Ampio tratto di terreno, generalmente boscoso e spesso recintato, destinato a usi particolari, oppure terreno di una certa estensione piantato ad alberi ornamentali, con vaste zone a prato o a giardino, destinato a svago e passeggio.
Nel Medioevo il p. era essenzialmente un terreno, coltivato o incolto, annesso a un castello con funzione di riserva della selvaggina. Vi si potevano trovare anche voliere, piscine ecc. Nelle ville signorili del Rinascimento il p., distinto dal giardino chiuso, era un elemento indispensabile con funzioni, oltre che di abbellimento, anche di pratica utilità poiché vi si trovavano spesso edifici destinati a servizi vari (allevamento di selvaggina; scuderie per cavalli e stalle per altri animali domestici; serre; abitazioni del personale ecc.); aveva l’aspetto di un bosco d’alto fusto, percorso da viali secondo tracciati che mettevano in valore le bellezze del luogo e collegavano gli edifici, a uso pratico e ornamentale. In ville, regge, residenze reali suburbane, di ampia estensione, il p. si associa al giardino conservando generalmente un aspetto boschivo naturale. Uno speciale tipo di p. fu quello, detto inglese, di moda nella seconda metà del 18° sec., che intese ispirarsi artificialmente agli aspetti di un pittoresco bosco naturale.
Il primo p. pubblico fu realizzato a Londra da J. Nash (St. James Park) nel 1814 (lo stesso Nash aveva progettato il Regent’s Park fin dal 1810). J. Paxton lanciò un vero movimento, con pubbliche sottoscrizioni, per i p. pubblici e dopo quello di Liverpool (1844) ne realizzò molti altri. Seguirono i p. realizzati a Parigi da Haussmann (Bois de Boulogne, Bois de Vincennes). In America si estese il movimento per i p. pubblici (esemplare il p. urbano attrezzato di New York, il Central Park). Notevole la rete di p. urbani, di p. naturali e con sentieri pedonali in paesi quali Svezia, Paesi Bassi, Danimarca; imponente lo sviluppo dei p. nei paesi dell’Est europeo e nell’Estremo Oriente.
Nei p. pubblici, destinati alla sosta e talvolta al transito di veicoli, il tracciato e la sistemazione dei viali prende aspetti vari secondo le loro diverse funzioni e vi si possono trovare installazioni speciali di vario genere: piazzali di gioco per bambini, campi per sport, padiglioni per caffè e ristoranti, chioschi e recinti per audizioni e spettacoli all’aperto ecc., oltre agli impianti necessari al p. stesso, come serre, vivai, depositi di materiali e di attrezzi, abitazioni del personale di servizio e di vigilanza e simili.
Accezione specifica è quella del p. della rimembranza, p. configurato come luogo della memoria in omaggio ai caduti nei conflitti bellici o in onore di personalità di rilievo per la storia di un paese.
P. naturale È un’area che, per i suoi peculiari, e spesso rari, aspetti naturalistici (geologici, geomorfologici, idrografici, floristici, faunistici, paesistici) viene sottoposta a tutela al fine di salvaguardarla dalle azioni dell’uomo capaci di alterarne i caratteri. La sua istituzione e la sua gestione sono prevalentemente di pertinenza statale (p. e riserve nazionali), ma esistono pure, e sono sempre più numerosi, p. gestiti da entità politico-amministrative substatali (per es., in Italia, i p. e riserve regionali) o da associazioni ambientaliste o anche da privati.
Le origini del p. nazionale si possono far risalire al 1853 in Francia, con la creazione di una ‘riserva artistica’ nella foresta di Fontainebleau: si trattava di preservare un tratto di bosco dall’utilizzazione dei forestali per permettere agli artisti francesi (i pittori della Scuola di Barbizon) di ritrarne gli aspetti più estrosi e pittoreschi. Ma è soltanto nel 1872 che sorge veramente un primo p. nazionale, quello di Yellowstone negli Stati Uniti; il 1° marzo di quell’anno fu infatti decretata la destinazione di una notevole estensione (che giunse poi fino a 9000 km2 ca.) di territori dello Wyoming, del Montana e dell’Idaho, a fini di conservazione, educazione e ricreazione. Alcuni anni prima, ancora negli Stati Uniti, era stato preservato un altro territorio di straordinaria bellezza: la valle di Yosemite, che insieme al Mariposa Grove nel 1864 fu dichiarata area protetta e affidata come tale al governo della California con la motivazione che questi territori venissero «conservati, mostrati al pubblico e usati e preservati per il beneficio dell’umanità». Anche in Europa, intanto, si erano creati degli spazi realmente riservati alla conservazione della natura, quali il Club Jurassien nel Creux-du-Van (1879) e il parco Ascania Nova in Ucraina (1883). Nel 1909, l’istituzione di due parchi contigui in Lapponia costituiva il più ampio complesso del tempo.
In Italia il primo tentativo di creare un p. nazionale in Val di Livigno risale al 1910. Nel 1914, per iniziativa della Società elvetica di scienze naturali, fu istituito il p. nazionale dell’Engadina (in seguito incluso nel P. nazionale svizzero), che divenne un modello. Nel 1921, la Germania creava il parco del Lüneburg; nel 1922 l’Italia istituiva il p. nazionale del Gran Paradiso e nel 1923 quello d’Abruzzo. Con la convenzione di Londra del 1933 si tentò per la prima volta un’unificazione concettuale dei vari e difformi orientamenti che si andavano differenziando. Come caratteri essenziali furono indicati il controllo pubblico derivante da atti legislativi, le finalità di conservazione, ricreazione e ricerca, i divieti di caccia, cattura e raccolta.
La conferenza internazionale di Brunnen (1947) stabiliva la classificazione dei p. naturali in due categorie: a) riserve naturali generali, destinate alla conservazione della natura e a scopi educativi e ricreativi; b) riserve naturali particolari, con finalità più specifiche. Questa classificazione fu adottata anche dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (UICN) fondata nel 1948 a Fontainebleau, ma con sede in Svizzera, a Morges, che si assumeva il compito permanente di classificare e regolare la materia dei p., delle riserve e delle aree protette. A tal fine il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) nel 1950 affidò all’UICN il compito di redigere il censimento dei p. nazionali e delle riserve analoghe secondo i principi sanciti nella citata convenzione di Londra e in quella di Washington (1940).
Si andavano intanto manifestando differenziazioni nazionali, che erano portatrici di idee nuove, pur complicando i criteri di definizione. Il Regno Unito nel 1951 creava 10 riserve naturali occupanti l’8% del territorio nazionale, nelle quali esaltava il pubblico interesse pur mantenendo al loro interno un’efficiente attività agricola. La Francia formava nel 1969 un proprio sistema di p. nazionali ‘zonizzati’, con un nucleo centrale a riserva integrale racchiuso in una fascia con attività agricole, pastorali e forestali controllate, e un anello periferico con più ampia programmazione socioeconomica. Tali tipi di p. naturali regionali venivano esclusi, nella conferenza internazionale di Delhi (1969), dal novero dei p. nazionali, per i quali si dettava una definizione restrittiva, ma alquanto generica; la conferenza di Vienna (1973) fra i ministri dell’Ambiente si pronunciava per un’azione concordata a livello intergovernativo, tenendo conto che diversi paesi avevano già in funzione agenzie statali per i problemi dell’ambiente e per la sua conservazione. Negli Stati Uniti, le preoccupazioni per i gravi processi di degradazione ambientale in atto posero in evidenza il carattere politico dei problemi ambientali, sfociando nel 1970 nell’istituzione del Council of environmental quality, che collega i p. nazionali ai servizi per la qualità dell’ambiente. In altri paesi la classificazione e la struttura dei p. e delle altre aree protette risponde a svariati criteri che non hanno trovato un’omogeneizzazione sul piano internazionale.
Casi particolari di aree protette sono quelli delle zone marine sottoposte a tutela per l’interesse presentato dal loro popolamento vegetale e animale, genericamente indicate come p. marini e p. delle zone umide. Queste ultime – per lo più stagni, paludi, lagune, foci fluviali – sono state dichiarate aree da proteggere con la convenzione di Ramsar (1971), in quanto importanti per la regolazione della circolazione idrica e per i loro originali caratteri floristici e faunistici.
Nonostante le diverse tendenze sulla concezione di p. nazionali e riserve, alcune finalità emergono con carattere prioritario. Finalità primaria dei p. nazionali è la conservazione, che consiste nel mantenere gli ecosistemi il più possibile nelle condizioni originarie, con elementi fisici e biologici armonicamente inseriti nel quadro delle loro interrelazioni naturali. La conservazione diviene così un’attività scientifico-tecnica di grande impegno, in quanto deve assumere carattere di controllo permanente dei processi naturali e dell’efficienza ecologica, specie nelle regioni densamente popolate che, quanto più sono state soggette a vicende storiche umane, tanto più hanno subito e subiscono modificazioni degli equilibri e degli assetti originari.
Altra finalità è la ricreazione, che va intesa nel senso di restaurazione e ristoro delle energie umane fisiche, intellettuali e spirituali, non compatibile, quindi, con forme di turismo che offrano ai visitatori installazioni di carattere urbano.
La ricerca scientifica è anch’essa tra le finalità dei p. nazionali e trova un luogo ideale negli ecosistemi custoditi nella loro integrità. In un p. nazionale che, accanto a eventuali riserve integrali interne, comprenda zone condizionate da attività agricole, silvicolturali, alpicolturali ecc., gli ecosistemi assumono una fisionomia alquanto artificiale, coinvolgendo le relazioni tra conservazione e sviluppo.
Tende a prevalere il modello di struttura zonizzata francese, con gradienti di severità di tutela e limitazioni e divieti crescenti dalla periferia verso l’interno. Una concezione costruttiva, che concordi con il dinamismo dei sistemi viventi e con i concreti interessi umani, comporta che non siano violati gli interessi essenziali delle popolazioni residenti e che il p. nazionale sia realizzato nel contesto di un assetto regionale e di pianificazione del territorio.
I p. in Italia. - I p. nazionali in Italia sono 24 e coprono una superficie di oltre 1.600.000 ha, pari a circa il 5,4% della superficie nazionale. Cinque sono i p. storici, i primi a essere stati istituiti: P. del Gran Paradiso (Valle d’Aosta, Piemonte, 1922), P. d’Abruzzo (1923, dal 2001 P. d’Abruzzo, Lazio e Molise), P. del Circeo (Lazio, 1934), P. dello Stelvio (Lombardia, Trentino Alto Adige, 1935), P. della Calabria (1968, dal 2002 P. della Sila). Altri 13 sono nati tra il 1989 e il 1991: P. dell’Arcipelago Toscano, P. della Val Grande (Piemonte), P. delle Dolomiti Bellunesi (Veneto), P. delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna (Toscana ed Emilia-Romagna), P. dei Monti Sibillini (Umbria e Marche), P. del Gran Sasso e Monti della Laga (Abruzzo, Lazio e Marche), P. della Majella (Abruzzo), P. del Vesuvio (Campania), P. del Cilento e Vallo di Diano (Campania), P. del Gargano (Puglia), P. del Pollino (Basilicata e Calabria), P. dell’Aspromonte (Calabria), P. del Gennargentu e Golfo di Orosei (Sardegna). A questi 18 si sono aggiunti successivamente il P. dell’Arcipelago di La Maddalena (Sardegna, 1994), il P. dell’Isola dell’Asinara (Sardegna, 1997), il P. delle Cinque Terre (Liguria, 1999), il P. dell’Appennino Tosco-Emiliano (Toscana ed Emilia-Romagna, 2001), il P. dell’Alta Murgia (Puglia, 2004) e il P. della Val d’Agri e Lagonegrese (Basilicata, 2006).
Esistono inoltre 105 p. regionali (tra i quali quelli della Valle del Ticino, del Delta del Po, della Maremma, di Veio, dell’Etna ecc.), 146 riserve gestite dallo Stato, 335 riserve regionali, 50 zone umide (tra queste le Valli di Comacchio, gli stagni e le saline presso Cagliari, le aree acquitrinose salmastre – o piallasse – del litorale ravennate) e 20 aree marine protette.
Tutela giuridica. - Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa. In base alla l. 394/1991, i p. nazionali sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Ambiente, sentita la regione; a ogni p. è preposto un ente p. con personalità di diritto pubblico e con il potere di adottare il regolamento (approvato dal ministro dell’Ambiente) disciplinante l’esercizio delle attività consentite entro il proprio territorio. I p. nazionali, sempre in base alla l. 394, hanno un rilievo nazionale o addirittura internazionale per valori naturalistici, scientifici, culturali, educativi ecc., e si differenziano dai p. naturali regionali, costituiti da aree che rappresentano un sistema omogeneo individuato nell’ambito di una o più regioni limitrofe. Le riserve naturali, infine, statali o regionali, sono costituite da aree che contengano una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora o della fauna o presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche.
P. scientifico e tecnologico Concentrazione territoriale di laboratori, centri di studio, imprese e università, che svolgono attività produttive e di ricerca in settori ad alta tecnologia. Il concetto di p. scientifico e tecnologico nasce dall’esigenza, tipica delle attività produttive caratterizzate da sviluppo tecnologico avanzato, di poter disporre di infrastrutture che comprendano tutti i servizi richiesti dalle alte tecnologie (efficienti collegamenti via cavo e via etere, centri di calcolo altamente sofisticati ecc.). Di conseguenza, la delimitazione territoriale di un p. scientifico e tecnologico (spesso detto anche tecnopoli o polo tecnologico) non è legata specificatamente a un territorio fisico, ma fa piuttosto riferimento a un comprensorio ideale configurato dal bacino di utenza capace di avvalersi dei servizi e nel quale può essere inserito anche l’agglomerato urbano. In questo contesto innovazione e processi di formazione avanzata diventano gli elementi più caratterizzanti dei servizi che il p. scientifico e tecnologico deve offrire. La vicinanza fisica è tuttavia importante, perché crea contatti e scambi culturali che favoriscono la fertilizzazione incrociata delle ricerche. Gli organismi coinvolti nel processo innovativo promosso dai p. scientifici e tecnologici sono le università, le altre istituzioni di ricerca e formazione, le imprese, le istituzioni di governo (locale e nazionale), gli istituti finanziari e il contesto territoriale nel suo complesso. In quest’ottica il p. scientifico e tecnologico può essere definito come un sistema innovativo territoriale interpretabile come l’insieme organizzato dei soggetti e dei processi concorrenti a promuovere nel territorio flussi innovativi a sostegno della competitività delle imprese e dello sviluppo dei sistemi territoriali.
I primi p. scientifici e tecnologici nacquero negli Stati Uniti a partire dagli anni 1950 in base a iniziative spontanee di imprenditori locali sostenute da istituzioni universitarie (primo e massimo esempio, il p. della Silicon Valley, sviluppatosi con il supporto della Stanford University). Negli anni 1970 in Gran Bretagna e in Francia si ebbero importanti esempi di p. scientifici e tecnologici che consentirono la creazione di aree di eccellenza per le attività di ricerca e di sviluppo (il p. localizzato intorno all’università di Cambridge in Inghilterra, il p. costruito a Sophia Antipolis in Francia). Negli anni 1980 anche altri paesi europei presero dimestichezza con la concezione di p. scientifico e tecnologico sia per rivitalizzare aree di vecchia industrializzazione in fase di riconversione (Berlino) sia per sviluppare zone di nuova industrializzazione (Valencia, Lisbona); anche in Giappone furono realizzati numerosi p. scientifici e tecnologici (Okayama, Hiroshima) progettati attraverso una rigida programmazione statale.
In Italia a partire dagli anni 1980 furono avviati i progetti di numerosi p. scientifici e tecnologici, tra i quali Tecnocity nel triangolo Torino-Novara-Ivrea, il progetto Bicocca a Milano, Tecnopolis a Bari, l’area tecnologica (ARST, Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica) di Trieste. Particolare importanza assumono i p. scientifici e tecnologici nel Mezzogiorno (soprattutto Tecnopolis a Bari) dove sono chiamati a sostituire i vecchi poli industriali nell’intento di promuovere la creazione di nuove imprese.