Regione dell’Italia settentrionale (23.864 km2 con 10.027.602 ab. nel 2020, ripartiti in 1516 Comuni; densità 420 ab./km2), compresa tra il crinale delle Alpi Centrali, il medio corso del Po, il Ticino, il Sarca, il Lago di Garda e il Mincio. La L. è divisa in 12 province: Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano (capoluogo di Regione), Monza e Brianza, Pavia, Sondrio, Varese. Le province di Lecco e di Lodi sono state istituite nel 1992; quella di Monza e Brianza, istituita nel 2004, è divenuta operativa nel 2009.
Il nome deriva dal termine medievale Longobardia, in uso nell’Italia bizantina per designare la parte della penisola dominata dai Longobardi, in opposizione alla rimanente, allora detta Romania. Dopo l’888 si indicò col nome di Longobardia la marca carolingia comprendente Milano. Ma ancora nel Basso Medioevo l’accezione del toponimo valicava di molto i confini dell’attuale L., avvicinandosi a comprendere l’intera Italia settentrionale. Solo dalla costituzione del Regno d’Italia il toponimo si riferisce all’attuale suddivisione amministrativa.
La Lombardia si articola al proprio interno in zone morfologiche differenziate: montagna, collina, alta pianura asciutta e bassa pianura irrigua. Le aree di montagna, che coprono i 2/5 circa del territorio regionale, occupano (a eccezione del lembo appenninico isolato che s’incunea tra Piemonte ed Emilia, detto Oltrepò Pavese) una vasta porzione delle Alpi e delle Prealpi. Delle prime la L. comprende le Lepontine orientali e le Retiche meridionali, montagne caratterizzate dall’altitudine mediamente elevata, dal permanere di superfici glacializzate: superano i 3500 m il Pizzo Bernina (4049 m), il Cevedale (3769 m), il Monte Disgrazia (3678 m), l’Adamello (3539 m). Le Prealpi sono invece costituite da formazioni in massima parte sedimentarie e appaiono frazionate in blocchi montuosi, separati da ampie selle, che raramente raggiungono o superano i 2500 m: fra i più noti emergono la Concarena (2549 m), la Presolana (2521 m), le Grigne (Grigna Settentrionale 2409 m). A sud della zona montuosa si estende la fascia collinare, che si sviluppa essenzialmente in corrispondenza delle aree di accumulo del materiale morenico abbandonato dai ghiacciai quaternari: è cospicua e continua nella L. centro-occidentale (anfiteatri morenici del Verbano e della Brianza), mentre si riduce nel Bergamasco e nel Bresciano, dove riprende con gli apparati morenici isolati del Lago d’Iseo e del Lago di Garda. La restante parte del territorio regionale (poco meno della metà) è occupata dalla pianura. Distinta a sua volta, secondo un limite di separazione segnato convenzionalmente dalla zona di affioramento spontaneo delle acque sotterranee (zona delle risorgive), in alta pianura asciutta e bassa pianura irrigua. La prima, composta da terreni ciottolosi permeabili, presenta caratteri di aridità che la rendono scarsamente adatta alle colture. La seconda è formata da depositi argillosi impermeabili, a contatto dei quali affiorano le acque assorbite nell’alta pianura. Nella bassa pianura l’abbondanza delle acque ha favorito il prosperare della grande agricoltura, con notevoli problemi di regolazione: i fiumi, infatti, vi scorrono a livello di campagna e, oltre Cremona, addirittura pensili (quindi ampiamente arginati), a differenza di quanto si verifica nell’alta pianura asciutta, dove scorrono incassati in solchi terrazzati.
Da O a E, i principali fiumi che solcano il territorio lombardo, affluendo nel Po, che per lungo tratto scorre nella regione, sono: il Ticino, che è immissario ed emissario del Lago Maggiore e che segna buona parte del confine con il Piemonte; l’Adda, che percorre la Valtellina e, dopo essersi gettato nel Lago di Como ed esserne divenuto emissario, riceve le acque del Brembo e del Serio, provenienti dalle alte valli bergamasche; l’Oglio, che scorre nella Val Camonica, s’immette nel Lago d’Iseo e ha come affluenti il Mella e il Chiese; il Mincio, emissario del Lago di Garda. I laghi prealpini (oltre a quelli citati sono da ricordare il Lago di Varese, il Lago di Lugano, parzialmente in territorio svizzero, e il Lago d’Idro), esercitano un influsso decisivo sul regime e sulle torbide dei fiumi: attenuano le piene primaverili o estive e fungono da bacini di decantazione delle loro acque. Le grandi conche lacustri sono inoltre importanti perché mitigano le condizioni climatiche del territorio circostante. Il fattore orografico incide poi sull’entità delle precipitazioni: si passa da una media annua di 1200-1300 mm (ma anche di 2000 mm nelle parti più interne) nelle valli prealpine, verso le quali affluiscono le masse d’aria di provenienza marina, a una media inferiore a 800 mm nelle aree pianeggianti, benché tra esse l’alta pianura risenta fortemente del contatto con le Prealpi (Bergamo 1243 mm, Pavia 784 mm, Mantova 685 mm).
La partizione schematica della Lombardia in zone morfologiche trova una corrispondenza nelle differenziazioni strutturali e nella dinamica economica e sociale della regione. La popolazione è concentrata per la maggior parte nell’alta pianura e nella fascia collinare, cioè nella zona di elezione delle attività industriali: il solo settore nord-occidentale, comprendente le province di Milano, Varese, Como, Lecco e Lodi, ospita circa il 62% della popolazione regionale. L’accrescimento demografico, dovuto soprattutto alle cospicue correnti migratorie degli anni 1950-60, si è drasticamente ridimensionato nel decennio successivo e si è annullato negli anni 1980, nel corso dei quali al contrario, per il declino dell’immigrazione e il calo della natalità, si è manifestata un’inversione di tendenza. Il dato demografico regionale ha poi presentato dagli anni 1990 un andamento positivo: a fronte del decremento verificatosi in ogni provincia lombarda fra i censimenti del 1981 e del 1991, la stima effettuata nel corso del 2000 ha registrato, rispetto al 1991, una crescita demografica complessiva del 2,6%. Tale crescita ha riguardato, in diversa misura, tutte le province, confermando i tradizionali processi di concentrazione di popolazione nelle aree in cui si è maggiormente consolidata la presenza dell’industria, a sua volta connessa a diffusi processi di terziarizzazione che hanno generato importanti effetti sul riassetto occupazionale. I maggiori incrementi demografici sono stati registrati, oltre che nell’area milanese, nelle province di Brescia e Bergamo, seguite da quelle di Varese e Como.
Milano, nodo di polarizzazione funzionale e culturale di interesse europeo, registra un ridimensionamento demografico nell’area comunale, cui fa riscontro una più consistente crescita a scala provinciale e metropolitana. La realtà territoriale lombarda presenta originali processi nell’ambito dell’urbanizzazione: mentre nell’intera regione l’espansione demografica delle province si è, nella gran parte dei casi, accompagnata a un esodo di residenti dai relativi capoluoghi, Brescia e, in minor misura, Lecco e Bergamo hanno registrato nel corso dell’ultimo decennio del 20° sec. un incremento demografico che ha interessato, oltre a quello provinciale, anche l’ambito comunale, rivelando singolari forme di ripresa dell’urbanizzazione nei capoluoghi, prevalentemente riconducibili a dinamiche di potenziamento e riqualificazione delle strutture residenziali e terziarie locali. Fra le altre province, Sondrio, in modesta espansione demografica su scala sia comunale sia provinciale, mantiene una fisionomia particolarmente problematica, rimanendo in una condizione di difficile equilibrio funzionale e socioterritoriale, caratterizzata da una sempre più forte dipendenza nei confronti dell’area milanese.
Le trasformazioni demografiche e sociali della L. nella seconda metà del 20° sec. sono state favorite dal poderoso sviluppo industriale che ha interessato la regione. A esso è subentrato un incremento degli addetti al terziario, con una vasta diffusione dell’impiego di lavoro interinale (si stima che in L. venga stipulato circa 1/3 dei contratti dell’intero paese). Il tasso di disoccupazione regionale nel 2007 era al 3,4%, decisamente sotto la media nazionale (6,1%).
Allo sviluppo industriale è corrisposta una grave crisi dell’agricoltura, alla quale ha fatto seguito una riorganizzazione dell’attività produttiva, esercitata in funzione del mercato nella sola bassa pianura irrigua, con la contrazione dell’occupazione nel settore, la riduzione del numero delle unità operative e della superficie agraria utilizzata e, nella destinazione d’uso dei terreni, la diminuzione delle coltivazioni permanenti e dei prati-pascoli e l’incremento dei seminativi. Una spiccata specializzazione è stata conseguita in alcuni lembi del territorio regionale (Oltrepò Pavese, versante valtellinese a solatìo, Franciacorta, sponda occidentale del Garda), dove hanno assunto una particolare consistenza la coltivazione della vite e la relativa produzione di vini, ai quali è stata riconosciuta la denominazione di origine controllata. Le colture florovivaistiche hanno diffusione nelle province di Como e di Varese. L’abbondanza delle risorse idriche della bassa pianura ha favorito l’ampliamento delle colture foraggere (prati artificiali, marcite) e quindi l’espansione della zootecnia (province di Cremona e di Mantova, ma anche di Brescia), l’attività più cospicua dell’intero settore primario lombardo (1/4 dei bovini italiani e quasi la metà dei suini). La lavorazione del latte e delle carni alimenta una fiorente industria agroalimentare.
L’area di massima concentrazione degli impianti industriali corrisponde alla fascia di alta pianura-collina: il triangolo Milano-Varese-Lecco e la direttrice pedemontana che si allunga verso Bergamo e Brescia. Le moderne localizzazioni si sono qui sovrapposte a un robusto tessuto produttivo di antico impianto, favorito dalla coesistenza di molteplici fattori: la presenza di un mercato attivo, l’abbondanza di manodopera, la propensione a esercitare attività imprenditoriali; a questi fattori si sono in seguito associate la crescente dotazione di servizi e di infrastrutture e le nuove opportunità di fruizione di risorse energetiche. L’industria lombarda, non potendo beneficiare delle scarse risorse del sottosuolo regionale, ha utilizzato il metano dei giacimenti della Pianura Padana (convogliato nella regione mediante una fitta rete di metanodotti) e i prodotti petroliferi. Ogni settore merceologico industriale è rappresentato in Lombardia. L’apparato produttivo regionale si è andato riorganizzando soprattutto mediante interventi rivolti alla realizzazione di un ampliamento delle capacità produttive delle imprese manifatturiere e terziarie, con particolare attenzione alla diffusione dell’innovazione, all’informatizzazione degli impianti e all’incremento delle attività di ricerca (le spese in quest’ultimo settore sono state nel corso del 2000 superiori alla media nazionale). Gli investimenti destinati all’industria hanno riguardato in molti casi la ricerca di nuove aree di mercato e la messa a punto di operazioni di fusione e acquisizione fra complessi di produzione, finalizzate alla creazione di gruppi imprenditoriali, spesso con la partecipazione di capitali internazionali; si è invece mantenuta su valori contenuti la frequenza di investimenti e operazioni di esternalizzazione del lavoro strettamente motivati dalla necessità di realizzare economie sul costo della manodopera, a differenza di quanto è avvenuto nelle aree più industrializzate del Nord-Est del paese. Le dinamiche di riassetto delle strutture socioeconomiche hanno concorso, complessivamente, alla definizione di processi di ricentralizzazione funzionale che, a loro volta, hanno interessato i settori portanti della produzione (con particolare riguardo al terziario superiore e innovativo) e le stesse dinamiche di organizzazione socioterritoriale delle principali aree urbane: questo è evidente soprattutto per quanto concerne l’area milanese, che va continuamente potenziando il proprio ruolo di polo economico e socioculturale di interesse internazionale. Fra i comparti dell’industria, quelli della meccanica (articolata in rami di forte specializzazione), della chimica, della gomma e delle materie plastiche hanno presentato dinamiche soddisfacenti, mentre le tradizionali produzioni del tessile e dell’abbigliamento, delle calzature e della lavorazione del legno, frequentemente strutturate sotto forma di distretti industriali, hanno presentato dalla fine degli anni 1990 un rallentamento, in gran parte legato a cicli di crisi della domanda. Il comparto industriale con la maggiore espansione è stato quello dei beni di investimento, mentre il fatturato estero è aumentato più della media nel settore dei beni intermedi, a confermare la forte presenza delle imprese lombarde nell’ambito di catene di produzione internazionali.
Nell’ambito delle infrastrutture di trasporto, l’entrata in funzione dell’aeroporto Malpensa 2000 ha contribuito all’incremento del traffico aereo regionale, aumentato di circa il 40% in termini di numero di voli, in misura assai superiore a quanto registrato negli altri aeroporti regionali; lo sviluppo di Malpensa è stato tuttavia arginato dal nuovo assetto societario di Alitalia. I principali obiettivi dei programmi regionali di riassetto infrastrutturale riguardano il miglioramento dell’accessibilità agli impianti aeroportuali, la decongestione delle reti viarie e ferroviarie dell’area milanese e degli altri capoluoghi provinciali e l’allestimento di poli logistici, interporti e nuovi scali merci ferroviari, soprattutto in vista di più rapidi collegamenti con le reti europee. Nel 2008 è entrata in funzione la tratta ferroviaria ad alta velocità Milano-Bologna.
L’attuale scarsità di conoscenze sul Paleolitico della L. è solo in parte attribuibile alla conformazione e posizione geografica della regione, prossima ai ghiacciai alpini, e quindi soggetta ai fenomeni glaciali e periglaciali pleistocenici. Alcuni manufatti riferiti al Paleolitico inferiore, comprendenti bifacciali e schegge di tecnica clactoniana, provengono dai terrazzi dell’Oglio in Val Camonica, mentre sono da tempo noti i rari oggetti, considerati musteriani o genericamente paleolitico-superiori, trovati al Buco del Piombo e nella vicina grotta del Tanum (Erba).
Numerosi siti sauveterriani (7950-5800 a.C.) e castelnoviani (7° millennio a.C.) documentano il Mesolitico in L.; il Neolitico antico è documentato da ritrovamenti nelle Prealpi varesine (Isolino di Varese, Pizzo di Bodio), che denotano affinità con gli ambienti della cultura della ceramica impressa, e nella pianura lombarda, che fanno capo agli aspetti culturali di Vho (presso Piadena) e di Fiorano. Il Neolitico medio è rappresentato dalla cultura del vaso a bocca quadrata (4° millennio a.C.), di cui sono state trovate tracce in alcuni dei più antichi stanziamenti lacustri della regione (Cazzago Brabbia, Isolino Virginia di Varese); a questa epoca risalgono anche le prime testimonianze di domesticazione in Lombardia. La cultura di Lagozza, del Neolitico superiore (inizio 3° millennio a.C.), è ampiamente diffusa nelle stazioni lacustri lombarde (Lagozza di Besnate, Bodio, Cazzago Brabbia, Isolino Virginia).
Durante l’Eneolitico, in L. e in generale nella pianura padana si svolge la cultura di Remedello (3400-2400 a.C.), le cui necropoli più importanti sono venute in luce a Fontanella di Casalromano (Mantova) e a Remedello (Brescia). La vita nelle stazioni palafitticole dei laghi lombardi, in alcune delle quali gli insediamenti più antichi risalgono al Neolitico, ha uno svolgimento ininterrotto durante l’età del Bronzo; accanto a esse si conoscono anche numerose stazioni di terraferma. Al Bronzo antico viene attribuita la facies culturale di Polada (2300-1700 ca. a.C.), a cui si riferiscono materiali di numerosi siti nelle province di Mantova, Cremona, Brescia, Como, Varese. Con la media età del Bronzo si fa evidente una divisione della L. in due aree culturali distinte: nella parte orientale, al di là del fiume Oglio, subentra la cosiddetta cultura delle Terramare, con frequenti insediamenti palafitticolo-terramaricoli, specie in pianura; nella L. occidentale si affermano culture, caratterizzate dal rito funerario della cremazione e dalla deposizione di armi nei corredi, come quella della Scamozzina-Monza e, più tardi, quella di Canegrate. In questo stesso settore occidentale, nel Canton Ticino e nel Novarese si sviluppa il Protogolasecca (12°-10° sec. a.C.), documentato principalmente dalla necropoli di Ascona (Locarno), cui si collega direttamente la cultura di Golasecca, che caratterizza la L. durante l’età del Ferro. Sempre durante il Bronzo, nella L. orientale si affermano le culture di Peschiera e di Casalmoro-Fontanella Mantovana (Mantova). Da ricordare le incisioni rupestri della Val Camonica (Naquane) che vanno dall’età del Bronzo e del Ferro fino a epoche assai più recenti, e il processo di penetrazione etrusca nel Mantovano.
La L. entra in piena luce di storia con l’invasione gallica del 388 a.C. Questa, preceduta da una più che secolare fase di scambi e rapporti con il mondo d’oltralpe, dette una fisionomia etnica abbastanza compatta alla regione: tra le stirpi più importanti erano gli Insubri (nella zona di Milano), i Cenomani (nel triangolo Brescia-Cremona-Mantova) e tra le popolazioni alpine i Camuni (Val Camonica) e i Leponzi (che giungevano dal Ticino sino alla Val d’Ossola). La cultura delle popolazioni celtiche, cosiddetta La Tène, divenne fenomeno dominante nella Valle Padana. I Romani conquistarono la regione, nella sua parte pianeggiante, nel 222 con una vittoria sugli Insubri e la conservarono malgrado tentativi reiterati di rivolta; con le popolazioni alpine le lotte si prolungarono invece sino al tempo di Augusto. Con la divisione augustea, la regione appartenne per la parte orientale alla Venetia, per l’occidentale alla Transpadana.
Anche nell’Alto Medioevo le vicende della L. si accomunano a quelle dell’Alta Italia in genere. I Longobardi stabilirono a Pavia la capitale e nel 7° sec. il nome Longobardia (o Langobardia) si avviò a designare la regione fino all’Adda che prima era stata detta Liguria, poi Neustria. Sdoppiatosi il ducato di Neustria in due marche (888), si ebbe una marca di L. fra il Ticino, le Alpi, il Sarca-Mincio e le sorgenti del Panaro e della Trebbia, ridotta nel 950 fra le Alpi, il Ticino, il Po, l’Oglio. Solo con il 13° e 14° sec. diventarono parte della L. i territori alpini a N dei grandi laghi, cioè le valli ticinesi e la Valtellina. Ma, se il valore specifico del nome emerge già nel 10° sec., ancora a lungo i termini L., lombardo designarono, in senso lato, tutta l’Italia e gli Italiani centro-settentrionali. La L. fu tra le regioni in cui prima si svilupparono i Comuni (11°-12° sec.), con Milano, Como, Lodi, Cremona, Pavia fu all’avanguardia nello sviluppo politico e sociale della penisola (eccettuate le città marinare). In L. prima che altrove si ebbe il trapasso dal comune alla signoria (la prima menzione si ha con Buoso da Dovara, a Soncino, nel 13° sec.): tra le prime signorie ci furono quelle di Uberto Pallavicino, dei Torriani e poi dei Visconti.
La costituzione dello Stato visconteo fu decisiva per la storia della regione. Milano, grande centro di traffici già nell’Alto Medioevo, aveva iniziato dal 12° sec. una politica di espansione per sottomettere città e terre limitrofe. Tale politica fu ripresa, con maggior forza e continuità, dai Visconti e condusse (14° sec.) alla costituzione di un potente Stato che, seppur allargato oltre l’odierna L., aveva tuttavia essa come base, unificata sotto un solo signore, a eccezione di Mantova e del Mantovano. La crisi dello Stato visconteo (15° sec.) infranse però questa unità: il vecchio ducato, ora sotto le insegne sforzesche e poi sotto l’influenza spagnola, risorse dalla Sesia all’Adda, con in più il Novarese, la Val Sesia, l’Alessandrino, il Tortonese, Bobbio, Piacenza e Parma, ma perse Bergamo e Brescia che passarono a Venezia (dal 1500 anche Cremona e la Ghiara d’Adda). Questa situazione rimase stabile tra 16° e 18° secolo. Il Ducato di Milano (tale la denominazione dello Stato lombardo) perse ancora (16° sec.) Bellinzona e i baliaggi del Ticino, passati agli Svizzeri (1500-16), la Valtellina, passata ai Grigioni (1512), Parma e Piacenza, passate alla Chiesa e poi ai Farnese; e così diminuito restò in mano degli Spagnoli (1535-1700). Nel 18° sec., sotto gli Austriaci, perse le terre di là dal Ticino (Novarese, Val Sesia, Val d’Ossola, Lomellina, Alessandrino, Tortona e Voghera) passate ai Savoia (1713, 1735-48), mentre si unì al Mantovano (1708) che passò amministrativamente alle dipendenze di Milano (1737). Con la Repubblica Cisalpina (1797) la Valtellina tornò alla L.; la Restaurazione del 1815 vide l’unione con Venezia nel Regno Lombardo-Veneto, ove il confine tra Governo milanese e Governo veneto era dato dalla ‘linea del Mincio’: la L. fu così costituita amministrativamente circa nei limiti attuali. Dopo la guerra del 1859 fu annessa al Piemonte.
Il gruppo dei dialetti lombardi s’inserisce, senza peculiarità notevoli, nel sistema dei dialetti italiani settentrionali, con parte dei quali partecipa alla caduta delle vocali atone finali (salvo -a), alla semplificazione delle consonanti geminate, alla sonorizzazione delle consonanti sorde latine intervocaliche, all’assibilazione delle palatali romanze e alla palatalizzazione dei gruppi cla e gla. I dialetti lombardi si dividono in due sezioni, una occidentale e una orientale, separate geograficamente dall’Adda. Nella sezione occidentale, caratteristico è il rotacismo di l intervocalica (ara «ala»), in quella orientale la scomparsa di n finale o preconsonantica (pa «pane», dèt «dente»). Tra le peculiarità di singoli dialetti, caratteristico è nel milanese, già nella fase antica, lo spostamento di a a o davanti a l preconsonantica (ólter «altro», e in Bonvesin de la Riva olta «alta»).
La regione fu interessata dall’influenza etrusca nel 5° sec. a.C., quando sorsero nuovi empori, come quello di Forcello di Bagnolo San Vito (Mantova). Riguardo all’epoca romana, gli impianti urbani sono spesso riconoscibili in base a resti sporadici dei tracciati viari e delle mura urbiche. L’esistenza di monumenti è invece nota per lo più solo da fonti letterarie o epigrafiche. A Milano è stato scoperto un tratto delle mura tardorepubblicane, mentre il foro è ipotizzato nell’area di piazza San Sepolcro; successivi ampliamenti comprendono la costruzione del circo, delle terme e dei palazzi imperiali (piazza Mentana). A Bergamo, il tracciato delle mura non è certo, mentre è stato individuato il percorso degli assi principali e ipotizzate l’area del foro (piazza Duomo) e quella del teatro (colle San Giovanni); un vasto edificio disposto su due terrazzamenti e domus sono stati scoperti a S della città. Como era strutturata secondo l’impianto castrense, con il foro all’incrocio degli assi principali; sono stati scoperti resti delle mura repubblicane e di una delle torri. L’impianto romano di Pavia è particolarmente leggibile, sottolineato da una rete fognaria ben conservata, ma poco si conosce della città. A Brescia sono stati riportati alla luce resti di una domus di età tardorepubblicana (piazza del Duomo) e un edificio tardoantico. Le indagini archeologiche sono ancora troppo parziali per avere un chiaro rapporto tra i centri urbani e le zone circostanti. Si segnalano: il santuario di Minerva a Breno, di età flavia; il complesso teatro-anfiteatro a Cividate Camuno; un’area sepolcrale a Borno; indagini sulla villa delle Grotte di Catullo a Sirmione e su numerosi siti lungo la via Postumia (Sacca di Goito; Clastidium).