticlericali, e tornava a essere anonima, anche per quanto riguarda opere significative come il dramma Milost´ Božija («La Grazia divina», 1728) e la Istorija rusiv («Storia del popolo della Rus´», 1770 circa). Personalità d’eccezione della seconda metà del 18° sec. fu il poeta e filosofo H. Skovoroda, punto d’incontro tra eredità del passato e proiezione verso la modernità.
La rinascita della letteratura ucraina, definitivamente in lingua popolare, si ebbe solo alla fine del Settecento grazie al poeta e drammaturgo I. Kotljarevskij. Nel genere del travestimento lo avrebbero seguito P. Hulak-Artemovs´kyj (celebri gli adattamenti delle Odi di Orazio) e G. Kvitka. Intanto a Kiev era succeduta come nuovo centro della cultura nazionale Char´kov, divenuta sede universitaria nel 1805, dove si svolse un’intensa attività in campo storico, etnolinguistico, folclorico e letterario (I. Sreznevskij; Scuola romantica di Char´kov, con L. Borovs´kyj, A. Metlyns´kyj, M. Petrenko). Peculiare della cultura ucraina dell’Ottocento fu l’impegno etico e nazionale: in questo senso operarono N. Kostomarov, padre della moderna storiografia, lo scrittore P. Kuliš, M. Vovčok, il poeta T. Ševčenko. La reazione zarista non si fece attendere: tra il 1863 e il 1881 fu proibito di nuovo l’uso della lingua ucraina in letteratura, nella stampa, nel teatro, nella scuola e ciò determinò l’emigrazione nella Galizia austriaca di prestigiose personalità. Alla fine del secolo la prosa realistica trovò i suoi migliori interpreti in O. Konys´kyj, B. Hrinčenko, I. Nečuj-Levic´kyj e P. Mirnyj. Anche il teatro seguì la linea romantico-etnografica, testimoniata dalle opere di M. Staryc´kyj, M. Kropynyc´kyj e I. Tobilevyč.
Nei primi decenni del 20° sec., al recupero delle radici nazionali si accompagnò un processo di reintegrazione nell’alveo culturale europeo e in quest’ottica fu anche riletta e recuperata l’esperienza barocca. In questo periodo convissero in una felice osmosi orientamenti realisti (L. Ukrajinka, M. Kocjubins´kij), realistico-impressionisti (V. Stefanyk, M. Čeremšyna, S. Vasyl´čenko, V. Vynnyčenko; nonché, per la poesia: A. Kryms´kyj, B. Lepkyj, V. Pačovs´kyj), neoclassicisti (M. Zerov, M. Ryl´skij), simbolisti (O. Oles, J. Savčenko, M. Tereščenko), futuristi (M. Semenko, O. Slisarenko). Un gruppo a sé formarono gli scrittori proletari, tra cui i poeti V. Čumak, V. Ellan-Blakytnyj, V. Sosjura, e i prosatori J. Janovskij e O. Dosvitnij; nel teatro emerse la figura di M. Kuliš. Meno ascrivibili a una corrente letteraria sono personalità come l’umorista O. Vyšnja, il parodista K. Burevyj, il narratore H. Kosynka, il raffinato poeta M. Bažan.
Gli anni 1930 segnarono la fine di qualsiasi anelito culturale: l’unica estetica permessa fu quella del realismo socialista. Molti scrittori finirono vittime delle epurazioni staliniane, altri si adeguarono alla linea imposta dal regime, per poi tornare all’originaria creatività (Ryl´skij, Bažan); altri rimasero legati ai dettami del partito, altri emigrarono. Il disgelo degli anni 1950 portò alla riabilitazione di alcuni degli scrittori messi al bando e a una maggiore libertà espressiva. La rottura definitiva con i moduli del realismo socialista si ebbe con il gruppo dei šistdesjatnyky (i poeti I. Sverstjuk, I. Svitlyčnyj, L. Kostenko, V. Symonenko, I. Drač). Nel decennio successivo emersero nuovi talenti poetici come M. Vorob´jov e I. Žylenko, mentre la prosa conobbe una notevole vitalità grazie a H. Tjutjunnyk e agli esponenti del romanzo magico (chymernyj roman; V. Zemljak, P. Zahrebel´nyj, V. Ševčuk); si affermarono quindi nuovi orientamenti letterari di sofisticata cultura, tra tagliente ironia e ricerca formale (L. Rymaruk, O. Zabuško, V. Neborak, O. Lyšega, J. Paškovs´kyj).
Mentre venivano recuperati i grandi scrittori destinati all’oblio dal regime, con la fine dell’URSS anche alla letteratura dell’emigrazione è stato riconosciuto finalmente il diritto di far parte integrante della storia letteraria ucraina: in questo ambito va ricordata l’attività, fra le due guerre, dei centri di Praga (J. Darahan, O. Stefanovič, O. Teliha, L. Mosendz, O. Ol´žyč) e di Varsavia (J. Lypa, N. Livc´ka-Cholodna) e, dopo la Seconda guerra mondiale, degli scrittori operanti nella Germania Occidentale e in Austria (il critico letterario G. Shevelov, i narratori U. Samčuk, J. Klen, I. Bahriany e i poeti V. Barka, V. Lesyč), poi in gran parte emigrati in America Settentrionale. Qui emersero al loro fianco nuovi autori (M. Irchan; M. Mandryka; I. Kiriak) e, verso la fine degli anni 1950, si formò il ‘Gruppo di New York’ (J. Tarnavs´kyj, B. Bojčuk, E. Andijevs´ka, V. Vovk, P. Kylyna). Né va dimenticato il rigoglio letterario ucraino che si ebbe in Cecoslovacchia al tempo della Primavera di Praga (le poesie di S. Makara e S. Hostyak, e novelle psicologiche di J. Biss e V. Dacei).
La produzione artigianale dei nomadi delle steppe e alcuni oggetti d’oro e d’argento d’origine greca ed ellenistica sono le più notevoli manifestazioni artistiche dell’Ucraina durante i primi secoli d.C. L’arte nei principati di Kiev e di Černigov nei sec. 11°-12° fu parte inscindibile della cultura artistica russa. Solo dopo il 13° sec. la cultura della futura Ucraina cominciò ad acquistare fisionomia propria. La lunga occupazione del territorio da parte dei sovrani lituani e polacchi portò a un’originale fusione di elementi della cultura russa ortodossa e di quella cattolica degli Slavi occidentali. Dell’architettura dei sec. 14°-15° sono pervenute fortezze, castelli (Luck, Hotin, Kamenec-Podolskij, Ostrog) e monasteri fortificati (Mežirič). Le chiese di quest’epoca (a Ostrog, a Mežirič) mantengono pianta a croce, con cupola a sesto rialzato; si introducono tamburi poligonali.
Le icone si distinguono per un gusto popolare e arcaizzante. In quelle dei sec. 16° e 17° appaiono scene di vita locale; le ricerche di plasticità mostrano l’influenza occidentale. Le icone del 17° sec., eseguite con gusto per i dettagli, ricevono splendidi rivestimenti barocchi d’argento. Le iconostasi hanno esuberante fastosità. Il grande sviluppo dell’incisione (centri a Leopoli, Kiev, Počaev) influisce sulla pittura. Dalla fine del 16° sec., nella pittura, accanto alle icone, appaiono i primi ritratti (scuola di Leopoli).
Nel 16° sec. nell’architettura dell’Ucraina occidentale predominano ornamentazioni rinascimentali (Leopoli, Luck), che nei sec. 17°-18° cedono il posto, dopo la diffusione del cattolicesimo dalla Polonia, a un monumentale barocco (collegio dei gesuiti a Kremenec, cattedrale di Leopoli, monastero di Počaev). Un carattere originale hanno nei sec. 16°-18° le chiese lignee a tre o quattro ambienti coperte di tetti piramidali o con cupole a casco; se ne conservano esempi nella Volinia (Niskeniči) e nei Carpazi (Leopoli, Drogobyč, Chust, Rachov, Mukačev ecc.), e anche a Poltava e Novomoskovsk. Nell’Ucraina orientale l’antica architettura russa si fonde con elementi delle costruzioni lignee e con accenti barocchi (cattedrale di Char´kov, chiesa della Trinità a Černigov, chiesa di Gustyn, chiesa di Ognissanti e monastero Kievo-Pečerskaja Lavra a Kiev, monastero Gustinskij a Priluki). Nella seconda metà del 18° sec. e nella prima metà del 19° in Ucraina lavorano molti architetti da Mosca e San Pietroburgo: J. Schädel (campanile di Lavra Kievo-Pečerskaja), A. Kvasov (cattedrale di Kozelec), I. Mičurin (S. Andrea a Kiev, su progetto di B. Rastrelli), I. Starov (Ekaterinoslav), C. Cameron (palazzo a Baturin), G. Quarenghi (palazzi a Hotin e a Ljaliči), A. Zacharov (cattedrale di Ekaterinoslav), K. Thomas de Tomon (Colonna della Gloria a Poltava). Nella seconda metà del 19° sec. predomina il gusto eclettico (S. Vladimir a Kiev di I. Štrom, Università di Leopoli di J. Gochberger, Università di Cernovcy di I. Glavka, Teatro di Odessa). I tentativi di far rivivere lo stile nazionale (Museo Etnografico di Poltava di V. Kričevskij) e le tendenze dell’art nouveau (casa Gorodeckij a Kiev) caratterizzano l’architettura tra fine 19° e inizio 20° secolo.
Le personalità più significative nella pittura del 19° sec. sono T. Ševčenko, propagatore del realismo critico, i paesaggisti S. Svetoslavskij, K. Kračkovskij, S. Vasilkovskij, i pittori di genere K. Trutovskij, N. Pimonenko, N. Muraško, I. Ižakievič, K. Kostandi. Il secolo vede anche lo sviluppo dell’artigianato: tappeti di Kiev, vetri soffiati di Černigov e Leopoli, porcellane, ceramiche, tessuti decorativi, ricami e pelli stampate.
Figura di rilievo dei primi decenni del 20° sec. è M. Bojčuk (1882-1939) che, con la sua scuola (I. Padalka, V. Šedljar, O. Pavlenko, S. Nelepinskaja-Bojčuk, M. Rokickij), svolge un ruolo importante nel periodo sovietico, nell’ambito dell’ARMU (Associazione dell’arte rivoluzionaria dell’Ucraina) con una pittura volta all’epicità dei contenuti e alla monumentalità delle forme, ispirata alla tradizione russo-bizantina e al Rinascimento italiano. Va ricordata l’attività in Ucraina di A. Exter, di K.S. Malevič,V.E. Tatlin e D.D. Burljuk. In questo periodo diffuso è anche il neoprimitivismo, collegato con la tradizione del folclore ucraino (A. Sobačko-Šostak, V. Dovgannja, E. Pšečenko, B. Kosarev, M. Sinjakova); il gruppo dei formalisti (A. Petrickij, V. Ermilov, A. Bogomazov, B. Erdman, L. Kiščeeva) viene sciolto all’inizio degli anni 1930.
In architettura, il costruttivismo, che ha nella centrale idroelettrica sul Dnepr (1929-32, V. Vesnin) una delle realizzazioni più significative, è rappresentato da P. Alëšin, V. Os´mak, N. Manučarova; continuano anche correnti nazionali che si riallacciano al barocco ucraino e all’architettura lignea. Nel secondo dopoguerra, tecniche e modi dell’architettura internazionale prevalgono e particolare attenzione è data al restauro e alla ricostruzione dei centri cittadini e dei monumenti storici: emancipazioni dagli stilemi usuali, effetto della dominante sovietica, si hanno con la ridefinizione di edifici e aree urbane, quali, per esempio, il progetto (2005) per la ricostruzione della penisola Rybalskyi nell’ambito degli interventi per la città di Kiev. A questo diffuso orientamento si associano opere di architettura che risentono, sin dagli anni 1980, delle tendenze postmoderne e high-tech.
Le tradizioni dell’avanguardia, in pittura, sono riprese da A. Summar. L’arte ‘non-ufficiale’ dell’Ucraina è caratterizzata dall’eterogeneità e dalla compresenza di forme tradizionali e innovatrici: una corrente ‘neofolcloristica’ è rappresentata da I. Marčuk, l’astrazione espressiva da V. Lamach, la pittura concettuale da V. Ažaža, le installazioni da F. Tetjanič, la tradizione monumentale del «bojčukismo» da G. Sinica. Una delle principali figure dell’underground ucraino è K. Levič. La ‘scuola di Odessa’ (J. Jastreb, V. Marišok, O. Vološinov, E. Rachmanin) è connotata dal carattere intimistico e dall’interesse per la pittura occidentale.
Di rilievo è l’attività degli incisori, che continua le tradizioni dei maestri dell’inizio del secolo e degli anni 1920-30.
Gli scultori traggono ispirazione dalle esperienze artistiche all’estero (A. Sucholit) oppure rivisitano tradizioni popolari (M. Stepanov). Verso la fine del 20° sec., attenuato il legame con Mosca, più intensi si fanno i rapporti con i paesi limitrofi e con l’Europa occidentale. I mezzi espressivi tradizionali di pittura e scultura, oltre che in opere di artisti affermati come T. Jablonskaja, O. Dubovyk e A. Kryvolap, artista non figurativo, trovano nuova linfa nei monocromi di B. Gabianuri; nella nuova figurazione di O. Holosyj; nella pittura materica e gestuale di R. Kostaš e A. Kryvolap; nelle sculture di vimini di T. Babak. Si prediligono forme espressive come installazione, performance, fotografia e video: B. Michailov; V. Bažaj; S. Bratkov e O. Tistol; O. Hnilic´kyj, tra i fondatori dell’Istituzione dei pensieri instabili (1966) di Kiev; O. Chepelyk; J. Solomko; tra fotografia, video e progetti multimediali: A. Savadov, I. Chichkan, D. Dulfan, I. Isupov, M. Zinec.