DEMOGRAFIA (dal gr. δῆμος "popolo" e γραϕω "scrivo")
È la scienza che studia gli aggregati sociali, analizzandoli statisticamente nelle loro condizioni di quantità e di continuità, di qualità e di coesione. Il contenuto della demografia può rientrare in tre quadri principali: 1. valori e non valori degl'individui per la vita di relazione; 2. principio qualitativo; 3. principio quantitativo della popolazione. Di questo trittico di scienza la prima parte è dedicata ai caratteri individuali più interessanti per la vita in consorzio, alle leggi che ne regolano lo sviluppo, all'attività selettiva che essi provocano dall'organizzazione politica del consorzio stesso. La seconda ci dà a contemplare le forme di coesione delle società umane, il gioco di attrazioni e ripulsioni determinato dalle somiglianze e differenze di caratteri fisici e mentali dei soggetti venuti a contatto; i poteri di assimilazione e di eliminazione che si svolgono ulteriormente dal lungo convivere degli uomini in determinati ambienti, massime per l'azione secondante o costrittiva dello stato. Nella terza parte si considerano l'attività generativa delle popolazioni e le aspirazioni loro a un tenore di vita sempre più confortevole, nei possibili contrasti con la limitata superficie e fertilità del territorio in cui sono circoscritte; i rapporti tra coesione e continuità, lo spirito solidale che lega le generazioni e supera il tempo. Regolatore massimo, ancora e sempre lo stato.
Valori e non valori degl'individui per la vita di relazione. - I caratteri fisici e mentali degl'individui osservati nel corso dell'età dànno l'impressione di un sistema in moto, passante per successivi equilibrî, e di vario rendimento secondo la fase che si considera. Sull'evoluzione di molti caratteri somatici l'antropometria c'informa con qualche larghezza; invece per le facoltà dello spirito e per le manifestazioni del temperamento ci troviamo appena sulla soglia dell'osservazione metodica. Certo è che le fasi di crescenza, di stazionarietà e di regresso non si corrispondono, da carattere a carattere, per durata, momenti iniziali, momenti di massimo, punti critici. Bello sarebbe poter rappresentare la vita come un fascio di curve o una somma di equazioni appropriate ai singoli elementi del sistema; ma, trattandosi di elementi cui convengono moduli dimensivi di ordine differente (lineari, areali, cubici; unità ponderali, ecc.) e che hanno un'assai disuguale importanza per le relazioni dell'individuo con i suoi simili, non si potrehbe conseguire una certa omogeneità, senza cadere nell'arbitrario.
Dai caratteri naturali, secondo il governo e l'uso che ne facciamo, derivano innumerevoli qualificazioni sociali. Per esempio, le attitudini utili alla produzione si traducono praticamente in centinaia di categorie professionali suddivisibili per gradi e modi d'esercizio. Il diritto positivo consacra tante qualifiche per quanti atti e contratti compie l'uomo. E la statistica ne prende nota distinguendo proprietarî e non proprietarî, creditori e debitori, testatori ed eredi, attori e convenuti, e via dicendo.
Ad ogni momento di sviluppo delle sue capacità corrisponde un certo posto che l'individuo occupa nel gruppo; posto di consumatore, produttore o riproduttore; posto di gregario, esecutore di ordini, o di capo che disciplina intorno a sé le azioni di altri uomini. Il soggetto può impersonare l'homo religiosus o l'homo oeconomicus, l'uomo invadente, bellicoso o litigioso, o altro caratteristico attore del dramma umano. L'influenza, sia molta o poca o nulla che egli, come cittadino, spiega sulla formazione delle leggi e sul governo della cosa pubblica, è, ancor essa, una forma di estrinsecazione dei suoi valori, positivi o negativi. Non c'è carattere naturale che non possa modificarsi in qualche misura con un'appropriata regola di vita. L'educazione delle attitudini è d'ordinario ritenuta un affare privato; ma in certi casi assurge a tale importanza per la collettività, da richiamare le cure dello stato, che cerca di elevare le medie dei valori socialmente utili e i massimi di rendimento, e al tempo stesso elimina e riduce all'impossibilità di nuocere gl'individui comunque dannosi alla comunità.
Passando ora a considerare la vita come durata e resistenza organica, come costo e produttività economica, come fecondità ed eredità di caratteri, si deve premettere che nessuno, forse, di questi aspetti si presenta "al naturale" nelle statistiche demografiche. Ad esempio, la fecondità che si conosce, è quella che la volontà non di rado padroneggia nell'economia coniugale. La mortalità che si conosce, è quella che risulta a una volta dalla resistenza organica e dai rischi e pericoli dei varî ambienti o da un tenor di vita modificabile, ma non modificato. E così per altri aspetti.
La vita come durata e resistenza organica. - Accanto a numerose tavole di sopravvivenza e mortalità delle popolazioni in generale, distinte solo per sesso e per età, non numerose sono quelle che scendono a gruppi scelti secondo lo stato civile, le professioni, il grado di agiatezza, ecc. Esse mostrano però quanto grande sia l'influenza di questi modi di vita e quanto grande la dispersione dei coefficienti intorno alla media di rischio delle varie età. Per l'Italia ci riferiamo a tavole, tra antiche e recenti, sulla mortalità dei funzionarî amministrativi, dei ferrovieri, dei medici condotti, degli insegnanti elementari. Estendere le indagini ad altri gruppi suscettivi di netta qualificazione; spingere più addentro l'occhio nei rapporti di mortalità secondo certi caratteri somatici dei soggetti in questione o secondo la longevità dei loro ascendenti, sarebbe prezzo di un'opera internazionale concordata.
Nei gruppi sociali qualificati gioca sempre qualche fattore di selezione. I coniugati, ad es., devono le loro più favorevoli probabilità di vita in confronto dei celibi e vedovi coetanei, non solo alle abitudini più regolari, ma al fatto che il matrimonio, meno accessibile agl'individui difettosi, opera una cernita preventiva degli aspiranti. La visita medica prescritta per l'ammissione a certi impieghi. o per il perfezionamento di contratti d'assicurazione, ha effetti iniziali assai notevoli, se anche non molto duraturi. I tipi di contratto determinano tra gli assicurati una specie di autoselezione.
Secondo le tavole di tutti i paesi civili, le probabilità di morte, anno per anno, diminuiscono rapidamente dalla nascita fin verso la pubertà, dopo di che ha luogo un'ascesa lenta e lunga, che si accelera a partire dal 55° anno d'età. Il minimum constatato nel terzo lustro non implica che quella sia l'età di massima resistenza dell'organismo. La resistenza, come tale, cresce presumibilmente fino ai 23-28 anni, quando i caratteri somatici più importanti arrivano al colmo della rispettiva curva di sviluppo; ma è messa a dura prova nel passare che fa l'individuo dall'ambiente della casa all'esercizio di professioni più o meno logoranti.
Tra le classi occupate in professioni tranquille e quelle che esercitano il lavoro in ambienti malsani o a contatto di sostanze polverose o venefiche, il divario di mortalità diventa grande all'ingresso della professione, di piccolo che poté essere prima. Gli ecclesiastici (missionarî esclusi) sembrano tenere l'estremo di favore; i minatori, i materassai, gli scalpellini, ecc., l'estremo opposto. È verosimile che, eliminati dal gruppo gl'individui più disadatti, la mortalità tra i rimanenti si attenui per qualche tempo; ma i rilievi statistici, resi difficili dalle imperfette dichiarazioni d'età e dai cambiamenti di professione (non rari nella gioventù) non permettono un'affermativa sicura. Gl'infortunî sul lavoro seguiti da morte o da invalidità permanente, costituiscono una categoria di rischi di speciale importanza.
Malattie e infortunî in genere per causa violenta accidentale ci bersagliano facendo centro di certe età, con dispersione più o men grande di colpi all'intorno e con gradi di "letalità" differentissimi. Sotto l'aspetto economico costituisce materia di riflessioni il gran numero di giornate lavorative perdute dai colpiti e in parte pure dai famigliari che li assistono. Il demografo considera anche il legame che può esserci tra morbosità e mortalità da un lato e concepimenti di nuove vite dall'altro. Nelle stagioni dell'anno segnalate da notevole frequenza di malattie e di casi di morte è supponibile il diradarsi dei rapporti sessuali dei coniugi, colpiti in persona propria o in persona di figli o d'altri stretti congiunti; quindi la curva dei concepimenti - e a distanza di nove o dieci mesi la curva delle nascite - dovrebbe presentare inflessioni opposte a quelle della morbosità e mortalità. L'ipotesi è compatibile con quella di una disposizione organica men favorevole ai concepimenti in date epoche dell'anno, e più favorevole in altre.
Male si prestano i coefficienti desunti da osservazioni sulla popolazione in generale, ai calcoli sulla durata media di convivenza e di sopravvivenza delle persone unite da vincoli di famiglia. Il calcolo si addice ai casi indipendenti; ma nell'ambiente famigliare si dànno correlazioni ben note. Il coniuge superstite non di rado segue l'altro, prima del tempo che potrebbe assegnarsi di vita ai suoi coetanei. Così la morte d'un padre può essere affrettata dalla perdita di un figlio. Della maggior durata media dei matrimonî, in confronto a quella che si avrebbe a calcolo di probabilità per due teste in base ai coefficienti generici di rischio della popolazione d'ambo i sessi, abbiamo già detto le ragioni.
Fu del Lexis l'idea di rappresentare le vicende di una generazione mediante tavole di nuzialità, fecondità, vedovanza e altre ancora, costruite sul solito modello delle tavole generali di sopravvivenza. Nulla di meglio come analisi. Quanto alla sintesi, non si potrebbe trovarle esercizio più utile, all'infuori della demografia di famiglia. Interessanti esplorazioni in questo campo furono fatte con la scorta di genealogie nobiliari o di uomini comunque venuti in fama; mentre i problemi dell'eredità biologica inducevano allo studio degli ascendenti e discendenti di criminali, alcoolisti, pazzi, ecc. L'osservazione diretta dei gruppi scelti sta certamente in primissima linea; tuttavia il calcolo serve a decomporre idealmente il movimento d'insieme della popolazione presentandocelo come una risultante di movimenti, a tipo ondulatorio, di famiglie costituitesi in successivi tempi, tra sposi di diverse combinazioni d'età. Noi ci limitiamo naturalmente alle famiglie della linea maschile in cui persiste il cognome preso a considerare.
V'è senza dubbio un momento di massima densità del gruppo famigliare derivato da una delle combinazioni più comuni di età degli sposi, momento che può fissarsi grosso modo a 15,16 o 17 anni d'intervallo dalle nozze. Tra genitori superstiti e figli superstiti si avrebbe allora un numero di persone un po' più che doppio di quello rappresentato dalle coppie iniziali. Computata però una quota di avi della linea paterna, superstiti al principio del periodo e al momento in esame (diciamo una quota, per evitare duplicazioni di conto con linee parallele maschili derivanti dallo stesso avo), il numero complessivo dei presenti risulterebbe più di una volta e mezzo quello iniziale. In seguito il gruppo diminuisce per la duplice eliminazione che ha luogo, sia per la morte cui sono esposti tutti i componenti, sia per l'uscita delle femmine a causa di matrimonî, grazie ai quali esse assumono altro nome di famiglia. Allora il gruppo scende a un maximum relativo, finché i matrimonî dei maschi, che sono più tardivi di parecchi anni, ma estendono il nome di famiglia a donne d'altro casato, sopraggiungono in numero tale da compensare quell'uscita, e con la prole da loro generata riconducono il gruppo a un nuovo maaimujn di densità. Queste ondulazioni ce le possiamo figurare lunghe in salita e brevi in discesa; a ogni modo tendono a sparire nello sdoppiarsi delle famiglie per le nozze dei maschi, distanziate di qualche anno, e spariscono poi del tutto nel movimento generale della popolazione, compensandosi i minimi di densità, cui si son ridotti certi gruppi, coi massimi toccati da altri di formazione posteriore.
Alle ricerche di demografia famigliare si riannodano studî circa l'eredità dei caratteri fisici e mentali; il frazionamento m0rtis causa e la riconcentrazione dei patrimonî privati; l'imitazione professionale, ecc. Esiste senza dubbio un tipo di famiglia contadina, un tipo di famiglia impiegatizia, ecc. Accanto ai tipi puri esistono quelli misti. Non è indifferente per la formazione di certe correnti di pensiero, atte a caratterizzare un periodo storico, che in un paese prevalgano i tipi puri o i misti.
La vita come costo e come produttività economica. - Sul costo d'allevamento o di sussistenza dell'uomo, dalla nascita all'età del lavoro e anche oltre, distintamente per classi sociali, si hanno poche ricerche dirette. La linea che ne descrive l'andamento, risente della crescita dell'individuo in statura, peso, ecc., oltre che di molte circostanze del vivere sociale, che la fanno più o meno accidentata; tocca il suo massimo, forse, intorno ai 35 anni; indi ripiega lentamente. Le classi medie che avviano i figli a carriere richiedenti un tirocinio lungo e costoso, incontrano per esso una spesa straordinaria, i cui frutti saranno goduti dai figli nel reddito della professione prescelta.
La produttività economica del lavoratore comune, che ha la sua misura sociale nel salario, è funzione di attitudini fisiche già ricordate. Il loro decadere, dopo i 35-40 anni d'età, ha riscontro nella diminuzione del salario. Nelle professioni intellettuali, dove le facoltà impegnate progrediscono anche oltre i quaranta anni, onorarî e stipendî seguitano a crescere in corrispondenza.
Nel primo dei diagrammi qui riportati, l'area che risulta dall'intersecazione delle linee di costo e di produttività, rappresenta il prodotto netto del lavoratore comune, cioè quella eccedenza di entrata sulla spesa personale, che ha luogo nel periodo di vita attiva tra i 18 e i 65 anni, approssimativamente. Lo si dice prodotto netto, non nel senso di disponibile ad libitum; ché, anzi, socialmente parlando, esso appare vincolato al mantenimento della famiglia, che l'operaio presto o tardi si formerà; poi al risparmio personale per la vecchiaia. Non vincolato, invece, al rimborso delle spese per lui sostenute dai genitori o da altri parenti o da enti pubblici; ché ogni generazione ne mette al mondo un'altra per proprio istinto e piacere e l'alleva con una spesa a fondo perduto, senza aspettativa di rimborso.
Il secondo diagramma si riferisce al lavoratore di qualità; ma non si distingue dal primo se non per la grandezza assoluta e relativa del prodotto netto, parte del quale può essere investita in beni duraturi più della vita del de cuius, duraturi anche a perpetuità.
Il lavoratore comune quasi mai lascia ai figli un patrimonio. Ne lascia invece il lavoratore di qualità. Del primo si può dire che ha lavorato per la famiglia; del secondo che ha lavorato per la stirpe. Le attitudini, che si richiedono per la formazione di un patrimonio trasmissibile ad eredi, non sono sempre quelle che il mondo stima socialmente utili; non di rado la forza adoperata per intimidazione, l'intelligenza volta all'inganno, la mancanza di scrupoli, raggiungono impunite gli stessi effetti. La discendenza, grazie al capitale che genera eternamente interessi, campa sull'eredità senza pena di lavoro; oppure, dato che esplichi un'attività resa più efficiente dal capitale ricevuto, ingrossa daccapo il prodotto netto a vantaggio di ulteriori generazioni. Queste, solo che abbiano l'attitudine al conservare, possono vivere in serie infinita su una quantità finita di ricchezza.
La vita come fecondità e riproduzione dei caratteri della specie. - L'attrazione dei sessi e l'amore per i figli già nati si possono ritenere due cause costanti della perpetuazione della specie. L'età media alle prime nozze, per l'uomo, non corrisponde propriamente al momento di attrazione massima, ma è come un termine di transazione fra l'età che si avrebbe se gl'individui obbedissero solo agl'impulsi della natura (e perciò si sposassero, poniamo, intorno ai 24 anni) e quella che si avrebbe se decidessero da calcolatori economici rimettendo le nozze, poniamo, ai 35 anni, quando la stabilità dell'occupazione e la sufficienza dell'entrata pe mettono di assumere la responsabilità di una famiglia. A ogni modo il primo termine supera in peso il secondo.
La fecondità in regime matrimoniale, la sola che conosciamo un po' bene, è funzione di più variabili: l'età dell'uomo, l'età della donna, il tempo al quale rimonta l'attività procreatrice di questa, e fors'anche di quello. Quarta o quinta variabile, il desiderio di avere o non avere figli oltre i primi procreati. Non è da trascurare l'attività procreatrice fuori del regime matrimoniale. Come essa proceda, lo dice la distribuzione dei nati illegittimi per gruppi d'età delle madri, distribuzione somigliante a quella dei matrimonî negli stessi gruppi d'età e presumibilmente pure somigliante a quella dei primogeniti di codesti matrimonî. Sembra insomma che i medesimi impulsi i quali invitano una schiera di nubili a convolare a giuste nozze, tentino un'altra schiera, ma più piccola, a nozze irregolari, in età corrispondenti e gruppi analoghi quanto a dimensioni relative.
Riguardo ai fenomeni relativi all'eredità dei caratteri, la società umana si presta all'osservazione, ma non si presta all'esperimento. Avvertiva il Quételet che la distribuzione degl'individui secondo l'intensità di certi caratteri, segue da vicino la legge degli errori, ben nota ai matematici; ora, siccome la distribuzione in parola si mantiene nel corso di successive generazioni, con quella dispersione di casi intorno al valore medio che è peculiare d'ogni singolo carattere, noi possiamo riconoscervi delle costanti ereditarie. Il Galton e il Mendel fecero altra luce sull'oscuro problema. Mentre la legge di regressione parentale del Galton (v.) ha una prevalente competenza d'applicazione nell'ordine dei caratteri quantitativi graduabili, le leggi mendeliane sull'ibridismo tengono il campo nell'ordine dei caratteri qualitativi, in cui non si passa per gradi, ma per salto, da una varietà all'altra.
L'eredità dei caratteri acquisiti, negata dal Weismann e da altri, viene oggi riproposta alla discussione. C'è chi ritiene che l'esercizio intenso di una funzione, mentre sviluppa l'organo impegnato, possa modificare impercettibilmente tutto l'organismo, comprese le cellule germinali (Gini). L'impercettibile si farebbe percettibile nel corso di osservazioni secolari. La cosa avrebbe molta importanza nell'ambiente sociale, dove la divisione del lavoro domanda all'uomo l'esercizio di certi organi, ripetuto e protratto con sforzi di volontà.
Tutte le questioni che toccano la resistenza organica degl'individui, il costo d'allevamento e la produttività, l'attività di procreazione e l'eredità dei caratteri, interessano l'avvenire della stirpe e non possono lasciare indifferente lo stato.
Teoria qualitativa della popolazione. - La società umana risulta dall'intreccio d'innumerevoli minori consociazioni, permanenti o occasionali, regolate dalla legge, dal contratto o dalla consuetudine, fondate sulla simpatia, su ideali o interessi comuni agli aderenti, sul riconoscimento di una disuguaglianza gerarchica e su tutte quelle differenze di gusti e inclinazioni, ond'è venuto il distinguersi delle arti e dei mestieri. Dalla famiglia alle semplici amicizie, dalla caserma all'accademia, dall'azienda industriale al circolo sportivo si contano tanti centri di coesione, quanti ne possono desiderare gli uomini che, salvo rare eccezioni, ripugnano dalla vita isolata. Ciascun uomo può far parte a un tempo di tanti gruppi quanti sono i caratteri, per cui sente l'attrazione dei suoi simili. Di contro ai fattori di coesione insorgono, scompaiono e risorgono motivi di disgregazione. Differenze di razza, di lingua, di religione, d'interessi, di posizioni, d'ambiente generano avversioni o invidie; disuguaglianze di forze determinano spesso opposti atteggiamenti, aggressivi e difensivi. Non è dubbio però che, in ultima istanza, i motivi di coesione prevalgano sui loro contrarî almeno nell'ambito della nazione formata; basti pensare che lo stato funzionò sempre come meccanismo di assimilazione dei gruppi soggetti, e di eliminazione degli elementi refrattarî; e che la società medesima, considerata indipendentemente da questa grande forza d'organizzazione politica, ha in sé tanti altri poteri d'adattamento, che più è durata e più diventa duratura.
In formula, il principio qualitativo suona così. "La popolazione è esposta all'azione di varî fattori, in parte cospiranti a perpetuare o accrescere i contrasti di caratteri o di posizioni, che generano sentimenti ostili fra gl'individui o i gruppi, rendendone più laboriosa e instabile la coesione; in parte, tendenti a moltiplicare le affinità da cui rampollano simpatie, conservando quelle sole dissomiglianze e ineguaglianze, che, messe a profitto nella divisione economica e gerarchica del lavoro, cementano la compagine dell'aggregato. Questi secondi fattori agiscono con efficacia e continuità maggiore dei primi, sì che la popolazione tende a farsi sempre più omogenea e coerente sul territorio in cui si è organizzata a stato".
L'analisi statistica dei processi di scelta ha già dato risultati notevoli. Più progredito, certamente, è lo studio della scelta matrimoniale, caso tipico delle forme fondate sulla simpatia; lo è meno quello delle gerarchie e meno ancora quello dei modi di vita, aventi causa dalla divisione del lavoro e, in genere, dall'attività contrattuale. Diciamo intenzionalmente modi di vita, oltrepassando il puro aspetto economico o giuridico dei rapporti stabiliti fra gl'interessati. La mezzadria, ad esempio, l'associazione sindacale libera o regolata dallo stato, lo stesso contratto collettivo di lavoro, costituiscono, al di là del mero rapporto contrattuale, modi di vita.
Legge statistica della scelta matrimoniale è che gl'individui di gruppi simili per un dato carattere si preferiscono tra loro, cioè dànno luogo a una frequenza di coppie più grande che non sarebbe da aspettarsi in una equa ripartizione di casi; quelli di gruppi dissimili dbnno luogo a un numero di coppie inferiore. Ciò è risultato vero per le combinazioni secondo l'età, lo stato civile anteriore alle nozze, l'alfabetismo, la nazionalità, la condizione sociale, l'ambiente professionale, la religione, la razza. Fu tentato col metodo degl'indici di attrazione, di graduare la forza che spiegano le somiglianze e le dissomiglianze nell'ostacolare i matrimonî misti. Si arriva in certi casi a separazioni nette di razze (Negri negli Stati Uniti d'America, Israeliti in parecchi paesi d'Europa), di classi, ecc.
In questa materia devono tenersi presenti alcune considerazioni. Anzitutto la rarità degl'incontri di gruppi dissimili potrebbe dipendere dalla loro "localizzazione" in territorî separati da notevoli distanze, quantunque pertinenti allo stesso stato; giova quindi ridurre al minimo il fattore distanza circoscrivendo via via le indagini a distretti speciali o fino ai quartieri delle grandi città. Inoltre il carattere, del quale si vuol misurare l'influenza, funge talvolta da semplice schermo dietro cui si celano altre affinità ben più decisive per la scelta. Che gli analfabeti mostrino di preferire le analfabete, ciò non sarà per virtù propria dell'analfabetismo, ma per altre circostanze solitamente associate ad esso, p. es. affinità di mestiere, vicinato, povertà ecc. Così le unioni, che si direbbero miste o incrociate da certi punti di vista, rientrano fra le omogenee per altri riguardi; e viceversa. Ad ogni modo, quella condizione di cose, che i biologi chiamano panmixia, è lontana da realizzarsi nel nostro mondo, dove la volontà, assai più del caso, governa le scelte, limitando a pochi punti di secondaria importanza le comunicazioni tra gruppi eterogenei variamente localizzati.
Se un dato carattere risulta più frequente tra gli uomini che tra le donne (e viceversa, il carattere opposto), la differenza di numero dà origine nelle combinazioni matrimoniali, a scelte per così dire obbligate e a gruppi relativamente chiusi. Deducendo dalle combinazioni di caratteri, statisticamente osservate, quelle dei gruppi chiusi, residuano i gruppi aperti, ai quali solt3nto dovrebbe applicarsi il calcolo di probabilità o di equa ripartizione nello studio degl'indici di preferenza.
Impossibile trattare qui delle gerarchie e della divisione del lavoro come concrete esperienze dei processi di scelta presso le nazioni civili. Né possiamo fare altro che accennare all'attività contrattuale, che avvolgendo in una rete di diritti e doveri, d'interessi presenti e prospettivi, tutta la popolazione, ci fa sentire altri accordi del sistema. Molti atti e contratti - oggi in particolare il contratto collettivo di lavoro - adempiono all'ufficio di fissare, come dicemmo, nuovi modi di vita. Le statistiche di questa attività potrebbero fornire materiali preziosi a chi sapesse usarne non a scopo di semplice descrizione, bensì a scopo di analisi dei fattori socializzanti e di ricostruzione ideale, ma non tanto irreale quanto si potrebbe credere, del nostro edificio demografico.
Teoria quantitativa della Popolazione. - I problemi di quantità e continuità della popolazione presuppongono già trattati e risolti quelli della scelta della sede. La scelta avvenuta non esclude in modo assoluto il problema, essenzialmente politico, di scelte complementari future, ossia dell'espansione della stirpe fuori del territorio primo occupato.
La demografia dedica un capitolo importante alla localizzazione dei gruppi etnici, religiosi, professionali, ecc., seguendone gli effetti in tutti i movimenti collettivi per matrimonî, nascite, morti, migrazioni, e nei fatti attinenti alla ricchezza, alla cultura ecc. Le grandi città, coi loro quartieri dove i contrasti si presentano più spiccati, offrono un magnifico campo per queste ricerche. Esse costituiscono centri di più vivace concorrenza, dotati di una singolar forza d'attrazione. Tutta la popolazione di un paese tende a passare per esse o definitivamente inurbandosi o venendo a contatto temporaneo dei ceti borghesi, dei quali si assimila, poco o molto, idee e costumi.
Diceva R. Malthus che la popolazione, se non avesse da temere la miseria col dar libero corso alla sua capacità di riproduzione, raddoppierebbe ogni 25 anni; che però i mezzi di sussistenza non potendo seguirla se non d'un passo assai più lento, segnano limiti di rigore al suo aumentare. Questi limiti, soggiungeva, non si varcano senza provocare l'azione di cause repressive (guerre, epidemie, carestie, ecc.) che spazzano via i soprannumerarî e riconducono le bocche alla proporzione dei pani; ma possono anche non essere raggiunti, quante volte il desiderio della vita comoda con pochi condividenti al banchetto, inducono la popolazione a evitare o ritardare il matrimonio, a contenere volontariamente la procreazione, a tollerare la pratica dell'aborto (freni preventivi). La propaganda, che il Malthus riteneva necessaria, per il prudente ritardo delle nozze, la propaganda contro i sussidî ai poveri, incorreggibili procreatori di povertà, rende il tono pessimistico della sua dottrina; egli credeva, cioè, assai più probabile la tendenza della popolazione a oltrepassare la misura che a restarne di qua, con un margine di sicurezza.
A ogni modo il consiglio del moral restraint era tale da non poter far presa che su un'eletta di persone, nate più per il sacerdozio che per la famiglia; e da non riuscire efficace, se non procrastinando le nozze al termine della primavera della vita; soluzione contro natura e contro il disegno divino.
Non tutta la popolazione, ma una certa parte di essa ha la tendenza che il Malthus generalizzava. Separando dalla massa dei matrimonî quelli contratti in età inferiore alla normale e separando ancora da questi i matrimonî di fecondità superiore alla normale, noi circoscriviamo, a un bel circa, gli elementi a cui si può imputare l'eccesso di popolazione. Togliamone pure alcune coppie borghesi o ricche per restare nell'ambito dei proletarî. Nelle famiglie dei salariati, costituite per via di matrimonî precoci presto seguiti da numerosa figliolanza, il carico di figli improduttivi raggiunge il suo massimo, prima che il capofamiglia abbia assicurato il massimo del reddito e la stabilità dell'occupazione. Ecco la crisi domestica. Quando i casi diventano numerosi e le miserie si saldano per contatto, ecco la crisi di popolazione.
La nazione, nel territorio in cui si è organizzata a stato, tende senza dubbio a popolarlo tutto e a sfruttarlo come la tecnica del tempo meglio le insegna. Ma col progredire dell'addensamento le famiglie cominciano ad annettere ad ogni nuovo nato un valore minore di prima. Se la mortalità infantile diminuisce, si verifica più di rado il bisogno di sostituire il bimbo perduto con una nuova creatura. Succede, dunque, l'opposto di quello che poté verificarsi nei paesi di colonizzazione agricola, con abitanti radi e terra facile, dove ogni nuovo nato era accolto con particolare favore, come che per esso le famiglie uscissero più presto dall'isolamento. Nei punti di addensamento maggiore, le città, ove i desiderî di vita comoda e libera d'impacci sono meno contenuti, maggiore si fa il deprezzamento dei nati dopo quell'uno o quei due primi, con cui si è affermato il valore delle nozze. Deprezza la famiglia di fronte a forme concorrenti e libere di coesione. Ed ecco la borghesia attiva, istruita, spregiudicata e calcolatrice dar l'esempio del matrimonio tardivo (epilogo, molte volte, di un celibato esperto) e della limitazione volontaria della prole. Il costume a poco a poco si propaga nelle borgate e nelle campagne; e perde per via il carattere penoso che poté aver da principio, sino a tramutarsi in una forma naturale di condotta.
Nei paesi di civiltà occidentale, il processo è ormai così avanzato da lasciar credere che le medie di frequenza dei matrimonî e di età alle nozze, di nati per coppia e di superstiti loro nel corso ordinario di una generazione, convergeranno verso certi limiti, raggiunti i quali la popolazione, saturata ogni parte abitabile del globo, rimarrà senza sforzo stazionaria.
Questa soluzione vale forse solo per un remoto avvenire al quale penseranno i nipoti dei nostri nipoti. Oggi gli uomini di governo intendono che la denatalità costituisce per la nazione l'avviamento alla decadenza. Ora, se la forza d'espansione del deplorato costume è grande, grandi sono anche i mezzi a disposizione dei governi per indirizzare altrimenti la condotta dei cittadini. Il celibato non necessario e il matrimonio sterile o scarsamente fecondo, trattati come evasioni, volontarie o d'incerta definizione, al dovere di assicurare la continuità e la forza numerica della stirpe, potrebbero essere chiamati a contribuire con larghezza alle spese dell'allevamento razionale delle nuove generazioni. L'urbanesimo può essere arginato, la coltura dei campi intensificata. Si è calcolato che il nostro mondo, nelle più favorevoli condizioni di sfruttamento del suolo (e del mare) potrebbe nutrire 8360 milioni di abitanti in luogo dei 1900 d'oggi. Per giungere a tanto, con l'andatura attuale, occorrerebbero più di tre secoli.
Nel frattempo, la politica che s'impone ai popoli, come l'italiano, energici, adattabili a diversi climi, ancor sobrî e ancora prolifici, non è di lasciar libera via alla propaganda neomalthusiana, ma di prepararsi all'espansione, pacifica, se possibile, in territorî oggi scarsamente popolati e sfruttati, adatti per un sano sviluppo della propria stirpe e per la diffusione della propria lingua e civiltà; è la politica della porta aperta ovunque al lavoro e della distribuzione più equa delle materie prime, veri doni di Dio a tutti gli uomini di buona volontà.
Bibl.: La demografia è ancora oggi, presso molti scrittori, poco distinta dalla statistica della popolazione, sua principale provveditrice di materiali di studio,e laborati; ond'è che quasi in ogni statistica si ritrovano meriti di demografo. Superfluo, quindi, citare nomi e opere, che sono segnalati in apposite voci. Ricordiamo tuttavia: J. P. Süssmich, die göttliche Ordnung in den Veränderungen des menschlichen Geschlechtes, Berlino 1741; Th. Rob. Malthus, An essay on the principle of population, Londra 1798 (anonimo), e successive edizioni: A. Quételet, Sur l'homme et le développement de ses facultés, ou Essai de physique sociale, Parigi 1835; A. Guillard, Éléments de statistique humaine, ou Démographie comparée, Parigi 1855; G. Mayr, Die Gesetzmassigkeit in Gesellschaftleben, Monaco 1877 (riprodotto con aggiunte notevoli in italiano col titolo: G. Mayr e G. B. Salvioni, La statistica e la vita sociale, Torino 1886); A. Messedaglia, in Archivio di statistica, Roma 1877 e 1878; passim; R. Benini, Principii di demografia, Firenze 1901; id., La demografia italiana nell'ultimo cinquantennio, Roma 1911; G. Mortara, La popolazione delle grandi città italiane, Torino 1910.