Figlio (Rivoli 1562 - Savigliano 1630) di Emanuele Filiberto e di Margherita di Valois, divenuto duca nel 1580, in politica interna seguì e sviluppò l'indirizzo paterno e governò con mitezza, favorendo gli studî, promuovendo lo sviluppo del commercio e dell'industria, rafforzando la milizia, trasformando in patriziato civile la nobiltà feudale. In politica estera, si fece guidare da un'ambizione non sempre proporzionata alle reali possibilità del Piemonte d'allora e - intervenendo nelle grosse questioni internazionali - invano mirò al raggiungimento della corona regia. Antifrancese, nel complesso, appare la sua prima politica, fondata su ripetuti tentativi contro Ginevra, su intrighi in Linguadoca e in Provenza e sul matrimonio con l'infanta spagnola Caterina (1585). L'occupazione improvvisa del marchesato di Saluzzo (1588) e l'invasione della Provenza (1590) gli valsero la fama di "duca ladrone". Mercé gli aiuti alla Lega pose la propria candidatura al trono di Francia, ma, caduta questa per l'abiura di Enrico IV, il progressivo raffreddamento della Spagna pose il duca in una situazione pericolosa, dalla quale poté uscire solo per l'intervento pontificio con la pace di Vervins (1598). Il trattato di Lione (1601) gli lasciò il marchesato di Saluzzo, assegnando alla Francia la Bresse, il Bugey e il Valromey. Fallito un nuovo attacco contro Ginevra (1603), accarezzati per un momento (1607-1609) certi piani per una impresa di liberazione cristiana nei Balcani, prospettatagli, con l'offerta di una corona, dal patriarca di Peć, Jovan, e dai capi serbi, C. E. passò nel campo della politica francese firmando il trattato di Bruzolo. Reso questo vano dall'assassinio di Enrico IV, il conseguente isolamento politico non impedì al duca di affrontare l'Impero, la Francia, Venezia e la Spagna nella guerra di successione del Monferrato, nel corso della quale egli ebbe l'appoggio di larghe frazioni dell'opinione pubblica antispagnola in Italia (Il pianto d'Italia di Fulvio Testi, le Filippiche, uscite anonime ma attribuite con buon fondamento ad A. Tassoni, ecc.), e di giungere al non disastroso trattato di Asti (1615). Riprese le armi nella guerra di Valtellina (1620) e, fidando sull'aiuto francese e su promesse anglo-olandesi nonché sull'accordo con il ribelle corso Biagino da Leca, attaccò Genova. La sconfitta ivi riportata e il sopravvenuto trattato francospagnolo di Monçon, nonostante la decisiva vittoria riportata sugli Spagnoli assedianti la fortezza di Verrua (1625), non gli permisero di raggiungere i suoi scopi di guerra (Genova e il Monferrato); da ciò, insieme con l'intesa del Vachero, il riavvicinamento del duca alla Spagna e il suo intervento nella guerra di successione di Mantova di cui la morte gli impedì di vedere la fine.