(cin. Manchou, oggi Dongbei) Regione dell’Asia orientale (circa 800.000 km2 con 107.430.000 ab. nel 2005), identificabile con la sezione nord-orientale della Cina e divisa fra le province di Jilin, Liaoning e Heilongjiang. I confini naturali della regione sono segnati a N dall’Amur, a E dall’Ussuri, a S dalla Corea, dal Mar Giallo con il Golfo del Liaodong, a O dall’Altopiano del Gobi (Grande Khingan). La M. è in buona parte montuosa, con caratteri morfologici particolari, dovuti all’erosione di terreni fratturati e portati a varia altezza da sollevamenti e sprofondamenti. Nei rilievi prevale la direzione NE-SO, culminando a 2744 m con il Baitou Shan, sulla frontiera coreana. I modesti rilievi del Jilin dividono una zona meridionale, formata da fertili pianure le cui acque vengono raccolte nel fiume Liao e defluiscono verso il Golfo del Liaodong, da una settentrionale, più ampia, traversata dal Songhua, che defluisce verso N, fino all’Amur.
Il clima è continentale con inverni lunghi e rigidi, ed estati calde e temporalesche. Sui monti si trovano grandi foreste di aghifoglie, nelle vaste pianure boschi di querce, betulle, tigli, aceri; nelle regioni più aride della M. centrale e occidentale si estendono vaste steppe sabbiose o erbose.
La popolazione è in grande maggioranza cinese, in seguito all’immigrazione dalle regioni centrali e in particolare dallo Shandong. Tradizionale attività economica è l’agricoltura; notevole la produzione di soia e vari cereali (sorgo, miglio, mais, frumento), oltre alla barbabietola da zucchero. Si allevano suini, ovini e caprini; numerosi i cavalli. Il sottosuolo è ricco di risorse: carbone, ferro, petrolio, rame, piombo, zinco, oro ecc. Importanti le industrie pesanti (estrattiva, siderurgica, metallurgica, chimica) e leggere (tessili, della carta e del legno).
Nell’antichità la M., abitata da scarse popolazioni di cacciatori tungusi, fu raggiunta dall’influenza cinese solo nella fertile pianura meridionale. Tale influenza si delinea intorno al 300 a.C. e la conquista cinese diviene un fatto compiuto nel 109 a.C. Zona periferica sempre trascurata dal governo imperiale, nei sec. 4° e 5° d.C. fece parte di effimeri Stati fondati dagli Xianbei, tungusi sinizzati. Più tardi fu disputata fra le dinastie barbariche della Cina settentrionale e il regno di Koryŏ (Corea settentrionale), e solo nel 668 tornò a far parte della Cina, mentre più a N si costituiva lo Stato tunguso di Pohai (696-926). All’inizio del 10° sec. l’intera M. fece parte del regno dei Kitai (Liao come dinastia cinese: 907-1125). Ma poi le tribù tunguse della valle del Sungari si ribellarono costituendo l’impero dei Juchen (Jin come dinastia cinese: 1115-1234) ed estendendo il loro dominio alla Cina settentrionale. Nel 1217 la M. passò nelle mani di Genghiz khān. Alla caduta dell’impero mongolo da lui fondato (1368) la M. meridionale rimase a far parte della Cina, mentre il Centro e il Nord ritornarono indipendenti. Alla fine del 16° sec. i discendenti dei Juchen capeggiati da Nurhaci crearono un nuovo nucleo statale nella M. centro-orientale, conquistando gradualmente anche il Sud; nel 1625 la capitale fu posta a Shenyang. Il suo successore Abahai (1626-1643) mutò il nome di Juchen in quello di Manciù e nel 1636 assunse il titolo imperiale cinese (dinastia Qing). I suoi successori si impadronirono di Pechino (1644) e gradualmente di tutta la Cina. Tutta l’aristocrazia e buona parte del popolo si trasferirono in Cina, mentre la M. rimase possedimento privato della dinastia, in cui era vietata l’immigrazione ai Cinesi.
Caduto il divieto in desuetudine alla fine del 19° sec., varie decine di milioni di contadini cinesi si trasferirono nelle fertili terre vergini della M., trasformandone completamente l’aspetto etnico ed economico. La M. fu teatro di operazioni nella guerra cino-giapponese; la penisola del Liaodong, ceduta al Giappone con la Pace di Shimonoseki (1895), fu restituita alla Cina per le congiunte pressioni della Russia, della Francia e della Germania. Subito dopo la Russia diede inizio a una poderosa penetrazione economica nella regione e nel 1898 ricevette il Liaodong in affitto dalla Cina. Al termine della guerra russo-giapponese (1904-05), il Giappone subentrò nei diritti russi sulla M. meridionale e centrale. Dopo la caduta della monarchia cinese (1912) la M. passò sotto il controllo del maresciallo Zhang Zuolin, ma dopo la sua morte (1928), il Giappone occupò il paese, trasformandolo nel Manchoukuo, di cui l’ultimo imperatore manciù di Cina, Pu Yi, divenne dapprima capo dello Stato (1932) e poi imperatore (1934). La penetrazione economica giapponese fu massiccia e furono creati imponenti complessi di industria pesante. Alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, l’esercito sovietico attaccò da tre parti i Giapponesi in Manciuria. Dopo la resa del Giappone, il Manchoukuo cessò di esistere come Stato indipendente. L’occupazione sovietica ebbe termine nell’aprile 1946; ma iniziò subito la pressione delle truppe comuniste cinesi. Le guarnigioni nazionaliste furono sopraffatte l’una dopo l’altra; le ultime città a cadere furono Changchun e Shenyang nell’ottobre 1948. Da allora in poi la storia della M. si confonde con quella della Repubblica Popolare di Cina.
I Manciù sono i soli sopravvissuti fra i molti gruppi etnici che nell’antichità abitavano la M.; vivono ampiamente mescolati ai Cinesi e, in parte, in territorio siberiano, nel bacino dell’Amur.
La lingua manciù è classificata nel gruppo meridionale delle lingue tunguse (➔ Tungusi). Fu conservata, sviluppata e codificata dagli imperatori Qing, che ebbero a cuore la loro lingua; con la caduta dell’impero essa ha perso ogni sostegno di fronte alla preponderanza del cinese.