Secondo la tradizione grammaticale classica, il secondo caso della declinazione greca e latina. Si è dato poi il nome di g. anche a modificazioni flessionali nominali di altre lingue, che abbiano funzioni sintattiche analoghe. Le più comuni desinenze indoeuropee di g. singolare sono -es, -os (-si̯o per i temi in -o-, sostituito in latino da -ī di origine non chiara), mentre -ōm è l’unica nota per il plurale. In latino già nel 1° sec. d.C. il g. di tipo flessivo cede a una costruzione analitica con de o ex. È difficile stabilire quali fossero nella preistoria le funzioni principali di tali desinenze indoeuropee, dato il sincretismo sempre operante. È a ogni modo certo che nella fase indoeuropea unitaria l’uso del g. con i nomi coesisteva con quello libero e con quello con i verbi; ma questi due ultimi sembrerebbero più antichi. Si avevano così i g. di tempo e di spazio (ἠοῦς «di mattina», ἐρείσατο χειρὶ γαίης «si appoggiò con la mano alla terra») e i tipi partitivi (πιεῖν οἴνου «bere vino», quis vestrum?), il g. di appartenenza a una categoria (domus avi) e altri. La funzione partitiva permetteva al g. di concorrere con altri casi: poteva funzionare da soggetto, da oggetto, sostituire il locativo, lo strumentale ecc. G. locativo In latino, g. in funzione di locativo. Le desinenze -i e -ae del g. singolare possono indicare anche lo stato in luogo, perché l’antica desinenza di locativo -i (nei temi in consonante è divenuto -e, che è una desinenza di ablativo della 3ª declinazione; in quelli in -o-, attraverso -oi, -ei, è divenuto -ī) si è confusa, per la forma, con quella di g. singolare della 2ª declinazione (e della 1ª: -ā-i diviene -ae come -ā-ī). G. assoluto In greco, una specie di proposizione, sempre più indipendente a partire dall’epoca omerica, ottenuta dalla concordanza di un participio con un nome declinato al genitivo. Questo sintagma, in origine sembra con funzione partitiva, era usato per ottenere determinazioni accessorie e in quanto tale era suscettibile di isolamento.