Francesco della Rovere (Celle Ligure 1414 - Roma 1484), di antica famiglia savonese, entrato nell'ordine dei frati minori conventuali, dei quali divenne ministro generale nel 1464, si addottorò nel 1444 a Padova; successivamente insegnò teologia, logica e filosofia a Padova, Bologna, Firenze, Perugia e Siena. Nominato cardinale nel 1467, fu eletto papa nel 1471. La sua opera parve volgersi dapprima ad ottenere una generale pacificazione che permettesse di fronteggiare validamente i Turchi; a tal fine organizzò anche una spedizione che però, dopo la presa di Smirne (1472), si disgregò per i dissensi tra gli alleati. Le speranze del papa che alle nozze tra Zoe Paleologo, nipote dell'ultimo imperatore bizantino, e Ivan III di Russia facesse seguito un maggiore impegno antiturco da parte dei Russi (nonché la loro obbedienza alla Chiesa di Roma) si rivelarono presto infondate. In Italia il suo nepotismo (ben sei nipoti ebbero la porpora cardinalizia, e altri parenti ebbero lucrose cariche) finì col produrre una scissione profonda fra le potenze italiane, preoccupate dalle mire ambiziose soprattutto di suo nipote Girolamo Riario: contro la lega strettasi tra Firenze, Milano e Venezia, S. si alleò con Ferdinando I di Aragona, re di Napoli. Tentando di separare i Medici dai Fiorentini, dopo la congiura dei Pazzi e l'uccisione di Giuliano de' Medici, cui seguì la rivolta dei Fiorentini in appoggio ai Medici, S. scomunicò Lorenzo de' Medici e interdisse gli stessi Fiorentini, ma l'improvviso accordo di Ferdinando con Lorenzo de' Medici e il saccheggio di Otranto da parte degli Ottomani (1480), che pareva preludere a una più massiccia invasione della penisola, lo persuasero a minore rigidezza contro Firenze, che assolse dalle censure (1480). Per vendicarsi del voltafaccia di Ferdinando si procurò allora l'appoggio dei Veneziani, offrendo loro Ferrara. Ma la guerra, sconfitti gli Aragonesi nella battaglia di Campomorto (1482), non fu portata oltre e S. preferì concludere la pace all'insaputa dei Veneziani. Nel campo ecclesiastico, S., nel 1478, emanò una bolla con la quale conferì ai sovrani di Castiglia e di Aragona il potere di nominare inquisitori di loro fiducia. Nell'ambito dottrinale, S. intervenne annullando i decreti del Concilio di Costanza relativi alla supremazia del concilio sullo stesso pontefice. Favorì il culto di Maria con l'istituzione della festa dell'Immacolata Concezione, della Visitazione e del Rosario. A Roma dimostrò capacità di amministratore, e amore per l'arte e la cultura: sua è la riorganizzazione della cappella papale dei cantori in San Pietro; con una bolla del 15 giugno 1475 istituì l'apertura al pubblico della Biblioteca Vaticana. Sotto il suo pontificato il rinnovamento edilizio si estese a tutta la città (ponte Sisto, chiese di S. Maria del Popolo, S. Maria dell'Anima, S. Agostino, S. Giacomo, ospedale di S. Spirito, ecc.), e per suo volere fu eretta in Vaticano la Cappella Sistina, che fu decorata dai più grandi artisti del periodo. Umanisti ed artisti, quali il Platina, che ebbe da lui l'incarico di scrivere le vite dei papi, e il prediletto Melozzo da Forlì, operarono accanto a molti altri, tra cui Pomponio Leto, che fece risorgere l'Accademia Romana.