Una delle cinque tradizionali parti del mondo e la più vasta tra esse (44.600.000 km2, comprese le acque interne). Si estende per oltre 75° di latitudine (tra Capo Čeljuskin, 77° 41' N, e Capo Piai, 1°16' N) e, con le isole, addirittura per 92°, da oltre 81° N (Terra del Nord) a 11° S (Roti, nelle Isole della Sonda); misura oltre 164° di longitudine (da Capo Baba, nell’Asia Minore, 26°4' E, alla punta di Dežnev, 169° 40′ O). Entro questi limiti, l’A. costituisce il 30% delle terre emerse e ospita il 60% della popolazione mondiale.
I limiti sono: a N il Mar Glaciale Artico; a O, verso l’Europa, i monti Urali, il fiume Ural, il Mar Caspio, il solco dei due fiumi Manyč a N del Caucaso, il Mar Nero e il Mar Egeo e, verso l’Africa, l’istmo di Suez, il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano; a E, lo Stretto di Bering e il Pacifico; a SE, verso l’Australia, è appena indicativo il limite rappresentato dalla fossa di sprofondamento corrispondente allo Stretto delle Molucche, al Mar di Banda e al Mar di Timor. Di fatto, l’A. ha rapporti di contiguità con tutte le altre parti del mondo. Specialmente con l’Europa, il confine è solo convenzionale, giacché in realtà le due regioni formano un’unità continentale (Eurasia). Con l’Africa sono grandi le somiglianze di vaste regioni occidentali (Siria, Arabia). Con il Nordamerica la separazione è labilissima, poiché lo Stretto di Bering è un angusto braccio di mare (92 km) che, gelato d’inverno, favorisce in questa stagione gli spostamenti anche umani tra i due continenti.
Della superficie dell’A. 2,7 milioni di km2 sono costituiti da isole e quasi 8 da penisole. Il blocco asiatico ha però spiccate caratteristiche di continentalità (11 milioni di km2 distano oltre 1200 km dal mare, e di questi 4 ne distano oltre 1800 km; il centro della continentalità cade nella Zungaria, a 2500 km dalla costa).
Le prime conoscenze sull’A. giunte in Europa risalgono all’espansione greca verso oriente; Erodoto e poi i geografi di Alessandro registrano le prime notizie sul Hindūkush, sull’Afghanistan e sull’India. Anche in età romana, benché gli interessi politici dell’Impero non andassero oltre l’Eufrate, non mancarono scambi di merci preziose con lontane contrade, come Taprobane (Ceylon), e forse anche la penisola di Malacca; dopo Augusto (e specialmente nei sec. 2° e 3° d.C.) vi furono relazioni con la Cina. Con il 4° sec. cominciò il flusso dei pellegrini verso la Palestina, mentre il cristianesimo si andava diffondendo sempre più a est, oltre i confini dell’Impero Romano, tanto che i nestoriani raggiunsero le coste del Mar Giallo. Si conservarono anche relazioni commerciali. A questo periodo seguì, nei sec. 4°-7°, un movimento di pellegrini buddhisti dalla Cina verso occidente. Qui, intanto, l’affermarsi dell’Islam, se da un lato rese sempre meno facili i viaggi di Europei verso la Palestina, tuttavia portò a una maggiore conoscenza di molta parte dell’Asia. Una relazione anonima dell’850 descrive il viaggio di Sulaimā’n il Mercante, da Bassora al Mar Giallo, con notizie etnografiche ed economiche. Intorno alla metà del 10° sec. numerosi viaggiatori di cultura araba visitarono le province indiane.
Le relazioni dell’Europa con l’A. divennero più intense nel 13° sec., nello sforzo di arginare con missioni religiose e diplomatiche l’invasione dei Mongoli. La presenza dei musulmani nelle regioni sud-occidentali indusse a tentare nuovi itinerari più a nord, attraverso il cuore dell’A.: il primo viaggio fu quello del francescano Giovanni di Pian del Carpine che, partito nel 1245, attraverso la Polonia e la Russia arrivò all’accampamento del khān Bātū e di qui s’inoltrò fin quasi a Karakoram, capitale mongola, da cui fece ritorno nel 1247. Una via poco più settentrionale seguì nel 1253 Guglielmo di Rubruquis.
Ma è merito di una famiglia di mercanti veneziani, i Polo, l’aver rivelato in Europa il mondo asiatico. I fratelli Niccolò e Maffeo Polo giunsero in Cina dopo il 1261, ripartendone nel 1268. Poi, accompagnati da Marco, figlio di Niccolò, iniziarono nel 1271 un secondo viaggio, celebre per merito del racconto che ne lasciò Marco (Il Milione), che doveva tenerli lontani per 24 anni. Dopo i Polo le relazioni tra la Chiesa e i sovrani mongolici si ampliarono; fiorirono le prime missioni (Giovanni da Montecorvino in Cina; Odorico da Pordenone in Persia, India, Sumatra, Giava, Cina). Verso la fine del 13° sec., la Cina e l’India furono visitate da mercanti italiani (l’attenzione di Genova e di Venezia verso tali regioni divenne molto viva); nel 14° sec. comparvero i primi Francesi, Spagnoli e Tedeschi. A riscontro di questo risveglio commerciale europeo sta una notevole figura di viaggiatore musulmano, Ibn Baṭṭuṭa, che tra il 1325 e il 1350 attraversò l’Arabia, la Persia, il Turkestan e finalmente l’India e la Cina, lasciando ampie relazioni. Ma, caduti gli imperi gengiscanidi, sotto la dinastia Ming le relazioni con la Cina furono a lungo interrotte, a vantaggio di una maggiore conoscenza dei paesi arabi e indiani. In questo senso spiccò Venezia, a cui interessava tenere aperta la via verso i paesi delle spezie che i Turchi controllavano: il veneziano Niccolò de’ Conti viaggiò tra il 1414 e il 1439 fino a Sumatra e forse a Giava; altri veneziani (Caterino Zeno, Giosafat Barbaro, Antonio Contarini) guidarono ambascerie in Persia; il bolognese Ludovico de Varthema penetrò a Medina, alla Mecca e nello Yemen. Navigatori portoghesi compirono, verso la fine del 15° sec., il periplo africano (Vasco da Gama, 1497-98), aprendo la via marittima all’India, e crearono le prime basi per una colonizzazione che diventò mano a mano sempre più ampia (1511 alle isole di Banda; 1512 alle Molucche).
Con il viaggio di Ferdinando Magellano, che approdò alle Molucche nel 1521, il continente asiatico si precisò nella sua posizione e funzione. Ma solo nei sec. 18° e 19° si ebbe la sua completa esplorazione. Dopo la progressiva espansione russa a est degli Urali, nel 1728 Vitus Bering esplorò lo stretto che da lui prese nome; nel 1742 Semën Čeljuskin toccò per via di terra il punto più settentrionale del continente e molto più tardi, nel 1879, la Vega dello svedese Adolf Erik Nordenskjöld riuscì a costeggiare il bordo settentrionale. Nelle regioni meridionali ai Portoghesi seguirono Olandesi e Inglesi. Riprese anche la penetrazione verso l’interno con i missionari (tra i quali va ricordato soprattutto Matteo Ricci per lo straordinario contributo recato alla conoscenza della Cina negli ultimi decenni del 16° sec. e nei primi anni del 17°, ma anche Ippolito Desideri per i viaggi nel Tibet, 1715-21). Iniziarono quindi le spedizioni scientifiche: prima quella guidata dal geologo Carsten Niebuhr (1761) nell’Arabia, poi i viaggi di Peter Simon Pallas (1768-93) nell’A. russa, quelli del russo Nikolaj Michailovič Prževalskij attraverso Turkestan e Mongolia (1870-81), dello svedese Sven Anders Hedin (in gran parte del Tibet, 1896-1910), del geografo e geologo tedesco Ferdinand von Richthofen (Kunlun, Mongolia, 1869-72). Più recenti sono le imprese alpinistiche himalayane, cui hanno contribuito anche spedizioni italiane.
Geomorfologia. - La porzione continentale dell’A. ha forme massicce, ma fuorché nella costa settentrionale, che si delinea ovunque oltre il Circolo Polare ed è bassa e senza marcate sporgenze (salvo quella della penisola del Tajmyr), ha contorni alquanto accidentati. A S è orlata da grandi penisole: l’Anatolia, che si avanza nel Mediterraneo; l’Arabia, quadrangolare; il Deccan, in forma di grande altopiano triangolare; l’Indocina, frastagliata e orlata da archi e festoni insulari che poi, continuandosi a S, a E e infine a N, formano una ghirlanda di circa 10.000 km con alcune delle isole più vaste del mondo.
In A. si trovano le montagne più alte della Terra (Everest, 8846 m) e le depressioni assolute più profonde (Bajkal, prof. max 1620 m, Caspio, 995 m); lungo i suoi margini orientali anche gli abissi marini più profondi (Fossa delle Marianne, 11.022 m). Colpisce in A. il contrasto tra la fascia centrale, con grandi regioni montuose, e le vaste pianure settentrionali (Bassopiano Siberiano tra i monti Urali e il fiume Enisej), o le piattaforme meridionali (Arabia, Deccan). La regione montana crea un deciso diaframma tra le altre due zone, poiché forma una continuazione dell’arco alpino europeo, a cui si unisce lungo le rive del Mediterraneo (Monti Pontici e Tauro), e inoltrandosi verso E senza soluzione di continuità, con lunghe catene che via via si dividono (El´brus e Zagros) per poi riunirsi (Hindūkush), penetra nel cuore dell’A., in parte attraversandola (Kunlun, 2500 km) fin entro la Cina (Qin Ling Shan), in parte delimitandola, sia a S (Himalaya, Transhimalaya), sia a N (Tian Shan). Lungo tutto il corrugamento sono inglobati vasti altipiani (Anatolia, Armenia, Iran, Tibet, Mongolia) e depressioni (Tarim, Zungaria) di antica origine. Queste catene, che risalgono in buona parte all’ultimo periodo orogenetico (corrugamento alpino-himalayano, nel Terziario), divergono ulteriormente, sia verso S, innervando l’Indocina, sia verso N, dove formano un’ampia fascia di montagne con forme alpine (Altaj, Sajan, Iablonovyj, Stanovoj). Anche a queste diramazioni montuose si affiancano varie e vaste aree di terreni più antichi (Paleogene), che si presentano o con rilievi quasi tabulari (Altopiano Siberiano, tra i fiumi Enisej e Lena), o con disordinate ondulazioni (Cina meridionale, Manciuria). Al fascio di montagne, che se ha una continuità orografica non ne ha ovunque una genetica, sono congiunte a S, mediante due vaste pianure fluviali (Mesopotamia e Indostan), le due piattaforme dell’India e dell’Arabia, in buona parte archeozoiche, ma spianate da lunghissima erosione e rialzate sui margini. In genere la disposizione del rilievo è tale che le zone periferiche sono di accesso più agevole, mentre i plessi montani ostacolano la penetrazione della zona interna, nonché la circolazione atmosferica.
Geologia. -Caratteristica fondamentale della struttura geologica dell’A. è la presenza sia nel Nord sia nel Sud di vaste aree stabili risalenti all’inizio del Cambriano, e di una zona intermedia soggetta a intenso corrugamento in diverse età geologiche. Le principali unità morfologiche e strutturali sono: Siberia, A. centrale, Himalaya, Cina e Indocina, archi costieri (Giappone, Insulindia), A. Minore, Arabia e India.
Nel Bassopiano Siberiano, dagli Urali all’Enisej e dal Mare Artico alle Steppe dei Kirghisi e all’Altaj, prevalgono formazioni di sedimenti marini terziari e quaternari, mentre nell’Altopiano Siberiano affiora una piattaforma di sedimenti marini del Paleozoico antico. Nella penisola di Tajmyr si hanno anche affioramenti di massicci granitici. La Siberia orientale, a E del Lena, ha una struttura geologica molto complessa e varia, in quanto vi compaiono terreni di tutte le età, per lo più fortemente dislocati, accompagnati da complessi eruttivi. Terreni antichi, prepaleozoici e paleozoici, molto fortemente corrugati e dislocati, prevalgono invece nell’Altaj, tra il Bassopiano Siberiano e le depressioni della Zungaria e del Balhaš.
L’A. centrale (in cui ha particolare importanza il sistema del Tian Shan) è costituita prevalentemente da scisti, arenarie e calcari del Paleozoico, in parte metamorfosati e soggetti a ripetuti corrugamenti ed eruzioni. Vi si ricollega il complesso di catene montuose Alaj-Pamir, strutturalmente analogo al Tian Shan. Dal complesso Alaj-Pamir fino alla Cina, si snoda per oltre 2500 km l’imponente sistema del Kunlun, costituito prevalentemente da rocce cristalline e da sedimenti marini paleozoici ripetutamente corrugati. Molto diverso è il desertico altopiano mongolo (Gobi), vastissima regione a pieghe, in parte spianata dall’erosione e percorsa da depressioni e incisioni, in cui prevalgono rocce cristalline e prepaleozoiche, eruttive e intrusive. Nel Tibet, infine, prevalgono scisti cristallini e graniti ricoperti da una serie marina che va dal Carbonifero al Cretaceo, con prove di ripetuti movimenti tettonici anche recenti. Terreni analoghi, intensamente corrugati, costituiscono più a sud il sistema Karakoram-Transhimalaya. La lunghissima depressione longitudinale nella quale scorrono l’alto Indo e il Brahmaputra separa Karakoram e Himalaya. La zona assiale è costituita da scisti cristallini, in parte provenienti da metamorfismo di rocce sedimentarie di varie età; il grande corrugamento himalayano si compì nel Terziario. Dai piedi del Grande Khingan al fiume Amur e al Mar Giallo si estende la regione mancese, la cui ossatura è data da rocce scistose-cristalline e paleozoiche, corrugate e spianate, attraversate da fratture recenti che diedero origine a vulcani e a estesi campi di lave. Tra l’altopiano mongolo e il mare, la Cina settentrionale ha terreni cristallini e paleozoici ricoperti da Löss per ampie estensioni, e la Cina orientale terreni antichi ricoperti dai sedimenti alluvionali che costituiscono la livellata pianura del Huang He. La Cina meridionale propriamente detta, bassa e alluvionale sino al Chang Jiang, presenta più a sud una zona paleozoica e vulcanica ondulata a penepiano con ampi bacini e rilievi assai vari e disordinati. L’Indocina è costituita da formazioni diverse: graniti, scisti cristallini, terreni paleozoici svariati, calcari carsici mesozoici e terziari marini.
I festoni di isole e di penisole che circondano l’A. nella sua parte orientale sono grandi catene periferiche parzialmente emerse, terziarie e caratterizzate da intensi fenomeni vulcanici e sismici tuttora in atto. Se si eccettua l’isola di Taiwan, quasi completamente sedimentaria, in tutte le altre si hanno rocce cristalline antiche, che nel Giappone formano montagne anche superiori ai 3000 m d’altezza, più o meno ricoperte da sedimenti marini di età diversa e da espandimenti lavici, prevalenti nella penisola di Camciatca. È però nell’Insulindia che i vulcani costituiscono parte integrante del rilievo strutturale, particolarmente a Giava, Sumatra e nelle Filippine (mancano però nel Borneo). L’A. Minore è costituita da un’ossatura profonda cristallina ricoperta da sedimenti. Il rilievo attuale è dovuto a faglie recenti con spostamenti verticali. In Armenia, ha particolare importanza una grande zona vulcanica nella quale domina l’Ararat (5123 m). Dall’altopiano armeno si passa gradualmente a quello dell’Iran, in cui rocce granitiche sono ricoperte da una serie sedimentaria, su cui si eleva la grande massa trachitica recente del vulcano Damavand (5601 m). Il Caucaso è costituito da un massiccio prevalentemente granitico, su cui si appoggiano scisti paleozoici e sedimenti. Alcune delle maggiori cime, fra cui l’El´brus, sono antichi vulcani terziari e pleistocenici. Il Turkestan Occidentale (o Turan) costituisce una zona complessa con bacini di depressione (Caspio, Aral) dovuti a fratturazioni e affossamenti, prevalentemente desertici o steppici.
A parte sono da considerarsi Siria, Arabia e Mesopotamia, India: regioni dell’A., ma che i geologi, per struttura e origine, considerano parte integrante dell’Africa. L’Arabia forma un tavolato declinante verso nord-est, con catene marginali, racchiudenti una regione che, all’infuori della Mesopotamia, è in gran parte desertica. Vanno segnalate le lunghe dorsali cretacee ed eoceniche del Libano (e Antilibano) e della Palestina, a cui si affianca la profonda fossa tettonica del Giordano e del Mar Morto (quest’ultimo con fondo a −792 m), continuazione di quella più ampia del Mar Rosso. Le depressioni del Tigri e dell’Eufrate sono colmate da depositi neogenici marini e da alluvioni quaternarie. Nella regione indiana, il Deccan è un grande massiccio cristallino arcaico ricoperto nella parte sud-est da sedimenti marini, e caratterizzato nella parte nord-ovest da colossali espandimenti basaltici e andesitici. Tra esso e il sistema himalayano, l’Indostan è invece un bassopiano ricoperto da depositi alluvionali quaternari.
Climatologia. -Il clima dell’A., data la grande estensione in latitudine del continente (esteso per 3/4 nella zona astronomica temperata boreale, per 1/8 in quella torrida e per 1/8 in quella artica), ha una grande varietà, resa anche più viva dalle condizioni del rilievo. L’azione moderatrice del mare si riduce di frequente a una fascia periferica, e a volte manca del tutto; buona parte dell’A. ha dunque climi più o meno continentali, con accentuate escursioni sia annue sia diurne. Dalla distribuzione della temperatura dipende quella della pressione atmosferica e l’avvicendamento dei monsoni. Durante il semestre invernale i monsoni spirano freschi e secchi dalla terra verso il mare (monsone di nord-est); durante il semestre estivo in direzione opposta: monsone di sud-ovest che, saturo di umidità, investe un’area molto ampia tra l’A. sud-occidentale e l’arcipelago giapponese.
Si possono distinguere: una regione umida equatoriale, con temperature sempre superiori a 18 °C e grande abbondanza di piogge (Insulindia, Filippine, Malacca, Annam, Malabar, coste del Myanmar); una zona tropicale, con un’escursione termica maggiore, piogge molto abbondanti durante il monsone estivo ed esigue nei mesi invernali (Deccan, Sri Lanka, Indocina, Filippine settentrionali); una zona subtropicale, con inverno fresco e arido ed estate calda e piovosa con rilevante escursione termica annuale (Bassopiano Indo-gangetico, Cina centro-settentrionale). Nelle regioni bagnate dal Mediterraneo le piogge, sufficienti nel periodo invernale, scarseggiano in estate; invece l’arcipelago giapponese ha piogge più uniformi e più abbondanti. Tra le regioni di clima mediterraneo a O e la zona subtropicale a E, una vasta regione marcatamente arida (in gran parte addirittura desertica), che include buona parte della Penisola Arabica, si estende a N fino alla depressione aralo-caspica e verso oriente, fino a includere la Mongolia. La maggior parte della Siberia si distingue per un clima subartico con inverni freddi, lunghi e rigidi (a Verhojansk si ha una media invernale di circa −50 °C, con punte minime di quasi −70 °C), ed estati brevi, con scarse piogge estive. Il clima nivale, naturalmente, domina nelle regioni montane, ma non scende in nessun luogo al livello del mare: Novaja Zemlja, 600 m; Camciatca, 1600 m; Altaj, 2300 m; Tian Shan, 4000 m; Karakoram versante N (asciutto): 5200-6000 m; Himalaya versante S ( umido): 4500 metri.
Idrografia. -La configurazione verticale dell’A. influenza con evidenza le condizioni idrografiche. In primo luogo, vastissimi sono i bacini interni: in più di 5 milioni di km2 (zone endoreiche) le acque fluviali non scolano al mare, ma si perdono in laghi interni (per es., i fiumi Syrdar’ja e Amudar’ja nel Lago d’Aral) o nelle sabbie (per es., il fiume Tarim); non meno di 10 milioni di km2 mancano d’idrografia superficiale per assenza o insufficienza di piogge. Queste zone coprono buona parte dell’A. dal Mar Caspio al deserto di Gobi, dove i venti prelevano il materiale pulverulento che si deposita poi sotto forma di Löss nella Manciuria e nella Cina nord-occidentale. L’A., pur avendo il maggior numero di grandi fiumi (l’Ob´ e il Chang Jiang, con oltre 5000 km di corso e altri cinque, Lena, Mekong, Amur, Huang He, Enisej, con oltre 4000), non possiede i fiumi più lunghi della Terra.
Le zone scolanti verso il mare aperto sono, in ordine decrescente di estensione, l’artica (27%), la pacifica (23%), l’indiana (18%), la mediterranea (2%). Al versante del Mar Glaciale Artico appartengono i grandi fiumi siberiani (Irtyš-Ob´, 5410 km di lunghezza e 2.975.000 km2 di bacino; Enisej, 4090 km di lunghezza e 2.580.000 km2 di bacino; Lena, 4400 km di lunghezza e 2.490.000 km2 di bacino), che hanno in buona parte corso di pianura con acque abbondanti in ogni stagione (specialmente a fine primavera): ma i ghiacci ostacolano la navigazione per vari mesi, e inoltre, avendo luogo il disgelo prima a monte che a valle, dove enormi blocchi di ghiaccio sbarrano il deflusso, essi inondano le zone rivierasche. Chiusa da ghiacci per cinque mesi è anche la foce dell’Amur (4416 km, bacino di 1.855.000 km2). I fiumi della Cina e dell’India hanno forti portate, ma in genere non sono adatti alla navigazione a causa delle numerose rapide: il Huang He (4800 km, bacino di oltre 750.000 km2) non ha regime regolare e ha conosciuto numerosi sfondamenti e mutamenti di corso (imponente nel 1853). Invece il Chang Jiang (5800 km, bacino di 1.800.000 km2), che ha una grande portata media (22.000 m3), è anche ottimamente navigabile per metà del suo corso. Diversi tra loro per caratteristiche idrografiche sono i fiumi indiani: povero d’acque, e non ben navigabile, l’Indo (3180 km, bacino di 1.165.000 km2); con notevole e regolare portata, meglio navigabile e largamente impiegato per irrigazione, il sistema Gange-Brahmaputra (lunghezza dei due fiumi 2700 e 2900 km, e bacino complessivo di 1.125.000 km2). Nell’A. occidentale mancano grandi sistemi fluviali e i corsi d’acqua hanno più o meno caratteristiche di fiumi desertici, in cui la massa d’acqua va diminuendo verso la foce. L’antichissima utilizzazione dei due fiumi gemelli Tigri ed Eufrate ha reso agevole la fioritura della civiltà mesopotamica.
Notevole è il numero di laghi, che si allineano specialmente nella regione steppica tra Caspio e Bajkal: alcuni (Caspio, 370.000 km2, prof. max 995 m; Aral, in forte contrazione dagli anni 1960, ridotto a due laghi distinti, in tutto 20.000 km2) sono residui di un ampio mare interno; altri (come il Balhaš, 18.400 km2, di modesta profondità: 27 m; e il Bajkal, 31.500 km2, notevolmente profondo: 1620 m; come anche il Mar Morto, 980 km2, prof. max 792 m) hanno origine tettonica. Molti pure i laghi glaciali specialmente nel Tibet.
Sulle grandi montagne centrali si trovano i più vasti ghiacciai della Terra, alcuni dei quali superano i 50 km di lunghezza (Siachen, 72 km; Baltoro, 86 km).
Dal punto di vista biogeografico, l’A. appare un grande spazio eterogeneo, grossolanamente divisibile in due regioni distinte: quella paleartica, a nord, quella orientale a sud. La regione paleartica si estende dalla parte più orientale della Penisola Arabica al Mar del Giappone, attraverso l’A. continentale, e comprende inoltre l’Europa e l’Africa settentrionale. La regione orientale comprende invece l’area che va dall’India al Giappone attraverso l’Indocina e la Cina meridionale, e a sud l’Indonesia fino a Celebes.
Alla zonazione climatica in senso nord-sud corrisponde una suddivisione in fasce vegetazionali. A nord si estende la tundra, caratterizzata da pianure perennemente gelate o con disgelo limitato agli strati più superficiali del terreno (permafrost), costituita da Briofite (muschi), licheni e poche Fanerogame con periodi vegetativi e fioriture brevi. Subito a sud domina la taiga, ininterrotta foresta di Conifere, con uno spessore nord-sud che oscilla tra 1000 e 2300 km, fortemente sfruttata per il legname in alcune aree. Verso sud, la taiga lascia il posto alla steppa e poi al deserto, il quale ultimo forma una fascia quasi ininterrotta dalla Penisola Arabica al Mar del Giappone. Localmente, dove le risorse idriche lo consentono, le aree desertiche sono utilizzate per la pastorizia e alcune colture (cotone, cereali). Ancora più a sud il deserto cede alla savana, dove il clima monsonico assicura sufficienti piogge stagionali, e infine alla foresta pluviale, oggi assai ridotta rispetto al passato, che domina parte della Penisola Indiana, l’Indocina e le grandi isole australasiatiche.
Il popolamento animale della regione paleartica è caratterizzato da specie comuni o assai simili a quelle della regione neartica, per la vicinanza geografica tra le estreme regioni settentrionali dei continenti, unite dai ghiacci dell’Artico. Tra i grandi Ungulati sono tipici l’alce (Alces alces), la renna (Rangifer tarandus tarandus), il cervo (Cervus elaphus). L’antilope saiga (Saiga tatarica) vive nelle steppe fredde del Kazakistan, della Siberia meridionale e della Cina settentrionale. Ancora tra gli Artiodattili va ricordato il cammello (Camelus bactrianus), oggi rappresentato da non più di 1500 individui viventi allo stato selvatico, tra Cina e Mongolia. I carnivori annoverano l’orso bruno (Ursus arctos) e l’orso bianco (Thalarctos maritimus), oltre al lupo (Canis lupus) e alla volpe polare (Alopex lagopus). Non mancano comunque elementi orientali, come la tigre (Panthera tigris), un tempo diffusa con varie sottospecie dalla Turchia alla Corea, oggi minacciata di estinzione, ed elementi a diffusione ancora più ampia, come il leopardo (Panthera pardus). Esclusivo delle montagne dell’A. centrale è invece l’irbis, o leopardo delle nevi (Uncia uncia). Endemici sono anche il panda (Ailuropoda melanoleuca) e il panda minore (Ailurus fulgens). Tra gli uccelli dominano i migratori, che svernano nella regione indiana o nell’Europa meridionale.
Nella regione orientale la fauna è più ricca e originale, anche se non mancano elementi paleartici e paleotropicali. Tra i Primati vanno ricordati l’orango (Pongo pygmaeus), i gibboni (famiglia Ilobatidi) e le numerose specie di Cercopitecidi e Colobidi. Tra i Carnivori sono presenti tigre e leopardo, mentre quasi scomparso è il leone asiatico (Panthera leo persica). Presente è un urside, l’orso malese (Helarctos malayanus). Endemico della regione è l’elefante indiano (Elephas maximus), così come il tapiro dalla gualdrappa (Tapyrus indicus), antichissimo elemento comune alla fauna Neotropicale, e varie specie di rinoceronti. Nei grandi fiumi vive il platanista del Gange (Platanista gangetica), un delfino d’acqua dolce. Numerosissimi gli uccelli, per lo più in comune con la regione paleotropicale. Tra i Rettili vanno ricordati i Coccodrillidi, gli Alligatoridi e il gaviale del Gange (Gavialis gangeticus). Verso sud la regione orientale si mescola parzialmente con quella australiana.
L’A. è stata abitata con continuità fin dagli albori dell’umanità: gli scambi di tecniche hanno consentito un continuo miglioramento, e l’immenso spazio a disposizione, se ha reso più difficili i contatti, ha anche permesso a ogni focolaio di popolamento un’espansione impossibile altrove. La popolazione dell’A., che nel 2004 raggiungeva i 3,8 miliardi di abitanti, costituisce poco più del 60% dell’intera umanità. La superficie a disposizione è invece poco meno del 30% delle terre emerse, il che fa dell’A. una parte del mondo molto più densamente abitata della media, con circa 85 ab./km2, ben superiore a quella dell’Europa, che pure presenta caratteristiche ambientali molto più favorevoli. In A. l’ampiezza delle regioni climaticamente sfavorevoli (zone subartiche, equatoriali, desertiche) fa sì che ampi spazi siano praticamente disabitati: su circa 44.600.000 km2, 13 milioni constano di superfici aride, 8 sono i deserti gelati subpolari, altri 8 sono occupati da steppa subarida e 2 infine sono regioni montane molto accidentate. La maggior parte della popolazione (oltre 8/10) si concentra quindi nella regione a influenza monsonica, estesa per circa 13 milioni di km2. Molti Stati includono regioni sia densamente sia scarsamente popolate; i valori medi nazionali sono perciò di scarso significato, salvo il caso forse del Bangladesh che, popolato in maniera più uniforme, fra gli Stati popolosi del mondo è il più densamente abitato (1066,2 ab./km2). Emergono, poi, in Cina la provincia di Jiangsu (con una densità di 670 ab./km2, su una superficie di 100.000 km2) e, in India, lo Stato del Bengala Occidentale (900 ab./km2 su 89.000 km2). Il massimo si raggiunge però a Giava, in Indonesia, con una densità media di oltre 1000 ab./km2, rispetto a una media nazionale di 115. Dal punto di vista geografico, l’esempio forse più significativo è comunque l’intera Regione dell’Est della Cina, ampia 627.000 km2, abitata da 325.000.000 di persone, per una densità di 519 ab./km2. Le maggiori densità si riscontrano, evidentemente, dove sono state migliori le condizioni per lo sviluppo dell’agricoltura.
Nel campo della dinamica demografica, l’A. non spicca più per l’incremento di popolazione (poco più dell’1% annuo), meno elevato di quello dell’Africa e dell’America Latina. Le popolazioni più numerose in assoluto, quelle di Cina e India, presentano una crescita naturale del 6 e del 16‰ rispettivamente (stima 2008): senza dubbio è impressionante la ‘frenata’ operata in pochissimi decenni dalla Cina, quasi certamente destinata a essere sorpassata tra non molto dall’India come paese più popoloso del mondo. Molti degli Stati più popolosi dell’A. hanno incrementi compresi fra quei due valori (Thailandia 8, Myanmar 9, Vietnam 11, Iran 12, Turchia 14, Indonesia 15); ma alcuni, e in particolare il Bangladesh (21‰), il Pakistan (23), l’Afghanistan (26) e l’Iraq (28) hanno ancora tassi di crescita elevati, denunciando squilibri di sviluppo peraltro evidenti in campo sociale ed economico. All’opposto, la Corea del Sud (5‰) e il Giappone (1‰) sono da tempo allineati ai comportamenti demografici dei paesi occidentali.
L’evoluzione demografica sembra dare ragione alle raccomandazioni delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite: che la maniera migliore per contrastare una crescita demografica sproporzionata sia promuovere il progresso sociale, a cominciare dalla cura per l’istruzione e l’inserimento lavorativo delle donne; mentre scarsi o nulli sono risultati gli effetti di campagne pubbliche esplicitamente mirate al controllo delle nascite. Non sembra trovare riscontro neppure la conclamata relazione tra fede religiosa e crescita demografica, asserita da molti osservatori per i paesi islamici: a fronte di incrementi sostenuti come quelli dell’Afghanistan, dell’Iraq e dell’Arabia Saudita (27‰), altri paesi islamici come Iran, Turchia, Indonesia, nonché quelli ex sovietici – in buona parte islamici, ma con politiche sociali avanzate – si collocano su valori molto più contenuti. Il calo delle nascite, responsabile della frenata demografica, si conferma come effetto di una modernizzazione che non si limita al campo produttivo-economico.
I valori della speranza di vita alla nascita sono in rapida crescita quasi ovunque e piuttosto elevati in alcuni paesi: il Giappone è in testa, oltre gli 80 anni in media, e divide con l’Italia il primato mondiale della longevità; tra i paesi più popolosi lo segue la Corea del Sud (77), mentre Singapore (peraltro poco significativo per la sua condizione di Stato interamente urbano) sfiora gli 80. Relativamente alta è l’aspettativa di vita in A. occidentale (sebbene nello Yemen si collochi poco sopra i 60 anni) e in alcuni paesi sud-orientali e orientali (ma in Laos la media è 54 anni, in Myanmar 57 e in Cambogia 60), con l’Indonesia sui 70 anni, Cina e Filippine intorno ai 71, Thailandia circa 73. Un poco meno positiva la situazione nell’A. centrale ex sovietica. L’area più critica appare però l’A. meridionale, dove si concentrano valori meno confortanti per popolazioni molto numerose, a cominciare da quelli del Pakistan (62 anni) e dell’India (63), per scendere in Nepal a 59, e in Afghanistan addirittura a 42 anni; in questo quadro spicca la migliore prospettiva offerta da Bangladesh (71) e Sri Lanka (73). La mortalità infantile segue lo stesso andamento, nel complesso, della speranza di vita, facendo registrare valori estremamente preoccupanti in Afghanistan (165‰), molto gravi in Laos (82‰) Pakistan (77) e Cambogia (76‰) e gravi in diversi altri paesi (comunque sempre molto meno negativi di quelli tipici dell’Africa tropicale).
Fino all’epoca contemporanea, le migrazioni non hanno avuto grande incidenza sulla geografia umana dell’Asia. Durante il 20° sec., invece, si sono registrati episodi macroscopici legati a vicende belliche: scambi di popolazione tra Grecia e Turchia e tra India e Pakistan, fuga dei Palestinesi da Israele; deportazione degli Armeni negli anni 1920, esodi di profughi dalla Cambogia nel decennio 1970, dal Libano nei decenni 1970 e 1980, dal Vietnam alla fine degli anni 1970, dall’Afghanistan negli anni 1990, dalle varie parti del Kurdistan per più decenni, da alcune repubbliche ex sovietiche a partire dagli anni 1990 (ma, in questo caso, si è trattato di flussi spontanei di Russi che migravano nella Repubblica Russa, sia nella parte asiatica sia in quella europea, o in Occidente). Va ricordata la forte attrazione esercitata da Israele, che tuttavia ha coinvolto nell’insieme non più di 4 milioni di immigrati. Dalla seconda metà del 20° sec., comunque, ingenti flussi migratori pacifici, per lavoro, hanno interessato, in partenza, la Cina, l’intero subcontinente indiano, le Filippine e, come aree di destinazione, i paesi arabi produttori di petrolio, gli Stati Uniti e l’Europa occidentale. Inoltre, in Indonesia, Filippine, Cina, si sono avuti rilevanti movimenti migratori interni dalle aree congestionate a quelle meno popolose, più o meno guidati da piani pubblici.
Movimenti interni anche più consistenti sono però quelli che portano masse molto numerose verso le città (Cina e India soprattutto, ma il fenomeno è generale). La sola importante penetrazione europea, invece, è quella operata dai Russi a est degli Urali, specie dopo la costruzione della ferrovia Transiberiana e, più ancora, dopo la modernizzazione operata dal sistema sovietico. In queste regioni è stata fortissima l’azione volta all’acquisto per l’ecumene di ‘regioni pioniere’; la popolazione della Siberia è in larghissima maggioranza di origine europea, e forti contingenti di europei sono tuttora presenti nelle nuove repubbliche dell’A. centrale e del Caucaso.
Le città dei principali paesi asiatici (tacendo di quelli modernizzati da tempo) hanno assunto forme di organizzazione territoriale e funzioni che le accomunano spesso ormai alle città occidentali; il fenomeno è particolarmente vistoso, ancora una volta, in Cina; ma anche in Indocina, India, Indonesia, in buona parte dell’A. occidentale e centrale. In generale, però, la quota costituita dalla popolazione urbana rimane largamente al di sotto della metà del totale (in India non raggiunge il 30%). Ciò nondimeno, in A. hanno sede alcune fra le aree metropolitane più vaste e popolose del mondo, a cominciare dalla più grande e meno nota di tutte, quella di Chongqing, in Cina (più di 31.000.000 ab.); tradizionalmente molto popolose, tutte le principali città cinesi hanno conosciuto una crescita massiccia. L’altra regione in cui le grandi città sono numerose è quella indiana: Mumbai ha superato i 16.000.000, Calcutta e Delhi si aggirano sui 13, Dhaka e Karachi sui 10 e così via. In generale, tutta la fascia ‘marittima’ è, da sempre, più fortemente urbanizzata, ed è qui che sorgono le altre grandi città asiatiche: Tokyo (12.400.000), Giacarta (12.300.000), Manila (10.300.000), Seoul (9.800.000), İstanbul (8.800.000), Bangkok (7.500.000); tra le città ‘continentali’ l’unica di taglia comparabile è Teheran (7.000.000).
Sull’insieme delle condizioni socioeconomiche asiatiche ha molto inciso il sommovimento politico che ha interessato ampie parti dell’A. continentale a partire dagli anni 1990. L’indipendenza dei paesi ex sovietici, il distacco dall’Indonesia della piccola repubblica di Timor Est (2002) e il riconoscimento di una qualche forma di autonomia e di una sfera territoriale all’Autorità Nazionale Palestinese hanno costituito effettive variazioni politico-territoriali. Ma, oltre a questo, le restituzioni di Hong Kong (in modo particolare) e di Macao hanno fornito alla Cina l’occasione di avviare un’apertura sostanziale verso Occidente; l’occupazione internazionale dell’Afghanistan e dell’Iraq produce effetti demografici rilevanti (miglioramento delle condizioni in Afghanistan, grave peggioramento e poi lenta ripresa in Iraq) e più ne produrrà in campo economico; la dissoluzione dell’URSS ha innescato movimenti migratori e contenziosi etnico-territoriali particolarmente inquietanti intorno all’ampio bacino dell’oasi di Fergana e in genere nella parte più meridionale dell’A. ex sovietica, ma al tempo stesso ha prodotto una stabilizzazione dei confini cinesi occidentali, e quindi, per es., anche un maggior controllo dei traffici illegali che coinvolgevano la Cina, che sembra riuscita a mantenersi estranea alle grandi rotte dell’oppio e derivati, le cui aree di produzione sono in Afghanistan e Pakistan, da una parte, con un’espansione recente in alcuni paesi ex sovietici, e nell’Indocina interna, dall’altra; una sorta di rimescolamento delle alleanze internazionali ha nuovamente portato Pakistan e India a contrasti gravi in Kashmir e, in prospettiva, a un riavvicinamento tra Cina e India.
In generale, si è confermata la facile previsione che il dissolvimento dell’Unione Sovietica avrebbe accentuato la conflittualità, almeno in tutta l’area di contatto (dal Caucaso alla Cina), tra gli Stati di nuova formazione, intrinsecamente deboli, instabili e oberati di problemi, e gli Stati più a sud che presentano una maggiore intraprendenza (soprattutto Turchia per un verso e Iran per un altro). L’esempio fra tutti più significativo è certo costituito dalla gestione degli idrocarburi, il cui problema principale consiste nell’individuare vie di trasporto che, dalle aree di maggiore produzione poste fuori dal territorio russo (bacino del Mar Caspio, inteso in senso ampio), possano convogliare gas e petrolio al mare: all’Oceano Indiano e al Mediterraneo orientale secondo le prospettive preferite, tra gli altri, da Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia; al Mar Nero secondo le preferenze della Russia e della maggior parte dei paesi europei occidentali. Sono temporaneamente esclusi dallo scenario Iran e Iraq, che per ragioni diverse e in modi diversi sono soggetti a forme di isolamento diplomatico e commerciale, e che pure si presterebbero al meglio a fornire una via verso l’Oceano Indiano. La questione è in grado di spiegare, secondo molti osservatori, la maggior parte delle dinamiche conflittuali, anche quelle apparentemente interne, in essere nei paesi dell’A. centrale e occidentale, che in realtà hanno sempre più spesso un carattere regionale sovrastatale: per es., dato che il gas turkmeno troverebbe la sua strada più razionale attraverso l’Afghanistan e il Pakistan, è aumentato il ruolo geopolitico dell’Afghanistan, ma anche la necessità di controllarne il territorio statale, dilaniato da violenti scontri religiosi e interetnici, alimentati però da interessi molto diversi (oppio, gas) dal proselitismo religioso.
Generalità. - Nella struttura per attività, come nel popolamento, ha una nettissima prevalenza il mondo rurale. Eccettuati i pochi paesi dalla struttura produttiva di tipo occidentale, quasi tutte le economie asiatiche registrano quote di addetti all’agricoltura intorno alla metà degli attivi, quando non attorno ai due terzi. All’inverso, valori molto bassi si riscontrano nel settore secondario e ancora più nel terziario, tanto più che questo comprende spesso attività lontanissime dal dinamismo e dalla capacità di innovazione tipici del terziario nelle economie moderne. I paesi che affacciano al mare sono quelli più impegnati nella modernizzazione produttiva, almeno in senso industriale: a Giappone, Corea del Sud e Taiwan si sono via via aggiunti Singapore, Malaysia, Indonesia, Filippine, Thailandia, ma anche l’India e, in forme imponenti, la Cina. Si è trattato sia dell’effetto della delocalizzazione produttiva attuata dai paesi occidentali sui comparti a minore valore aggiunto o bisognosi di molta manodopera, sia dell’effetto di investimenti produttivi soprattutto a opera del capitale giapponese, sia anche, ed è l’aspetto più interessante, dell’effetto dello sviluppo locale che dalla delocalizzazione è riuscito a prendere le mosse.
Alcuni settori hanno conosciuto una crescita molto accentuata, sulla scia di un successo commerciale inizialmente indotto da investimenti esteri (è il caso dell’elettronica, cui si è aggiunto uno sviluppo autonomo del settore del software, che a sua volta ha generato innovazioni in campo hardware) o a seguito di scelte strategiche autonome (come la siderurgia in Corea del Sud, da cui poi sono derivate la cantieristica e l’industria automobilistica). Nell’insieme, lungo la fascia marittima, sono numerose le economie che presentano un apporto industriale differenziato e rilevante (spesso oltre un terzo del PIL) e che, allo stesso tempo, cominciano ad affrontare i problemi tipici delle società industrializzate, comprese tensioni sociali del tutto inusuali per le culture dell’area. Il caso più eclatante è certo quello della Cina che negli ultimi anni del 20° sec. si è aperta ancor più agli scambi interstatali e agli investimenti esteri; ha liberalizzato anche all’interno sia il sistema economico sia, in assai minor misura, quello sociopolitico; ha utilizzato le ‘porte’ rappresentate da Hong Kong e da una lunghissima serie di ‘zone economiche speciali’ per entrare in rapporto stabile con paesi a economia di mercato. Nei paesi ex sovietici, sono solide sia le strutture industriali (per quanto bisognose di aggiornamento) sia le competenze della forza-lavoro; i paesi produttori di petrolio hanno tentato un’industrializzazione anche avanzata (ripiegando però, in genere, piuttosto sul terziario); Turchia, Israele e in parte Iran, in maniere diverse, hanno seguito un processo più equilibrato e più vicino a quello dei paesi occidentali.
Attività agricole e forestali. - Considerando l’A. nel suo complesso, non c’è dubbio che le attività del settore primario continuino a caratterizzare la massima parte degli spazi e degli abitanti, anche se la superficie agricola è forse poco più del 15% di quella totale; una quota analoga spetta a prati e pascoli; le foreste coprono quasi un quarto del territorio, che per oltre il 40% è totalmente improduttivo. Gli sforzi più rilevanti per accrescere la superficie coltivata sono stati compiuti dall’Unione Sovietica in Siberia e in A. centrale, dalla Cina e dall’India; specie nel primo caso, però, le ricadute negative sull’equilibrio ambientale sono state anche drammatiche (prosciugamento del Lago Aral, salinizzazione di vaste aree, inquinamento dei fiumi siberiani e delle falde ecc.). Dopo i tentativi (‘rivoluzione verde’) di adottare varietà colturali ad alta resa, i cui esiti sono stati quanto meno contraddittori, tutti i paesi si sforzano piuttosto di aumentare la superficie irrigua: in Cina e nell’A. centrale allora sovietica sono state realizzate le opere più imponenti (canali e bacini idrici connessi con impianti idroelettrici); più in piccolo, ma con un impatto in proporzione non minore, il Progetto dell’Anatolia sud-orientale (GAP) in Turchia mira a risultati analoghi; Filippine, Indonesia, Corea del Sud, Iran, Thailandia e altri paesi operano attivamente nella stessa direzione, spesso a scapito della copertura forestale, degli equilibri idrogeologici, delle popolazioni locali. Le decine di dighe del GAP, la gigantesca diga delle Tre Gole in Cina sul Chang Jiang, entrata in esercizio nel 2006, le molte altre grandi realizzazioni (per es., in India e in Pakistan) hanno suscitato anche opposizioni locali e internazionali; ma certo contribuiscono alla valorizzazione agricola come alla disponibilità di energia a basso costo.
Nel suo complesso la produzione agraria è ingente e, pur non essendo ancora ben commisurata alle necessità alimentari della popolazione, sembra aver allontanato lo spettro delle terribili carestie che, dalla metà del 19° sec. fin verso la fine del 20°, hanno afflitto soprattutto l’A. monsonica: già nel corso degli anni 1990 si sono verificate circostanze assolutamente impensabili appena un ventennio prima (per es., l’ingresso massiccio della Cina nel mercato mondiale, come esportatrice di cereali). L’autosufficienza alimentare è ormai garantita praticamente per tutti i paesi asiatici, salvo quelli le cui condizioni di semiaridità (come nel Vicino Oriente) rappresentano un ostacolo difficilmente superabile. Per un gran numero di prodotti agricoli l’A. nel suo insieme assomma la quota di gran lunga maggiore sul totale mondiale; nella maggior parte dei casi, la Cina risulta il primo produttore (e deriva circa un terzo del suo PIL dall’agricoltura).
Il primo posto tra i cereali spetta naturalmente al riso, dall’elevatissimo potere nutritivo, ma bisognoso di una cospicua mano d’opera, coltivato in tutta l’A. monsonica, dove sono possibili due raccolti di riso all’anno e addirittura tre, in alcune aree. Tra le grandi regioni risicole, le pianure del Gange e Brahmaputra, quelle della Penisola Indocinese, quelle (dette ‘tazze di riso’) del Xinjiang e del Chang Jiang in Cina. Inoltre, anche per la fertilità dei suoli vulcanici, rese ingenti si ottengono in Giappone, nelle Filippine e a Giava. Ma anche il frumento (Cina centro-settentrionale, India, Turchia), il mais, le patate, la soia, le arachidi, la canna da zucchero, il tabacco, il caffè, il tè, la frutta e gli agrumi in particolare, il cotone, il lino, vedono tra i primi produttori paesi asiatici. India, Cina, Russia, Indonesia, Myanmar e Vietnam sono i primi produttori asiatici di legname, per quantità complessivamente molto rilevanti. Da notare che almeno i primi tre paesi provvedono ad accorti programmi di rimboschimento, tanto che l’estensione delle foreste è in aumento, specie in Cina.
Allevamento e pesca. - Per l’allevamento la situazione non è diversa, fino al caso dei suini, di cui la sola Cina detiene circa la metà dei capi mondiali; fra l’altro è notevolmente aumentato, in vari paesi, il consumo di carne e di derivati del latte. L’A. è il primo continente anche per la pesca sia nelle acque interne (con forte sviluppo recente dell’acquicoltura) sia in mare: massimo produttore è la Cina, con circa un terzo del pescato mondiale.
Risorse minerarie. - Per quanto riguarda le risorse minerarie, l’A. risulta non ancora esplorata completamente, ma per molti prodotti ha già una posizione di preminenza mondiale. Sempre in aumento risulta la produzione del carbone, del quale la Cina fornisce circa un terzo della produzione mondiale; elevatissimo anche il contributo dell’India, della Siberia e dell’Indonesia. Per il petrolio, se il grande bacino petrolifero mediorientale (soprattutto Arabia Saudita e Iran) non ha perduto il primato mondiale, è enormemente cresciuta la produzione siberiana e quella della Cina si è stabilizzata su livelli che assicurano al paese l’autosufficienza; meno rilevante, in proporzione, la produzione indonesiana. Il petrolio siberiano, a differenza di quello cinese, è quasi tutto destinato all’esportazione: di qui la necessità di realizzare oleodotti che sono i maggiori del mondo, generalmente utilizzati non per il greggio, ma per i prodotti raffinati. Anche per il gas naturale (Siberia, A. centrale, Iran, Arabia Saudita ecc.) l’A. vanta una produzione assai ragguardevole. L’A. dispone poi di circa un quarto delle potenzialità idroelettriche della Terra, peraltro utilizzate solo in parte. Il Giappone, i paesi ex sovietici e, a partire dalla fine del 20° sec., la Cina e la Turchia hanno una rete di centrali idroelettriche adeguata alle potenzialità. In Siberia le numerose grandi dighe formano alcuni tra i maggiori laghi artificiali del mondo, sbarrando i fiumi nel loro corso medio-alto, prima che giungano al tratto in cui gelano per vari mesi all’anno. In Cina (e in Turchia e in Iran) si è mirato a sfruttare tutte le possibili utilizzazioni dei bacini artificiali (regolazione delle acque fluviali, irrigazione, produzione idroelettrica, piscicoltura ecc.). In rapido sviluppo la produzione di energia elettrica in impianti termonucleari (Giappone, Corea del Sud, Cina, India), come quella realizzata in impianti termici tradizionali (soprattutto a carbone in Cina, Giappone, India, Siberia). L’uranio è presente in grandi quantità in Kazakistan, Russia asiatica, Uzbekistan, ma anche Cina e India.
Quanto agli altri minerali metallici, la produzione asiatica è importante per l’oro (Kirghizistan, Cina, Russia, Indonesia), l’argento (Cina, Corea del Sud, Kazakistan, Turchia), il ferro (Cina, India: circa un terzo del totale mondiale), il rame (Indonesia, Cina, Kazakistan), il piombo (Cina: quasi un terzo del totale), lo stagno (Kazakistan, Cina, Indonesia, per circa due terzi del totale), lo zinco (Cina, Kazakistan); e ancora tungsteno e antimonio (primo posto nel mondo per la Cina), cromo (Turchia, India), magnesite (Corea del Nord, Cina).
Attività industriali. Per quanto riguarda il settore manifatturiero, la situazione è in rapida evoluzione. L’industria di base è da tempo rappresentata in vari paesi: siderurgia soprattutto in Cina, Giappone, Corea del Sud, India, Taiwan; petrolchimica in Giappone, Russia, Cina, Corea del Sud; chimica di base in Cina, Russia, Giappone; cemento in Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Russia. È evidente che questi paesi concentrano la maggior parte del potenziale produttivo anche in campo manifatturiero; Giappone, Russia (e alcuni altri Stati ex sovietici), Corea del Sud e, all’altro estremo, Turchia e Israele vanno considerati paesi industrializzati a tutti gli effetti; Cina e India, in maniere ben diverse, si sono affacciate alla competizione industriale molto più tardi e vivono ancora una transizione dal modello rurale tradizionale a quello urbano e industriale: come altri paesi del Sud-est, già citati, presentano settori di grande avanzamento e altri di grande arretratezza, ma soprattutto sono ancora dedite, per gran parte, a produzioni industriali destinate all’esportazione, mentre i livelli dei consumi interni permangono bassi. L’industria dei beni di consumo, anche prescindendo dalle realtà del Giappone e della Corea del Sud, che costituiscono casi del tutto particolari, è ben sviluppata negli stessi paesi; in Cina, a partire dalla fine del 20° sec., ha anzi registrato una crescita assolutamente inattesa e tale da impensierire le più sviluppate potenze industriali del mondo, sia per quantità prodotte, sia per varietà dei settori interessati.
Considerando l’intera A., la maggiore industria continua a essere quella tessile, diffusa praticamente in tutti i paesi. La produzione di mezzi di trasporto vede la preminenza di Giappone e Corea del Sud, cui si sono poi aggiunte India e Cina. Per gli elettrodomestici e i prodotti per comunicazioni, vanno sommati a questi paesi almeno Indonesia, Malaysia, Turchia.
Nel settore delle comunicazioni, la rete asiatica non è adeguata alla vastità del territorio, se la si considera nell’insieme; mentre presenta una densità di tutto rispetto in alcune regioni. Molto forti sono i contrasti, insomma, dato che permane attivo, da un lato, il commercio carovaniero nell’A. centrale, mentre in Giappone funzionano le più rapide e tecnicamente moderne ferrovie del mondo (la Tokaydo, da Tokyo a Nagasaki, dove i treni superano i 300 km all’ora) e sono state realizzate infrastrutture avanzatissime (compreso il tunnel ferroviario sottomarino più lungo in assoluto: oltre 53 km). Sforzo maggiore, per la vastità del territorio e la povertà della situazione precedente, è quello cinese: la Cina ha realizzato decine di migliaia di chilometri di linee verso le regioni più interne. Anche nel caso delle strade rotabili, dal dopoguerra nessuno può competere con la Cina. Il trasporto aereo è in piena crescita, l’aeroporto di Hong Kong è il più grande della Terra, e vari altri scali (Tokyo, Bangkok, Singapore, Dubai) si collocano ai vertici della classifica.
Anche le strutture portuali (Singapore, primo porto al mondo, in stretta competizione con Rotterdam; e poi Hong Kong e Shanghai in Cina, Nagoya in Giappone, Busan in Corea del Sud, più vari porti del Golfo Persico per l’esportazione degli idrocarburi) sono numerose e molto sviluppate, come alcune flotte commerciali (Giappone, Cina, Corea del Sud, Taiwan, Singapore).
Un cenno merita anche la crescita delle comunicazioni immateriali (Internet) che hanno visto una tempestiva diffusione in alcuni dei paesi da più tempo sviluppati (talvolta con una penetrazione maggiore che in Occidente: Singapore, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Taiwan e alcuni paesi petroliferi come Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain); ma che si vanno radicando anche nei grandi paesi di più recente sviluppo (Malaysia, Thailandia).
Nell’A., procedendo da nord-ovest, sono individuabili 11 aree linguistiche. L’area uralica (ugrofinnico-samoiedo) comprende le lingue vogulo e ostiaco (ugrofinnico), enets, nenets, nganasan e selkup (samoiedo), tutte scritte successivamente alla sovietizzazione.
L’area altaica si estende per gran parte dell’A. ex sovietica (Siberia occidentale, settentrionale e meridionale, A. centrale, Caucaso) e in Mongolia, Xinjiang cinese, Afghanistan settentrionale, Iran nord-occidentale, fino alla Repubblica di Turchia. Si articola nei gruppi turco, mongolo, tunguso-manciù.
Nel gruppo turco, hanno sviluppo linguistico autonomo:
a) le lingue turche ex sovietiche: baškiro, kazakho, karacievo-balkaro, kirghizo, kumukko, nogay, altay, khakasso, tuvino, ciuvascio, yakuto (tutte scritte in grafie su base cirillica), uzbeko, tataro, azero; karakalpako, turkmeno (che hanno abbandonato l’uso del cirillico a partire dagli anni 1990);
b) le lingue turche del Xinjiang cinese: uiguro, kazakho e kirghizo, scritte in grafie su base latina;
c) il türkçe o turco di Turchia, scritto in caratteri latini, fase attuale dell’osmanli.
Il gruppo mongolo comprende il khalkha, lingua ufficiale della Repubblica Popolare Mongola e lingua minoritaria nella Mongolia interna cinese, il buriato dell’omonima Repubblica autonoma, il calmucco dell’omonima Repubblica autonoma, tutte scritte in grafie su base cirillica, a eccezione della variante scritta del khalkha della Mongolia interna per la quale è ancora in uso la tradizionale scrittura di origine uigura.
Il gruppo tunguso-manciù è rappresentato da lingue parlate nella Siberia settentrionale (evenki, even, nanay, negidal) e cinese (solon e manciù). All’area altaica si possono ricondurre le lingue coreana e giapponese.
L’area paleoasiatica, estesa lungo la Siberia orientale, l’isola di Sachalin e la Camciatca, è suddivisa nei gruppi ciukotkokamciadalo (ciukotko, korjako, itelmeno [kamciadalo], kerek, alyutur), ciukcio (unica lingua il ciukcio, la sola ad avere forma scritta), eskimo-aleutino (lingue eskimese e aleutina, la prima scritta). All’area paleoasiatica vanno ascritte alcune lingue isolate, tra le quali il nivkhi (scritta), il keto e lo yukaghiro.
L’area caucasica è suddivisa in quattro gruppi: kartvelico o iberico, abkhazo-adyghé, daghestano e nakho o veynakho. Al primo gruppo appartiene il georgiano.
L’area semitica, parte della più vasta area camitosemitica, si estende dall’A. sud-occidentale (Iraq, costa mediterranea, penisola arabica) fino all’Africa settentrionale (Egitto e Maghrib) e orientale (lingue semitiche d’Etiopia); attualmente è rappresentata dall’arabo, dall’ebraico, lingua ufficiale d’Israele, e da alcuni dialetti neo-aramaici in Siria, Iraq, Iran e Armenia.
L’area iranica comprende: il persiano con numerosi dialetti, lingua ufficiale dell’Iran; il persiano dell’A. centrale, noto come dari in Afghanistan, dove è lingua ufficiale accanto al pashtō, e come tagiko nell’omonima repubblica, dove è scritto in caratteri cirillici; il curdo, parlato nelle regioni curde di Iran, Turchia, Iraq e Siria e in alcune repubbliche ex sovietiche; il baluci, diffuso in un’area compresa tra Iran, Pakistan e Afghanistan; il pashtō, lingua dell’Afghanistan, diffusa anche nelle regioni nord-occidentali del Pakistan; l’osseto, il tati e il talyš parlati nella regione caucasica; le lingue iraniche del Pamir, il šugni, lo yaghnobi e altre. L’armeno, arealmente lingua caucasica, geneticamente ha numerosi punti di contatto con le lingue iraniche; è la lingua ufficiale della Repubblica di Armenia.
L’area indoaria, estesa sul subcontinente indiano (India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka), si articola in un ramo dardico autonomo (kašmiri) e nei gruppi: pakhari (nepali, kumauni, garkhvali, mandeali, simauri); gruppo centrale di transizione (hindī occidentale e orientale, lingua ufficiale della federazione indiana accan;to all’inglese; urdū, lingua ufficiale del Pakistan, strumento di comunicazione di gran parte del subcontinente, distinto dallo hindī, oltre che per la grafia, anche per il lessico di origine persiano-islamica diversamente da quello sanscrito del primo; gujarātī; rājasthānī; panjābī; bhili; khandesci); gruppo orientale (bengalī, lingua ufficiale del Bangladesh; bihari; oṛiyā; assamese); gruppo meridionale (marāṭhī; konkani); gruppo nord-occidentale (sindhi).
L’area dravidica occupa la maggior parte del Deccan ed è suddivisa in gruppo meridionale (tamil, di antica tradizione letteraria; kannada o canarese; malayalam; tulu; telugu), centrale (gondi; kui; kondh; koya; paragi), settentrionale (kurukh). Il brahui costituisce un’isola linguistica dravidica in contesto indoario.
L’area sino-tibetana è suddivisa in tre sotto-aree principali: cinese, miao e tibeto-birmana. La prima individua una variante letteraria standard su base dialettale pechinese, lingua ufficiale della Repubblica Popolare di Cina, e una grande quantità di dialetti, tra cui il cantonese. La seconda si estende sulle province meridionali della Repubblica Popolare di Cina e sulle regioni abitate da minoranze in Vietnam, Laos, Thailandia, con numerose lingue prive di scrittura. La terza è costituita da alcune lingue letterarie: tibetano, parlato nella regione autonoma tibetana e nelle province del Sichuan, Qinghai, Gansu, Yunnan della Repubblica Popolare di Cina; birmano, thai o siamese, laotiano, e diversi sottogruppi in territorio indiano, tra cui il naga e il kachin.
L’area austroasiatica comprende le lingue dei due gruppi vietnamita e mon-khmer, parlate nel sud est asiatico continentale. Il khmer o cambogiano e diverse altre lingue non scritte tra Thailandia, Laos e Vietnam, la più occidentale delle quali è il nicobarese delle isole Nicobare, costituiscono il primo gruppo. Il secondo è rappresentato dal vietnamita, lingua ufficiale del Vietnam.
L’area austronesiana o maleo-polinesiana comprende la maggior parte dell’arcipelago indonesiano e la quasi totalità dell’Oceania e Madagascar. Lingue principali: malese e indonesiano, varianti di una lingua unica, islamizzato il primo, sanscritizzato il secondo; giavanese; tagalog, lingua ufficiale delle Filippine; sundanese; madurese; sebuan. Sempre all’area austronesiana appartengono i gruppi polinesiano, melanesiano, micronesiano.
Lingue isolate sono il burushaski, parlato nelle montagne del Karakoram; l’andamano, delle isole andamanesi.
Il continente asiatico appare abitato dal Paleolitico inferiore, rappresentato da industrie su ciottolo e bifacciali generalmente abbastanza omogenee e disperse su un vastissimo territorio (Punjab, valle della Narbada, pianura di Chennai, Myanmar, Giava, Cina, con l’importante sito di Zhoukoudian [➔], e Vicino Oriente, con le industrie di tipo acheuleano superiore e micocchiano del Monte Carmelo). I tipi umani presenti in A. in questa prima fase del Paleolitico sono rappresentati dagli esemplari di Homo erectus di Giava, provenienti dai livelli del Pleistocene medio, e da quelli di Zhoukoudian, più evoluti dei precedenti. Nel Paleolitico medio le industrie su ciottolo dell’A. sud-orientale, pur attardandosi notevolmente, presentano un’evoluzione che si manifesta soprattutto con la comparsa della più avanzata tecnica di scheggiatura di tipo levallois, e con l’aumento di tipi di utensili. In questo periodo l’A. è abitata dai Neandertaliani, numerosi esemplari dei quali sono stati rinvenuti a Giava (Ngandong) in Uzbekistan (Teshik Tash) e in Israele (Kebara, Tabūn). Dal Paleolitico superiore, che in genere si manifesta con ritardo rispetto all’Europa, soprattutto nelle regioni sud- ed estremo-orientali, Homo sapiens abita tutto il continente: fossili umani anatomicamente moderni sono stati rinvenuti in Indonesia (Wadjak), in Cina (Zhoukoudian), nelle Filippine (Tabon), in Israele (Skhūl e Qafzeh); nel Vicino Oriente sono presenti industrie di tipo aurignaziano non molto dissimili da quelle d’Europa (el-Wad in Israele, Jābrud in Siria).
I centri di irradiazione del popolamento preistorico dell’A. furono la regione sud-occidentale e quella comprendente l’attuale Mongolia e la Cina settentrionale. Probabilmente intorno a 60.000 anni fa le migrazioni dall’A. sud-occidentale interessarono l’Europa e l’A. centrale e orientale. A partire dal 10.000 a.C. ebbero inizio spostamenti di popolazioni dall’Eurasia centrale. Tra le più significative vi è quella, iniziata intorno al 2500 a.C., di popolazioni di lingua indo;europea che migrarono verso l’Europa e in A. sud-occidentale e meridionale.
La civiltà neolitica sembra aver avuto le prime origini e, poi, un continuo sviluppo fra le coste della Siria e le prime giogaie iraniche: qui nacque come prima forma di agricoltura la coltivazione dei cereali e sorsero la filatura, la tessitura, la ceramica, l’uso dell’argilla nelle costruzioni e l’allevamento. In tutta l’A. le pratiche agricole precedettero l’allevamento di animali domestici, all’infuori del cane, addomesticato forse già dai cacciatori della fine del Paleolitico. Nei giacimenti neolitici della Cina e dell’Indocina si trova anche il maiale; ma nei più bassi livelli archeologici della Mesopotamia, di Susa e dei kurgany (tumuli sepolcrali) di Anau (Turkestan), con una cultura neolitica molto progredita e qualche conoscenza di metalli (rame), non vi è traccia di animali domestici. Ad Anau la fauna domestica acquistò gradatamente il bue, la pecora, forse il maiale, più tardi (2500 a.C.), la capra e il cammello. Con la domesticazione degli animali fu possibile sfruttare, altrimenti che con la caccia, anche le pianure steppiche dell’Arabia, dell’Iran e dell’A. centrale, ma l’occupazione delle regioni più aride con la pastorizia nomade dovette essere fenomeno assai lento. La forza d’espansione dei popoli delle steppe asiatiche si sviluppò poi con la domesticazione del cavallo. In questa fase storica, data anche l’eccezionale ampiezza e continuità delle terre aride asiatiche, è probabile che oscillazioni climatiche anche lievi abbiano dato la prima spinta a grandi movimenti di popolazione, a cominciare forse da quel periodo caldo dell’età del Bronzo che sembra annunziarsi con l’apparizione di gruppi di cavalieri armati in varie parti dell’Eurasia.
4° millennio a.C. Tra Mesopotamia e Iran Sumeri ed Elamiti danno vita alle prime civiltà urbane, organizzate nella forma politica della città-Stato.
3000-2350 a.C. ca.: i Sumeri creano la prima entità statuale che unifica tutta la Mesopotamia.
3°-2° millennio a.C. Migrazioni dei popoli indoeuropei e formazione di nuovi regni in Asia Minore e in India.
2500-1800: nascita e sviluppo della civiltà dell’Indo; ne sono centri principali Harappa e Mohenjo-Daro; il suo ciclo storico si interrompe a causa dell’invasione degli Ari, il cui arrivo determina imponenti spostamenti di popolazione nel subcontinente indiano e la nascita di caratteristiche fondamentali della civiltà indù (sistema delle caste, religione vedica e poi brahmanica ecc.).
2300-2200: impero mesopotamico di Accad, frutto della commistione tra popoli sedentari e nomadi (in questo caso migrazioni semitiche) che caratterizza a più riprese la vicenda delle grandi civiltà asiatiche.
2050-1950: fioritura del regno neosumerico di Ur con la III dinastia.
19°-15° sec. a.C: impero babilonese in Mesopotamia.
18° sec. a.C.: gli Ebrei si stabiliscono in Palestina, dove iniziano una plurisecolare opera di sintesi e di trasmissione degli apporti della civiltà egizia e di quella mesopotamica.
17°-13° sec. a.C.: regno ittita in Asia Minore.
16°-11° a.C.: dinastia Shang in Cina (Stato feudale; sviluppo della scrittura ideografica). La civiltà cinese nasce in condizioni di relativo isolamento dal resto del continente.
15°-7° sec. a.C.: impero assiro in Mesopotamia, distrutto dai Medi. Segue l’impero neobabilonese, che ha però vita breve e viene schiacciato dai Persiani.
12° sec. a.C.: le città-Stato dei Fenici si rendono indipendenti dall’Egitto. Attraverso i traffici dei suoi mercanti la civiltà fenicia contribuisce a portare verso occidente le conquiste dei più avanzati popoli della Mesopotamia.
11° sec. a.C.: in Cina si afferma la dinastia dei Zhou occidentali e orientali; durerà fino al 221 a.C.
11°-7° sec. a.C.: in India, periodo vedico seriore, nel quale la civiltà degli Ari si diffonde nella pianura del Gange.
7°-6° sec. a.C. In diversi punti del continente si sviluppano o maturano sistemi religiosi e credenze filosofiche destinati a esercitare grande influenza sulle vicende future dell’A. e del mondo: jainismo e buddhismo in India; zoroastrismo (o mazdeismo) in Persia; confucianesimo e taoismo in Cina; giudaismo in Palestina (dopo una plurisecolare evoluzione).
6° sec. a.C.-3° sec. d.C. Regni di Kosala e Magadha (prime organizzazioni statuali estese con controllo centrale sorte nel subcontinente indiano).
539 a.C.: Ciro II conquista Babilonia.
331-330 a.C.: Alessandro Magno giunge in Mesopotamia e conquista le grandi capitali dell’Oriente. Assorbimento dell’impero persiano.
326 a.C.: Alessandro Magno attraversa l’Indo, ma non stabilisce conquiste durature nel subcontinente indiano. La cultura greca giungerà comunque in India attraverso la Battriana.
323-280 a.C.: lotte tra i diadochi, successori di Alessandro.
312-64 a.C.: in Medio Oriente sui territori orientali dello smembrato regno di Alessandro Magno si afferma la dinastia dei Seleucidi.
Impero Maurya (321-185 a.C.) in India; durante il regno di Aśoka (274-32) il buddhismo diviene religione ufficiale e si diffonde verso l’Indocina.
In Cina inizia sotto la dinastia Qin (221-206 a.C.) la costruzione della Grande Muraglia, al fine di proteggere l’impero dalle invasioni di popoli nomadi provenienti dalle steppe nord-occidentali. Nel 206 a.C. si afferma la dinastia Han, alla cui caduta (220 d.C.) la Cina si divide in tre regni.
3°-10° sec. Nel 3° sec. il sovrappopolamento delle steppe produce massicci spostamenti di popolazioni che indirettamente determinano le invasioni germaniche dell’Impero Romano.
Sotto la dinastia Gupta (300-529) si costituisce il secondo grande impero dell’India.
7°-10° sec.: espansione musulmana da Gibilterra al fiume Indo.
Califfato della dinastia degli Omayyadi di Damasco (661-750).
Riunificazione della Cina sotto la dinastia dei T’ang (620-907): massima estensione della cultura cinese, che penetra in Giappone.
Crisi politica e religiosa nel mondo musulmano (dissidenza sciita in Persia: battaglia di Karbala, 680).
700 ca.: in India il buddhismo viene superato nettamente dall’induismo.
750: califfato della dinastia degli Abbasidi di Baghdad. Durerà fino al 1258, quando verrà abbattuto dai Mongoli.
960: la Cina è riunificata sotto il dominio della dinastia Song (durerà fino al 1279 e sarà uno dei periodi più fecondi della storia cinese).
Nel corso del 10° sec. i turchi islamizzati diffondono il loro credo nell’India settentrionale e nell’Afghanistan.
11°-14° sec. Nel 1058 la dinastia turca dei Selgiuchidi conquista l’Anatolia.
Il mondo islamico fronteggia la pressione cristiana per il possesso dei Luoghi Santi (crociate, 11°-13° sec.).
1206: nascita del sultanato indipendente di Delhi.
Espansione dei Mongoli: impero di Genghiz khān (1206-27) e dei suoi successori. Il dominio mongolo, che arriva a comprendere circa metà del continente asiatico, non ha lunga durata, ma contribuisce a determinare profonde trasformazioni nella vicenda continentale: l’invasione della Cina rinnova la penetrazione cinese nel Sud-est asiatico; è favorito lo spostamento delle tribù turche verso l’Asia Minore, da cui trae origine l’Impero Ottomano; infine la pax mongolica rende possibile un rinnovato scambio tra le diverse parti dell’A. e fra l’A. e l’Europa. Lungo la via della seta viaggiano missionari e mercanti come il veneziano Marco Polo.
1368: dinastia Ming in Cina; il suo dominio quasi trisecolare (fino al 1644) segna uno dei punti più alti della potenza politica del paese.
1369: Tamerlano rinnova i fasti dell’impero di Genghiz khān. In un trentennio il suo dominio si estende dalla Siria all’India, ma non sopravvive a lungo alla sua morte. La scomparsa di Tamerlano segna la fine delle grandi invasioni e del sogno di un unico impero asiatico (o eurasiatico): inizia l’età dei regni e degli imperi regionali.
15°-16° sec. Gli Ottomani conquistano Costantinopoli nel 1453. L’espansione ottomana chiude le vie tradizionali di comunicazione tra Europa e A., spingendo gli Europei a cercare strade alternative attraverso la navigazione. Nel 1498 Vasco da Gama giunge in India per via marittima doppiando il Capo di Buona Speranza: è aperta la via alla penetrazione commerciale e militare europea in Asia.
1499: in Persia si insedia la dinastia sciita dei Safavidi, che ricostruisce uno Stato persiano dopo la lunga età del califfato.
1510: i Portoghesi stabiliscono un’importante base a Goa, in India.
1520-1566: sotto la guida di Solimano il Magnifico, fase di massimo splendore dell’Impero Ottomano, che giunge con le sue conquiste alle porte di Vienna (1529; vi farà ritorno nel 1683).
1526: Impero Moghūl in India (durerà fino al 1707); contaminazione tra la civiltà indiana e quella arabo-persiana.
1557: in Cina, apertura della base portoghese di Macao. I gesuiti vi stabiliscono la base delle loro missioni nell’Estremo Oriente.
1571: gli Spagnoli si insediano nelle Filippine.
17° sec. Nel 1619 si registrano la fondazione a opera della Compagnia delle Indie Orientali olandese di Batavia (od. Giacarta) e lo sviluppo della penetrazione olandese in Indonesia. Gli Olandesi subentrano ai Portoghesi nel ruolo di protagonisti degli scambi commerciali con l’Oriente (saranno poi superati a loro volta dagli Inglesi).
1633-41: il Giappone persegue la politica del sakoku (paese chiuso), con repressione del cristianesimo, espulsione degli Europei (tranne gli Olandesi confinati a Deshima, nella baia di Nagasaki), rigida limitazione del commercio esterno.
1640: gli Inglesi stabiliscono in India la base di Madras (od. Chennai). La penetrazione britannica, analogamente a quella francese, assumerà la veste della conquista territoriale.
1644: si insedia in Cina la dinastia mancese dei Qing, che durerà fino al 1912.
18° sec. Nasce in Arabia centrale intorno al 1750 il wahhabismo, movimento rigorista musulmano. I wahhabiti costruiranno uno Stato potente nella penisola arabica, ma nel 1818 saranno sconfitti dagli Ottomani. I loro principi troveranno applicazione in Arabia Saudita dopo il 1932.
1765: In India la britannica Compagnia delle Indie Orientali assume i poteri politici e militari: inizia il dominio inglese nel subcontinente indiano.
19° sec. Scoppia la prima guerra anglo-afghana (1838-42); gli Inglesi invadono il paese e sono massacrati durante la ritirata.
1839-42: guerra dell’oppio. La Cina è costretta ad accettare la penetrazione britannica e delle altre potenze europee. Occupazione inglese di Hong Kong: unita al controllo di Singapore (1819) e di Aden (1839), conferisce alla Gran Bretagna una posizione strategica di dominio delle rotte marittime.
1848-64: rivolta contadina dei Taiping in Cina; gli Europei sostengono l’azione repressiva del governo imperiale.
1853: una spedizione navale statunitense costringe il Giappone ad aprirsi ai traffici con le potenze occidentali.
1856-60: guerra anglo-franco-cinese che si conclude con la convenzione di Pechino con ulteriori vantaggi agli Occidentali.
1857-58: in India, rivolta di Delhi dei sepoys contro gli Inglesi. Il sollevamento è represso nel sangue. Scioglimento della Compagnia delle Indie Orientali e passaggio del dominio indiano sotto il controllo diretto della Corona.
1860: la Russia si affaccia sul Pacifico in seguito alla sua espansione nell’estremo oriente siberiano. Inizia la contesa asiatica con la Gran Bretagna.
1862-85: conquista francese dell’Indocina.
1868: in Giappone è abolito lo shogunato e ripristinata l’autorità imperiale. Inizia un percorso di modernizzazione accelerata dall’alto, con forti tratti autoritari.
1878: seconda invasione inglese in territorio afghano; gli Inglesi annettono il territorio compreso tra l’Indo e il passo del Khyber e stabiliscono un semi-protettorato sul paese.
1885: fondazione del Congresso nazionale indiano.
1887: istituzione dell’Unione indocinese, guidata da un governatore generale francese.
1894-95: guerra cino-giapponese; inizia lo sforzo espansionista del Giappone.
1898: gli Stati Uniti subentrano alla Spagna nel controllo delle Filippine.
1900: rivolta dei Boxers in Cina e sua repressione da parte di una spedizione internazionale.
1900-1909 Sottomissione della Cina a un regime neocoloniale (Protocollo dei Boxers, 1901).
1904: fondazione a Parigi della Ligue de la patrie arabe e conseguente sviluppo del nazionalismo arabo con crescente insofferenza verso il dispotismo ottomano.
1904-05: guerra russo-giapponese. Per la prima volta uno Stato europeo subisce una sconfitta da uno Stato asiatico. Protettorato giapponese su Corea e Manciuria meridionale.
1908: la rivoluzione dei Giovani Turchi inaugura un regime costituzionale che presto evolve in senso autoritario.
1910-1919 Nel 1910 il Giappone annette la Corea.
1912: in Cina crolla la dinastia imperiale e si costituisce la repubblica. Il paese precipita nell’anarchia ed emergono come arbitri della situazione i ‘signori della guerra’ regionali. Inizia un lungo ciclo di violenza e frammentazione.
1914-18: nella Prima guerra mondiale, il Giappone dichiara guerra alla Germania e ne rileva le posizioni in Cina. Il governo di Tokyo presenta ai Cinesi le cosiddette Ventuno richieste (1916), che mirano a imporre un umiliante controllo nipponico sul paese. In Medio Oriente la Gran Bretagna promette l’indipendenza ai paesi arabi in cambio del loro appoggio nella guerra contro la Turchia, alleata degli Imperi centrali; T.E. Lawrence organizza la guerriglia araba contro i Turchi, che ottiene importanti risultati.
1916: in segreto, Francia e Gran Bretagna sottoscrivono il trattato Sykes-Picot per la spartizione del Medio Oriente in zone d’influenza.
Il conflitto infligge un primo e significativo colpo all’edificio del colonialismo europeo in A.: in India con la Dichiarazione di Lucknow il Congresso e la Lega musulmana si pronunciano per l’autonomia; in Indonesia il movimento nazionalista Sarekat Islam acquisisce un seguito di massa.
1917: il governo britannico indica la Palestina come la terra dove poter costituire un ‘focolare nazionale’ ebraico (Dichiarazione Balfour).
1919: a conclusione della terza guerra anglo-afghana, l’Afghanistan ottiene la piena indipendenza.
1920-1929 Nel corso del decennio, in Palestina immigrazione ebraica di grandi proporzioni.
1920-22: Libano e Siria diventano mandati francesi; Iraq, Transgiordania e Palestina (1920) mandati inglesi.
Nascita delle repubbliche sovietiche dell’A. centrale e prima diffusione del comunismo in A.: congresso di Baku dei ‘popoli dell’Oriente’ (1920).
1920-22: in India, Gandhi guida la prima campagna di disobbedienza civile. Nascita e sviluppo di partiti comunisti in Indonesia, Cina, Indocina, Giappone.
1922: il Giappone è costretto a lasciare il territorio cinese occupato.
1923: in Turchia nasce uno Stato nazionale moderno sotto la guida di Muṣṭafà Kemāl (Kemāl Atatürk).
1924: la Mongolia diviene una repubblica popolare autonoma di modello sovietico.
In Cina, il Guomindang conduce una campagna vittoriosa contro i ‘signori della guerra’ e sembra ottenere la riunificazione del Paese; tuttavia, la rottura con i comunisti determina le basi per la prosecuzione della guerra civile.
In Indonesia, fondazione da parte di Sukarno del Partai nasional Indonesia (1927), che fronteggia la repressione olandese.
1930-1939 Nel 1930, in India, con la ‘marcia del sale’ inizia la seconda fase della non cooperazione.
1930-34: in Cina, il Guomindang conduce cinque ‘campagne di annientamento’ contro le comuni nelle aree rurali dell’interno; inizia la ‘lunga marcia’ dei comunisti di Mao Zedong.
1931: il Giappone insedia un governo fantoccio in Manciuria; l’occupazione della regione è difesa come parte della creazione di una nuova ‘sfera Monroe in Asia’.
1932: Ibn Sa‛ūd istituisce il Regno Arabo Saudiano; nel corso del decennio sono condotti i primi sondaggi petroliferi. L’Iraq acquista l’indipendenza e viene ammesso nella Società delle Nazioni.
1935-1939: in Palestina, rivolta degli Arabi per la crescita degli insediamenti ebraici
Il Giappone firma il Patto Anticomintern con la Germania.
1937: la Gran Bretagna separa la Birmania dall’India. Il Giappone lancia un’aggressione su vasta scala contro la Cina.
1940-1945 Nel 1940 il Giappone firma il Patto Tripartito con Italia e Germania
1941: occupazione di Libano e Siria (sotto il controllo del governo nazionalista francese di Vichy) da parte di truppe inglesi e della Francia libera di De Gaulle. In Iraq colpo di Stato militare filotedesco seguito da occupazione inglese (fino al 1945). In Iran occupazione anglo-russa.
Con l’attacco giapponese a Pearl Harbor e Singapore la Seconda guerra mondiale si estende all’Estremo Oriente. Stati Uniti, Gran Bretagna e Paesi Bassi entrano in guerra contro il Giappone, che ha occupato l’Indocina ed entro l’estate del 1942 estenderà il suo controllo fino ai limiti dell’India e dell’Australia. La Cina dichiara guerra al Giappone.
1942: la Thailandia si schiera in guerra al fianco del Giappone. In India il Congresso approva la risoluzione ‘Quit India’, che reclama l’indipendenza immediata. Subhas Chandra Bose, schierato con l’Asse, recluta il cosiddetto Esercito libero dell’India, che combatte al fianco dei Giapponesi. In Indocina Ho Chi-minh fonda il movimento indipendentista Viet-minh. Il Giappone annuncia la creazione di una sfera asiatica di coprosperità (progetto della Grande A. Orientale).
1944: Gradualmente le forze alleate riconquistano i territori occupati dai Giapponesi, che tuttavia in certe aree resistono fino al 1945. In Palestina riprende il sabotaggio antinglese delle organizzazioni armate ebraiche.
1945: costituzione della Lega araba. Bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki; resa del Giappone.
I movimenti nazionalisti si preparano a combattere il ritorno dei precedenti colonizzatori: Sukarno e Hatta proclamano l’indipendenza dell’Indonesia, Ho Chi-minh proclama la Repubblica indipendente del Vietnam (in entrambi i paesi avvengono duri scontri con le truppe coloniali). In Cina riprende la guerra civile tra Guomindang e comunisti.
1946-1959 Nel 1946, Transgiordania e Filippine ottengono l’indipendenza. Il Giappone durante il regime di occupazione alleato si dota di una Costituzione democratica; sarà uno dei bastioni americani nello scacchiere della guerra fredda.
1947: l’Assemblea dell’ONU vota un disegno di spartizione della Palestina tra Ebrei e Arabi respinto dalla Lega araba. Indipendenza dell’India, guidata da Jawaharlal Nehru; in un clima segnato da violenze tra indù e musulmani si giunge alla costituzione di due Stati separati, Unione Indiana e Pakistan; scoppia la prima guerra indo-pakistana.
1948: assassinio di Gandhi per mano di un estremista indù. Indipendenza di Ceylon e della Birmania. Proclamazione dello Stato di Israele: prima guerra arabo-israeliana, che si conclude con la vittoria di Israele.
1949: in Cina la guerra civile si conclude con la vittoria comunista; le forze nazionaliste riparano a Formosa.
1949: indipendenza indonesiana.
1950-53: guerra di Corea tra il Nord comunista e il Sud sostenuto dagli USA e dal blocco occidentale. Il conflitto corrisponde alla fase più acuta della guerra fredda.
1954: conferenza di Manila, che porta al Trattato per la difesa collettiva dell’A. sud-orientale (SEATO); sottoscritto da Francia, Australia, Filippine, Nuova Zelanda, Pakistan, Gran Bretagna, USA e Thailandia, ha lo scopo di fronteggiare la pressione politica e militare dei paesi comunisti dell’Asia. La battaglia di Dien Bien Phu mette fine alla guerra d’Indocina; la Francia sconfitta dal Fronte dell’indipendenza sottoscrive gli accordi di Ginevra che sanciscono il suo ritiro dalla regione: nascita degli Stati indipendenti di Cambogia, Laos, Vietnam del Nord e del Sud.
1955: la conferenza afroasiatica di Bandung proclama i principi del non allineamento, della lotta contro il colonialismo e della coesistenza pacifica.
1956: secondo conflitto arabo-israeliano in coincidenza con l’ultimo tentativo anglo-francese di restaurazione coloniale (crisi di Suez).
1958: la Cina organizza la pianificazione economica e lancia la politica del ‘grande balzo in avanti’, che fallirà provocando una catastrofe demografica.
1959: prime tensioni Cina-URSS.
1960-1969 Nel 1960, alla Conferenza di Baghdad, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait promuovono insieme al Venezuela la nascita dell’OPEC. In Giappone prende avvio lo sviluppo economico che nel volgere di un decennio renderà il paese terza potenza economica del mondo.
1961: indipendenza del Kuwait. L’India occupa in modo incruento i territori portoghesi
1962: nello Yemen, la proclamazione della Repubblica scatena la guerra civile, con intervento esterno dell’Egitto e dell’Arabia Saudita.
1963: nasce la federazione della Malaysia, da cui due anni dopo si stacca Singapore divenendo uno Stato indipendente.
1964: nuova guerra tra India e Pakistan, cui porrà fine la mediazione di ONU e URSS. Fondazione dell’OLP, espressione politico-militare della resistenza palestinese. Vietnam: intervento armato USA contro la pressione unificatrice di Hanoi e la guerriglia dei Vietcong; sviluppo di un conflitto su vasta scala.
1965: in Cina movimento della ‘rivoluzione culturale’ per una radicalizzazione del processo rivoluzionario (fino al 1969).
1967: terza guerra arabo-israeliana (guerra dei Sei giorni). La vittoria israeliana è all’origine del successivo problema dei territori palestinesi occupati. Nel Sud-Est asiatico nasce in funzione anticomunista l’ASEAN. Dal 1976 (summit di Bali) avvierà un programma di cooperazione economica tra gli Stati membri.
1968: nel Vietnam del Sud, l’offensiva del Tet provoca la decisione USA del disimpegno graduale e della ‘vietnamizzazione’ del conflitto.
1970-1979 Decolla nel corso del decennio l’espansione industriale delle quattro ‘tigri asiatiche’, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud e Singapore.
1970: in Giordania gravissimi scontri tra le organizzazioni palestinesi e le truppe giordane (‘settembre nero’); anche in Libano crisi legata alla presenza della guerriglia palestinese.
1971: indipendenza del Qatar, del Bahrain e nascita degli Emirati Arabi Uniti. Il Pakistan Orientale proclama l’indipendenza assumendo la denominazione di Repubblica del Bangladesh; la reazione militare pakistana è vinta grazie all’appoggio dell’India. Il governo di Pechino è riconosciuto dall’ONU; contemporanea espulsione di Taiwan.
1973: guerra dello Yom Kippūr: l’esercito israeliano reagisce con successo all’attacco mosso da Egiziani e Siriani; al conflitto è legata la decisione dei paesi dell’OPEC di tagliare la produzione di greggio.
1974: l’OLP è ammessa all’ONU in qualità di osservatore. L’India fa esplodere la sua prima bomba atomica
1975: in Vietnam si hanno il crollo di Saigon e la riunificazione del Paese sotto la guida dei comunisti. Indonesia: a Timor Est inizia una lunga lotta per l’indipendenza.
1978-79: rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khumainī e rovesciamento del regime dello scià Reza Pahlavī in Iran; l’integralismo islamico si rafforzerà in tutta l’A. musulmana. Invasione della Cambogia da parte delle truppe del Vietnam del Nord.
1979: in Afghanistan lo stato di guerra civile sfocia nell’intervento militare dell’URSS a sostegno del governo filosovietico.
1980-1989 Inizia la lunga guerra tra Iran e Iraq (1980-88) che sconvolgerà gli equilibri nell’area. Afghanistan: guerriglia islamica finanziata dal blocco occidentale e dai paesi musulmani contro le truppe sovietiche di occupazione (fino al 1989).
1982: in Libano, mentre prosegue la guerra civile e Israele interviene militarmente nel paese, si forma Hezbollah, gruppo militante di fondamentalisti islamici sciiti sostenuti da Iran e Siria, che in breve acquisisce il controllo del Sud.
1983-84: nello Sri Lanka si sviluppa la guerriglia separatista tamil.
1984: in India il movimento indipendentista dei sikh uccide il primo ministro I. Gandhi.
1985: a seguito della politica di riforme economiche intrapresa nel paese dal 1978, in Cina si sviluppano il piano di modernizzazione e l’apertura agli investimenti stranieri.
1987: in Palestina inizia l’intifada nei territori occupati. La rivolta terminerà con gli accordi di Oslo (1993) e la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese.
1989: in Cina le proteste studentesche in favore di un nuovo corso democratico si concludono con la sanguinosa repressione di piazza Tien An Men. In Birmania le rivendicazioni delle minoranze portano al cambiamento di nome del paese, che diventa Myanmar per eliminare il riferimento esclusivo all’etnia dominante.
1990-1999 Nell’A. centrale, lo sfaldamento del potere sovietico genera una serie di Stati indipendenti, che manifestano tensioni al loro interno. Si accentua la conflittualità tra i nuovi Stati centro-asiatici e quelli più a sud (soprattutto Turchia e Iran). I vari movimenti islamici (gestiti da Iran, Afghanistan, Pakistan), si espandono nei paesi dell’A. centrale già appartenenti all’Unione Sovietica. La rivoluzione economica dell’A. orientale cambia lo scenario dell’economia mondiale.
1990: nello Sri Lanka, il ritiro delle truppe indiane non frena la guerriglia dei Tamil; la lunga serie di violenze e attentati crea forte instabilità politica nell’area.
1990-91: crisi e guerra del Golfo; l’invasione irachena del Kuwait provoca la reazione della comunità internazionale, che interviene militarmente e libera il Kuwait; l’Arabia Saudita è la base delle operazioni contro l’Iraq, che dopo la guerra viene sottoposto a embargo. In Corea, la distensione tra Nord e Sud conduce alla firma di un accordo che ufficialmente pone fine allo stato di ostilità.
1991: uccisione del premier indiano R. Gandhi, presumibilmente a opera di guerriglieri tamil.
1991-94: conflitto che contrappone Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagornyj -Karabah, enclave armena in territorio azero.
1993: inizio di una controversia internazionale sulle attività nucleari della Corea del Nord.
1994: costituzione di un territorio palestinese dotato di autonomia di governo. Accordi di pace tra Israele e Giordania.
1995: Turchia: unione doganale con l’UE e prima vittoria elettorale di una formazione politica islamica. Israele: assassinio di Y. Rabin per mano di un estremista di destra.
1997: in Afghanistan, una prolungata guerra civile si protrae anche dopo l’affermazione della nuova forza politico-militare dei Taliban, che adottano misure radicali basate su una dogmatica applicazione della legge coranica. Le parti combattenti in Afghanistan traggono, prevalentemente, le risorse finanziarie per sostenere la propria attività dalla coltivazione del papavero da oppio; l’autofinanziamento dei movimenti di opposizione tramite il traffico di stupefacenti è una pratica sorta in A. sul finire della Seconda guerra mondiale. La Cina contribuisce ad arginare la crisi finanziaria asiatica che minaccia di estendersi al resto del mondo; nel paese proseguono le riforme economiche e il grado di integrazione nei mercati mondiali si accresce.
1998: continua la tensione tra India e Pakistan, punteggiata di episodi di guerriglia e di atti terroristici, per il controllo del Kashmir; test nucleari e missilistici condotti dai due paesi in reciproca sfida.
Dal 2000 In Palestina, brusca interruzione del processo di pace e inizio della seconda intifada, con grande impiego di armi da fuoco da parte palestinese e ricorso ad attentati e attacchi suicidi contro obiettivi civili e militari israeliani.
2001: in Afghanistan, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, rovesciamento del regime dei Taliban da parte di una coalizione multinazionale e nuovo corso politico sotto il controllo internazionale, mentre prosegue la guerriglia talebana. Ulteriore crisi indo-pakistana innescata da un attentato di matrice islamica contro il Parlamento indiano.
2002: a Timor Est, proclamazione dell’indipendenza dall’Indonesia. La Cina è ammessa fra i paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO).
2002-03: piano internazionale di pace per risolvere il conflitto israelo-palestinese avanzato da Stati Uniti, Russia, UE e ONU (Road Map). In Indonesia, pressione del fondamentalismo islamico (attentati di Bali, 2002, e Giacarta, 2003). La radicalizzazione dei movimenti islamici rappresenta uno dei fenomeni più preoccupanti della transizione politica in atto nel paese.
2003: in Iraq, nuova guerra e occupazione del paese da parte di una forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti; rovesciamento del regime di S. Ḥusain e tentativo di impiantare un nuovo corso democratico. Drammatica intensificazione del terrorismo islamico. La Corea del Nord si ritira dal trattato di non proliferazione nucleare e dichiara di essere in possesso di armi atomiche.
2003-04: in Arabia Saudita, attentati dei fondamentalisti miranti a destabilizzare la casa regnante.
2004: morte del leader palestinese Y. ‛Arafāt e sviluppo dell’estremismo islamico tra le file palestinesi. In Cina la nuova Costituzione decreta la legittimità della proprietà privata. Nel Sud-Est asiatico, un catastrofico maremoto provoca centinaia di migliaia di vittime e rivela le perduranti arretratezze dei paesi coinvolti.
2006: nei territori dell’Autorità nazionale palestinese, la conflittualità interna sfocia in scontri armati tra i miliziani di Hamas, vittoriosa nelle elezioni parlamentari, e la fazione di al-Fatah. Nuova crisi in Medio Oriente dopo l’attacco di Hezbollah contro Israele e le incursioni in Libano delle forze israeliane. Suscitano reazione e preoccupazione in A. oltre che in tutta la comunità internazionale gli sviluppi dei programmi nucleari di Iran e Corea del Nord.
2007: in Myanmar vengono represse violentemente le manifestazioni contro la giunta militare, nelle quali a fianco della popolazione si schierano i monaci buddhisti.
2008: la protesta contro il governo cinese del Tibet, anch’essa supportata dai monaci buddhisti, raccoglie la solidarietà della comunità internazionale che minaccia di boicottare i Giochi Olimpici di Pechino. Sempre in Cina, nella provincia del Sichuan, un rovinoso terremoto provoca la morte di 70.000 persone. In Nepal l’Assemblea costituente depone il re Gyanendra e proclama la repubblica. Nel Pakistan, teatro di una sanguinosa attività terroristica, l’opposizione al dimissionario P. Musharraf vince le elezioni.