Gruppo di popolazioni europee stanziate nell’Europa centrale e orientale. Secondo una delle numerose etimologie proposte, il termine S., che ricorre anche negli etnonimi Slováky «Slovacchi» e Slovenci «Sloveni», sarebbe connesso con slovo «parola»: gli S. sarebbero dunque ‘i parlanti’, coloro che si esprimono in un idioma comprensibile, in contrapposizione ai Tedeschi, *Nĕmëci, «i muti». Un’altra etimologia fa risalire il nome a una radice skloav/sklav, analoga al lat. cloaca «acquitrino, canale di scolo», che darebbe un valore di ‘abitanti presso un luogo umido o presso un corso d’acqua chiamato Slovo o Slova’.
L’instaurarsi del termine sclavus, che nel latino medievale del 13° sec. indicava lo schiavo, prova l’importanza degli S. nel fornire materiale umano per il commercio degli schiavi che interessò nel Medioevo tutta l’Europa, Bisanzio e il mondo islamico.
Origini Nel 6° sec. gli S. apparvero al confine settentrionale dell’Impero bizantino. Procopio di Cesarea e Giordane, che per primi raccolsero notizie certe, parlano di popolazioni numericamente consistenti; secondo Giordane il loro territorio sarebbe stato delimitato dal Danubio, dal Dnestr e dal bacino della Vistola. Le fonti non forniscono alcuna indicazione sicura circa la sede originaria occupata dagli S. prima del 500 d.C., quando essi iniziarono quell’espansione che li condusse su territori almeno 4 o 5 volte più estesi della loro patria primitiva. Al riguardo, alcuni studiosi collocano la patria originaria degli S. sul versante nord-orientale dei Carpazi; altri pensano che essa si estendesse dalla Vistola al medio Dnepr e che la formazione del gruppo etnico protoslavo risalga al 1° millennio a.C. La difficoltà di identificare gli S. nelle fonti scritte più antiche risiede nel fatto che gli scrittori greco-romani accomunarono originariamente le popolazioni che abitavano l’immensa regione che dall’Altai arriva fino al Mar Nero sotto il nome di Sciti, un’etichetta che comprendeva in realtà popolazioni nomadi indoeuropee, popolazioni germaniche come i Goti e, appunto, S., forse da identificare negli Sciti ‘coltivatori’ stanziati a N dell’Ellesponto (5° sec. a.C.). Dalle testimonianze archeologiche, invece, le tracce protoslave più antiche sarebbero da identificare nella cultura lusaziana (16°-4° sec. a.C.), nel bacino dell’Oder e della Vistola.
Diffusione Nei primi secoli dell’era volgare gli S., in quanto agricoltori, erano relativamente sedentari; i loro trasferimenti dalle sedi originarie furono determinati soprattutto dalle invasioni dei Sarmati, degli Unni, degli Avari e dei Bulgari, nonché dalle migrazioni delle varie stirpi germaniche. Queste popolazioni assoggettarono gli S. e li portarono con sé, in qualità di sudditi o di federati, nelle zone invase. A differenza dei loro alleati o dominatori, gli S. si fermarono stabilmente nelle regioni conquistate e in esse costituirono i loro Stati. Già nel 5° sec. Anti e Sclaveni occuparono tutta la riva sinistra del Danubio. Nella penisola balcanica i progenitori dei Serbi, dei Croati, dei Macedoni e dei Bulgari cominciarono ad apparire nel 6° secolo. Alcuni S., dai quali derivarono in seguito i Serbi, i Macedoni e i Bulgari, scesero nella Macedonia greca e nella Tessaglia, dilagando nel Peloponneso e nelle isole. Secondo il racconto di Giovanni da Efeso, nel 581 essi giunsero ad accamparsi alle porte di Costantinopoli.
Nel corso del 7° e 8° sec. gli imperatori bizantini tentarono di sottomettere queste popolazioni; alcune tribù, vinte, furono trasferite in Asia minore per combattere contro gli Arabi. Nuove rivolte degli S. dei Balcani e della Grecia (9° sec.) misero in pericolo l’Impero, ma la resistenza della città di Patrasso e l’azione di Niceforo I contribuirono a risolvere la situazione. Autonomi dall’840, i Serbi passarono ai Turchi dopo la battaglia di Kosovo (1389). Un altro gruppo, costituito dalla fusione fra Bulgari turco-tatari e S., formò (840 ca.) un regno slavo indipendente, che divenne con Simeone il Grande (9° sec.) il più forte Stato balcanico e durò fino al 1371, quando cadde sotto l’avanzata turca.
Originariamente gli S. meridionali erano collegati, senza soluzione di continuità, con quelli occidentali, che in età non precisata avevano occupato la Boemia, la Moravia, la Slovacchia, la Pannonia, la Polonia e si erano spinti a O fino alla Saale e a tutto il corso dell’Elba. Dal 623 al 660 circa il franco Samo aveva infatti creato un regno slavo che si estendeva dalla Drava alla Saale e all’Oder. Alla sua morte questa prima compagine politica slava si era smembrata, ma la sua eredità fu raccolta dal regno della Grande Moravia (818-906) e dal principato di Pannonia. In Grande Moravia giunsero (9° sec.) Cirillo e Metodio, i fratelli di Salonicco che evangelizzarono le popolazioni locali nella loro lingua, suscitando una vivace reazione da parte dei Franchi, che consideravano quella zona loro terra di missione. Il regno grande-moravo fu poi distrutto (10° sec.) dai Magiari, che si stabilirono nella pianura ungherese, tagliando in tal modo i contatti tra S. meridionali e occidentali. Questi ultimi avevano già fondato, verso l’870, i regni di Polonia e di Boemia.
Gli S. che si erano spinti più a O, giungendo fino all’Elba, e quelli che si erano fermati lungo le coste occidentali del Baltico meridionale furono sistematicamente sottomessi dai Tedeschi (8°-11° sec.). Anche Polonia e Boemia vissero dal 10° sec. sotto una forte influenza tedesca; lo sviluppo cittadino e gli stessi progressi in agricoltura nei paesi slavi si dovettero all’influsso dei coloni occidentali, tedeschi in primo luogo, dall’11°-12° sec. in poi. Infine, fu soprattutto per opera dei Tedeschi che il cristianesimo si affermò fra gli S. occidentali.
Nella Slavia orientale la confederazione degli Anti fu distrutta dagli Avari nel 602. Nella seconda metà del 7° sec. agli Avari successero i Chazary. Due secoli più tardi cominciò a prendere consistenza un nuovo Stato fondato per impulso dei nordici Variaghi e ben presto slavizzato.
Famiglia di lingue indoeuropee che è generalmente divisa in 3 grandi gruppi: slavo orientale, con il russo, l’ucraino (o piccolo russo, o ruteno) e il russo bianco (o bielorusso); slavo occidentale con il polacco, il casciubo, il sorabo, il ceco, lo slovacco e l’estinto polabico; slavo meridionale, con il bulgaro, il macedone, il serbo, il croato e lo sloveno. Una netta distinzione linguistica fra i 3 gruppi tuttavia non esiste, come dimostra la diversa area di diffusione di alcune isoglosse (per es., tj e dj sono continuati con č e ž dal gruppo orientale, con c e z dall’occidentale, con št e žd dal bulgaro, ć e đ dal serbo e dal croato, č e j dallo sloveno; t e d davanti a i, e, ĭ, ě, vengono palatalizzati nei gruppi orientali e occidentali, ma non nel meridionale ecc.).
Caratteristiche. Il gruppo delle lingue slave, nel suo insieme, è caratterizzato, all’interno delle lingue indoeuropee, da alcune isoglosse risalenti alla fase più antica.
Nella fonetica: gli ă e ŏ indoeuropei si fondono in o, ā e ō in a, i e u si riducono a ĭ e ŭ (osĭ «asse» e ovĭca «pecora», di fronte al lat. axis e ovis; darŭ «dono» e matĭ «madre», di fronte al lat. dōnum e māter); le liquide e le nasali sonanti sono rappresentate dai gruppi ŭ/ĭ più le rispettive liquide e nasali consonanti, e le nasali scompaiono nasalizzando la vocale precedente (sĭrdĭce, russo serce «cuore», da un *kr̥di-, lat. cor cordis); le sonore aspirate e le sonore semplici indoeuropee sono rappresentate egualmente da medie, e le palatali originarie sono assibilate (děti «porre» come dati «dare», da *dhe- e *dō-, cfr. gr. τί-ϑη-μι e δί-δω-μι); le sillabe chiuse tendono a essere eliminate, per cui i gruppi consonantici vengono semplificati, le consonanti finali scompaiono e gli antichi dittonghi sono monottongati.
Nella morfologia: l’ablativo è assorbito dal genitivo, ma nei temi in o il genitivo è formato secondo l’antico ablativo (vĭl’ka «del lupo», corrispondente a un ablativo sanscrito); la desinenza dello strumentale, e del dativo duale e plurale, presenta una formante iniziale m- invece di bh- indoeuropeo (noštĭ-mŭ «alle notti», di fronte al lat. nocti-bus e al sanscrito nakti-bhyas); il tema dei casi obliqui dei pronomi personali singolari è formato dal genitivo per il pronome di prima persona e dal dativo per il pronome di seconda persona e per il riflessivo; l’aggettivo ha una forma determinata che risulta dall’unione della forma indeterminata con il pronome determinativo jĭ (dobrŭ-jĭ «il buono»); i temi in o adottano presto, per l’accusativo degli esseri animati, la forma del vecchio genitivo-ablativo, e anche negli altri temi l’oggetto è espresso al genitivo dopo la negazione. Le lingue slave distinguono infine nettamente l’aspetto verbale: l’azione dei verbi composti è perfettiva, e per renderla imperfettiva si deve far loro assumere la forma iterativa.
Il gruppo linguistico indoeuropeo che partecipa, più degli altri, a queste isoglosse delle lingue slave è il baltico, e per questo la maggior parte degli studiosi accetta l’unione dei due gruppi in un’unità superiore, il balto-slavo.
Lingue letterarie Le lingue letterarie slave si distinguono in 2 aree, corrispondenti alle 2 aree culturali dell’Europa: la Slavia orientale o greco-bizantina e la Slavia occidentale, o latina. La più antica lingua letteraria slava è il paleoslavo, sulla cui base si sono sviluppate le lingue slavo-ecclesiastiche della Slavia orientale, cioè in genere quelle degli Slavi ortodossi; il termine slavone indica le tradizioni locali dello slavo ecclesiastico a partire dall’11° sec., che si caratterizzano per una coloritura linguistica regionale dell’originario paleoslavo.
Le moderne lingue letterarie della Slavia occidentale sono invece analoghe, nel loro sviluppo, a quelle non slave dell’Occidente: parallelamente anche il lessico più antico delle lingue slave di area bizantina presenta numerosi prestiti greci, mentre quello delle lingue della Slavia latina si è arricchito di prestiti germanici e neolatini. L’alfabeto usato dalle lingue slave è, oltre al glagolitico ormai morto, il cirillico per le lingue della Slavia greca e il latino per le lingue della Slavia latina.
Le conoscenze sulla religione pagana degli S. si limitano a quella degli S. orientali (Russi) e degli S. stanziati in prossimità del Mar Baltico; per gli S. occidentali (Polacchi e Cechi) e per gli S. meridionali (S. balcanici) le notizie sulle forme precristiane di religione sono pressoché nulle e affidate per lo più a indicazioni tratte dal folclore. Dall’insieme, molto scarso, delle fonti si possono comunque individuare alcuni punti sicuri del paganesimo russo, primo fra tutti l’esistenza nelle credenze e nel culto della figura di un dio supremo, altamente preminente sulle altre divinità, già ravvisabile nel dio «autore del fulmine» citato da Procopio, che nelle scritture russe appare con il nome di Perun. Per gli S. occidentali, si può accogliere il concetto di un ‘politeismo limitato’, data la molteplicità delle divinità (Svantevit, Porenutius, Porevithus, Rugievithus, Svarožič, Tjarnaglofi, Triglav) e la ricchezza cultuale e iconografica che le caratterizza. La credenza in un oltretomba è largamente dimostrata, soprattutto dalla modalità dei riti funebri (che presentano sia la cremazione sia l’inumazione), comuni, del resto, a numerosi popoli indoeuropei
La religione dei popoli slavi sopravvisse fino alla loro cristianizzazione, iniziata nel 7° sec. e completata nel 12°. Il paganesimo degli S. occidentali oppose una forte resistenza alla penetrazione del cristianesimo; contro di esso, vescovi e cavalieri tedeschi bandirono delle vere e proprie crociate, la più importante delle quali fu quella del 1147, predicata da Bernardo di Chiaravalle e contemporanea alla seconda crociata in Terrasanta.