Penisola dell’Asia orientale, situata tra il Mar del Giappone (E) e il Mar Giallo (O). Il nome deriva dall’appellativo della dinastia indigena di Koryo (10°-14° sec.). Da quello della successiva dinastia (14°-20° sec.) deriva invece il nome ufficiale, Chöson (giapp. Chósen «freschezza del mattino»).
La storia geologica della C. è molto antica: la sua forma attuale era già delineata nell’era Secondaria, mentre durante le ere Terziaria e Quaternaria grandi colate basaltiche formarono vasti tavolati. A N la catena del Changbai Shan, in territorio cinese, forma un imponente bastione che raggiunge altitudini di oltre 2700 m sul confine cino-nordcoreano. La parte meridionale della C. è percorsa da una lunga catena orientale (Monti Taebaek), che scende precipite sul Mar del Giappone, mentre a O è costituita da rilievi più bassi, interrotti da ampie valli e fronteggiati da fertili piane costiere verso il Mar Giallo.
I bacini idrografici sono modesti, in conseguenza della forma e dei caratteri orografici del paese: i fiumi più notevoli sono lo Yalu e il Tumen, al confine con la Cina (l’uno con foce nel Mar Giallo, l’altro nel Mar del Giappone), lo Han e il Kŭm, e il Naktong, che si versa nello Stretto di Corea.
Il clima è continentale, con escursioni termiche annue superiori ai 20 °C, e spesso ai 30, e con inverni molto rigidi nelle aree settentrionali; le precipitazioni, concentrate nella stagione estiva per influenza dei monsoni, superano abbondantemente i 1000 mm all’anno nella C. meridionale, mentre scendono a 700-800 mm nel Nord del paese.
Braccio di mare (largo 96 km circa) che separa la C. meridionale dall’arcipelago di Tsushima (Giappone). La profondità non supera i 200 m.
Insenatura del Mar Giallo settentrionale, compresa fra la penisola del Liaodong e le coste occidentali della C.; la profondità è inferiore ai 200 m.
Ampia insenatura del Mar del Giappone sulle coste orientali della C.; profondità massima 2000 m.
Il più antico popolamento della C. risale al Pleistocene inferiore e medio (resti di homo erectus). A circa 30.000 anni fa si data la comparsa di homo sapiens sapiens, cui è associata l’industria su lama; le popolazioni paleolitiche basavano la loro sussistenza sullo sfruttamento dei boschi e sulla pesca. Nel Neolitico medio, dal 5° millennio a.C., comparvero comunità di villaggio in capanne seminterrate e si sviluppò l’agricoltura. Intorno al 2000 a.C. risalgono fenomeni megalitici e un cambiamento dei modelli d’insediamento, con l’affermazione della risicoltura e dell’uso del bronzo.
L’interazione con le popolazioni dell’odierna Cina portò, nel 5° sec. a.C., alla diffusione del ferro, di abitazioni costruite a livello del suolo e della ceramica cotta ad alte temperature. Una crescente pressione politica dell’impero cinese si ebbe sul finire del 1° millennio a.C. Nel 108 a.C., con l’espansione cinese a opera dell’imperatore Han Wu, nel Nord della penisola furono stabilite quattro prefetture: Lelang (mantenuta dalla dinastia Han fino al 200 d.C. circa), Zhenfan, Xuandu e Lindun. Nel Sud, invece, si formarono tre confederazioni tribali: Mahan, Chinhan e Pyonhan. Chinhan produceva ferro, usato come moneta nei mercati, ed esportato negli altri Stati Han, oltre che nei territori Yemaek e nelle isole giapponesi. Progressivamente venne emergendo la lega di Kaya, al centro dell’intenso commercio fra le popolazioni dell’arcipelago giapponese e il continente. Con il progressivo indebolimento della potenza dell’impero cinese Han, si ebbero in C. una serie di trasformazioni politiche, che portarono alla formazione di tre regni (Koguryo, Paekche, Silla). Il cosiddetto ‘periodo dei Tre regni’ durò dal 300 al 668 d.C., quando lo Stato di Silla, alleato con i Tang, riuscì a unificare la penisola, governandola per i tre secoli successivi. Dalle fonti cinesi risulta che Koguryo era il più progredito dei tre regni.
La dinastia di Koryo (918-1392) subentrò a quella di Silla e rappresentò la reazione del Nord al predominio meridionale. Per un certo periodo il regno coreano e la sua classe dirigente furono inglobati nell’impero mongolo Yuan. Durante questa dinastia ogni campo della vita sociale, politica ed economica fu profondamente influenzato dal buddhismo, che rimase la religione principale. Dopo l’avvento in Cina dei Ming, la famiglia Yi prese il potere in C. (1392), spostando la capitale a Hanyang, l’odierna Seoul.
La nuova dinastia, detta anche di Chosŏn (1392-1910), segnò la reazione confuciana e neoconfuciana al buddhismo. Fu durante tale periodo che la C. dovette affrontare tentativi di invasione dei Giapponesi (16° sec.), per poi piegarsi e subire l’influenza cinese (17° sec.). Seguì, nel 18° sec., un periodo di accentuato isolamento.
Gli interventi e le interferenze delle potenze occidentali e del Giappone si intensificarono progressivamente a partire dalla prima metà del 19° sec.; la C. divenne così uno dei principali obiettivi dell’aggressione francese, statunitense, giapponese e russa. La reazione della classe dirigente coreana fu quella di chiudere il paese verso l’esterno. Con il pretesto di ‘liberare’ la C. dal tradizionale rapporto che la legava formalmente all’impero cinese, prima il Giappone (1876), poi gli Stati Uniti (1882) e le altre potenze le imposero una serie di trattati ineguali. Seguì lo scoppio della rivolta tonghak («scienza orientale»), che diede l’opportunità al Giappone di intervenire direttamente, attaccando la C. e la Cina nel 1894. La ribellione fu repressa e iniziò la progressiva influenza politica giapponese sul regno coreano.
Nel 1897 il re Kojong proclamò l’effimero impero del Taehan, ma con il trattato di Portsmouth (1905) la C. divenne dapprima protettorato del Giappone (1905), e quindi sua colonia (1910). Il Giappone la sottopose a un pesante regime coloniale, affiancando lo sfruttamento economico all’oppressione politica e culturale e reprimendo duramente le proteste popolari.
Dopo la Seconda guerra mondiale la C. fu divisa in due zone di occupazione, sovietica e statunitense, rispettivamente a N e a S del 38° parallelo. Nel 1948 furono proclamati due Stati, ognuno dei quali rivendicava la giurisdizione sull’intera C.: la Repubblica di C. (C. del Sud) e la Repubblica Democratica Popolare di C. (C. del Nord). Quando nel giugno 1950 le truppe nordcoreane passarono il 38° parallelo, il presidente americano Truman dispose l’intervento delle forze armate del Pacifico (insieme a quelle ONU) in appoggio alle truppe sudcoreane, costringendo i nordcoreani a ritirarsi al confine con la Manciuria (fig. 2). In novembre intervennero a sostegno dei nordcoreani le truppe cinesi, dando luogo a una massiccia controffensiva. Alla fine di marzo il fronte era di nuovo sul 38° parallelo. Divenuto il conflitto guerra di posizione, si aprirono le trattative fra i rappresentanti dei diversi schieramenti che fissarono (1953) la linea di demarcazione tra le truppe delle due Coree (38° parallelo), senza che un accordo fosse raggiunto nella successiva Conferenza di Ginevra (1954).
Il coreano, che fa parte del gruppo uralo-altaico, ha subito, a partire dal 3° sec. a.C., una forte influenza dal cinese; di conseguenza, circa la metà dei termini usati nella lingua corrente è di origine cinese. Assai meno sensibile è, invece, l’influsso del giapponese.
L’alfabeto coreano (han’gŭl) fu ufficialmente promulgato nel 1446: era formato da 17 consonanti e 11 vocali. Prima del 1446, i coreani scrivevano in cinese (lingua e caratteri cinesi) o in coreano, utilizzando però caratteri cinesi. In ogni caso, anche dopo il 1446, il cinese rimase la lingua dotta, come dimostrano anche i documenti ufficiali redatti in tale lingua fino al 1910. L’alfabeto odierno nasce nel 1933 e comprende 18 consonanti, 10 vocali semplici e 11 dittonghi. La scrittura è sillabica, ovvero le lettere si uniscono in sillabe formate, al minimo, da una consonante e da una vocale. Sintatticamente, i nomi e i verbi sono preceduti dagli aggettivi e dagli avverbi, le proposizioni principali dalle secondarie, i complementi dai soggetti, mentre i verbi sono alla fine.
Generalmente si suole ripartire la letteratura della C. in quattro periodi: antico, dalle origini fino alla prima metà del 10° sec., corrispondente all’inizio del periodo Koryo; medievale, comprendente l’intero periodo Koryo fino all’ultima decade del 14° sec.; moderno, corrispondente al periodo Chosŏn; e contemporaneo, a partire dal 1910. Il primo vero testo della letteratura coreana, Hwangjo-ga («Canzone dei rigogoli»), è datato al 17 a.C. In seguito, dal 4° al 10° sec., si affermò il genere poetico della hyang-ga («canzone indigena»), fortemente permeato dal pensiero buddhista. Durante il periodo Koryo (12° sec.), nacquero altri due generi poetici. Il primo, kyŏnggich’e-ga, recitato e composto da nobili, derivava dalla domanda retorica kyŏnggihayo? («che ve ne pare?») presente nel quarto e sesto verso di ogni stanza. Il secondo, Koryo sog’yo («Canzone popolare di Koryo»), costituì il mezzo di espressione dei ceti subalterni. Di particolare rilevanza nella prosa furono le cosiddette ‘pseudobiografie’ (kajon) che costituiscono una sorta di letteratura satirica e moralistica dove i protagonisti sono oggetti personificati. Nel periodo Chosŏn trovarono largo sviluppo due generi poetici: la kasa («parole per canzoni») e la sijo («ritmo del tempo o canzone alla moda»). La kasa è in realtà una sorta di prosa versificata, considerata come uno sviluppo dei canti religiosi dei monaci itineranti del periodo Silla, con una metrica molto libera. La sijo, la cui forma canonica prevede tre versi e una media complessiva di 45 sillabe, rappresentò per certi aspetti la controparte delle poesie in stile e lingua cinesi, allorquando si voleva esprimere con pochi tratti una sensazione o uno stato d’animo. La akchang («versi musicati»), un genere poetico eulogistico e laudativo, ebbe il compito di esaltare l’avvento della nuova dinastia Yi; l’esempio più famoso, è la Yongbi ŏch’ŏn-ga («Canzone dei draghi volanti attraverso il cielo»), autentico manifesto della dinastia Yi e prima opera letteraria ad avvalersi dell’uso dell’alfabeto han’gŭl appena promulgato. I sosŏl («romanzi»), rappresentano gli esempi migliori della prosa del periodo Chosŏn, di cui si conoscono circa 600 titoli. Di notevole sensibilità, certamente influenzato dalla narrativa cinese d’epoca Ming e Qing, il romanzo coreano si affermò agli inizi del 17° secolo.
La fine della società feudale e l’apertura verso l’Occidente condussero a una vera e propria rivoluzione culturale che ebbe come risultato l’abbandono delle forme e dei contenuti dell’età classica. La nascita del verso libero, da cui derivò la «nuova poesia» (sinch’esi) si fa risalire al 1908, anno in cui Ch’oe Namsŏn (1890-1957) pubblicò la poesia Hae-egesŏ sonyŏnege («Dal mare ai ragazzi»). Il primo vero romanzo contemporaneo può considerarsi Mujŏng («Senza cuore») di Yi Kwangsu (1892-1958 circa). Dagli anni 1920 le tendenze della letteratura assunsero fisionomie più precise. A un filone pervaso dal tradizionale romanticismo si affiancarono correnti più propriamente nazionaliste e, influenzata dall’ideologia socialista, si affermò anche una letteratura fortemente politicizzata.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale e il conseguente sgombero delle truppe giapponesi, la C. dovette affrontare il dramma della guerra civile (1950-53) e della divisione del territorio. Da allora la letteratura della C. del Nord si è ridotta a una pura espressione di regime, mentre quella della C. del Sud ha annoverato, pur in un clima politico difficile e nonostante la stretta censura, mantenutasi fino alla metà degli anni 1980, un buon numero di validi autori.
La scoperta di un’articolata sequenza di livelli preceramici a Sokchangni ha confermato l’esistenza di una fase paleolitica coreana (500.000-12.000 anni fa), con ritrovamenti di manufatti in quarzite, granito e porfido, e oggetti lavorati in osso. Compare la capanna, delimitata da una doppia fila di pietre e focolare centrale. Il Neolitico è testimoniato particolarmente dai siti di Osanni e Sopohang, con evidenze di capanne e produzione fittile (vasi ad anse con decorazioni impresse) associata a strumenti litici (6500-4000 a.C.). Tipico di questo periodo è il vasellame a motivi geometrici impressi e incisi (a onda, a spina di pesce o a pettine), noto come Chulmun, diffusosi tra il 4500 e il 3500 a.C. Il Neolitico è caratterizzato anche dalla comparsa di piccoli villaggi con capanne seminterrate (6000-2000 a.C.). Tra il 2000 e il 1000 a.C. circa si affermò il periodo megalitico o Mumun, caratterizzato da una produzione fittile priva di decorazione o con pochi motivi (a fulmine e a spirale squadrata), e manufatti in bronzo (lame di spada dell’8 sec. a.C.). Riguardo alle evidenze megalitiche le più diffuse sono i dolmen, camere sepolcrali che contenevano ceramiche Mumun. Con la conquista della dinastia cinese Han Occidentali (108 a.C.), cominciò il periodo Lelang, capitale di una delle quattro prefetture in cui venne divisa la Corea. Si trattava di una città cinta da mura, con grandi edifici lignei coperti a tegole, circondata da estesi sepolcreti a tumulo.
La C. ha svolto fin dalle epoche più antiche una funzione mediatrice nella trasmissione degli impulsi culturali cinesi verso il Giappone e, superando i tentativi di assimilazione culturale cinesi, mongoli e giapponesi, ha saputo rielaborare i contributi stranieri alla luce del proprio sostrato culturale configurando una ‘identità coreana’. Kongye, il termine coreano per artigianato, racchiude tutte le produzioni, con fini pratici ed estetici al contempo, che rispondono all’idea di bellezza elaborata dalla civiltà coreana, direttamente ispirata alle forme del mondo naturale.
Tra i manufatti più antichi e significativi per il loro carattere rituale e simbolico si distinguono le corone d’oro di Silla (5°-6° sec.), in oro e giada, rinvenute prevalentemente nelle sepolture regali presso l’antica capitale Kyŏngju. Contributi originali si hanno nella produzione di ceramiche e lacche. Tipico della dinastia Koryo (918-1392) è il celadon intarsiato (Sanggam chongjia) con il decoro inciso sottocoperta. Le fogge si ispirano alla natura; ricorre anche il vaso da prugno, maebyong (derivazione del meiping cinese). Degne di nota le ceramiche del periodo Chosŏn (1392-1910), in particolare quelle a vetrina verde polvere, punch’ŏng, che tanta fortuna avranno anche in Giappone. Indagini archeologiche hanno dimostrato che le più antiche lacche coreane risalgono al periodo 900-400 a.C. Il maggiore sviluppo si registra in epoca Koryo con le tecniche dell’intarsio in madreperla. Una lavorazione prettamente coreana, hwagak, prevede l’utilizzo di corna di bue dipinte.
Nell’ambito delle arti colte si annovera la pittura, che ha subito l’influsso della tradizione pittorica cinese nelle sue diverse declinazioni. A partire dal periodo dei Tre Regni fino all’epoca Chosŏn, era uso inviare pittori professionisti in Cina per studiarne le tendenze pittoriche che, filtrate da un processo di assimilazione selettiva, venivano rielaborate dagli artisti coreani. Le testimonianze pittoriche dei Tre Regni sono prevalentemente pitture parietali delle sepolture dell’aristocrazia (tomba dei Danzatori presso la necropoli di Jiang, 5° sec.; tomba del Cavallo Celeste, Silla, 57 a.C.-668 d.C.). L’arte pittorica fiorì in epoca Koryo, quando esponenti della nobiltà e monaci buddhisti cominciarono a dilettarsi nella pittura contribuendo così alla diffusione di un’arte che, persa ogni connotazione utilitaristica, si offriva al godimento delle classi colte. Emerge in questo periodo una pittura di paesaggio ispirata agli scenari del paese. In epoca Chosŏn la pittura raggiunge il massimo sviluppo; pittori di talento della Reale accademia di pittura (Tohwaso) e pittori letterati contribuiscono allo sviluppo degli stili tradizionali, i generi pittorici si diversificano e gli elementi coreani si fanno più evidenti. I pittori coreani avranno un ruolo importante anche nello sviluppo della pittura a inchiostro monocromo in Giappone. Pioniere della pittura realistica di paesaggio fu Cho Sok (1595-1668), assiduo viaggiatore, tra i più prolifici pittori in epoca Chosŏn. Grandi protagonisti furono Kim Hong Do (1745-1806), che si ispira alla vita quotidiana, con le serie biografiche, p’yongsaengdo, e le rappresentazioni di convivi di gentiluomini, ajipto; Sin Yun-bok (ante 1758), con dipinti ispirati alla vita quotidiana pervasi da sottile umorismo. Un’importante innovazione fu dovuta all’introduzione delle tecniche pittoriche occidentali tramite la Cina della dinastia Qing (1644-1911), adottate da pittori del sec. 18° come Kang Se-hwang, artista versatile, specializzato in paesaggi e nella rappresentazione dei ‘quattro gentiluomini’ (bambù, prugno fiorito, crisantemo, orchidea), e abile poeta. Ha lasciato un contributo importante con il suo Viaggi a Songdo, album di rappresentazioni del paesaggio a Songdo (od. Kaesŏng, C. del Nord).
La scultura buddhista si sviluppa a seguito della diffusione in C. della religione di origine indiana intorno alla metà del 4° sec. d.C., definendo una tipologia tipicamente coreana che influenzerà la scultura giapponese, visibile soprattutto nella Triade di Sŏsan (regno di Paekche) e nella tipologia del ‘Maitreya meditativo’ (Miruk) esemplificato in due statue in bronzo conservate al Museo Nazionale di Seoul.
Esempi dell’architettura buddhista sono il tempio di Sŏkkuram, costruito nel 751 d.C. presso la città di Kyŏngju, con lastre di pietra che imitano gli elementi dell’architettura lignea, e il tempio di Pulguk a E di Kyŏngju. Per l’architettura civile si ricordano a Seoul il Palazzo reale di Kyŏngbok (1394), di cui sono ancora visibili gli antichi padiglioni, e il Palazzo Ch’angdok (1405).
Le diverse situazioni, politiche ed economiche, che hanno segnato la storia della penisola di C. a partire dalla metà del 20° sec. si rispecchiano anche nel campo delle arti. Se nella C. del Nord è predominante il realismo socialista, l’apertura verso modi espressivi occidentali, già avviata in C. durante il periodo coloniale giapponese, continua a essere una caratteristica della C. del Sud. L’arte informale, europea e americana, trova una forte rispondenza a partire dagli anni 1960 e nei decenni successivi, nell’opera di Quac In Sik, Chung Chang Sup, Park Sö Bo, Ha Chonh Hyun ecc. Anche nell’ambito tradizionale si nota un rinnovamento nelle opere di Lee Ung No, Cho Phyung Hwi, Lee Wal Chong, Rhee Chul Ryang. Ancorati alla realtà politico-sociale sono i pittori O Yun, Sin Hak Chöl, Im Ok Sang. Dagli anni 1980 e 1990 nell’ambito dello happening si distinguono Kang Kuk Chin, Chong Ch’an Sung; per installazioni e videoarte, oltre a N.J. Paik (➔), si ricordano Park Hyun Ki, pioniere dell’arte concettuale, Kim Soo Ja, Ahn Sung Keum, Noh Sang Kyoon, Do-Ho Suh, Lee Bul. Accanto al Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Seoul, altra istituzione importante è lo Ho-Am Art Museum di Yongin e di Seoul.
In occasione delle Olimpiadi di Seoul del 1988, scultori di tutto il mondo hanno contribuito con le loro opere a creare un vero e proprio museo all’aperto (Parco delle sculture). Confronti e scambi a livello internazionale sono stati sempre più frequenti soprattutto con l’istituzione della Biennale di Kwangju (dal 1995).
In architettura, alla tendenza della C. del Nord di preservare gli aspetti della tradizione locale, anche in opere monumentali quali la Torre per la celebrazione del settantesimo compleanno di Kim Il-Sung (1982) eretta nel centro di Pyŏngyang, fa da contrappunto la produzione della C. del Sud, stimolata anche dall’occasione dei Giochi olimpici del 1988. Il senso estetico e le bellezze tradizionali si sono fusi con i gusti internazionali e con le domande funzionali tipiche della società occidentale contemporanea. Vari studi di architetti stranieri si sono così misurati con la singolare realtà di città quali Seoul (sede centrale Samsung, di R. Viñoly, 1999; Danghu Financial Centre, dello studio Kohn Pedersen Fox, 2002; le forme biomorfiche, su simbologie locali, del Transportation Center dell’Inchou International Airport, di Terry Farrell & Partners, 2002), affiancandosi a nuove generazioni di architetti locali quali Min Choi, Kun-Young Cho, Sang-Hae Lee, Kun-Hyuk Ahn, Sang-Hyun Lee o Dong-Kun Kim.
La tradizione musicale coreana presenta caratteri comuni con quelle di Cina, Giappone e Vietnam sia per quanto riguarda la teoria musicale sia per gli strumenti utilizzati e la scala tipo (che è quella pentatonica). Il dramma musicale, genere classico del teatro coreano, è legato a quello cinese; affine al koto giapponese è la cetra a corde di seta chiamata tai-caing, lo strumento più comune per esecuzioni solistiche. Uno degli aspetti più significativi della tradizione musicale coreana è dato dalla presenza dell’orchestra di corte nelle due formazioni tipiche, lo hyang-ak (oboi, flauti, viole e tamburi) e il tang-ak (gong, litofoni, organi a bocca). La polifonia sviluppata da queste orchestre è affine a quella dei gamelan (l’orchestra giavanese o balinese).