Famiglia milanese le cui origini storiche si possono forse far risalire alla fine del sec. 10º, al momento del costituirsi in Milano del gruppo dei valvassori maggiori o "capitanei". Da una sentenza del 1157 risulta che la famiglia dei V. possedeva un terzo della decima della pieve di Marliano (ora Mariano); col capitanato di Marliano la famiglia entrava nella "militia sancti Ambrosii", ossia fra i feudatarî dell'arcivescovo di Milano. Poco dopo, ma in epoca imprecisata, la famiglia dovette ottenere l'ufficio di visconte e renderlo ereditario; a questo erano connessi il beneficio dei diritti fiscali sui pesi e le misure e la "curadia", tassa di mercato. Di questi diritti i V. erano ancora in possesso nel 1215 e nel 1256. Il visconte aveva un posto d'onore accanto all'arcivescovo e un vessillo: appunto all'ufficio di visconte si ricollega l'insegna della biscia, che probabilmente riprodusse il serpe della basilica di S. Ambrogio, e non è improbabile che il vessillo accompagnasse i crociati lombardi in Palestina, nella spedizione del 1100, e che in questa occasione si aggiungesse, in bocca alla biscia, la figura del saraceno. n Nel 1123 un Guido di Ottone e un Pietro di Eriprando V. concedevano al vescovo di Cremona le corti di Fornovo, Bariano e Mozzanica; lo stesso Guido riceveva nel 1134 dall'abate di S. Gallo l'investitura della corte di Massino (Novara); un altro ramo della famiglia appare agli inizî del sec. 13º in possesso delle corti di Oleggio e di Invorio (Novara). La famiglia viscontea si era dunque presto divisa in varî rami con feudi lontani da Milano. Però il ramo dal quale venne la dinastia signorile dovette rimanere in città con feudi a essa vicini, a Pogliano, Saronno, Cornaredo. Il suo primo ascendente noto è Uberto V. (m. prima del 1248). Suo figlio Obizzo era console di giustizia nel 1236; il nipote Tebaldo, figlio di Obizzo o del fratello di questo, Andreotto, nel 1255 era rettore delle valli di Leventina e di Blenio. Fino a questo periodo i V. appaiono pertanto come una famiglia di capitani, ma ridotta a un grado secondario per la dispersione in rami numerosi e lontani. L'ascesa della famiglia ebbe luogo nella seconda metà del sec. 13º attraverso la dignità arcivescovile ottenuta da Ottone (v.), che deve ritenersi fratello di Obizzo e Andreotto in quanto prozio di Matteo I figlio di Tebaldo; l'arcivescovato fu conseguito nel 1262, contro l'aspirazione dei della Torre ad assicurarselo quale complemento della loro autorità di capi della parte popolare nella lotta contro i capitani e i valvassori. In esilio con i capitani e i valvassori per quindici anni prima di poter occupare la sua sede, Ottone, entrato in Milano dopo il fortunato colpo di Desio (1277), cercò di fissare nella sua famiglia la signoria, fondandola sull'unione del partito dei nobili con l'autorità arcivescovile e facendo eleggere nel 1287 capitano del popolo il proprio pronipote Matteo I (v.). Ma nonostante la legittimazione del vicariato imperiale concesso dall'imperatore Adolfo a Matteo nel 1294, l'ostilità delle città lombarde che favorivano i Torriani costrinsero i V. all'esilio dal 1302 al 1310; poi la discesa in Italia dell'imperatore Enrico VII non solo consentì ai V. di rientrare in Milano, ma, nel quadro dell'impulso dato dalla presenza imperiale alla causa ghibellina, favorì l'espansione della signoria viscontea, che nel 1315 si estendeva su Piacenza, Bergamo, Lodi, Como, Cremona, Alessandria, Tortona, Pavia, Vercelli e Novara. Alla morte di Enrico VII si scatenò contro Matteo la reazione guelfa e papale, che lo indusse dopo anni di lotta a cedere il potere al figlio Galeazzo (1322). Matteo ebbe un solo fratello, Uberto, podestà di Vercelli e Como tra il 1290 e il 1295, da cui vennero altri rami cadetti. Dei numerosi figli di Matteo, Galeazzo I (v.) gli succedette nel potere (1322) e nella dura lotta con i guelfi e il papa, finché venne spodestato da Ludovico il Bavaro (1327); Marco (v.) fu valoroso condottiero; Luchino (v.) e Giovanni (v.) tennero la signoria dal 1339 al 1354 dopo la morte di Azzone (v.), figlio di Galeazzo I, che l'aveva recuperata nel 1329. Luchino accrebbe la potenza della famiglia con la costituzione di un fortissimo patrimonio privato nelle varie parti del dominio, con acquisti e confische. D'altra parte l'opera di Luchino intesa ad ampliare il dominio visconteo fu la necessaria, lenta preparazione, con nuovi acquisti di città, che permise poi l'ambiziosa politica del fratello Giovanni, il quale con l'acquisto di Bologna e di Genova diede alla signoria viscontea un'importanza italiana. Così alla metà del sec. 14º i V., avendo saputo immedesimarsi con l'antica aspirazione di Milano a esercitare una supremazia su larghe parti d'Italia, come suggerivano la favorevole posizione geografica e la vitalità economica della città, si trovarono al centro della vita politica italiana, caratterizzata per circa un secolo (salvo i vent'anni dopo la morte di Gian Galeazzo) appunto dal succedersi di leghe antiviscontee per frenare l'espansione dei signori di Milano, che in qualche momento parve preludesse a una specie di unità della penisola. La continuazione della dinastia signorile venne dal più oscuro dei figli di Matteo I, Stefano (m. 1327): Matteo II (v.), Galeazzo II (v.), Bernabò (v.). A questi due ultimi spetta, oltre all'ulteriore espansione del dominio, il merito di avere iniziato la costruzione, sopra le resistenze delle autonomie comunali e feudali, di uno stato con organizzazione centrale burocratica. La dinastia signorile continuò poi con Gian Galeazzo (v.), successo al padre Galeazzo II nel 1378, divenuto unico signore dello stato nel 1385 e creato duca di Milano nel 1395 dall'imperatore Venceslao. Gian Galeazzo seppe dominare tutti gli intrighi politici dell'Italia settentrionale, estendere il dominio (con le conquiste di Verona, Vicenza, Padova) e impostare un'ambiziosa politica intesa a costituire in Italia una grande monarchia; tuttavia lasciò ai successori uno stato ancora scarsamente unificato e tutt'altro che solido, non essendo riuscito a perseguire gli obiettivi cui già avevano mirato, con parziale successo, Bernabò e Galeazzo II: l'unificazione legislativa e la costituzione d'un governo centrale forte e capace di inquadrare le forze provinciali. Dei figli di Gian Galeazzo, Valentina (v.) fu sposata a Luigi d'Orléans, Giovanni Maria (v.) gli successe dal 1402 al 1412, Filippo Maria (v.), duca dal 1412 al 1447, ricostituì lo stato e tentò in continue lotte con Firenze e Venezia di ristabilire la supremazia viscontea nell'Italia settentrionale e centrale. Filippo Maria non ebbe figli legittimi. La sua figlia naturale Bianca Maria (v.), sposata (1441) a Francesco Sforza, diede pertanto una qualche base alle ambizioni del condottiero, che riuscì a farsi riconoscere duca di Milano dai Milanesi nel 1450, e nel 1454 dai varî stati italiani nella pace di Lodi. Contro i diritti della duchessa Bianca Maria, essendo ridotti a condizione insignificante i discendenti di Bernabò (Matteo II non aveva lasciato discendenti maschi), poteva vantare vere pretese, per allora inefficaci, solo il figlio di Valentina V., Carlo d'Orléans; solamente quando il figlio di Carlo diverrà re di Francia (Luigi XII) queste pretese verranno fatte valere e orienteranno verso Milano la tendenza espansionistica della Francia. n Estintasi con Filippo Maria e Bianca Maria la linea regnante della famiglia, altri rami continuarono più modestamente il nome dei V.: da Gaspare, fratello dell'arcivescovo Ottone, discese una linea che si estinse nel 1722 ed ebbe dagli Sforza i feudi di Besnate e Crenna. A essa appartenne Lodrisio (m. 1364), che insidiò più volte la signoria dei cugini, finché nel 1339 fu vinto e catturato a Parabiago. Da Uberto fratello di Matteo I discese una linea che servì i V. e gli Sforza e poi gli Spagnoli nelle armi e nelle magistrature: a essa appartenne Margherita, moglie di Francesco Pusterla, fatta giustiziare da Luchino. Alcuni rami di tale linea finirono a Milano nel sec. 18º, un altro, stabilitosi a Bari al seguito di Isabella d'Aragona, vedova di Gian Galeazzo Sforza, vi si estinse nel 1694. Appartiene a questa linea la famiglia dei Visconti di Modrone (v.).