Regione dell’Italia settentrionale (5416 km2 con 1.524.826 ab. nel 2020, ripartiti in 234 Comuni; densità 282 ab./km2); il capoluogo di regione è Genova.
La Liguria è regione per eccellenza montuosa e collinosa; vi si incontrano e saldano, infatti, le Alpi e l’Appennino. A O del Colle di Cadibona, che segna la più profonda intaccatura della catena spartiacque, si innalzano le Alpi Liguri. Di queste la parte occidentale, che giunge fino al Colle di Nava e ad Albenga, comprende solo il versante volto al mare, formato da una serie di dorsali montuose che dalla catena spartiacque sono dirette verso la costa in senso N-S e anche O-E, chiudendo valli longitudinali (Arroscia). La massima vetta è il Monte Saccarello (2200 m), importante nodo oro-idrografico in cui hanno le sorgenti il Tanaro, l’Argentina e la Levenza (affluente della Roia). Del tutto diverso l’aspetto delle Alpi Liguri orientali: la catena spartiacque, assai meno elevata (massima altezza il Monte Armetta, 1739 m), corre sempre più vicina alla costa – fino a distarne in media una decina di kilometri – alla quale scendono perciò sproni montuosi che chiudono le valli di brevi torrenti; sul versante padano si sviluppano lunghi contrafforti digradanti verso le colline delle Langhe e del Monferrato che chiudono le alte valli longitudinali del Tanaro e delle Bormide. A E del Colle di Cadibona si innalza l’Appennino Ligure, ma la sezione occidentale, che va fino al Passo dei Giovi, si connette alle Alpi più che all’Appennino. La catena spartiacque è pochissimo elevata (Monte Beigua, 1287 m) e corre vicina al mare, fino a circa 5 km, mentre sul versante padano si stendono lunghe dorsali, in direzione N-S, che chiudono le alte valli dei fiumi Erro, Orba, Stura, Gorzente. A E dei Giovi iniziano le caratteristiche proprie dell’Appennino: i calcari e poi le arenarie divengono prevalenti; e, soprattutto, le catene assumono l’orientamento NO-SE, e non si ha più una sola catena, ma più catene parallele, che si affiancano l’una dopo l’altra, chiudendo valli longitudinali (Valle di Fontanabuona, Val di Vara, bassa valle della Magra, e lo stesso Golfo della Spezia). La catena più esterna corre vicinissima al mare, determinando una costa ancora più aspra e dirupata che nel resto della Riviera. Spiccata è la dissimmetria con il versante padano, in parte incluso in L., ove si aprono le valli trasversali della Scrivia, della Trebbia e dell’Aveto.
La Riviera Ligure presenta una costa elevata e aspra, e trae da questo carattere aspetti inconfondibilmente pittoreschi; ancora parzialmente conservati nella Riviera di Levante, specialmente nelle Cinque Terre e nel Promontorio di Portofino, sia pure aggrediti dal dissesto e dall’inquinamento. Lembi alluvionali di qualche estensione si trovano in fondo al Golfo della Spezia, presso Sestri e alla foce dell’Entella. La Riviera di Ponente è più aperta, ma anche qui le colline arrivano fino sul mare, formando una serie di promontori: vi appartiene la piana costiera di Albenga, la più estesa pianura ligure, formata dalle alluvioni del Centa.
Nella parte centrale della L., il crinale delle Alpi e dell’Appennino corre vicinissimo al mare e perciò i fiumi non sono che brevi torrenti precipiti, tanto più che sono alimentati da piogge irregolarmente distribuite e il loro letto si apre su terreni poco permeabili. Invece, alle due estremità della Riviera, lo spartiacque si allontana dal mare e si aprono valli longitudinali: i fiumi, pur serbando regime torrentizio, hanno corso più lungo e sono meno soggetti a piene pericolose. I maggiori sono a O, oltre al Varo, la Roia, il Nervia, l’Argentina, l’Impero, il Centa, formato dagli affluenti Ierone, Neva e Arroscia; a E, l’Entella e la Magra, del cui bacino appartiene alla L. l’intero corso dell’affluente di destra, la Vara (60 km), che scorre in una valle longitudinale. Corso più tranquillo e minore irregolarità di regime hanno i corsi d’acqua del versante padano (Tanaro, Bormida, Erro, Orba, Stura, Scrivia, Trebbia, Aveto).
Il riparo offerto dalle catene montuose e la vicinanza del mare concorrono a conferire alla Riviera Ligure un clima straordinariamente mite, soprattutto all’estremità occidentale, dove le Alpi Liguri formano una barriera più ampia e più elevata: Sanremo ha temperature medie in gennaio di oltre 9 °C e in luglio intorno a 25 °C; meno elevate, intorno a 7-7,5 °C, le medie invernali a Savona e Genova, dove la barriera montuosa si deprime. Le precipitazioni, che cadono in prevalenza nell’autunno-inverno e anche in primavera, sono molto abbondanti, specie nel Genovesato e nella Riviera di Levante (più di 1000 e anche fino a 1500 mm annui), mentre quella di Ponente gode di una maggiore serenità del cielo; aumentano dappertutto con l’altezza fino a superare i 2000 mm, per poi diminuire gradatamente sul versante padano.
Nella costa la mitezza del clima favorisce lo svilupparsi di una vegetazione caratteristica di piante subtropicali. Altrove, dove le colture non hanno potuto estendersi sui pendii delle colline e delle montagne, si sviluppano la macchia di tipo mediterraneo e il bosco, un tempo più esteso, e, sopra il limite di questo, prati e pascoli.
Per decenni in forte aumento (778.000 ab. nel 1861, 1.848.539 ab. nel 1971), la popolazione residente della L. ha registrato, a partire dalla metà degli anni 1970, una flessione, sfociata in un netto decremento (1.807.893 ab. nel 1981), dovuto a un movimento naturale negativo non più compensato dai saldi migratori, seppure ancora lievemente attivi. Il dato demografico regionale ha presentato negli anni 1990 un ulteriore e progressivo indebolimento della tendenza negativa manifestatasi in particolare nel corso del precedente decennio; contemporaneamente, tuttavia, si è accentuato l’invecchiamento della popolazione. Lo squilibrio fra concentrazioni insediative delle fasce costiere e spopolamento delle aree interne si è consolidato in seguito al riassetto del tessuto urbano che ha interessato diverse aree della regione; infatti sono stati realizzati interventi per l’utilizzazione di aree produttive dismesse e per la trasformazione delle destinazioni d’impiego, anche nel caso di vecchie aree turistiche: in particolare, è stata promossa una riqualificazione urbanistica delle zone portuali del capoluogo in occasione delle manifestazioni colombiane (nel 1992), cui si sono aggiunte operazioni di valorizzazione delle infrastrutture di servizio nei settori del territorio dotati di maggiori potenzialità sotto l’aspetto turistico (Albenga, Santa Margherita Ligure, Portofino) o residenziale-commerciale (Sanremo, Ventimiglia). I valori della densità demografica rimangono elevatissimi (297 ab./km2), così da collocare la regione al quarto posto nella graduatoria nazionale, dopo Campania, Lombardia e Lazio; resta largamente superiore alla media regionale il dato della provincia di Genova (481 ab./km2).
L’apparato produttivo regionale risente della carenza di iniziative economiche endogene, riconducibile alla debolezza dell’imprenditorialità locale e a problemi strutturali quali le difficoltà incontrate dai processi di ristrutturazione delle grandi imprese già appartenenti al settore delle partecipazioni statali; a ciò si aggiunge una certa inadeguatezza delle infrastrutture di comunicazione stradali e ferroviarie. Alla fine degli anni 1990, tuttavia, è prevalso nella regione un orientamento espansivo, secondo la tendenza registrata su scala nazionale: l’industria manifatturiera ha incrementato i livelli produttivi; il comparto edilizio ha risentito positivamente della ripresa del mercato immobiliare; nell’ambito dei traffici portuali è stato registrato un incremento dei comparti a più elevato valore aggiunto; i flussi turistici, pur frequentemente ostacolati dalla crisi dell’apparato ricettivo, si sono lievemente intensificati. Il massimo reddito agricolo deriva dalle colture specializzate di ortaggi, a pieno campo e in serra, diffuse in particolare nella piana di Albenga che, bene organizzata specie nel settore delle primizie (irrigazione, uso di concimi particolari, di serre riscaldate ecc.), fornisce oltre un terzo della produzione orticola ligure. La coltivazione dei fiori, iniziata nella seconda metà dell’Ottocento intorno a Bordighera e limitata dapprima a poche specie (garofani, rose), si è poi estesa in tutto l’arco occidentale della Riviera di Ponente, da Alassio a Ventimiglia, con valori notevolmente alti nella provincia di Imperia (San Remo è, a livello nazionale, il più importante mercato del settore), specializzandosi, per vincere la concorrenza di altre regioni, in colture pregiate da serra (cactacee, orchidee, piante tropicali). Nell’ambito del settore manifatturiero i comparti trainanti sono stati quelli delle telecomunicazioni, dell’automazione industriale, delle apparecchiature biomediche, oltre che della cantieristica e componentistica navale. Limitata importanza ha anche l’attività peschereccia, che, pur avendo conferito una tipica fisionomia a molti centri liguri, solo a Genova presenta una certa organizzazione per la pesca d’alto mare; altrettanto può dirsi per l’attività mineraria, praticamente ridotta all’estrazione di manganese, di cui è presente in provincia di Genova (Gambatesa), oltre ad alcune tipiche produzioni quali marmi pregiati (portoro di Portovenere, rosso e verde di Levanto, verde di Polcevera) e ardesie. Data la conformazione idrografica della regione, l’energia elettrica deriva quasi totalmente da centrali termiche (i grandi impianti idroelettrici della valle della Roia sono passati alla Francia dopo la Seconda guerra mondiale). Nel commercio si sono verificati un significativo aumento di imprenditorialità e un’espansione della quota di mercato della grande distribuzione commerciale, pur in un contesto stazionario dei consumi delle famiglie.
Le testimonianze più antiche sono attestate alla grotta del Principe ai Balzi Rossi di Grimaldi (Imperia), dov’è stato rinvenuto un livello con industria acheuleana. Più frequente e meglio documentato è il musteriano, che si trova diffuso a partire dall’inizio dell’ultima glaciazione in aspetti diversi. Fra i molti giacimenti, generalmente situati sul mare, si citano la Barma Grande, le grotte del Principe, del Caviglione, dei Fanciulli e il riparo Mochi ai Balzi Rossi di Grimaldi, la grotta della Madonna di Arma di Taggia, la stazione di S. Francesco a San Remo, le grotte del Colombo e di S. Lucia nella regione di Toirano, le grotte delle Manie, delle Fate e dell’Acqua nel Finalese. Il Paleolitico superiore è rappresentato nelle grotte dei Balzi Rossi da ampi depositi accumulatisi al di sopra dei livelli musteriani. Va ricordata comunque la sicura presenza ai Balzi Rossi dell’aurignaziano tipico, raro in Italia.
Fondamentale importanza per la conoscenza della preistoria non solo della L., ma di tutto il Mediterraneo occidentale, ha la caverna delle Arene Candide (Finale Ligure), dov’è stata riconosciuta una sequenza stratigrafica dal Paleolitico superiore all’età del Ferro. In Val Pennavaira, le grotte del Pertusello, Arma dello Stefanin e Arma di Nasino sono state abitate in vari momenti a partire dal Paleolitico superiore.
Il Neolitico, così largamente documentato alle Arene Candide e in altre caverne del Finalese, sembra segnare in L. un momento di prosperità e di scambi, caratterizzato da un incremento demografico. All’Eneolitico risalgono alcune interessanti inumazioni in grotticelle, specie nelle valli Nervia e Argentina; tipici del periodo sono i pugnali litici con ritocco lamellare e i vasi campaniformi. I resti riferibili all’età del Bronzo appaiono prevalentemente nelle grotte; le presenze più significative sono quelle che si addensano nella zona attorno al Monte Saccarello.
La scoperta a Chiavari di una importante necropoli a cremazione della prima età del Ferro ha dimostrato quale elevato grado di organizzazione civile e commerciale avessero raggiunto in quell’epoca gli abitanti della riviera orientale. Lungo la fascia costiera della regione e sull’Appennino sono stati anche identificati numerosi castellieri, cioè stazioni fortificate, dell’età del Ferro. Nel corso degli anni 1990 nuove indagini hanno meglio chiarito il quadro storico-archeologico della regione. Per l’età del Ferro, la quantità di materiale ceramico rinvenuta lungo la costa testimonia l’esistenza di diversi punti di approdo e di smistamento e rimanda a più direttrici, che nella situazione attuale sono solo ipotizzabili (Valle Scrivia, Val Trebbia, Val di Vara, Val Ceno). Accanto a quelli sorti sulla sommità dei rilievi, nella seconda età del Ferro compaiono anche insediamenti in collina e a mezza costa, in prossimità delle vie di comunicazione.
Le fasi della celtizzazione nei sec. 4° e 3° a.C. come pure il successivo processo di romanizzazione dei Liguri non sono ancora sufficientemente chiariti. Per il 2° sec. a.C. è accertata la circolazione di oboli cisalpini, quindi di monete diverse da quelle romane. La rete viaria romana è meglio conosciuta: l’arteria principale era la via Iulia Augusta. Tra i numerosi insediamenti rustico-residenziali del territorio costiero, Alba Doicilia (Albisola) lascia tuttora aperto il problema dell’articolazione topografica. Di notevole interesse, inoltre, i ritrovamenti di San Bartolomeo a Mare. Il fenomeno della villa residenziale, ubicata in punti panoramici e favorevoli allo sfruttamento agricolo, trova riscontro già nel 1° sec. a.C. (Bocca di Magra, Muggiano, Fezzano, Marola-San Vito, Varignano).
Storia. - Prima unita all’Emilia, poi alla Transpadana, con il nome di Liguria et Aemilia e capitale Milano (4° sec.), la regione ebbe poi (6° sec.) il nome di Alpes Cottiae. Dopo le invasioni di Eruli e Goti, passò sotto il controllo bizantino, poi (641) longobardo, quindi dei Franchi. La costa fu preda di ricorrenti incursioni di pirati saraceni e normanni che spinsero le popolazioni verso l’interno. Nel 10° sec., la L. fu divisa tra la marca arduinica (occidente), aleramica (centro) e obertenga (oriente), marche dalle quali derivarono le maggiori famiglie feudali della regione.
Le lotte tra feudatari e vescovi diedero luogo alla formazione dei Comuni, che parteciparono attivamente alla difesa contro i Saraceni, alle crociate e ai commerci d’oltremare; ma la loro storia fu dominata soprattutto dai rapporti con Genova, che si espanse contro i Comuni, contro i feudatari, contro Pisa, nell’Appennino e nella Riviera di Levante. La Riviera di Ponente resistette più a lungo, per la presenza di Comuni più numerosi e forti (Ventimiglia, Porto Maurizio, Albenga, Savona) e di potenti famiglie feudali (conti di Ventimiglia, marchesi del Finale). La maggior resistenza ebbe centro a Savona, che fu sottomessa solo nel 1528. Noli rimase repubblica fino al 1797, mentre il marchesato del Finale fu acquistato da Genova nel 1713. Oneglia (dal 1576) e Loano (dal 1736) furono invece possesso dei Savoia. Tutta la L. perse però l’autonomia e il suo stesso nome nel 1805, quando, esaurita la breve esperienza della Repubblica Ligure, che era stata costituita nel 1797 sotto l’egida della Francia, fu annessa all’Impero napoleonico e venne poi divisa nei dipartimenti di Montenotte, Genova, Appennini. Dal 1815 entrò a far parte del Regno Sardo come ducato di Genova.
I dialetti liguri sono parlati, oltre che nell’area propriamente ligure, nelle colonie sarde di Carloforte e Calasetta e in quella corsa di Bonifacio. Pur presentando molti caratteri fonetici comuni ad altri dialetti italiani settentrionali, se ne differenziano per la palatalizzazione dei gruppi pl, bl, fl, per la conservazione delle vocali atone finali, per la caduta di l e r tra vocali, la pronuncia velare dell’n pure tra vocali (oltre che in fine di sillaba), e vari aspetti del vocalismo.