seta Sostanza elaborata da alcune specie di Insetti (particolarmente dal baco da s., la larva del Lepidottero Bombyx mori) come secrezione di particolari ghiandole dette seritteri, dalle quali esce per due orifizi detti filiere, in forma di due bavelle, che, a contatto con l’aria, si rapprendono e si saldano fra loro in un filo unico detto bava: con la bava il baco confeziona il bozzolo (in ca. 70 ore), entro il quale si rinchiude per compiere le fasi della metamorfosi.
La fibra tessile a filamento continuo che si ottiene dal bozzolo del baco da s. mediante una serie di operazioni, detta perciò s. naturale (in contrapposizione alla s. naturale si ha la s. artificiale ➔ raion), viene successivamente lavorata in filato e poi in tessuto.
Sono note altre s. ottenute da Lepidotteri Bombicoidei Saturnidi selvatici, come quelli del genere Attacus (s. selvagge). Le più importanti sono le s. tussah, fornite da diverse specie asiatiche del genere Antheraea (tussah indiano, cinese ecc.). S. più rigide di quella normale, richiedono una sgommatura più spinta, sono meno sensibili ai reagenti chimici e quindi più difficili da tingere e da candeggiare; di norma vengono impegnate per la fabbricazione di tessuti di qualità meno fine. La s. tussah yamamai si ricava dal bozzolo di Antheraea yamamai (bozzolo di montagna), lepidottero che vive su querce e castagni in Cina e Giappone. Questa s. ha fibre più grosse di quelle della s. comune; si usa in Giappone per fare stoffe; è poco importata in Europa.
Più genericamente, sono chiamate s. tutte le fibre tessili animali a filamento continuo. Alla categoria delle s. in senso lato si devono ascrivere anche le fibre provenienti da nidi di vari insetti, particolarmente Imenotteri e Pseudoscorpioni, e quelle prodotte dai ragni (per es., Nephila madagascariensis), da larve e adulti di Ditteri o da alcuni Molluschi come Pinna nobilis e Pinna rudis (s. marina, meglio nota come bisso).
Genericamente, la locuzione s. vegetale (o lana vegetale) indica alcune fibre tessili tratte da vegetali le quali hanno qualche somiglianza, specialmente di lucentezza e morbidezza, con la s. del baco: per es., le fibre ottenute dal pappo di alcune Asclepiadacee e Apocinacee.
Chimicamente, la s. del bombice del gelso è costituita da due proteine, la fibroina e la sericina (➔), oltre che da grassi, pigmenti e minerali in minime quantità. La natura della s. può essere prevalentemente proteica o prevalentemente chitinosa se alle proteine sono associate alte percentuali di amminozuccheri. La fibroina presenta una struttura secondaria a foglio pieghettato (o struttura β) con catene antiparallele sovrapposte e periodo di identità di circa 6,9 Å; per quanto riguarda la composizione di amminoacidi, è caratterizzata da alte percentuali di glicina, alanina e serina; insolubile in acqua ma solubile in soluzioni concentrate di alcali, di cloruro di zinco ecc., è presente con una percentuale che si aggira sul 72-76%, mentre la sericina varia tra il 21-25%.
Per utilizzare la bava a fini tessili la sericina deve essere almeno in parte allontanata e praticamente ciò si realizza sfruttando, in quella fase della lavorazione che è detta trattura, la sua solubilità in acqua calda. L’allontanamento della sericina migliora la mano, la lucentezza e la flessibilità della fibra; se la sericina è stata rimossa del tutto si ha la s. sgommata, o cruda, se invece è stata rimossa solo parzialmente si ha la s. raddolcita (o souple), che, rispetto a quella sgommata, ha miglior potere coprente; questo e la voluminosità della fibra vengono migliorati fissando chimicamente sulla fibra sostanze adatte (s. caricata).
La finezza della fibra può essere espressa in denari (questo titolo varia per la fibra grezza da 2 a 3 unità den, mentre per quella sagomata è ca. 1,2 den) o, in osservanza alla normativa comunitaria, in tex (1 den equivale a 9 tex).
La s. si presenta con una tinta da giallo a marrone-oro, lucentezza particolare, mano sostenuta. La lunghezza della bava costituente un bozzolo raggiunge facilmente 700-800 m, mentre il diametro della bava sgommata è compreso tra 13 e 16 μm. Dato il suo carattere anfotero, la s. ha verso i coloranti un’affinità superiore a quella di qualsiasi altra fibra.
La s. viene utilizzata pura per biancheria di lusso, abiti femminili, cravatte, tappezzeria; in mischia con la lana per drapperie e lanerie estive; in mischia con fibre artificiali per camiceria e abbigliamento femminile; la s. raddolcita è usata soprattutto per cravatte e foderami.
Il ciclo di lavoro della trattura (filatura) della s. può così articolarsi: raccolta dei bozzoli e prima cernita: essiccazione dei bozzoli, spelaiatura (eliminazione dello strato superficiale dei bozzoli); seconda cernita: crivellatura (classificazione dei bozzoli secondo grossezza), macerazione (allo scopo di rammollire la sericina degli strati esterni), trattura vera e propria, incannatura (trasformazione della confezione di s. greggia da matasse a rocchetti), stracannatura (da rocchetto a rocchetto, con contemporanea pulitura del filato). Le s. gregge passano così al filatoio, dal quale si ottengono i filati per catena e per trama; nel primo caso (organzino, filato ritorto costituito da due o più filati di seta greggia ritorti insieme) si ha: la prima torcitura (per aumentare la coesione fra le diverse bave costituenti il filo), seguita dalla binatura (accoppiatura di diversi rocchetti), dalla seconda torcitura (allo scopo di ritorcere fra loro i diversi fili), dalla stagionatura (allo scopo di fissare la torsione) e dalla aspatura (per passare dalle rocche alle matasse); nel secondo caso la successione è identica, ma manca la prima torcitura.
Il passaggio nella bacinella contraddistingue l’operazione di trattura vera e propria; questa a sua volta si articola in: immersione dei bozzoli nell’acqua calda della bacinella, ricerca del capofilo di ogni singolo bozzolo, accoppiatura di un numero variabile di capi, formazione del filo per attorcigliamento del gruppo di bave montanti e raccolta del filo di s. su apposito aspo; ovviamente, al fine di mantenere la costanza di titolo del filo avvolto sull’aspo, è necessario attaccare un altro capo-bava (giunta della bava) quando un bozzolo si esaurisce o una bava si rompe.
La filatura dei cascami di s. non differisce sostanzialmente da quella della lana pettinata (caso dei filati ottenuti da cascami a fibra più lunga) o cardata (caso dei filati da cascami a fibra più corta). La tessitura di articoli realizzati con fili (s. greggia) o filati (cascami) serici non differisce da una normale tessitura ortogonale (intreccio di fili d’ordito con fili di trama), a parte alcune modifiche da apportare alle macchine da tessere e da porre in relazione alla materia prima processata.
La rifinizione dei tessuti serici, puri o in mischia con le fibre chimiche, comprende un limitato numero di trattamenti, fra cui la smacchiatura, la lucidatura, la calandratura, il decatissaggio, la tamponatura, la carica (fissazione chimica sulla fibra di sostanze adatte ad aumentare la voluminosità e il potere coprente).
I filati e i tessuti serici sono tingibili con la tecnologia e i coloranti utilizzati per la lana; per i tessuti ha particolare importanza la stampa, sia diretta (prevalentemente al quadro) sia per corrosione.
L’industria della s. è originaria della Cina, conosciuta dai Greci e dai Romani appunto come il ‘paese della seta’. Per secoli il commercio si svolse per la lunghissima via della s., che attraversava tutta l’Asia e terminava a Bisanzio; la s. veniva importata sotto forma di tessuti già confezionati, di filo o di matasse. Nel mondo romano, i tessuti di s., pura o mista con altri filati, ebbero notevole diffusione come genere di lusso, specie per le donne; al commercio della s. attendevano i sericarii o negotiatores sericarii. Nel 552 due monaci, inviati da Giustiniano in Cina con il compito di impadronirsi del segreto della s., riportarono dei bozzoli, e la sericoltura fu impiantata nel Mediterraneo.
Dopo l’introduzione della bachicoltura (➔ baco), l’Europa sviluppò una propria industria della s., che per molti secoli non fu più importata dall’Asia. Contribuirono alla diffusione mediterranea della sericoltura anche gli Arabi, che fecero fiorire la coltura del gelso, l’allevamento del baco da s. e l’industria della s. in Persia, e l’introdussero in Spagna (11° sec.). L’arte della lavorazione della s. assunse grande importanza anche ad Atene, Corinto e Tebe; di qui Ruggero II d’Altavilla la portò in Sicilia (1146), dove ebbe inizio la grande arte serica italiana, che tenne il primato europeo dal 13° al 17° secolo. Mentre l’arte si diffondeva in tutta Europa, la Francia, attraverso il grande sostegno dei sovrani, divenne, parallelamente al decadere del commercio italiano, il più fiorente centro dell’industria serica, con Tours, Parigi, Avignone e soprattutto Lione, che nel 17° sec., però, dovette affrontare la crescente concorrenza di Amsterdam e di Londra come centri commerciali. Poiché le diverse condizioni climatiche non consentono ovunque la bachicoltura, si accentuava intanto la differenziazione geografica dell’industria serica, che nei paesi nordici consistette solo nella manifattura; la distinzione tra paesi produttori di s. greggia e paesi produttori di articoli serici è ancora attuale.
In Europa, dopo la Rivoluzione francese, lo sviluppo del telaio meccanico portò, in Francia, a una grandissima espansione dell’industria e nacquero le prime filande, mentre la sericoltura declinava e dalla fine del 19° sec. cedeva definitivamente di fronte alla ripresa delle importazioni del greggio dall’Oriente. In Inghilterra l’industria stessa, che aveva raggiunto uno sviluppo enorme (100.000 telai battenti alla metà del 19° sec.), ricevette un grave colpo con l’abolizione dei dazi d’importazione. Il declino generale dell’industria, dopo la Prima guerra mondiale, si ebbe sia per destinazione ad altre attività agricole dei fondi prima coltivati a gelso, sia per il continuo lievitare del costo della manodopera e l’affermarsi di una legislazione sociale più avanzata sia per l’accanita concorrenza delle fibre chimiche. Oggi la s., pur rimanendo in assoluto la fibra più pregiata e destinata esclusivamente alla produzione di articoli di grande prestigio, copre a malapena, sul consumo totale di fibre tessili, qualche frazione di punto percentuale.
In Italia, dove fino al 17° sec. si accentrarono la sericoltura e l’arte della lavorazione della s., l’allevamento e l’industria ebbero la prima affermazione nel Mezzogiorno. Il primo centro sarebbe stato Palermo, ma più importante fu poi Catanzaro, dove l’arte serica era venuta dall’Oriente bizantino; di qui venne anche la conoscenza dell’arte a Venezia, che ne fu un centro. Nel 15° e 16° sec. si svilupparono anche centri minori di lavorazione della s.: Mantova, Ferrara, Reggio nell’Emilia e Como che, già fiorente centro laniero, acquisterà molto più tardi importanza predominante. Il secolo aureo della s. italiana fu il 16° sec., con la produzione di stoffe dai mirabili disegni e colori, di cui testimoniano le pitture del tempo; il declino dell’industria italiana cominciò nel secolo successivo. Nel 20° sec. si è avuto un drastico calo della produzione italiana di s., mentre rimane attivo il settore della trasformazione, in particolare nella zona di Como: l’Italia è leader mondiale nella tessitura, rifinizione e stampa di tessuti serici. La produzione e la lavorazione della s. hanno registrato nel Paese un nuovo incremento a partire dal XXI secolo, con iniziative volte a riorganizzare in chiave innovativa e sostenibile l’intera filiera produttiva grazie all'impiego di biotecnologie, al miglioramento genetico delle razze e alla valorizzazione del territorio e della tradizione: in tale contesto, tra gli esempi di eccellenza vanno citati il progetto regionale Rinascita della via della seta in Veneto e la riattivazione dell’importante polo industriale di San Leucio, nel Casertano, realizzato in stretta aderenza ai criteri qualitativi dell'antica tradizione locale e nel rispetto etico del lavoro artigianale e dell’ambiente.
La sericoltura e l’industria orientali (Cina e Giappone), ripresero fortemente dalla seconda metà del 19° sec., e da allora, fino alla Seconda guerra mondiale, l’Oriente è tornato ad approvvigionare l’Europa di bozzoli, di fibra greggia e anche di tessuti; intanto anche l’America era entrata con incremento rapidissimo nell’industria e nel commercio della seta.
I principali produttori di s. sono la Cina (300.003 t nel 2007) e l’India (77.000 t), che coprono poco meno del 90% del totale mondiale; segue l’Uzbekistan (18.000 t), mentre il Giappone ha ormai un ruolo irrilevante.