Popolazione dell’Asia centrale, che nel 13° sec. fondò un grande impero, esteso dalla Cina all’Asia Anteriore, e dominò poi anche parte dell’Europa orientale.
Il nome in senso stretto designava in origine una piccola tribù, mentre il gruppo principale delle tribù mongole, al tempo degli imperi turchi dei T’u chüe e degli Uiguri (8°-9° sec.), è indicato con il nome di Tatari (➔), sia nelle iscrizioni turche dell’Orchon sia nei testi cinesi. L’importanza che ebbero i Tatari spiega come, anche dopo il trionfo del gruppo ‘mongolo’ in senso stretto, il nome (divenuto in Occidente Tartari, salvo che presso i Russi) sia ancora servito a designare l’insieme dei M., tanto nelle lingue europee quanto in arabo e in cinese.
Attualmente i M. sono rappresentati da una serie di gruppi pastorali, distribuiti dai confini della Manciuria a quelli del Tibet. I gruppi più importanti sono: i Buriati, i Chalcha, che insieme ai Sunit e ai Chachar abitano le steppe del Gobi, gli Ölöt, i Tongut dell’Ala-Shan, gli Ordos, i Tangut e gli Shara, oltre ai Calmucchi che sono nella Mongolia occidentale e, in parte, nelle steppe di Astrahan´. Dediti per lo più alla pastorizia (cavalli, ovini, bovini, cammelli), abitano in tende cilindro-coniche di feltro (yurta); ai margini della steppa alcuni gruppi sedentari si dedicano all’agricoltura. Un attendamento (aul) ospita di regola una famiglia estesa.
Nell’antico ordinamento della società mongola più famiglie formavano una tribù (qoshun), retta da un principe ereditario (khān): più tribù legate dal vincolo di una comune discendenza formavano un aimaq. All’epoca delle conquiste si sviluppò una gerarchia più complessa, basata su un sistema per il quale la più grande unità era la miriarchia (tümän) comandata da un noyan; essa comprendeva delle chiliarchie (mingghan), e così via con centurioni e decurioni. L’esercito era costituito essenzialmente da cavalleria pesante (con armatura) e leggera (con arco e giavellotto). Il vestiario e le tecniche (ceramica, metallurgia, tessitura ecc.) risentivano dell’influsso cinese, accentuato negli ultimi secoli.
Le riforme sociali degli ultimi decenni hanno profondamente modificato la vita tradizionale e i costumi dei M., tra i quali il nomadismo è in netta diminuzione.
Dalla cronaca frammentaria delle lotte fra clan nomadi, i M. entrarono nella storia con Genghiz khān, la cui sovranità sulla Mongolia fu riconosciuta nel 1206 da una dieta panmongola tenutasi alle sorgenti dell’Onon. Da allora ebbe inizio la grande avventura asiatica di Genghiz e del suo popolo. Dapprima fu conquistata la Cina del N (caduta di Pechino, 1215), poi furono travolti gli Stati musulmani dell’Asia Anteriore (1221). Genghiz khān morì nel 1227, regnando su un impero che andava dalla Cina alla Persia e all’Armenia (v. fig.). Con il figlio Ögödei (1225-41) le conquiste proseguirono: la Cina a E e la Russia del S a O; ma la battaglia di Liegnitz (1241) e la morte di Ögödei arrestarono l’avanzata degli invasori. Dopo il breve regno di Güyük (1246-48), il potere passò alla discendenza di Tūlūy con Mangū, riconosciuto khān nel 1251. Sotto il suo regno, Hūlāgū comandò la spedizione contro Baghdad che distrusse il califfato abbaside (1258), mentre l’altro fratello, Qūbilāy, compì la conquista della Cina. Alla morte di Mangū (1259), Qūbilāy si fece proclamare gran khān dai suoi generali e con lui l’impero nomade di Genghiz khān si mutò in un impero sedentario cinese (dinastia Yuan). A O invece l’impero mongolo si divise in Stati vassalli indipendenti. Conquistata Baghdad e distrutto il califfato, Hūlāgū iniziò la dinastia dei M. di Persia (Īlkhān), sotto i quali Persia e Asia Anteriore conobbero un periodo di alto sviluppo culturale. L’ulteriore tentativo di penetrazione nel Mediterraneo e in Egitto fu fermato in Siria dai Mamelucchi (battaglia di ‛Ain Giālūt, 1260); frattanto, l’influenza mongola si allargò nel Caspio e nella Russia meridionale, con il dominio dell’Orda d’oro. I sovrani di questa dinastia (Giöči e Bātū, figlio e, rispettivamente, nipote di Genghiz khān), regnarono suddividendosi in varie linee collaterali sui territori dei Qipciāq e si turchizzarono e islamizzarono per essere poi gradatamente assorbiti dal granducato di Mosca e in seguito dall’impero russo.
Un altro ramo dei discendenti di Genghiz khān, quello di Ciaghatāi, regnò nel 13°e nel 14° sec. sul Turkestan; ma il 14° sec. vide anche in Asia centrale e orientale la decadenza della potenza mongola. La storia dei M., dopo due secoli di vittoriosa diaspora in Asia e in Europa, tornò aggrovigliata e oscura. Sul trono di Karakorum, capitale nazionale mongola, si succedettero degli epigoni di Genghiz khān, in frequenti lotte con il risorto impero nazionale cinese. Nelle vicende successive si distinsero i M. orientali, che si spostarono dalla regione dell’Orchon all’ansa del Fiume Giallo (Huang He), e i M. Oirati o Calmucchi, rimasti nella Mongolia occidentale: questi ultimi ebbero una ripresa nel 17° sec. quando Galdan (1645-97), capo degli Zungari, riestese il suo potere sul Turkestan cinese, ma fu alla fine battuto dalla Cina.
Nei sec. 18°-20° la Mongolia fu tutta sottomessa alla Cina. Con la rivoluzione cinese del 1911 si ebbe la scissione politica fra Mongolia Interna ed Esterna, già amministrate separatamente. La seconda rappresenta attualmente lo Stato nazionale mongolo, mentre sulla Mongolia Interna si è mantenuta la sovranità cinese.
Le lingue mongoliche formano una famiglia linguistica, considerata come uno dei tre rami fondamentali del sistema altaico. Si divide in due gruppi: il gruppo occidentale, formato dai dialetti oirat, è suddiviso a sua volta in un sottogruppo europeo che comprende il derbet e il torghot di Astrahan´ e il calmucco, e in uno asiatico, con i dialetti del distretto di Kobdo e forse anche il dialetto mogol dell’Afghanistan; il gruppo orientale comprende i dialetti buriati, il dahur della Manciuria, il chalcha della Mongolia superiore, e vari dialetti minori.
Le più antiche testimonianze di una lingua letteraria mongola sono la pietra di Genghiz khān, del 1225, commemorante una gara d’arco, e il sigillo di Güyük su una lettera del 1246 fatta pervenire a papa Innocenzo IV. La scrittura era in un primo tempo quella adoperata dagli Uiguri e solo nel 1311 fu adottata la scrittura, derivata dall’alfabeto uigurico, che è tuttora in uso nella Mongolia Interna (nella Repubblica di Mongolia è stato adottato nel 1937 un alfabeto derivante dal cirillico). Ancora al 13° sec. risale la redazione (1240) dell’importante Storia segreta dei Mongoli, mentre nel 14° sec. la letteratura è rappresentata soprattutto da monumenti epigrafici e dalle lettere degli Īlkhān di Persia. Altre importanti opere storiche sono l’Altan Tobči («Bottone d’oro») di Lubsan Dandzan e la Storia dei Mongoli del principe Sanang Säčän, permeata di spirito religioso buddhista. Entrambe risalgono al 17° sec., epoca alla quale appartiene anche la monumentale traduzione del principale testo buddhista tibetano, Kangiur. Nel 18° sec., con cui si esaurisce il periodo del mongolo classico, si ebbero soprattutto testi di interesse religioso, giuridico, didattico, tradotti dal tibetano e dal cinese. Autoctona e di antica tradizione popolare è la forma del üliger, tra la ballata e la narrazione epica, che un’intera generazione di poeti portò a dignità letteraria tra 19° e 20° secolo. Tra gli scrittori del 20° sec. vanno ricordati, per la Repubblica di Mongolia, il poeta D. Nacagdorža e il narratore C. Damdinsuren, e, per la Mongolia Interna, i narratori A. Odžar e Malqinhu.