Studio dei fenomeni che si riferiscono alla popolazione e in particolare alla sua determinazione statica e all’analisi della sua evoluzione (v. fig.).
Il termine d. fu introdotto nell’uso corrente dal francese A. Guillard nel 1855; tuttavia l’origine di questa disciplina dovrebbe farsi risalire ad almeno un paio di secoli prima (J. Graunt, Natural and political observations made upon the bills of mortality, 1662). Di grande interesse per la sistemazione organica delle conoscenze demografiche fino allora raggiunte è l’opera di J.P. Süssmilch, Die göttliche Ordnung in den Veränderungen des menschlichen Geschlechts aus der Geburt, dem Tode und der fortpflanzung desselben erwiesen (1741).
Più tardi la d. si è sviluppata secondo un processo di integrazione e di specializzazione, in cui sono state coinvolte più discipline quando i problemi demografici si trovavano ad oltrepassare l’ambito specifico; e d’altra parte la d. stessa ha arricchito il contenuto di molti campi di studio, che ne hanno tratto lo spunto per approfondire particolari argomenti demografici alla luce delle conoscenze specifiche che erano venuti accumulando.
La d., per la sua collocazione particolare tra le scienze dell’uomo, per cui negli studi della popolazione sono compresenti sia gli aspetti sociali sia quelli naturali (biologici), si è sviluppata nel 19° sec. e nei primi decenni del 20° secondo alcune linee, che in concreto si sono sempre variamente intersecate con quelle della statistica. M. Boldrini individua come radici storiche della statistica alcune grandi correnti di pensiero sintetizzabili nell’arte del misurare, nel calcolo delle probabilità, nella notitia rerum publicarum e nell’aritmetica politica. Fra gli italiani occorre ricordare anche R. Benini, C. Gini e L. Livi, che elaborarono nuove tecniche di analisi demografica, occupandosi di una vastissima gamma di problemi con contributi ancora approfondibili.
In Inghilterra l’opera di F. Galton e K. Pearson e dei loro seguaci, di carattere più spiccatamente biometrico e statistico, si è sviluppata verso la fine del 19° sec., mentre nell’Europa continentale, e in particolare in Italia, veniva crescendo l’interesse per le ricerche bio-demografiche, con apprezzabili risultati sulla legge di mascolinità delle nascite, la frequenza dei parti plurimi, il periodo di nascita nella specie umana, le relazioni tra fecondità, mortalità e caratteri costituzionali e antropometrici. Altre ricerche sono state suggerite dalle teorie biologiche della popolazione quali la teoria evolutiva di H. Spencer, la teoria periodica di J. Brownlee e la teoria ciclica di C. Gini.
Una prima fase consiste nella descrizione della consistenza e struttura dei gruppi umani a un dato istante e nell’accertamento dei fenomeni di movimento quali le nascite e le morti o i movimenti migratori e sociali, in senso lato. Un’ulteriore fase del lavoro demografico può individuarsi nell’analisi dei vari fenomeni a partire dal materiale raccolto; un’ultima fase prevede la costruzione di appositi modelli che schematizzano le relazioni esistenti fra le varie componenti di un dato fenomeno al fine di cogliere i nessi che si suppone possano esservi fra i vari fattori introdotti nel modello.
Il materiale di base per la d. è fornito sia dai rilevamenti censuari, sia dalle registrazioni continue nel tempo derivate dalle anagrafi, per lo studio della natalità, della mortalità e dei movimenti migratori; accanto a queste fonti di documentazione si pongono le rilevazioni campionarie, che sono sempre di crescente importanza.
I modelli in demografia. - Nella ricerca delle cause che determinano i fenomeni demografici si fa ricorso a costruzioni teoriche e a semplificazioni della complessa realtà che permettono di scomporla in parti elementari, in modo da facilitare la determinazione dei legami che eventualmente esistono fra i vari elementi. Queste costruzioni, nella loro forma più semplice, erano già impiegate dai primi demografi del 1600. La costruzione di modelli nelle scienze demografiche è divenuta una pratica usuale nell’attività di ricerca, e ormai i campi di applicazione sono abbastanza estesi e differenziati: quelli detti di simulazione si avvalgono della ricostruzione dei fenomeni demografici mediante calcolatore; quelli analitici dell’analisi matematica e del calcolo delle probabilità.
La d. oggi ha a disposizione i concetti e le tecniche adeguati per studiare i processi che producono l’evoluzione delle popolazioni, cioè la natalità, la mortalità e le migrazioni, ma anche le loro interdipendenze. Non si limita a descrivere gli eventi demografici, ma vuole capirne le cause e le conseguenze. Ricercare le possibili cause del comportamento demografico significa andare al di là dei fattori individuali, considerando l’essere umano come appartenente a una famiglia, a una categoria sociale, a un gruppo etnico ecc. La d. contemporanea focalizza in misura crescente la sua attenzione non solo sulle caratteristiche individuali (età, sesso, istruzione ecc.) che influenzano il comportamento umano, ma anche sugli aspetti sociali del mutamento demografico, in ragione del fatto che l’individuo è membro di diverse reti di gruppi e di istituzioni. Molti nessi che legano il mondo naturale (e quindi le caratteristiche biologiche dell’uomo) al mondo sociale passano per la fenomenologia demografica, determinante in un’epoca in cui la trasformazione evolutiva di lunghissimo periodo dell’ambiente naturale si trova a essere accelerata dall’influenza dell’evoluzione sociale e tecnologica promossa dall’uomo, che ha alterato equilibri secolari.
La d. è in grado di descrivere e interpretare i cambiamenti che si verificano nell’ambito delle popolazioni e di fornire importanti elementi per l’attuazione di politiche e di interventi in campo sociale ed economico. In Italia, per es., nel campo delle problematiche riguardanti la fecondità e la famiglia, la d. si è interrogata sui nuovi comportamenti e ha fornito risposte utili a chiarire i meccanismi che hanno portato alla scelta del figlio unico, alla maternità tardiva, all’infecondità volontaria, all’aumento delle separazioni e dei divorzi e delle unioni libere, disegnando scenari futuri entro i quali si realizzeranno le intersezioni di tutti questi fenomeni che contribuiscono a definire la composizione delle famiglie italiane. La ricerca demografica in tema di immigrazione straniera ha fornito gli elementi conoscitivi più importanti, consentendo la rilevazione numerica degli immigrati e delle loro caratteristiche per sesso, stato civile, professione e nazionalità. Alcune analisi riguardanti le collettività immigrate hanno avuto lo scopo di studiare i progetti migratori originari, le variazioni nel tempo, il livello di vita e le modalità di inserimento economico e sociale degli immigrati.
Le proposte innovative della ricerca demografica italiana riguardano: il mercato, il malessere sociale, la povertà, l’invecchiamento della popolazione, la crescita economica, il sistema pensionistico. Riferirsi alle grandi trasformazioni demografiche non prescinde dall’importanza di conoscere gli effetti prodotti dai grandi cambiamenti esterni al sistema delle variabili demografiche. Oltre a essere molto veloci, essi, penalizzando alcune aree territoriali e alcuni gruppi di popolazione più di altri, causano nuove disuguaglianze (sociali, economiche e demografiche) o l’acuirsi di quelle preesistenti. Di conseguenza, anche sul piano demografico aumentano le distanze tra chi occupa posizioni di testa e chi occupa posizioni di coda nella distribuzione sociale. Nel nostro paese, un esempio di questo processo è dato dall’aumento del divario in termini di benessere tra un Nord sempre più sviluppato, e con livelli di disoccupazione tra i più bassi d’Europa, e un Sud dove la disoccupazione ha toccato i livelli più alti d’Europa. La rapidità con la quale tutto ciò si manifesta rimette in discussione anche l’equilibrio demografico tanto faticosamente raggiunto, riproponendo lo spettro dell’esodo della popolazione dalle regioni meno ricche del Sud verso le aree ricche del Nord, con le ben note conseguenze sulla dinamica e sulla struttura delle popolazioni.
È definita politica demografica l’azione svolta dai pubblici poteri nei riguardi della popolazione al fine di determinare in essa mutamenti sotto vari aspetti, specie quello quantitativo (norme tendenti ad accrescerla o limitarla). Una politica d. venne perseguita in Italia dal regime fascista anche con misure di carattere amministrativo (imposta sui celibi, premi di nuzialità e natalità, sgravi fiscali per famiglie numerose ecc.).