La varietà degli oggetti usati per vestirsi e adornarsi. Rientrano in questa denominazione non solo gli indumenti propriamente detti, ma anche gli accessori e i gioielli.
L’a., bene primario legato ad ataviche necessità dell’uomo di distinguersi dalla nudità, indica visivamente anche l’appartenenza a un gruppo. Abbigliarsi secondo la moda somma valenze estetiche e pratiche, sociali e morali (queste legate al senso del pudore, alle critiche contro le spese eccessive fatte per indossare anche scomode bizzarrie) che amplificano tali primordiali istanze. A prescindere da ciò, solo considerando l’a. nell’oggettiva trasformazione formale (nuovi materiali e tinte, nuovi volumi e linee che ridisegnino il corpo), se ne può riassumere a grandi linee e per vaste aree geografiche la storia che evolve dall’uso iniziale di foglie, pelli e piume con scarsi interventi e modifiche manuali, alla filatura di fibre per farne tessuti con cui variare vesti e accessori, per meglio adattarli al corpo e ancora proporre nuovi valori estetici. Per esemplificare, si pensi al drappeggio che, da libero avvolgere al corpo lembi di stoffa così come uscivano dal telaio, diverrà nella haute couture negazione di tale plasticità in movimento, per farsi quasi scultura.
Nelle antiche civiltà si riscontra una lenta evoluzione, che dà un’impressione di scarsa creatività, pure se gli Assiri mostrarono le prime distinzioni tra abiti da cerimonia, da guerra e per la caccia; i Persiani, ancora, modellarono pelli e tessuti in brache e giacche cucite aderenti, vi applicarono ricami e gioielli; la raffinata cultura minoica vestì donne dal seno scoperto di gonne svasate al fondo. Greci e Romani usarono vesti drappeggiate; i Romani dell’età imperiale, e come loro ancora i Bizantini, si conformarono al fasto orientale.
L’Alto Medioevo in Europa segna il passaggio dal costume classico a quello barbarico, con tessuti semplici e vesti di foggia più funzionale; ma si precisano meglio le distinzioni per ceto e per sesso e si fa più rapido il variare delle mode. L’età carolingia introdusse una maggior ricchezza ornamentale; nel periodo romanico, pur nella generale sobrietà, sono già documentati l’uso della biancheria e la presenza dei laboratori di tessitura, ricamo e confezione. Maggiori valenze estetiche comparvero nel periodo gotico, dove la figura si allunga e assottiglia – in parallelo con l’architettura – per mezzo di strascichi, scarpe dalle punte smisurate e hennin (alto copricapo femminile, conico e arricchito di veli). Le vesti, più vistose e spesso a vita alta, hanno maniche che si allargano al polso e pendono fino a terra; la tunica con maniche fuoriesce da abiti che ne sono privi e si portano sollevati per lasciar scorgere quella. Tutti elementi che danno toni fiabeschi alla donna, mentre i giovani portano ghirlande sul capo. Esaltano la figura femminile – nonostante le reprimenda – le ampie scollature e le finestre d’inferno: audaci aperture sul fianco delle sopravvesti che rivelano il corpo velato dalla tunica sottostante (fino al 16° sec.); a evidenziare quella maschile, invece, cortissime sopravvesti sagomate al busto. Anche l’uomo indossa abiti con partiture di stoffe dai colori e disegni diversi, arricchiti da bordi frastagliati o di pelliccia, ma muniti di spacchi per agevolare le cavalcate.
Il Quattrocento ingentilisce i volumi e li rende più solidi; la moda italiana domina nel primo Rinascimento, con maggiore equilibrio e simmetria, proponendo volumi più larghi, ancora in concerto con l’architettura. Le donne vestono abiti con la vita di nuovo al suo punto naturale, costituiti dalla sottana ampia al fondo e con strascico, e da corpetti con scollo orizzontale. Le grandi maniche, spesso staccabili, lasciano intravedere quelle della camicia: bianca, con ricami allo scollo e sempre più portata a vista. Evidenziano spesso questi volumi geometrici stoffe preziose nei grandi disegni a fiorami e di colori intensi. L’uomo adotta farsetti più corti e larghi, attillate calzebrache e, con connotazioni non solo funzionali (vi si riponeva anche il denaro), enfatizza gli attributi sessuali con una particolare brachetta (fino al 1580). Il moltiplicarsi di fogge e termini tecnici per definirle non è fenomeno del momento; non solo i commerci con il nuovo mondo misero in contatto culture diverse: la comparsa in Europa di kaftan, turbanti e babbucce a punta rialzata, infatti, era ancora il retaggio delle passate invasioni arabe.
Tra il 1510 e la metà del secolo, domina la moda svizzero-tedesca, che usa colori forti, trinciature decorative pure negli accessori e sviluppa la figura maschile con volumi orizzontali; la donna, invece, si attarda su rigidi goticismi, con maniche sagomate a più piani, cappelli piatti e piumati. Con l’avvento di Carlo V, la moda spagnola dominerà fino alla fine del secolo: alterato ancora il corpo in geometrici volumi, atteggia il vestire a maggiore sobrietà di fogge e colori. Ne sono tratti salienti attillature e imbottiture del rigido farsetto a punta per l’uomo; il vertugale (una sorta di gabbia a campana per allargare le sottane) e il corpetto che appiattisce le forme naturali per la donna. Impreziosiscono tanta austerità le gorgiere al collo, anche di costosissimo pizzo e smisurate, e gioielli cuciti a effetto ‘cassaforte’: portarli indosso era pure un mezzo per avere sempre con sé merce di scambio. La Francia, con il vertugale a tamburo, adotta le più morbide gonne arricciate; mentre l’Inghilterra di Elisabetta I, esagerando le maniche a prosciutto e le gorgiere, fa proprie le eccentricità delle mode straniere.
Nel 17° sec., l’Olanda del benessere mercantile propone opulente forme a botte e linee sciolte; dove tutto – le gorgiere a mola di mulino (anche flosce, prima dell’uso dei colletti piatti), la vita alta e i calzoni larghi, tanto da parere una gonnella (i rhingrave), gli stivali flosci che alterano l’andatura con il loro impaccio alle gambe – offre un’immagine di affettata negligenza. La donna usa cuffie e ampi colli a ventaglio; porta sopravvesti dalle maniche enormi sollevate sui fianchi. La Parigi di Luigi XIV si connota per la perizia sartoriale, lo sfarzo di trine e accessori e per l’intento programmatico di monopolizzare le manifatture legate alla moda: allorché il concetto di a. come insieme di usi vestimentari soggetti al cambiamento del gusto del momento è più radicato, la Francia diffonde le sue mode intensificando l’uso delle poupées de mode (veri e propri manichini). Con tessuti e colori opulenti il Barocco enfatizza volumi e dettagli. Dalla metà del 17° sec., la donna usa corpetti rigidi con la vita a punta e allacciati su pettorine ricamate, maniche corte e vaporose; mentre lo strascico e il fontange (alta cuffia di pizzi pieghettati) richiamano le linee gotiche. Dalla metà del secolo, l’uomo adotta ricchi jabot di pizzo al posto della gorgiera e accessori fra cui la parrucca.
Nel periodo della Reggenza (1715-30 ca.) e nel periodo Rococò (fino al 1780 ca.), che tra maestosità e capricciose chinoiseries disegna forme ingentilite, dominano i colori chiari, gli ariosi volant di pizzo. Se piacciono anche i pregiati cotoni indiani, per certi abiti femminili servono metri di seta: andrienne e robe à la Watteau sono vesti con pieghe ampie sul dorso che si appoggiano al panier: gabbia che allarga la gonna sui fianchi, fino a dimensioni esagerate, in uso dal 1715 al 1780, ma da metà secolo solo per abiti da cerimonia. Il busto invece, fatto con stecche di balena e scomodissimo, rende esile la parte alta del corpo. Intorno al 1770, le gonne sono più corte; compare il caraco: modello di giacchino che deriva dall’idea di recuperare le andrienne tagliandole al fondo, con le falde modellate a palloncino o con sellini (faux cul). Maria Antonietta lancia la moda di più semplici abiti camicia, ma li porta con sciarpe, fisciù e pettinature esagerate. A lungo l’uomo adotta giustacuori senza revers e con falde sporgenti, aperti sul panciotto, con tasche e ampi paramani en pagode; calzoni aderenti al ginocchio e tricorno. Tuttavia non è meno frivolo: le sue vesti sono ricamate e per jabot, guarnizioni di pizzo, un paio di guanti o una tabacchiera spende cifre enormi. Anche lui usa parrucche bianche, molta cipria e nei sul volto. Ancor prima della metà del secolo però, l’uomo elegante adottò la più pratica moda inglese, vestendo capi che si avvicinano alle giacche e ai pantaloni odierni; adottò la redingote (riding-coat, ossia soprabito adatto per cavalcare) con risvolti e bottoni, dal 1785 anche per donna.
Al tragico chiudersi del secolo con la Rivoluzione francese, la moda in pochi anni rispose con la trasandatezza dei sanculottes e il progetto, commissionato a J.-L. David, di disegnare la divisa repubblicana del nuovo cittadino; con il ritorno all’eleganza ancien régime di Robespierre e dei ‘codini’; o con le esagerazioni degli incroyables, che amavano colori stridenti e redingote foderate di pelo e delle merveilleuses, con tuniche a vita alta, trasparenti e leggerissime, da indossarsi senza busto e con scialli. Con più semplicità, con maniche a palloncino e guanti lunghi, con sandali ai piedi e coroncine d’edera sul capo per imitare gli antichi, le porterà anche la donna del periodo Impero (fino al 1820 ca.), che le adotta pure come abito di corte guarnendole della veste-mantello: un piccolo bolero a strascico sul dietro. L’uomo porta ora il calzone lungo e lo spencer (una giacca senza falde).
Se dalla metà del Settecento si diffusero le riviste di moda, fu nell’Ottocento che iniziò lo studio della storia del costume. Periodo di trasformazioni sociali, il secolo vide l’affermarsi dell’industria – i telai meccanici di Jacquard e la macchina per cucire – e dunque i primi abiti confezionati su taglia dei grandi magazzini, che uniformarono l’a. della classe media; ma vide anche Ch.F. Worth avviare la couture (dopo la metà del secolo). L’uomo usa giacche modellate con spalle ampie e fianchi tondi; oppure segue le discrete eleganze di Lord Brummell, puntando verso il moderno vestire funzionale. In un veloce mutare di fogge e decori esagerati, dallo stile Borghese (1815-35 ca.) al Neorococò (1845-70 ca.), la donna sottomette la praticità alla vanità e torna alle ampollose fogge del passato. Ornamento del raggiunto benessere del marito, con romantici cappellini annodati al mento che le nascondono il viso, adotta le fragili linee a clessidra e a copriteiera: dove il corpo è prigioniero di minuscoli corpetti, con spalle spioventi per la montatura molto bassa delle maniche e di gonne con crinolina (che si allarga al fondo fino a 3 m nel 1860, oppure è di forma ovale o spostata sul dietro).
Il passaggio al Novecento non apporta cambiamenti radicali alle fogge dell’a., mentre dopo la Prima guerra mondiale il modo di vestirsi di ambo i sessi in quasi tutti i paesi evolve in un fenomeno culturale diverso, fortemente legato alle trasformazioni sociali e alle grandi correnti intellettuali ed estetiche dell’epoca. Per la storia dell’a. nel 20° secolo ➔ moda.
Sino alla fine del sec. 18°, la realizzazione dei capi di a. era affidata ai sarti o a equivalenti figure artigiane, che lavoravano esclusivamente su misura. La diffusione della confezione, dovuta all’invenzione della macchina da cucire, si è perfezionata parallelamente al miglioramento e alla diversificazione della stessa, e ha infine preso slancio dalle mutate condizioni di vita e dall’affermarsi, a partire dagli USA, dei grandi magazzini e della vendita su catalogo. Oggi la confezione in serie di qualsiasi tipo di capo destinato all’a., a prescindere dal materiale impiegato (tessuto, maglia, non tessuto, cuoio, pelle ecc.), rappresenta la stragrande maggioranza del mercato e la confezione artigianale è ormai relegata a settori particolari. La confezione in serie è effettuata in appositi impianti industriali e secondo determinati cicli di lavoro. Le fasi di lavorazione si possono ricondurre essenzialmente alle seguenti:
a) Progettazione e costruzione dei modelli base. - Si ottiene partendo da alcune misure antropometriche rilevate statisticamente sul corpo umano, opportunamente maggiorate secondo indici di vestibilità per consentire la necessaria libertà di movimento. La taglia è la codificazione delle misure delle conformazioni più diffuse; ciò da un lato consente all’industria di lanciare la produzione con minore rischio di invenduto (per es., lo stesso abito sarà prodotto con tirature diverse a seconda delle taglie) dall’altro permette al cliente del negozio il riconoscimento del capo che più si addice alle sue proporzioni.
b) Taglio. - Fase in cui si procede alla stesura del grafico di piazzamento su carta, disegnando sulla stessa tutte le parti del modello da riprodurre nelle varie taglie e cercando di evitare al massimo sprechi di tessuto; quindi si crea (mediante apposite macchine faldatrici-distenditrici) il cosiddetto materasso, formato da più strati di tessuto sovrapposti; infine si procede al taglio vero e proprio, seguendo le linee premarcate in funzione del grafico di piazzamento. I grafici di piazzamento sono realizzati in generale con l’ausilio dell’elaboratore. I metodi solitamente adottati per il taglio vanno dall’uso delle forbici a mano a quello della taglierina verticale, della taglierina rotativa, della sega a nastro; ma sono anche possibili il taglio a stampo, il taglio a laser, il taglio con lampada a plasma, e il taglio a getto d’acqua (negli ultimi tre casi l’energia di taglio è fornita rispettivamente da un fascio di luce, da una scarica di gas, da un getto d’acqua sotto pressione). Tutti i metodi di taglio di cui sopra, fatta eccezione per quello manuale, possono essere controllati dall’elaboratore.
c) Cucitura. - Si possono avere diverse classi e diversi punti di cucitura. Le classi di cucitura sono sei, identificate da due lettere maiuscole, e i punti a loro volta sono suddivisi in sei categorie, identificate coi numeri delle centinaia da 100 a 600. Le macchine per cucire sono in genere aggregati meccanici di notevole complessità specie nel caso in cui siano predisposte per classi di cucitura e punti speciali; elementi base sono comunque l’ago, il crochet e il dispositivo di trasporto (➔ cucitura).
d) Uso di componenti accessori e rifiniture. - Si intendono per componenti accessori tutti gli elementi diversi dal tessuto o dal materiale con cui è realizzato il capo, quali per es. etichette, fodere, rinforzi, imbottiture, pizzi ed elastici, bordure e nastri, spalline imbottite, occhielli e lacci, cerniere, bottoni, bottoni a pressione, rivetti ecc., alla cui applicazione si procede di norma successivamente alla cucitura.
e) Operazioni sul capo finito. - Questa conclusiva fase di lavorazione comprende la stiratura finale e il collaudo di qualità, a confezionatura ultimata.