La prima lingua letteraria slava (detta anche slavo ecclesiastico e antico slavo e, più raramente, antico bulgaro e veteroslavo), formatasi in seguito alla traduzione della Sacra Scrittura da parte dei monaci tessalonicesi Cirillo e Metodio e documentata nei manoscritti compresi fra il 9° e l’11° sec; era quasi certamente basato su un dialetto bulgaro della Macedonia. Successivamente, il p. fu usato dai religiosi delle scuole della Moravia e del principato sloveno di Pannonia per tradurre le opere ecclesiastiche greche (più raramente latine o di contenuto profano) e raggiunse il suo massimo sviluppo quando i loro discepoli furono costretti a trasferirsi in Bulgaria presso gli zar Boris e Simeone. I principali manoscritti, ritrovati per lo più in Palestina o nei monasteri del Monte Athos e del Sinai, sono redatti in scrittura glagolitica (da ricordare il Codex Assemanianus, il Codex Zographensis, il Codex Marianus, i fogli di Kiev, il Salterio Sinaitico, il palinsesto dell’Octoechos) o in caratteri cirillici (da ricordare il Codex Suprasliensis e l’Evangelo del prete Sava o Savvina Kniga). Il p., divenuto lingua letteraria ecclesiastica, ancora fedele ai caratteri linguistici originali nonostante gli influssi dei dialetti parlati, si diffuse in Serbia, in Croazia e in Russia assumendo in ogni regione un diverso colorito locale.