spopolamento Forte diminuzione della quantità di popolazione di una regione. È il risultato dell’abbandono volontario o forzoso di determinate zone da parte delle popolazioni ivi insediate; può essere totale oppure interessare una sola parte della popolazione; può essere repentino oppure effetto di flussi continui e prolungati di abbandoni.
A parte lo s. derivante dall’esodo demografico conseguente a disastri o calamità naturali e umane, il fenomeno di s. più significativo è quello conseguente alle migrazioni di popolazione. I movimenti migratori infatti, così come hanno prodotto, specie nei decenni intorno alla metà del 20° sec., vistosi fenomeni di inurbamento, hanno al contempo provocato visibili effetti di s. in numerosi territori; e ciò anche in Italia, dove il fenomeno, acutissimo nei tre decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, si è poi attenuato, mostrando talvolta timidi segni di un’inversione di tendenza (sia per i rientri degli emigrati, sia per effetto della decongestione delle aree più urbanizzate). Tali effetti sono naturalmente più visibili nelle zone a marcata economia rurale, specie se povera (cosicché si parla anche di s. rurale), come conseguenza di un prolungato saldo demografico negativo conseguente a flussi migratori sistematici dalla campagna verso la città o dalle stesse zone rurali verso zone (anche a economia agricola) più sviluppate. Lo s. rurale si associa spesso con l’altimetria caratterizzando maggiormente le zone di montagna o di collina interna (s. montano), rispetto a quelle pedemontane o litoranee. In Italia, di conseguenza, importanti fenomeni di s. si sono verificati in molti centri minori del Mezzogiorno e in non pochi insediamenti della montagna appenninica.
Dal punto di vista demografico lo s. è quindi conseguenza diretta dell’abbandono dei luoghi di origine da parte di consistenti flussi di popolazione; ma è conseguenza anche del ridotto incremento naturale che consegue alla mutata struttura per età delle popolazioni che rimangono nei luoghi di origine: il deflusso migratorio, essendo costituito per lo più da individui maschi o da nuclei familiari in età giovane e con elevata capacità lavorativa, produce per conseguenza una caduta di natalità, una più o meno accentuata femminilizzazione e un più rapido invecchiamento nella popolazione permanente nei luoghi di origine. Questi caratteri demografici dello s. sono anch’essi conseguenza dei fenomeni che danno origine allo s.: si tratta per lo più di fenomeni collegati tanto alle disuguaglianze economiche e sociali esistenti fra aree e regioni contigue quanto alla distribuzione dei redditi e soprattutto delle opportunità produttive e occupazionali, nonché alla variazione delle aspettative sociali e dei modelli culturali dominanti; in breve, collegati alle disuguaglianze nello sviluppo economico fra regioni diverse con conseguenti diverse possibilità di accesso a servizi essenziali o utili (scuole, trasporti, ospedali, per non parlare delle abitazioni) o ad ambienti di vita e di lavoro più accettabili.
Queste disuguaglianze economiche e sociali, a volte profonde, possono essere accompagnate anche da disuguaglianza nella consistenza e nelle caratteristiche delle popolazioni interessate, favorendo l’attrazione di importanti contingenti demografici verso le aree di concentrazione urbana e la repulsione nei confronti delle aree di s. demografico. Questi stessi fenomeni di spostamento di popolazioni hanno anche importanti effetti culturali e sociali, in quanto comportano la modificazione dei sistemi di vita, delle tradizioni e dei comportamenti degli individui e dei nuclei che ne sono protagonisti. In questo senso lo s. di insediamenti minori o di particolari regioni può accentuare l’isolamento, e in alcuni casi provocare l’estinzione di preesistenti sistemi sociali, etnici e culturali.