Tipo di pezza onorevole (➔ pezze).
Danza sulle p. Tecnica della danza accademica introdotta in epoca romantica, ma dai limiti cronologici assai incerti. Una delle prime illustrazioni che riproducono l’immagine di una ballerina sulle p., una litografia di F. Waldeck che ritrae la francese Fanny Bias (Parigi 1789 - ivi 1825) nel balletto Flore et Zéphyre, risale al 1821. Tuttavia, alcune testimonianze sembrano accreditare l’ipotesi che la danza sulle p. fosse un artificio conosciuto già prima del 1820. L’epoca romantica della danza, preparata, oltre che da Louis-Antoine Duport (Parigi 1781 o 1783 - ivi 1853), da C.-L. Didelot e J. Dauberval (questi ultimi due sia come ballerini sia come coreografi), si considera iniziata nel 1832 con il balletto La Sylphide di F. Taglioni, protagonista M. Taglioni, che in quegli anni adottava la tecnica della danza sulle p. (Vienna, 1826). La stessa Taglioni, però, nelle sue memorie attribuisce l’invenzione di tale tecnica alla ballerina Amalia Brugnoli (1808 ca.-1892 ca.) che nel 1823 a Vienna aveva danzato sulle p. nel balletto La fée et le chevalier. Tuttavia le p. non rappresentarono una trasformazione della danza; l’abitudine di sollevarsi sulle mezze p. o sui tre quarti di p. esisteva già da vari anni: infatti la danza romantica non nacque come opposizione al balletto che l’aveva preceduta, ma ne rappresentò solamente lo sviluppo. La conquista dell’élévation estrema attraverso la scoperta delle p. non cambiò quindi la tecnica della danza: solo, con l’allungarsi della linea del corpo, si modificavano di conseguenza l’equilibrio e l’appiombo, e perciò le stesse movenze, questo, naturalmente, solo per quel che riguarda la danza femminile, in quanto la danza maschile non accolse l’uso delle p., ma si concentrò sui tours e le batterie. La codificazione realizzata da C. Blasis in una serie di trattati (pubblicati dal 1820 in poi) sistematizzò l’uso delle p. e la tecnica conseguente.
Per il potere delle p. ➔ effluvio elettrico; elettrostatica.
Sporgenza delle coste, meno estesa rispetto al capo, e come questo spesso dovuta a una maggiore resistenza delle formazioni rocciose all’azione abrasiva del mare; il termine è anche usato per designare una cima montuosa che abbia prevalente forma appuntita.
In neurologia, l’improvvisa, breve e alta deviazione di potenziale che si osserva nel tracciato elettroencefalografico in corso di processi irritativi corticali, specialmente nell’epilessia.
Manufatto litico la cui estremità distale è conformata ad angolo acuto sia nel piano principale dell’oggetto, sia in quello a esso perpendicolare (fig. 1). Nel Paleolitico medio sono frequenti le p. musteriane, triangolari, ottenute ritoccando una scheggia di qualunque tipo; nelle p. Levallois, la forma è invece predeterminata da una lavorazione particolare del nucleo da cui vengono staccate. Nel Paleolitico superiore si hanno p. di vario tipo: sono su lama le p. di La Gravette e peduncolate quelle di La Font-Robert, tipiche del Perigordiano; foliate invece le foglie di lauro del Solutreano; altre sono a tacca, ad alette ecc.
In tecnologia meccanica, l’utensile impiegato per eseguire fori, generalmente cilindrici, talvolta conici, mediante un trapano o un altro apparecchio per forare (girabacchino, martello perforatore ecc.). Le p. erano un tempo del tipo a lancia, cioè avevano due spigoli taglienti formanti tra loro un angolo ottuso; all’inizio dell’Ottocento fu ideata la p. elicoidale, che consente una facile affilatura, una facile espulsione del truciolo, l’ingresso del fluido refrigerante e lubrificante e dà fori abbastanza netti; è generalmente usata per metalli ed è comunemente detta p. da trapano. Una p. elicoidale è essenzialmente costituita (fig. 2) da un cilindro con due solchi elicoidali opposti e da un codolo cilindrico (o conico) che serve per collegare la p. al mandrino. I solchi della p. terminano all’estremità con spigoli taglienti, mentre lungo la superficie cilindrica terminano con spigoli elicoidali, che servono per la rifinitura del foro e per guidare la p. impedendone la deviazione. Gli spigoli di taglio terminano in uno spigolo centrale (la p. vera e propria), che durante la lavorazione esercita un’azione di erosione e non di taglio. L’inclinazione dell’elica dipende dal materiale da forare; per materiali duri con truciolo spaccato si usano eliche lunghe (angoli piccoli), per materiali teneri con truciolo fluente si usano eliche corte (angoli grandi), per ghise e acciai si usano eliche intermedie. Per eseguire fori di grande diametro si utilizzano talvolta p. guidate, caratterizzate dall’avere un gambo cilindrico che avanza in un foro di diametro minore precedentemente eseguito. Le p. possono essere d’acciaio al carbonio, d’acciaio rapido e superrapido.
Nella scienza delle costruzioni, carico di p., tipo di sollecitazione che si verifica in elementi strutturali sottoposti a compressione secondo l’asse longitudinale e che, per il materiale di cui sono costituiti, hanno una resistenza tale da consentire una forte riduzione della sezione così da poter assumere una forma allungata; l’aumento del carico, oltre un determinato valore, ne provoca l’inflessione e la rottura (➔ pressoflessione; stabilità).