Comune dell’Emilia (140,86 km2 con 395.416 ab. nel 2020, detti Bolognesi), città metropolitana e capoluogo della regione Emilia-Romagna. È posta sulla Via Emilia, a 54 m s.l.m., allo sbocco della valle del Reno.
La pianta della città mostra l’originario nucleo romano a insulae rettangolari (6 cardini e 7 decumani, 10 porte, foro nell’area di pal. d’Accursio), su cui la città medievale si sviluppò a raggiera. A una prima cinta di mura se ne sostituì (1327-90) un’altra, in gran parte abbattuta ai primi del 20° secolo. La città moderna si è estesa lungo la Via Emilia e ha da tempo superato i limiti comunali includendo Borgo Panigale, Casalecchio di Reno, Corticella e San Lazzaro di Savena. Nel centro storico, la funzione abitativa è stata sostituita quasi interamente da quella terziaria e direzionale; all’esterno vi sono le aree residenziali e quartieri specializzati (universitario, giudiziario, fieristico).
Nel decennio tra il 1950 e il 1960 B. ha avuto una crescita demografica tra le più rilevanti del Paese (dai 340.526 ab. nel 1951 ai 448.679 ab. del 1961). L'aumento, continuato fino ai primi anni 1970 (490.748 ab. nel 1971), si è verificato principalmente in seguito a un forte e continuo flusso di immigrazione, dalle campagne, dalla montagna e dalle regioni del Sud. Dalla seconda metà degli anni 1970 B. ha risentito dei processi deglomerativi tipici delle aree metropolitane: nel periodo 1971-81 la popolazione comunale è scesa del 6%, dell’11% nel successivo decennio, arrivando a 370.363 nel 2001. Gli anni 2000 hanno invece registrato una lieve tendenza alla ripresa. Gli stranieri residenti a Bologna al 1° gennaio 2016 erano 58.873 (15,2% della popolazione residente). Circa i 2/3 degli attivi sono occupati in attività del terziario, vitale e innovativo, favorito dall’importanza di B. nel quadro delle comunicazioni (specie ferroviarie) della Penisola, all’incrocio fra le maggiori direttrici di traffico. Notevoli le industrie metalmeccaniche, alimentari, poligrafiche, farmaceutiche, chimiche, delle calzature e delle confezioni. B. è importante centro culturale e antica sede universitaria.
Le prime testimonianze di insediamenti umani nella zona della futura B. sono le vestigia di abitati della fine dell’Età del bronzo trovate nella città e nelle immediate adiacenze e importantissimi resti di capanne della civiltà villanoviana, datati all’Età del Ferro (10°-9° secolo a.C., ➔ villanoviano). Alla fine del 6° secolo si insediarono nella zona gli Etruschi, che attraverso l’emporio di Spina incrementarono gli scambi commerciali con l’area mediterranea, in particolare con la Grecia, e attribuirono alla città, sorta per processo sincretistico, il nome di Velzna (Felsina in latino). Conquistata dai Galli Boi verso la metà del 4° secolo, la città andò incontro a un lungo periodo di decadenza. Nel 189 a.C. i Romani vi dedussero una colonia di 3000 uomini, che denominarono Bononia (forse dal celtico bona «costruzione»). Già sotto i Villanoviani e poi sotto gli Etruschi la città era stata un centro di notevole importanza agricola, industriale e commerciale; con l’apertura della via Emilia, da Rimini a Piacenza, grazie al console Marco Emilio Lepido, e della via Flaminia - che passando attraverso Arezzo, collegava la città direttamente con l’Italia centrale - grazie a Caio Flaminio, la città divenne anche un importante nodo stradale (187 a.C.). Trasformata in municipio forse dopo la guerra sociale (91-88 a.C.), e di nuovo in colonia da Marco Antonio, Bononia fu distrutta da un incendio nel 53 d.C. e subito ricostruita da Claudio. La decadenza della città iniziò nel 4° secolo d.C., anche se nel 410 sostenne ancora validamente l’assalto dei Visigoti di Alarico.
All’inizio del Medioevo B. si trovava nelle condizioni di disorganizzazione e di sfacelo comuni a tutte le città dell’Italia settentrionale sotto le incalzanti invasioni barbariche. Poco dopo il 400 fu nominato il suo primo vescovo, Zama, cui fece seguito Petronio, al quale si deve, secondo la tradizione, la prima fondazione di quell’importantissimo nucleo di chiese che costituirono poi la Nuova Gerusalemme (ora S. Stefano). Dalla venuta degli Ostrogoti fino al sorgere dei Comuni la storia cittadina è poco documentata. Durante il dominio di Teodorico e dei suoi successori, B. rimase più o meno nelle stesse condizioni in cui si trovava sotto l’Impero: orientata verso Ravenna, sede del governo, e non più verso Roma, ebbe un certo risveglio di attività dovuto alla maggiore vicinanza del potere centrale. Continuò a dipendere da Ravenna anche nel periodo della dominazione bizantina, fino al 7° secolo; fu poi devastata dai Longobardi di Liutprando (727-28) ma, calati in Italia i Franchi, i Longobardi furono ricacciati e B. fu ceduta al papa. Per quanto si può dedurre dalle scarse fonti documentarie dell’epoca, sembra comunque che la città abbia saputo svolgere una vita indipendente e avere perfino una milizia civica.
Quando, con il concilio di Guastalla (1106), la chiesa bolognese si rese autonoma da Ravenna, anche B. riuscì a costituirsi in Comune indipendente, lottando contro l’imperatore e abbattendo la rocca che era stata eretta e tenuta nel suo nome (1114). Successivamente i Bolognesi si accordarono, per la parte formale, con l’imperatore stesso, rimanendo teoricamente suo feudo. Tuttavia il Comune si considerò di fatto indipendente e agì per conto proprio, amministrandosi come credeva, muovendo guerra ai vicini, assoggettando i signori e gli avversari del contado e al più limitandosi a pagare ai rappresentanti dell’imperatore il tributo di onoranza. La costituzione del Comune bolognese era molto simile a quella dei Comuni limitrofi della regione. A capo del governo vi erano due o quattro o più consoli, a seconda degli anni, i quali avevano pieno potere esecutivo, giudiziario e militare. Il potere legislativo era tenuto dall’assemblea generale, o Parlamento, per le questioni più importanti, mentre i provvedimenti di secondaria importanza erano discussi nel Consiglio minore. Più tardi, quando a capo del comune ci fu il podestà, fu istituito anche un Consiglio di credenza, o Consiglio piccolo. Vi erano poi altri magistrati di rango inferiore: il tesoriere, i sovrastanti alle gabelle, gli ispettori dei mercati, i sovrastanti alle strade e alle acque, gli estimatori dei danni, le guardie notturne ecc. I cittadini erano divisi in quattro quartieri, corrispondenti alla divisione della città secondo il cardo e il decumano, che si incrociavano sotto il palazzo del podestà. Il territorio dipendente dal Comune andava inizialmente poco più in là delle mura e solo più tardi poté estendersi fino a quello dell’attuale città metropolitana e talvolta superarne i confini. Fu allora che i nobili, i cavalieri feudali, che avevano contrastato in tutti i modi la costituzione del Comune, dovettero cedere le armi e assoggettarsi al Comune stesso, trasferendosi dal contado all’interno della città. Nello stesso tempo scoppiavano le lotte fra guelfi e ghibellini. A B. i due partiti presto assunsero i nomi dei Geremei e dei Lambertazzi, le due importanti famiglie che li capitanavano. Dopo un periodo di alterno prevalere del partito conservatore, i Lambertazzi, e di quello democratico, i Geremei, quest’ultimo andò sempre più acquistando potere, ottenendo nel 1228 il riconoscimento delle compagnie popolari delle armi e l’intromissione nei consigli amministrativi dei rappresentanti delle arti, nel 1245 gli statuti, nel 1256 la liberazione dei servi della gleba e infine nel 1274 la cacciata dei Lambertazzi. Dal momento in cui la parte guelfa ebbe il totale predominio, iniziò il decadimento del libero Comune, la cui stessa identità era dovuta proprio al concorso di tutti i cittadini e di tutte le correnti di pensiero e di azione.
Se la vicenda comunale ha notevole importanza nella storia di B., la fondazione dello Studio, o università, ha una rilevanza che esce dall’ambito della città per interessare tutta la cultura europea. È difficile stabilire una data certa di fondazione dello Studio come istituto ufficiale, anche se è certo che sin dalla fine del 10° secolo esistesse a B. una scuola di grammatica e di retorica e che all’incirca in quel periodo si iniziassero a studiare anche i primi principi del diritto, come testimonia un documento del 1067 recante la prima menzione di un doctor legis. È probabile che ciò sia avvenuto nel tempo stesso in cui la Chiesa bolognese fu dichiarata indipendente da quella ravennate. Certamente alla metà del 12° secolo la scuola era pienamente attiva: si sa infatti che in quel periodo l’imperatore Federico Barbarossa riconobbe la costituzione corporativa degli scolari e i loro privilegi di fronte alla città. L’università venne così a configurarsi come una sorta di Comune dentro al Comune, con propri diritti, un’organizzazione a sé stante e magistrati indipendenti dall’autorità comunale. Il complesso degli scolari, o universitas scolarium, che arrivavano da tutte le parti d’Europa e che in certi momenti superavano i 10.000, costituiva un unico corpo, diviso a sua volta in due principali associazioni a seconda del luogo di origine: università dei citramontani, ossia degli Italiani, e università degli oltremontani, ossia degli stranieri. Le due università a loro volta si dividevano in tante corporazioni o nazioni in base alla provenienza: dei Francesi, degli Spagnoli, dei Catalani, dei Toscani, dei Lombardi, dei Romani ecc. In seguito, quando al diritto romano si aggiunse il diritto canonico e, più tardi, furono introdotte altre discipline scientifiche o arti, le denominazioni più usate furono quelle di università dei giuristi e università degli artisti. L’università di B. fu la prima d’Europa e si può dire che da questa, e poi da quella di Parigi, derivarono tutte le altre università europee, organizzate su uno stesso concetto di libero insegnamento; la città deve quindi anche allo Studio la sua fama e il suo sviluppo.
Soprattutto grazie allo Studio, nel 13° secolo B. divenne centro di diffusione delle idee di umanità e di cultura che tanto a lungo la hanno contraddistinta. L’assurgere della democrazia e dell’artigianato all’amministrazione dello Stato trovò qui uno dei primissimi esempi; inoltre B., per prima fra le città d’Italia, procedette alla liberazione dei servi con la ‘riformagione’ Paradisus del 1256, per la quale quasi 6000 uomini furono messi in libertà, a spese del Comune.
Intanto la città assumeva una posizione predominante sull’Emilia e sulla Romagna, svolgendo un ruolo politico di rilievo anche all’esterno. Con la fortunata battaglia di Fossalta del 1249 venne fatto prigioniero lo stesso figlio di Federico II, Enzo re di Sardegna, e contro la volontà del padre e degli imperatori tedeschi fu tenuto prigioniero per 22 anni, seppure trattato da sovrano in un sontuoso palazzo. Pochi anni dopo vi fu uno scontro con Venezia nella battaglia di Primaro. Il benessere, la ricchezza e la potenza si manifestarono anche nel rinnovamento edilizio, nelle grandi costruzioni, nella rapida espansione urbana, nei monumenti edificati in quel secolo. Si costruì un nuovo palazzo del podestà, proprio nel cuore della città, in sostituzione di quello esistente; si innalzarono torri, si aprirono strade, si allargò la piazza maggiore, si elevò la chiesa di S. Francesco, si affidarono a Niccolò Pisano le sculture della tomba di S. Domenico. Solo verso la fine del secolo si ebbero evidenti segni di decadenza, non tanto economica, quanto politica, quando la rinuncia fatta da Rodolfo d’Asburgo nel 1274 al suo diritto sulle terre dell’esarcato in favore della Chiesa pose B. nelle mani del papa Benedetto XI, il quale ai primissimi anni del 1300 inviò come suo legato il cardinale Matteo Orsini. E se più tardi questi fu cacciato per le sue pretese esorbitanti e se altri legati poco prudenti seguirono la stessa sorte, tuttavia fin dal principio del 14° secolo B. si trovò di fatto sotto il governo della Chiesa, e tale sarebbe rimasta, salvo brevissime interruzioni, fino al 1859.
Il Comune, indebolito per i dissensi interni e per le pretese della Chiesa, era ormai in declino. A ben poco avevano giovato gli «ordinamenti sacrati e sacratissimi» del 1283 e tutte le altre disposizioni legislative democratiche della fine del sec. 13°, volte a difendere e conservare l’ordinamento repubblicano; si stavano preparando le condizioni politiche e morali per l’avvento del governo signorile. In città non mancavano famiglie ricche e preminenti e di largo seguito che potevano aspirare al dominio cittadino, primi fra tutti i Pepoli. Intorno al 1320 Romeo Pepoli fece un tentativo non riuscito, preparando però la via al figlio Taddeo, che nel 1337 si fece proclamare signore. Il papa Benedetto XII, per riaffermare i suoi diritti sulla città, costrinse Pepoli ad accettare il potere da lui stesso, e non più dai cittadini, sotto forma di vicariato. Non fu dunque la signoria piena voluta da Pepoli e dai Bolognesi, che li avrebbe resi indipendenti da Roma, ma una preminenza e delegazione: caratteri che ebbero poi tutti i tentativi di signoria che seguirono più tardi.
Taddeo Pepoli morì nel 1347. I due figli, Giovanni e Giacomo, in difficoltà, tra un complesso di nemici e le pretese del papa, nel 1350 vendettero la città al potente arcivescovo di Milano Giovanni Visconti; quando questi morì nel 1354, la città cadde sotto Giovanni da Oleggio, venuto a rappresentare l’arcivescovo. Anche il suo dominio fu breve: nel 1360 Egidio Albornoz conquistò B. e vi insediò stabilmente il governo del papa. Tuttavia la soggezione della città alla Chiesa non fu assoluta né tranquilla. I Bolognesi rimasero ostili al reggimento pontificio e già nel 1376 si sollevarono, costituendo una repubblica indipendente, sia pure per poco; nel 1394 Giovanni I Bentivoglio tentò d’impadronirsi del potere; Carlo Zambeccari ripeté il tentativo nel 1398, e nel 1402 lo stesso Bentivoglio fu per breve tempo signore. Incontrò però insormontabili difficoltà nei rivali interni e nei potenti nemici esterni, così che fu facilmente sconfitto a Casalecchio e trucidato nel 1402. B. fu conquistata da Gian Galeazzo Visconti, ma dopo la sua morte improvvisa, i successori consentirono subito a riconsegnare la città al papa (1403).
Sembra in linea con lo spirito bolognese d’indipendenza da Roma, e con un restaurato ricco tenore di vita, la deliberazione presa dai cittadini bolognesi, sulla fine del sec. 14°, di assumere a principale patrono della città, in luogo di s. Pietro Apostolo, il vescovo cittadino, Petronio, e di dedicargli un duomo che nel progetto iniziale doveva superare in grandezza la stessa basilica vaticana. Le sollevazioni e proteste di Bologna continuarono anche nel sec. 15°: nel 1411 si rivoltò con Pietro Cossolini; nel 1420 con Anton Galeazzo Bentivoglio; nel 1438 si assoggettò nuovamente ai Visconti. Nel 1445 assunse il potere effettivo Annibale Bentivoglio, subito ucciso; ma l’anno seguente prese saldamente le redini di B., sia pure come vicario del papa, il giovane Sante Bentivoglio, che tutelando gli interessi del piccolo Stato, contribuì a quel periodo di ricchezza, di dignità e di splendore, che fu detto il Rinascimento bolognese. Nel 1447 Sante stabilì con il papa Niccolò V i capitoli con cui terminò la lunga controversia tra la città e la Chiesa circa la sovranità apostolica e le franchigie municipali, con l’assegnazione a B. di alcuni diritti e prerogative per cui poteva considerarsi come semi-indipendente da Roma e avere suoi ambasciatori o oratori a Roma stessa e negli Stati non soggetti alla Chiesa.
Il lungo dominio (1462-1506) di Giovanni II Bentivoglio, figlio di Annibale e succeduto a Sante, segnò per la città un periodo di espansione culturale, civile ed economica. La vita pubblica assunse un nuovo tenore; lo Studio continuò ad attirare scolari e maestri; le arti e le scienze ebbero un’importante fioritura. Sorsero dappertutto nuovi palazzi, chiese, monumenti. Giostre e feste grandiose allietavano il popolo, mentre le congiure dei Malvezzi e dei Marescotti venivano soffocate nel sangue. Furono, però, i reduci di queste famiglie a invocare l’aiuto di Giulio II contro i Bentivoglio. Nel 1506 Giovanni, che nell’ultimo periodo del suo governo si era attirato grande malcontento con atteggiamenti tirannici, fu costretto alla fuga e il papa, appoggiato dai francesi, entrò trionfalmente in città. I figli di Giovanni tentarono di riprendere il potere, ma i loro tentativi nel 1507 e nel 1511 fallirono.
Con la fine della signoria dei Bentivoglio B. entrò in un lungo periodo di stasi politica, seguendo la storia dello Stato della Chiesa. All’importanza delle vicende politiche subentrò l’interesse per i giochi, le feste, gli apparati, i carnevali, gli spettacoli vari che animavano spesso la vita cittadina, per la venuta dei papi e il passaggio di principi e sovrani. L’università attraversò una fase di estrema decadenza: pochi scolari, insegnanti poco valenti, salvo rare eccezioni. In due campi B. continuò tuttavia a essere parte cospicua della civiltà italiana: nell’arte, con l’affermarsi della scuola dei Carracci, e nelle scienze, con il contributo di personaggi come Luigi Ferdinando Marsili, Ulisse Aldrovandi, Marcello Malpighi e Luigi Galvani. A rimediare alle condizioni di declino in cui versava l’istruzione venne proprio l’Istituto fondato da Marsili nel 1711, che con scuole, musei, libri, materiali scientifici e con una mentalità tutta nuova, precorse gli altri istituti scientifici d’Europa. Per la rinascita dell’università molto si adoperò il cardinale Prospero Lambertini, poi papa Benedetto XIV (1740). Dopo aver accolto favorevolmente il dominio napoleonico, B. sperò inutilmente di riavere l’indipendenza dal congresso di Vienna. Infatti nel 1814-15 sembrò che la città dovesse diventare la capitale di un piccolo Stato autonomo che doveva comprendere le cosiddette Romagne, ma poi, per opera soprattutto del cardinale Consalvi, ritornò ancora una volta allo Stato pontificio. Durante il primo periodo della Restaurazione la città fu il centro di tutte le sette liberali che agivano in Romagna, finché nel 1831 insorse insieme a tutta la regione, costituendo il governo delle Province unite che emanò un decreto di affrancamento dal dominio papale. Ben presto però, invitata dal papa, intervenne l’Austria, che restituì le province alla Chiesa. La città insorse ancora nel 1848, respingendo gli Austriaci alla Montagnola. Nel 1859, con l’annessione al Regno del Piemonte, B. entrò a far parte del nuovo Stato italiano. Al centro di un’articolata rete ferroviaria, iniziò a svilupparsi come importante mercato commerciale, centro anche, negli ultimi decenni del secolo, di una fervida vita culturale e di accese passioni politiche fra anarchici, liberali e cattolici, che tornavano a prender parte alla vita pubblica.
Nel 1914 B. ebbe il suo primo sindaco socialista, Francesco Zanardi, che cercò di alleviare i disagi e gli stenti provocati alla popolazione dalla Grande guerra, durante la quale B. fu il primo Comune italiano che distribuì generi alimentari alle famiglie dei richiamati. Il numero di Bolognesi morti nel conflitto fu ingente: oltre 10.700 nell’intera provincia. La guerra inoltre determinò il crollo delle attività economiche, facendo lievitare disoccupazione e povertà, e il nascente movimento fascista approfittò del malcontento della popolazione per fare proseliti. Fin dalla primavera 1921 a B. si costituì una Camera sindacale del lavoro e nel gennaio 1922 fu istituita la Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali fasciste. Nella primavera 1922, inasprendosi i rapporti tra i fasci e il governo, B. fu occupata militarmente dalle Camicie nere, che vi convennero da ogni parte della regione. Il periodo sfociò poi nella marcia su Roma.
Altrettanto pesante fu il tributo pagato da B. alla Seconda guerra mondiale. Occupata dai Tedeschi il 10 settembre 1943, due giorni dopo l’armistizio, nel corso della campagna d’Italia fu uno degli obiettivi dell’azione ‘Mitraglia’ svolta dalle armate alleate 5a e 8a, che con il contributo della resistenza partigiana, liberarono infine la città il 21 aprile 1945, dopo che 50 pesanti incursioni aeree avevano provocato vaste distruzioni soprattutto lungo la linea ferroviaria.
Notevole è stato l’apporto dei cittadini bolognesi alla Resistenza antifascista: nelle unità partigiane della provincia hanno militato più di 15.000 resistenti, con oltre 2000 morti. Quando nel marzo del 1946 si svolsero le prime elezioni amministrative dopo il fascismo, si registrò una notevole affermazione dei partiti di sinistra: il Partito Comunista Italiano (PCI) ottenne 71.369 voti (38,28%) e il Partito socialista di Unità Proletaria (PSIUP) 49.031 (26,30%). Il secondo partito della città come numero di voti fu la Democrazia Cristiana (DC) che ottenne il 30,33%. Il 9 aprile il Consiglio comunale elesse sindaco Giuseppe Dozza (già designato sindaco dal CNL alla liberazione della città), a capo di una giunta formata da rappresentanti dei partiti comunista e socialista. La città era uscita provata dall’esperienza bellica e la disoccupazione raggiungeva nel 1948 le 40.000 unità, circa un terzo della forza lavoro.
Dozza sviluppò una politica di dialogo con il mondo cattolico, di ascolto dei bisogni dei cittadini e di partecipazione; la sua popolarità lo portò ad essere confermato sindaco nel 1951, nel 1956 vincendo le elezioni in competizione con Giuseppe Dossetti, nel 1960 e nel 1964, restando sindaco della città dal 1945 al 1966. La sua lista di sinistra (Due Torri), ottenne sempre risultati superiori al 40% dei voti. Nell’ottobre del 1955 venne adottato il Nuovo Piano Regolatore (approvato definitivamente nel 1958), basato su un’ipotesi di sviluppo demografico che prevedeva un incremento della popolazione fino a un milione di abitanti, con una grande espansione dell’abitato urbano lungo la via Emilia, in direzione Sud-Est e Sud-Ovest. La città fu attraversata negli anni 1950 da due fenomeni rilevanti: lo sviluppo demografico, che, incentivato fortemente da fenomeni migratori, dalle campagne circostanti e dal Sud, portò la città dai 330.000 abitanti del 1950 ai 440.000 circa del 1961, e il boom economico, basato principalmente sulla piccola e media impresa, che favorì un rilancio notevole dei livelli occupazionali.
All’inizio degli anni 1960, Dozza e la sua giunta operarono una correzione di rotta, abbandonando la politica del pareggio di bilancio, e scegliendo un orientamento di spesa che comportava un miglioramento dei servizi comunali e un impulso maggiore all’economia cittadina. L’idea di sviluppo urbanistico fu rinnovata, anche sotto l’influenza di esperti e consulenti prestigiosi come Giuseppe Campos Venuti, Leonardo Benevolo, Italo Insolera, Carlo Aymonimo, più verso la qualità che verso la quantità e con forti misure di contenimento del peso della rendita fondiaria. Il 2 aprile 1966 Dozza si dimise per motivi di salute e venne eletto nominato Guido Fanti, espressione del nuovo corso del PCI bolognese. La città fu teatro, sul finire degli anni 1960, dalle proteste studentesche, che ebbero tra i protagonisti anche i numerosi studenti fuori sede.
Nel 1970 ci furono le nuove elezioni amministrative: con 149.338 voti (42,54%) prevalse la lista di sinistra Due Torri (PCI e Indipendenti di sinistra). Una vittoria da cui scaturì la nomina a sindaco di Renato Zangheri (Fanti diventò presidente della Regione Emilia Romagna). Zangheri fu confermato sindaco fino all’aprile del 1983, acquisendo una notevole popolarità personale e conseguendo per il suo partito risultati elettorali sempre superiori alla soglia del 40%.
Negli anni 1970 B. fu attraversata da diverse tensioni, culminate nel marzo del 1977 nell’uccisione del militante di Lotta continua Francesco Lorusso, colpito durante uno scontro con i carabinieri; nello stesso anno ospitò il Convegno nazionale contro la repressione, a cui parteciparono decine di migliaia di giovani.
Il 2 agosto 1980 una bomba di grande potenza esplose alla stazione ferroviaria. La deflagrazione fece crollare un tratto lungo 50 metri del fabbricato che ospitava i locali del ristorante e delle sale di attesa di prima e seconda classe, determinando il tragico bilancio di 85 morti e 200 feriti. Gli inquirenti individueranno in seguito nell’eversione di destra la matrice della strage.
Nell’aprile del 1983 il consiglio comunale elesse Renzo Imbeni nuovo sindaco di B., che subentrava nell'incarico al dimissionario Zangheri, candidatosi alla Camera dei deputati.
Nel 1985 venne adottato il nuovo Piano Regolatore Generale, che si avvaleva dell’apporto di consulenti come Giuseppe Campos Venuti, Fernando Clemente e Paolo Portoghesi. Il piano rifiutava l’idea di nuove espansioni a discapito delle aree agricole superstiti e proponeva l’utilizzazione degli interstizi inedificati della periferia, anche attraverso lo strumento dei DUC (Disegno Urbano Concertato).
Il 4 gennaio 1991 tre carabinieri in pattuglia nel quartiere periferico del Pilastro, vennero uccisi da un gruppo di uomini armati. Il massacro era opera della ‘banda della Uno bianca’, gruppo criminale responsabile di una serie di rapine e delitti nel Bolognese tra la fine degli anni 1980 e la prima metà degli anni 1990. Imbeni rimase sindaco della città per quasi dieci anni, ma con una situazione politica che richiese spesso cambi di maggioranza e rimpasti. La lista Due Torri risultò sempre vincente ma nel 1990 perse parecchi consensi, registrando il 38,72%. Nel 1993 fu eletto sindaco dal consiglio comunale Walter Vitali, che fu poi il candidato della coalizione di centrosinistra quando nel 1995 si svolsero le elezioni con il nuovo sistema elettorale. In quegli anni erano entrati nella vita cittadina nuovi soggetti e la geografia politica si trasformò con nuovi protagonisti, come la Lega Nord, la Federazione dei verdi, il Partito democratico della sinistra e Partito della rifondazione comunista. Vitali venne eletto al primo turno, avendo superato, anche se di poco, il 50% dei voti. Le tensioni legate ai problemi dell’immigrazione sfociarono nel novembre del 1998 nell’occupazione per protesta della basilica di San Petronio da parte di circa 130 cittadini magrebini, dopo lo sgombero di un edificio IACP occupato abusivamente.
Nel 1999 l’elezione a primo cittadino di Giorgio Guazzaloca (che prevalse al ballottaggio sulla candidata della sinistra Silvia Bartolini), consegnò alla città per la prima volta dopo 50 anni un sindaco sostenuto dal centrodestra.
Capitale europea della cultura nel 2000, insieme ad altre città europee, B. ha sfruttato questa opportunità per valorizzare il proprio patrimonio storico e culturale con mostre e rassegne. Nel 2004 Sergio Cofferati, ex segretario generale della CGIL e candidato del centrosinistra, ha vinto le elezioni amministrative ed è diventato sindaco, superando il sindaco uscente Guazzaloca. A Cofferati, nelle successive elezioni del 2009, è seguito ancora un sindaco sostenuto dal centrosinistra, Flavio Delbono, che si dimetterà però già nel gennaio 2010 a causa di un’indagine giudiziaria relativa al periodo in cui era vicepresidente della regione Emilia-Romagna, rendendo necessaria la nomina di un Commissario straordinario per la reggenza del Comune, Anna Maria Cancellieri. Le elezioni amministrative del 2011 hanno visto l’affermazione al primo turno di Virginio Merola, candidato del centrosinistra ed ex assessore all'urbanistica della giunta Cofferati, riconfermato sindaco anche alle elezioni del 2016. Alle elezioni amministrative del 2021 ha vinto ancora una volta il candidato di centrosinistra, eletto al primo turno, Matteo Lepore.
Concordato di B. Concluso nel 1516 tra Leone X e Francesco I di Francia: il re abrogava la Prammatica sanzione del 1438, in cambio del diritto di nomina dei vescovi e dei priori.
Congresso di B. Si svolse tra l’autunno del 1529 e l’inizio del 1530, per tradurre in atto gli accordi del maggio 1529, tracciati a Barcellona tra Carlo V, vittorioso della Lega italiana e della Francia, e papa Clemente VII; vi parteciparono numerosi rappresentanti degli Stati italiani. Il predominio spagnolo fu consacrato nel febbraio del 1530 con l’incoronazione di Carlo V.
Il centro della città conserva in molte parti l’aspetto caratteristico della città medievale (sviluppatasi a raggiera sull’originario impianto romano), con le vie fiancheggiate ininterrottamente dai caratteristici portici, e le case e i palazzi antichi costruiti nel tipico materiale emiliano, il mattone rosso.
Contraddistinguono il profilo della città le due celebri torri pendenti degli Asinelli (altezza m 97,2) e dei Garisendi, o Garisenda (m 48), risalenti al 12° secolo, superstiti fra quelle che si ergevano numerosissime nella Bologna medievale.
Il cuore della città è la piazza Maggiore, dove sorge la basilica di S. Petronio, grandioso edificio gotico iniziato nel 1390 da Antonio di Vincenzo e terminato nel 17° secolo. Il portale centrale della facciata, incompiuta, è adorno di bassorilievi e sculture di Iacopo della Quercia (1425-38); nell’interno, a tre navate fiancheggiate da cappelle, si trovano numerose opere d’arte, fra cui affreschi di Giovanni da Modena, dipinti di Francesco Francia e di Lorenzo Costa. Sulla stessa piazza sono anche il Palazzo del podestà, del 13° secolo, ricostruito da Aristotile Fieravanti nel 1472; il Palazzo dei Banchi, costruito nel 1565-68 su progetto del Vignola; il Palazzo d’Accursio, o Palazzo comunale, costituito da edifici di epoca diversa (una parte è di Fieravante Fieravanti, 1425-28; sulla facciata, una grande Madonna col Bambino, terracotta di Niccolò dell’Arca, 1478).
La famosa Fontana del Nettuno, del Giambologna (1566), sorge nella piazza adiacente, di fronte al Palazzo di re Enzo (1244, già residenza del Comune), dove fu tenuto prigioniero il figlio di Federico II.
Uno dei più singolari monumenti medievali di Bologna è il complesso di S. Stefano, costituito da un gruppo di chiese che riproducono i luoghi santi di Gerusalemme. La fondazione, attribuita come già detto a s. Petronio, si data forse al 5° secolo; in realtà gli edifici sono in massima parte dei secoli 11°-12°.
Nel 13° secolo furono erette le due grandi chiese monastiche: quella di S. Domenico (1221, modificata da Francesco Dotti nel 1728), al cui interno si trovano la celebre Arca di s. Domenico, con bassorilievi di Nicola Pisano e fra Guglielmo (1267), e statue di Niccolò dell’Arca e di Michelangelo, e quella di S. Francesco (1236-63), di forme goticheggianti, con abside con cappelle a raggiera e all’interno grande ancona marmorea dei Dalle Masegne (1388-92). Presso S. Francesco sorgono le pittoresche arche di alcuni glossatori dello Studio bolognese del 13° secolo.
Al Duecento risale anche la struttura gotica di S. Giacomo Maggiore.
Magnifici esempi di architettura civile del 14° secolo sono il Collegio di Spagna (Matteo Gattapone, 1365) e il Palazzo della mercanzia (1384).
Fra le chiese dello stesso periodo, notevole soprattutto S. Maria dei Servi. L’architettura civile conobbe poi particolare splendore nel Quattrocento e nel Cinquecento; sorsero allora alcuni dei più bei palazzi signorili, di ispirazione dapprima toscana (palazzi Isolani, Bevilacqua ecc.) e poi romana (Fantuzzi, Dal Monte, Sanguinetti ecc.), e fu costruito l’Archiginnasio (A. Morandi detto il Terribilia, 1563), già sede dell’università.
Nei secoli 16° e 17° i palazzi bolognesi si arricchirono, all’interno, di decorazioni pittoriche: Pellegrino Tibaldi decorò palazzo Fava, poi i Carracci operarono nei palazzi Fava, Sampieri, Magnani. Nei secoli 17° e 18°, ‘quadraturisti’ e ‘prospettici’ completarono l’insieme fastoso di queste dimore patrizie.
L’attività degli artisti bolognesi si espresse anche nella ricostruzione di alcune chiese, come S. Maria della Vita, di Giovan Battista Bergonzoni con all’interno una celebre Pietà di Niccolò dell’Arca, la Madonna di Galliera, di Giuseppe Antonio Torri, S. Bartolomeo.
Nel 1605 fu rifatta la chiesa Metropolitana (S. Pietro), su disegno di Floriano Ambrosini. Di Carlo Francesco Dotti è la slanciata mole del santuario della Madonna di S. Luca (1723), sul colle della Guardia.
All’apertura della stazione ferroviaria (1858), connessa successivamente al centro della città dalla via Indipendenza, fece seguito lo sviluppo di nuove aree urbane create con la piazza Cavour (1861) e la piazza Minghetti (1893). Agli inizi del 20° secolo venne in gran parte abbattuta l’originale cinta muraria trecentesca che aveva un tracciato corrispondente a quello degli odierni viali di circonvallazione, oltre i quali, lungo le due direzioni della via Emilia, si estende la città moderna. Lo sforzo di coordinare la viabilità fra la parte compresa nella vecchia cinta di mura e le aggiunte esterne, specie quelle adibite a zone industriali, e la volontà di conferire al centro cittadino un’adeguata sistemazione comportò infatti nei primi decenni del Novecento un gran numero di sventramenti.
Durante la Seconda guerra mondiale la città fu oggetto di numerosi bombardamenti che causarono numerose vittime e ingenti danni.
All’opera di ricostruzione intrapresa nel dopoguerra si accompagnò negli anni 1950 e 1960 un cospicuo incremento edilizio, che ha ingrandito l’abitato urbano, lungo le direttrici della pianura e anche a Sud verso la collina, in concomitanza con il consistente e costante incremento della popolazione verificatosi in quel periodo.
Con il Piano INA Casa, varato nel 1949 si realizzarono importanti quartieri abitativi, di case per lavoratori, alle Due Madonne, al Cavedone in San Donato, a Borgo Panigale e in altri settori dell'estrema periferia. Nel 1957 iniziò l’edificazione del quartiere Barca, nella periferia ovest della città, inaugurato poi nel 1962, intervento urbanistico tra i più significativi del dopoguerra, pensato per l’insediamento di circa 40.000 abitanti.
Il 1957 è anche l’anno in cui B. registrò il maggiore incremento nelle attività edilizie, risultando prima, in percentuale, rispetto alle altre città italiane, in linea con le direttive del piano regolatore del 1955 che prevedeva per la città un milione di abitanti.
Nel 1966 venne inaugurato il primo nucleo del Pilastro nella periferia nord-est, progettato per far fronte alla grande richiesta di alloggi popolari in seguito alla forte ondata di immigrazione del dopoguerra (i primi abitanti saranno infatti di origine meridionale, e successivamente il quartiere si caratterizzerà come meta di immigrati stranieri). Anche per via della mancanza dei servizi essenziali (strade asfaltate, trasporti, acqua), l’area andò incontro a un precoce degrado, nonostante i successivi interventi a metà degli anni 1970 mirassero a favorire insediamenti che migliorassero il tessuto sociale del quartiere.
È ancora degli anni 1960 il progetto e l’avvio della realizzazione di un nuovo quartiere fieristico nell’area Nord della città, sul quale si innesteranno successivi interventi affidati a partire dal 1972 a Kenzo Tange, che contribuiranno a dare al Fiera district il suo attuale aspetto (l’ultima torre, destinata alla Regione, è stata ultimata nel 2010).
Dalla seconda metà degli anni 1960 cominciò tuttavia a farsi strada un orientamento che portò nel tempo all’introduzione, con una Variante al PRG, di norme sulla densità massima edificabile (1968), al Piano di salvaguardia collinare (1969) e alla Variante generale al Piano Regolatore (1970), che poneva tra gli obiettivi principali la salvaguardia del centro storico, la preservazione della zona collinare dalla speculazione edilizia, lo sviluppo industriale e del terziario nella zona Nord-Est, intensificazione dei servizi. L’urbanista e assessore Pierluigi Cervellati negli anni 1970 propose un progetto di salvaguardia e recupero del centro storico, che comprendeva la pedonalizzazione, suscitando accesi dibattiti.
A partire dagli anni 1980, nel quadro di un processo di contrazione demografica che smentiva le previsioni dei decenni precedenti, si avvertì la necessità di varare un piano regolatore aderente alle nuove realtà, che venne infine adottato nel 1985, consulenti gli urbanisti F. Clemente, P. Portoghesi e G. Campos Venuti (già assessore all’urbanistica negli anni 1960).
Il piano escludeva nuove espansioni a spese delle aree agricole superstiti e proponeva uno sviluppo del terziario localizzato, insieme alle residenze, negli interstizi inedificati periferici; prevedeva interventi su aree della media periferia, con la collaborazione di strutture private e pubbliche, da attuare attraverso i DUC (disegni urbani concertati), riservando particolare cura alla progettazione degli spazi scoperti (parchi, giardini, piste ciclabili). Attraverso questa metodologia Paolo Portoghesi realizzò negli anni il DUC Stalingrado (1990-95), nei pressi dell’area fieristica.
Grazie al nuovo piano verranno recuperati complessi in disuso per migliaia di metri quadrati. Su questa linea si collocano interventi come la riqualificazione dell’area della Manifattura delle Arti, nell’antica zona portuale della città (1996-2003), che ospita la cineteca, un cinema, dipartimenti universitari, spazi espositivi, o il progetto per una nuova sede del Comune nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo alla Bolognina avviato nel 2005.
Tra le istituzioni museali di B., importantissima per lo studio della pittura emiliana è la Pinacoteca nazionale; notevoli anche le raccolte del Museo civico, diviso in una sezione archeologica (con ricco materiale villanoviano, etrusco e vasi attici) e una medievale sistemata in Palazzo Ghisilardi Fava (1985) mentre una nuova sezione egizia della raccolta civica archeologica è ospitata in Palazzo Galvani (1994). Il trasferimento della Galleria d’arte moderna nella nuova sede del quartiere fieristico (1975) ha trasformato la sede originaria di Villa delle rose in un nuovo spazio espositivo (1989), mentre il MAMbo, Museo di arte moderna di B., ha occupato l'ex Forno del pane nell'area della Manifattura delle Arti. A Palazzo D’Accursio è stato anche sistemato il Museo Morandi (1993). Il Museo della storia di Bologna è stato allestito nel 2012 a palazzo Pepoli. Il MAST, Manifattura di Arti, Sperimentazioni e Tecnologia (2013), è un centro polifunzionale, che comprende, tra l'altro, uno spazio espositivo, un auditorium, un'accademia per l'innovazione e l'imprenditorialità.
Nel 2021 i portici di B. sono stati inseriti nella lista Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Già nel 13° sec. vennero istituite scuole di musica e di canto liturgico, ma il massimo splendore B. lo raggiunse nei secoli seguenti, quando sorsero numerose cappelle musicali, fra le quali quella di S. Petronio, istituita ufficialmente nel 1436. Fu proprio in S. Petronio che si sviluppò l’importantissima scuola strumentale bolognese, che raggiunse il suo apice artistico con M. Cazzati, G.B. Vitali, G. Torelli e soprattutto con A. Corelli. La vera passione dei bolognesi fu però il melodramma, rappresentato sia nei numerosi teatri pubblici, sia nei conventi, collegi e sale private. Fra i più famosi, il teatro della Scala o del Pubblico, il Formagliari, il Malvezzi, tutti attivi nel Seicento, e il nuovo Teatro comunale, inaugurato nel 1763, che a partire dal 1871, anno della prima rappresentazione italiana del Lohengrin divenne il principale centro di riferimento del wagnerismo italiano.
Città metropolitana di B. (3702 km2, con 1.021.501 ab. nel 2020, ripartiti in 55 comuni). Nel 2014, con la legge 7 aprile n. 56, entrata in vigore il 1°gennaio 2015, la città metropolitana di B. è subentrata all'omonima provincia, mantenendo la medesima estensione geografica. È divisa in due parti dalla Via Emilia: a SO una zona collinosa e montana, a NE la pianura. Nella direzione della Via Emilia abbraccia fino al fiume Sillaro la porzione meridionale della regione emiliana, per transitare poi in quella romagnola. La parte collinosa e montana include una sezione del versante adriatico dell’Appennino, di cui sale fino al crinale, culminando nel Corno alle Scale (1945 m), intagliata dalla valle del Reno e da altre, confluenti o parallele, con direzione NE. Alcuni dei fiumi che percorrono queste valli (Savena, Sillaro, Santerno) attraversano anche la pianura. Nell’alto corso del Reno e dei suoi primi affluenti sono sistemati notevoli bacini idroelettrici. Nella zona più bassa della pianura sono state eseguite grandi opere di bonifica ai lati del fiume. La popolazione crebbe intensamente nel periodo 1951-1971; seguirono un ventennio di contrazione (più forte nella montagna), quindi una ripresa; le fasi di crescita dipesero dall’immigrazione.
Fra le più attive e ricche aree d’Italia e d’Europa, l'area metropolitana ha un’industria innovativa, ben integrata (distretti), orientata all’esportazione (agroalimentare, metalmeccanica, chimica); e, soprattutto, un terziario a sua volta ben integrato con l’industria. Agricoltura (cereali, foraggio, barbabietole, ortaggi, frutta, vite) e allevamento sono tuttora importanti e discreto è il patrimonio boschivo, che la pianificazione regionale tende a incrementare e proteggere con la creazione di parchi e riserve naturali. Completo e organico il sistema delle comunicazioni.