Raccolta di opere d’arte, di oggetti, di reperti di valore e interesse storico-scientifico.
I m. rientrano, insieme alle biblioteche, agli archivi, alle aree e parchi archeologici e ai complessi monumentali, tra gli istituti e luoghi di cultura. In particolare, l’ICOM (International committee for museology dell’International council of museums) ha definito il m. «un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educativi e diletto».
La museologia è la disciplina rivolta a ogni aspetto della vita del m., al suo funzionamento e alle sue finalità. Il dibattito sulla funzione e sul contenuto dei m., sulle modalità della progettazione e sull’impatto di questa sul territorio ha avuto un incremento negli ultimi anni del Novecento, anche in rapporto all’accresciuto interesse sia verso le scienze sociali e le teorie sulla comunicazione, sia verso i benefici economici che la presenza di un m. può comportare per l’ente che lo gestisce e il territorio che lo ospita. Le nuove metodologie nel campo della museologia trovano spazio nell’attività di istituti di ricerca e organismi internazionali, come l’ICOM, che affrontano problematiche comuni ai diversi settori della conservazione.
Il termine museologia ha un significato più ampio di museografia (o museotecnica), tecnica che si occupa della costruzione e sistemazione dei musei. Fanno parte della museografia moderna lo studio dei problemi architettonici e della progettazione degli edifici, e quelli inerenti all’ordinamento scientifico, didattico delle collezioni, agli impianti tecnici e all’organizzazione dei musei.
I m. possono seguire diversi ordinamenti amministrativi e pertinenze; si distinguono generalmente sotto il profilo tipologico, a seconda dell’area di interesse: m. d’arte e di archeologia, di architettura, di archeologia industriale; m. etnografici e antropologici, m. storici, m. di scienza e di tecnica; m. specializzati su temi specifici come i m. militari, navali; m. delle ceramiche, dei gessi (➔ gipsoteca), le case-m. di personaggi illustri, i m. delle cere (raccolte di statue in cera raffiguranti personaggi celebri) ecc. La pinacoteca è una raccolta o m. di dipinti. I m. territoriali sono raccolte di documentazione e materiali relativi ai diversi aspetti di un territorio, inteso come entità storica, culturale, etnica, economica, ecologica.
L’ecomuseo è un’istituzione culturale che insiste su un determinato territorio e sulla storia della sua comunità e delle sue tradizioni, proponendo, anche con la partecipazione della popolazione, ricerca, conservazione, valorizzazione di tale insieme di beni naturali e culturali, rappresentativi dell’ambiente e delle sue trasformazioni, dei modi di vita, dei paesaggi, delle tradizioni.
Già nell’antichità esistevano veri e propri m. formatisi nei templi, nei donari, nei santuari e nelle case principesche: collezioni di opere d’arte, doni votivi, suppellettili preziose, omaggio dei fedeli e dei sudditi. Alcune civiltà dedite ai commerci diedero impulso al mercato delle opere d’arte, apprezzate per i loro requisiti estetici e per la loro rarità, incrementando, quindi, la formazione di raccolte. Anche i bottini di guerra furono l’occasione per la costituzione di m. che a Roma per es., con M. Agrippa, furono destinati al pubblico godimento. Con il trasferimento della capitale imperiale, numerose opere d’arte furono portate come retaggio culturale a Costantinopoli; del nome Μουσεῖον si ha notizia (9° sec.) per designare la raccolta di un patrizio bizantino.
Nel Medioevo in Occidente alcune raccolte di opere d’arte e di reliquie, i cosiddetti tesori, si costituirono nei palazzi dei signori, nelle cattedrali e nelle grandi abbazie. Con le crociate e, quindi, con la riapertura ai traffici, si crearono nuove collezioni di oggetti singolari e preziosi, ma anche di reliquie, particolarmente ricercate e commerciate. Federico II, collezionista di opere d’arte e di curiosità scientifiche, diede inizio a quel tipo di m. enciclopedico che sarebbe durato fino all’età moderna. Nel 1369 fu redatto il primo catalogo manoscritto di tipo museale relativo alla raccolta di monete, antichità e disegni del medico trevigiano O. Forzetta. Con la donazione di alcune statue al popolo romano da parte di Sisto IV (lo Spinario, la Lupa ecc., già conservate in Laterano), si costituì nel 1471 il nucleo originario dei Musei Capitolini, prima raccolta pubblica rinascimentale e, per lungo tempo, l’unica a Roma; arricchita successivamente dalle donazioni del collezionista F. Gualdi da Rimini (16° sec.), di Leone X (1515) e di Pio V (1566), con Clemente XII, dopo l’acquisizione della collezione del cardinale A. Albani, fu inaugurata la nuova sede espositiva pubblica nel Palazzo Nuovo (1734); con Benedetto XIV fu poi aperta la pinacoteca (1748).
Tra le prime raccolte di rarità artistiche del Rinascimento, diffuse soprattutto in Toscana, nel Veneto e a Roma, messe in mostra negli studioli e nei gabinetti, o conservate nei più ampi guardaroba, notevoli furono quelle di Lorenzo il Magnifico, degli Este, dei Gonzaga, degli Sforza, di alcuni cardinali (E.S. Piccolomini, P. Barbo, S. Gonzaga ecc.), di ricche famiglie e di antiquari. Nel 1570 a Monaco di Baviera fu eretto l’Antiquarium, su progetto del mantovano I. Strada. Nel 1581 a Firenze furono sistemate le gallerie degli Uffizi, il secondo impianto museale al mondo, che superava le strutture espositive fino allora diffuse: giardini, corti, ninfei, fra cui notevoli, a Roma, il cortile del Belvedere (iniziato da Bramante) in Vaticano (1505) e il ninfeo costruito da G. Guidetti nei giardini Cesi (1540-50). Nacque anche il «gabinetto delle meraviglie» (Wunderkammer), dove esemplari di storia naturale, strumenti, invenzioni meccaniche, carte geografiche, rarità archeologiche, monete, cammei ecc., costituirono materiale per la didattica e una forma di indagine scientifica universale: celebri tra gli altri quello del Collegio Romano, fondato dal gesuita A. Kircher (smembrato nella seconda metà dell’Ottocento e ricollocato in diversi m.); le collezioni eclettiche di M. Settala a Milano, di L. Moscardo a Verona e di F. Cospi a Bologna, famose per i loro cataloghi a stampa; il palazzo del Cataio presso Este, da cui proviene la raccolta di strumenti musicali del Kunsthistorisches Museum di Vienna; le raccolte di Rodolfo II a Praga, di Alberto di Baviera a Monaco (di queste ultime nel 1565 S. Quicchelberg pubblicò Inscriptiones vel tituli theatri amplissimi, catalogo ordinato secondo un criterio di m. ideale) e di Augusto I a Dresda.
La formazione e la successiva sistemazione di pregevoli collezioni fu cura particolare di alcune grandi famiglie gentilizie, spesso consigliate da artisti: per es., la celebre collezione dei Gonzaga (in gran parte acquistata, nel 1627, da Carlo I d’Inghilterra); la raccolta dei Farnese, inventariata nel 1635 e passata in eredità (1731) a Carlo III di Borbone a Napoli, poi riordinata nel palazzo di Capodimonte, fatto costruire appositamente da G.A. Medrano (1738). Delle collezioni romane appartenute alla regina Cristina di Svezia, quella dei marmi fu ceduta alla Spagna nel 1724; nel 1681 a Parigi, per intervento di Mazzarino, si aprì la Galerie d’Apollon, primo nucleo del futuro m. del Louvre; a Torino, Carlo Emanuele I costruì una galleria per l’ingente raccolta di dipinti, accresciuta nel 1741 dalla collezione viennese di Eugenio di Savoia; a Roma svariate raccolte gentilizie sono conservate grazie all’istituto del fedecommesso. Nel 18° sec. in Europa e in Italia, con l’affermarsi del concetto di bene artistico inteso come patrimonio di pubblico godimento, molte collezioni divennero accessibili a tutti: nel 1753 a Londra con l’acquisizione della collezione di H. Sloane e delle biblioteche Harley e Cotton il governò creò il primo nucleo del British Museum, inaugurato nel 1759; a Firenze nel 1769 il granduca Leopoldo aprì gli Uffizi e nel 1789 divennero pubbliche le collezioni medicee, riordinate dall’abate L. Lanzi; nel 1793 a Parigi, dopo la Rivoluzione, il Louvre divenne m. pubblico e A. Lenoir costituì il M. dei monumenti francesi con statue e frammenti di chiese distrutte; nel 1797 Federico Guglielmo III istituì il Kaiser-Friedrich Museum di Berlino con le raccolte reali.
Nel 19° sec. l’istituzione museale si diffuse notevolmente in tutta l’Europa: con la formazione quasi ovunque dei m. nazionali furono creati anche nuovi modelli architettonici. I m., articolati in settori differenziati del sapere (scienza, tecnologia, storia, arte, arti applicate ecc.), furono creati oltre che per salvare le memorie del passato, anche con l’intento di ordinare e collocare gli oggetti secondo la loro specificità, tanto che si giunse a smembrare le collezioni. In Italia si consolidò una tendenza a utilizzare prevalentemente edifici di rilievo storico, e a conservare le raccolte nelle sedi originarie. Fra il 1802 e il 1805 J.-N.-L. Durand pubblicò il progetto paradigmatico di un m. consistente di una serie di lunghe gallerie a volta, quattro cortili e una rotonda; tra il 1811 e il 1814 a Londra J. Soane costruì la Dulwich college picture gallery, con sequenza di spazi di lunghezza variabile, in cui l’illuminazione era regolata da un sistema innovatore di modulazione controllata dall’alto. Il modello di Durand, che fu ripreso da L. von Klenze a Monaco nella Glyptothek (1816) e da K.F. Schinkel a Berlino nell’Altes Museum (1823-30), durò fino alla metà del 20° sec. (ala occidentale della National Gallery di Washington, J.R. Popo, 1941). Altri esempi museali significativi furono: a Copenaghen il M. Thorvaldsen, di G. Bindesböll (1839-48), a Berlino il Neues Museum di A. Stüler (1843-55), a Oxford l’University Museum di T. Deane e B. Woodward, a Vienna l’Arsenale di T. von Hansen (1850-56), a Mosca l’Istoričeskij Muzej di V. Ossipovič Sherwood (1875-83), a Berlino il Kunstgewerbemuseum di M. Gropius (1877-81). A Londra, nel 1824, fu costituita la National Gallery, per iniziativa di alcuni cittadini, allo scopo di sventare la dispersione della raccolta di J.J. Angerstein. Notevoli, inoltre: a San Pietroburgo l’Ermitage (1840), a Parigi il Musée de Cluny (1843), a Londra il South Kensington Museum (1846, poi Victoria and Albert Museum), a Madrid il Prado, a Boston il Museum of Fine Arts (1869), a New York il Metropolitan museum of act (1869), a Roma il M. Nazionale Romano (detto delle Terme, inaugurato nel 1889, costituito da gran parte dei reperti provenienti dagli scavi romani). Fra i m. realizzati in stile storico: Swiss National Museum di Zurigo (di N. Gull, 1893-97); Nordiska Museeum di Stoccolma (di I.G. Clason, 1889-1907); il m. agrario di Budapest (complesso di edifici ispirati agli antichi monumenti magiari, eretti nel 1896, su disegni di I. Alpár); il singolare m. all’aperto del folclore di Skansen, presso Stoccolma (iniziato nel 1870 su progetto di A. Hazekius).
Tra la fine del 19° sec. e l’inizio del 20°, a opera dei movimenti d’avanguardia, con l’affermarsi delle gallerie private e delle sempre più frequenti mostre temporanee si avviò una revisione del concetto di m.; a partire dagli anni 1920 il problema fu affrontato nella sua complessità da vari progettisti che, con l’abbandono degli stili storici, modificarono anche il criterio di ambientazione, creando spazi più fruibili, esposizione e illuminazione più razionali e funzionali alle opere. La moderna scienza museologica e museografica, nella profonda revisione del concetto di bene culturale, considerato anche in termini di redditività economica, ha arricchito il concetto di m., che si è andato sviluppando come centro promotore di studi e ricerche e come polo avanzato a uso sociale e didattico in rapporto all’ambiente e al territorio. Il m. è stato articolato in sale di esposizione, magazzini, archivi ordinati per lo studio e la consultazione, biblioteche continuamente aggiornate, archivi fotografici, gabinetti di restauro, sale di proiezione e multimediali, auditori. In questa ottica si sono sviluppati per primi i m. americani e, successivamente, per impulso delle organizzazioni culturali internazionali, molti altri ovunque. Tra gli esempi più significativi: Musée des Beaux Arts di Tournai (1903-20) di W. Horta; Gemeentemuseum dell’Aia (1919-34) di H. P. Berlage; Museum of modern art di New York, fondato nel 1929, con la sede progettata da P.L. Goodwin e E. Stone (1939) e i successivi ampliamenti di P. Johnson (1953, 1964), C. Pelli (1984), Yoshio Taniguchi (2004); Solomon R. Guggenheim museum (1943-59) di F.L. Wright a New York (ampliato nel 1992 dallo studio Gwathmey, Siegel e Ass.); il m. d’arte occidentale (1953-59) di Le Corbusier, J. Sakakura, K. Mayekawa, T. Yosizaka a Tokyo; Peace Center (1949-55) di K. Tange a Hiroshima; Galeria de Arte Contemporáneo (1955) di O. Niemeyer a Caracas; Museu de Arte Moderna (1954, distrutto nel 1978) di E. Reidy a Rio de Janeiro; Whitney museum of American art (1966) di M. Breuer a New York; inoltre, la East Building della National gallery of art (1978) di I. M. Pei a Washington; la sezione Temporary Quarters del Museum of Contemporary Art (1983) di F.O. Gehry a Los Angeles; il Getty Center (1997) di R. Meier a Los Angeles; in Germania notevole la nuova Staatsgalerie di Stoccarda, di J. Stirling (1977-82), e il cosiddetto Museumsufer di Francoforte, di R. Meier, H. Hollein e altri (1980-90); a Parigi il Centre G. Pompidou di R. Piano e R. Rogers (1977) e la nuova sistemazione del Louvre di I.M. Pei (1993); l’ampliamento della National Gallery di Londra con la Sainsbury Wing di R. Venturi (1991); il Museu d’art contemporani (1988-92) di R. Meier a Barcellona e il Centro de Belém (1993) di V. Gregotti a Lisbona.
Fra i recuperi a uso museale di impianti dismessi si ricordano: il Centro de arte Reina Sofia (1986) di I.L. Iniguez de Ozonô e A. Vázquez de Castro a Madrid, il Musée d’Orsay (1986) a Parigi di G. Aulenti; il Nuovo Polo Espositivo dei Musei Capitolini realizzato a Roma nella ex Centrale Termoelettrica G. Montemartini (1997), della quale si conserva, accanto ai reperti antichi esposti, il valore di archeologia industriale della struttura; la nuova sede del Museo nazionale del cinema nella ristrutturata Mole Antonelliana di Torino (2000). In Italia tra le sistemazioni di antichi edifici sono notevoli inoltre: la Galleria Regionale della Sicilia (1953) di C. Scarpa a Palermo; il M. del Castello Sforzesco (1963) del gruppo BBPR a Milano; i Palazzi Bianco (1950) e Rosso (1952-62), il Tesoro di S. Lorenzo (1952) e il M. di S. Agostino (1963-79) di F. Albini a Genova; il M. Civico (1988) a Piacenza e il M. di S. Giulia (1979) a Brescia, entrambi di A. Rudi; il castello (1984) di A. Bruno a Rivoli e il Centro per l’Arte Contemporanea «Luigi Pecci» (1988) di M. Gamberini a Prato; i Palazzi Altemps e Massimo (1982-97 e 1981-98) a Roma, destinati a raccolte archeologiche ecc.
La sempre più accentuata trasformazione del m. in un fenomeno articolato sul piano culturale, l’affermazione di nuove istanze legate alla contestualizzazione dei documenti della cultura umana, impongono un aggiornamento continuo della disciplina museografica e delle tecniche espositive, spingendo progressivamente il m. a trasformarsi in un’entità attiva che coinvolge un pubblico sempre più vasto. Caratterizzato da una sempre maggiore autonomia di gestione e sostenuto anche da sponsorizzazioni private, il m. può promuovere iniziative di riqualificazione, rinnovamento e ampliamento; farsi promotore di attività di ricerca, culturali e didattiche; gestire il proprio patrimonio anche per la conservazione e il restauro. Accanto a una crescente specializzazione, il m. tende anche a collegarsi con istituzioni analoghe o complementari, attraverso la creazione di centri culturali (Centre G. Pompidou di Parigi, J.-P. Getty Center di Los Angeles, Lingotto di Torino, Polo culturale e museale del MART di Trento e Rovereto, nuovo Museo dell’Ara Pacis a Roma). Si viene così a creare una nuova idea di m. come polo multifunzionale attivo nella conservazione, nella ricerca, nella documentazione (con la presenza di biblioteche e sale per conferenze), nella promozione. Quest’ultimo aspetto si lega inoltre alla funzione del m. come strumento di valorizzazione, anche in termini economici, dei materiali in esso conservati, attuata anche mediante l’allestimento di punti vendita di libri, cataloghi, video, oggetti di design, gadget. Il m. fa inoltre un uso sempre più diffuso di tecnologie avanzate: postazioni informatiche (workstations) documentatative e didattiche permettono un’interazione con l’utente; i siti Internet delle diverse istituzioni offrono servizi informativi, accesso a banche dati relative ai materiali esposti, ricostruzioni virtuali del m. stesso (m. virtuale), con percorsi di visita personalizzati.
Particolare attenzione è dedicata ai bambini, seguiti da operatori qualificati, ai quali sono spesso dedicati appositi spazi e laboratori dove esprimere le loro impressioni anche attraverso il disegno, riconoscere e manipolare materiali, applicare o simulare tecniche di esecuzione e di restauro, percorrere didatticamente epoche e civiltà. Agevolazioni e programmi specifici per visitatori disabili sono approntati in molti m.; più rare sono le iniziative rivolte a esigenze particolari come quelle dei non vedenti, per es. i programmi appositamente studiati dal Metropolitan museum of art e dal Museum of modern art di New York, che comprendono la possibilità di conoscere l’opera d’arte anche attraverso il tatto. Ad alcune peculiarità di indirizzo sul piano museografico si collegano anche le soluzioni architettoniche scelte nella progettazione del m., sia esso una costruzione appositamente realizzata oppure derivata dalla riqualificazione di edifici preesistenti e monumentali. Per es., nello Jüdisches Museum di Berlino (1989-99), l’edificio progettato da D. Libeskind si propone come strumento per una nuova esperienza nella recezione dell’arte e della storia.
La musealizzazione delle arti visive negli ultimi decenni del 20° sec. ha ampliato l’attenzione su molte categorie di beni. I m. di architettura hanno avuto una pietra miliare nel Deutsches Architektur-Museum di Francoforte sul Meno, di O.M. Ungers (1984); tra le successive istituzioni, The Chicago Atheneum, Museum of Architecture and Design di Chicago, fondato nel 1988; il progetto del 1988 di J.-L. Cohen per la Cité de l’Architecture et du Patrimoine nel Palais de Chaillot di Parigi ecc. La concezione sempre più ampia di bene culturale determina una profonda trasformazione dell’idea stessa di m., che si estende a spazi e siti di valore culturale, anche diversi da quelli tradizionali delle aree archeologiche (progetto per i Sassi di Matera, dal 1986; Musée Urbain Tony Garnier di Lione, 1985-98). Il m. giunge a ripensare la propria struttura anche sia in relazione alla varia natura espositiva, che giunge fino a nuove categorie come quella dei cosiddetti m. esperienziali (m. esperienziale Phänomania nella miniera Zollverein, Essen, 1996-2006 ecc.), sia alle esigenze delle diverse espressioni artistiche contemporanee delle opere su grande scala e delle complesse installazioni, che necessitano di spazi da coinvolgere liberamente (Guggenheim Museum di Bilbao, 1997; Tate Modern Gallery di Londra, 2000; Museo Quai Branly di Parigi, 2006). Un ruolo di rilievo è svolto da istituzioni in cui trova spazio il nuovo prodotto artistico, presentato come proposta, prima di una sua eventuale definitiva musealizzazione (Hamburger Bahnhof-Museum für Gegenwart di Berlino, aperto nel 1996 nella vecchia stazione berlinese ristrutturata da J.P. Kleihues; Centro per le Arti Contemporanee di Roma (MAXXI, 1999-2010), nelle ex caserme Montello, su progetto di Z. Hadid).
A partire dall’Openluchtmuseum voor Beeldhouwkunst di Middelheim (1950), dal m. all’aperto di Hakone, in Giappone (1952), dall’International Yorkshire Sculpture Park (1977), dal parco di sculture del Kröller-Müller Museum di Otterlo (1980) o dalla Fattoria di Celle presso Pistoia (Collezione Gori, 1982), sempre più diffusi sono giardini e parchi appositamente progettati, spesso annessi a una struttura museale, per sculture o installazioni, dove le opere, sovente ideate espressamente per quel luogo (site specific), si pongono in un attivo rapporto con l’ambiente; il fenomeno, comune anche in Italia, è spesso legato all’iniziativa di collezionisti privati (Ironbridge Open Air Museum of Steel Sculpture, Coalbrookdale, Gran Bretagna, 1991; Europos Parkas a Vilnius, 1991; Grounds for Sculpture a Hamilton, 1992). Donazioni o lasciti di collezionisti o degli stessi artisti contribuiscono allo sviluppo di m. dedicati all’arte contemporanea. Si istituiscono nuove sezioni all’interno di m. già esistenti, o se ne creano di nuovi. Tra questi assumono particolare rilievo le trasformazioni di studi di artisti in spazi espositivi, oltre alle strutture appositamente create dallo stesso artista per la propria opera (Fondation Vasarely a Aix-en-Provence, 1975; Raccolta Manzù ad Ardea, 1981; Fondazione Burri a Città di Castello, 1981 e 1990; Isamu Noguchi Garden Museum a Long Island, aperto al pubblico dopo la morte dell’artista nel 1988; Museo H.C. Andersen a Roma, 1998; ecc.). Un confronto ancora più diretto con il privato è costituito dal fenomeno dell’apertura al pubblico o della costituzione di m. e gallerie di proprietà privata, anche attraverso l’istituto, sempre più diffuso, della fondazione; ai prestigiosi e vitali organismi legati ai nomi di S.R. Guggenheim, H. Thyssen-Bornemisza, P. Ludwig, G. Soros, si affiancano esemplari istituzioni come le fondazioni Barnes a Merion (Filadelfia), Magnani Rocca a Corte di Mamiano (Parma), Gianadda a Martigny, Bayeler presso Basilea, i m. Barbier-Müller di Ginevra e Barcellona; organismi spesso oggetto di ampliamenti e riqualificazioni architettoniche che sottolineano il ruolo di prestigio assunto da tali fondazioni.
Per i m. archeologici esigenza diffusa è quella di una rilettura integrata della documentazione storica (sede del Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, 1982-97; riorganizzazione in varie sezioni dello stesso museo alle Terme di Diocleziano, G. Bulian 1990-2000), e di un rapporto diretto con il contesto fisico e topografico della stessa area archeologica (Museo dell’Acropoli di Atene, M. Nicoletti e L. Passarelli, dal 1990-96). In quest’ottica si pone anche la tendenza a progettare sistemi museali caratterizzati dalla dislocazione di diverse sedi nell’ambito di un territorio contraddistinto da una comune vicenda storica e culturale. Diretta emanazione di tale tendenza sono i parchi archeologici, che sottolineano il rapporto tra la presenza antropica e l’ambiente. Grande attenzione è riservata anche all’eventuale presenza, nello stesso sito, di strutture appartenenti a periodi successivi, e alla loro interazione con le preesistenze. Strumenti multimediali spesso presentano fotografie o ricostruzioni delle aree archeologiche e degli oggetti da esse provenienti; sempre maggiore attenzione è riservata agli interventi di restauro e conservazione. Tra le iniziative museali si ricordano, a Roma, il restauro dei Musei Capitolini (2000), che ha interessato l’intero complesso (con estensione al vicino Tabularium); l’istituzione del Museo della Crypta Balbi (2000). Degni di nota sono, ad Atene, l’istituzione, presso il Museo di Arte Cicladica della Fondazione Goulandris, di una mostra dei reperti rinvenuti durante la realizzazione di un nuovo braccio della metropolitana (1999) e l’allestimento, nelle relative stazioni, di un’esposizione permanente. Si ricorda inoltre il progetto per un nuovo Museo Egizio al Cairo, come centro polifunzionale presso le piramidi di Giza.
Nella seconda metà del 16° sec., accanto alle collezioni di artificialia e naturalia delle corti principesche e a quelle di nobili famiglie, si svilupparono, particolarmente in Italia, le prime collezioni naturalistiche con una decisa specializzazione e un ordinamento finalizzato alla pratica scientifica (i m. di F. Calzolari a Verona, di U. Aldrovandi a Bologna, di M. Mercati a Roma e di F. Imperato a Napoli). Nel 17° sec. col fiorire delle università, delle accademie e delle società scientifiche si formarono in Europa veri e propri m. di storia naturale: nel 1622 a Vienna i gesuiti, con l’aiuto di Ferdinando II, fondarono un m. al servizio dell’insegnamento superiore; nel 1626 a Parigi fu fondato il Jardin des Plantes, nel 1685 l’Ashmolean Museum di Oxford, nel 1739 il Musée national d’histoire naturelle di Parigi, nel 1753 a Londra il British Museum of natural history, nel 1775 a Firenze il M. di fisica e storia naturale a opera di Pietro Leopoldo. Celebri, inoltre, per la ricchezza delle loro collezioni: il Musée royal d’histoire naturelle di Bruxelles, il Naturhistorisches Museum di Vienna, il Museum für Naturkunde di Berlino, il Naturhistorisches Museum della Senckenbergische Naturforschende Gesellschaft di Francoforte. Di fondazione ottocentesca sono i m. statunitensi: il National Museum della Smithsonian Institution (1846) a Washington, il m. della California Academy of Sciences (1853) a San Francisco, l’American museum of natural history (1869) a New York, il Field museum of natural history (1894) a Chicago.
In Italia si formarono vari m. civici di storia naturale e collezioni originariamente annesse a istituti universitari: il più antico è quello della Specola (1771) a Firenze; notevoli anche il m. di Milano (fondato nel 1837 da G. De Cristoforis e G. Jan), di Trieste (1846), di Genova (fondato nel 1867 da G. Doria) e di La Spezia (1875). Nacquero anche i m. tecnico-scientifici: il primo fu il Conservatoire national des arts et des métiers, istituito a Parigi nel 1794 e ispirato a criteri enciclopedici.
Ai m. tesi a celebrare il progresso umano attraverso le scoperte scientifiche si affiancarono, in tono trionfalistico, le esposizioni universali, la prima delle quali fu la Great Exhibition (Londra, 1851), istituita con l’intento di rendere stabile questo tipo di esposizione; nel 1857 nacque il South Kensington Museum, dal quale derivò lo Science Museum di Londra; nel 1925 fu inaugurato il Deutsches Museum di Monaco, nel 1933 il Museum of science and industry di Chicago, tra i primi a carattere interattivo; nel 1937, a Parigi, venne inaugurato il Palais de la Découverte, con un taglio fortemente didattico.
A partire dal secondo dopoguerra i m. della scienza e della tecnica d’impianto classico hanno assunto un carattere eminentemente storico. Da allora, il ruolo profondamente incisivo della scienza e della tecnica nella società contemporanea ha avuto un riscontro nel rinnovamento o nella creazione di m. tecnici e scientifici di moderna concezione, di grande potere divulgativo. Accanto a essi, dagli anni 1960 si sono moltiplicati gli science centers che, affiancando la funzione espositiva tradizionale, sviluppano una nuova dimensione eminentemente comunicativa, presentando risultati scientifici attraverso simulazioni o dispositivi interattivi. Tra questi, l’Exploratorium (1969) a San Francisco e l’Ontario Science Center. Tra le realizzazioni degli anni 1980 si ricorda la Cité des sciences et de l’industrie di Parigi; tra i m. di storia della scienza figurano i m. di Oxford, Cambridge, Leida, Utrecht, Kassel, Dresda, l’Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze e il M. nazionale della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci di Milano. Altri centri innovativi sono: il National air and space Museum (1976) a Washington); il nuovo allestimento della East Hall dello Science Museum di Londra (G. Bowyer & Partners, 1988) con grandissimi schermi per proiezioni; la sistemazione del Musée national des techniques a Parigi (A. Bruno, dal 1991), che assegna un valore storico al m. esistente; la nuova sede del Deutsches Museum a Bonn (R. Zehetbauer, C. Ott, 1992-95); il Museo de la Ciencia y el Cosmos a Tenerife (E. Franch, 1993); il Museum of Science and Industry, Tampa, Florida (A. Predock, 1995); la nuova sistemazione dell’Ontario Science Centre a Toronto (Zedler Roberts Partnership, 1994-97), in cui gli spazi d’accesso sono organizzati attorno a una ‘piazza scientifica’; il Centro Domus, «Casa dell’uomo» a La Coruña in Spagna (A. Isozaki 1994-95), che presenta esposizioni interattive sull’organismo umano; il Centro nazionale per la Scienza e la Tecnologia ad Amsterdam (R. Piano, 1992-97), in cui si evoca l’immagine di una nave, con spazio interno a vari livelli connessi in verticale da pozzi di illuminazione, funzionali anche a una visione d’insieme dell’allestimento.
I m. di archeologia industriale, nati dall’esigenza di preservare, almeno in parte, impianti di produzione obsoleti insieme con i macchinari e gli oggetti di loro pertinenza, come testimonianza delle attività industriali del passato, si sono poi sviluppati in écomusées, centri di documentazione della vita economica e sociale di tutta l’area in cui le antiche industrie operavano; tra gli esempi più importanti ricordiamo l’area di Ironbridge in Inghilterra, che ha come punto centrale il forno dove A. Darby nel 1709 usò per la prima volta il coke per produrre ghisa, e il bacino di Le Creusot in Francia. Da sottolineare, in questo ambito, la già citata tendenza contemporanea al riuso museale di impianti e strutture di archeologia industriale.
In Italia, la disciplina giuridica dei m. è dettata dal d. legisl. 42/2004 (cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio, modificato dai d. legisl. 156/2006 e 62/2008), che ha introdotto la prima riforma organica della disciplina giuridica dei beni culturali; precedentemente il d.l. 433/1992, convertito in l. 4/1993 aveva tentato di risolvere alcune inefficienze da sempre presenti nei m. di Stato attraverso una disciplina diretta a garantirne il regolare funzionamento, ad assicurare una più intensa sorveglianza, nonché a garantire il prolungamento degli orari di apertura anche mediante la collaborazione delle organizzazioni di volontariato.
Il m. è un bene di fruizione, nel senso che è a disposizione della collettività al fine «di alimentarne lo sviluppo intellettuale». La disciplina giuridica della fruizione dei m. si fonda sulla natura pubblica o privata del soggetto che ne è titolare: se i m. appartengono a un soggetto pubblico «sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico», secondo le modalità stabilite dall’art. 102 del Codice. Se invece appartengono a un soggetto privato e sono aperti al pubblico «espletano un servizio privato di utilità sociale» e sono assoggettati a visita pubblica solo per scopi culturali nei casi elencati nell’art. 104 Codice. La l. 4/1993 ha introdotto nei m. i «servizi per il pubblico», che costituiscono attività – non propriamente culturali – finalizzate al miglioramento della fruizione e, fondamentalmente, strumenti per la valorizzazione dei beni culturali. Il Codice stesso ha quindi individuato due modalità di gestione di tali attività: in forma diretta, da parte dell’amministrazione titolare del m., e in forma indiretta, attraverso l’affidamento in concessione a soggetti privati. Sono un esempio dei suddetti servizi: il servizio editoriale di vendita dei cataloghi e i sussidi cartografici e audiovisivi; la gestione di raccolte discografiche, diapositive e biblioteche museali; la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni di beni; i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba, l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali ecc. (art. 117 del Codice).
Per i m. statali è prevista l’alternativa tra ingresso gratuito e ingresso a pagamento (la l. 78/1997, ha disposto la soppressione della «tassa d’ingresso»). Inoltre, le eventuali agevolazioni per l’accesso sono regolate in modo da non creare discriminazioni ingiustificate nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea. La determinazione delle modalità di accesso e dei criteri per la fissazione del prezzo di vendita dei biglietti e di riscossione del corrispettivo, spettano all’ente titolare del m. (ministero, regione, altro ente pubblico territoriale), anche mediante convenzioni con soggetti pubblici e privati. Nei casi di accesso a pagamento, i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso sono destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza, la conservazione dei luoghi, l’incremento e la valorizzazione del patrimonio culturale. Sono altresì consentite possibili intese tra ministero, regioni e altri enti pubblici territoriali per coordinare l’accesso agli istituti e luoghi della cultura.