Regione dell’Italia settentrionale (22.453 km2 con 4.464.119 ab. nel 2020, densità 199 ab./km2, ripartiti fra 328 comuni), comprendente le due regioni storiche dell’Emilia e della Romagna (➔). Capoluogo di regione è Bologna (v. .).
Il territorio è costituito dal versante adriatico dell’Appennino Tosco-Emiliano, ai cui piedi si stende la pianura alla destra del Po, costruita dagli affluenti di questo e, in Romagna, da fiumi direttamente fluenti al mare. L’Appennino Emiliano, che si estende in direzione NO-SE, è costituito da una parte di rocce eoceniche compatte (arenarie, calcari) con nuclei cretacei (serpentine, diabasi); sopra di esse si hanno formazioni di vario tipo, deposte tra il Miocene e gli inizi del Quaternario. La parte della regione a NO del Reno è la più elevata e comprende le vette più alte (Alpe di Succiso, 2017 m; M. Cusna, 2120 m; M. Cimone, 2165 m; Corno alle Scale, 1945 m). La sezione orientale (romagnola) si rialza solo più a S (M. Falco, 1657 m; M. Fumaiolo, 1407 m). I fiumi della parte occidentale della regione (Trebbia, Nure, Taro, Parma, Enza, Secchia, Panaro), tributari del Po, sono i più copiosi di acque. Tributario del Po era anche il Reno, portato poi (17° sec.) a sfociare direttamente a S delle Valli di Comacchio; suoi affluenti sono i romagnoli Sillaro, Santerno e Senio. Gli altri fiumi sempre romagnoli (Lamone, Ronco e Montone: poi Fiumi Uniti; Savio; Marecchia; Conca) vanno direttamente al mare e hanno regime torrentizio.
Il clima è nel complesso di tipo subcontinentale, con forti escursioni annue, estati calde e asciutte e inverni lunghi e rigidi. L’isoamplitudine di 20 °C copre in buona parte la regione, chiudendosi precisamente ai suoi limiti meridionali. La piovosità si distribuisce in funzione dell’altitudine e della distanza dal mare: sui rilievi supera i 1000 mm annui (1500 fra Monte Falterona e Monte Comero, 2000 tra Monte Cimone e Alpe di Succiso); nella pianura, specialmente tra Ferrara e Ravenna, si aggira sui 500 mm, sui 600-800 nella fascia pedemontana. Le piogge sono soprattutto autunnali e primaverili; in estate si ha una forte aridità, nell’inverno frequenti nevicate. Notevoli in ottobre-marzo le nebbie in pianura, specie nelle zone basse delle bonifiche e sulle Valli di Comacchio.
La dinamica demografica dell’E. ha segnato, a partire dall’unità d’Italia, ritmi diversi: attestata intorno ai 2 milioni di persone nel 1861, la popolazione è cresciuta lentamente per un ventennio; poi, sotto la spinta dell’elevata natalità propria delle aree rurali, e nonostante una forte emigrazione, sia verso altre regioni sia verso l’estero ha superato i 3 milioni negli anni 1920 e, dopo la parentesi bellica, ha raggiunto i 3,5 milioni nel 1951. In seguito, gli incrementi si sono fatti sempre più deboli, sostenuti fino al 1975 da una leggera eccedenza del saldo naturale, e poi, divenuto quest’ultimo negativo, da un’altrettanto leggera eccedenza del saldo migratorio (inferiore, comunque, allo 0,5% annuo). La popolazione ha registrato nel corso degli anni 1990 un aumento, in gran parte legato al crescente afflusso di immigrati extracomunitari. L’andamento demografico è risultato, tuttavia, differenziato nelle varie province: soprattutto Forlì-Cesena, Modena e Reggio nell’Emilia hanno presentato una dinamica positiva. La rete urbana ha una marcata struttura policentrica, incentrata su due assi principali: quello pedemontano, con i due sistemi Piacenza-Parma-Reggio nell’Emilia-Modena e Imola-Faenza-Forlì-Cesena, ormai integrato con la metropoli bolognese; e quello costiero Rimini-Ravenna, con funzioni turistiche e industriali. Un buon numero di centri urbani di livello subregionale e locale (Fidenza, Sassuolo, Carpi, Cento) garantisce una diffusione uniforme di funzioni terziarie, che si dirada solo nelle aree montane più impervie e nel Delta Padano.
Nel corso degli anni 1990 si è avuto un processo di diffusione territoriale delle attività produttive, nel contesto di un ulteriore potenziamento del modello di sviluppo ‘adriatico’. La regione nel 2000 contava ben 5 province (Modena, Reggio nell’Emilia, Bologna, Parma e Ravenna) fra le prime 11 classificate in Italia in base al livello di sviluppo economico-sociale, presentando nello stesso anno un reddito pro capite largamente superiore alla media europea. Rispetto al passato, le componenti territoriali si presentano in condizioni più equilibrate, con forme sempre più avanzate di integrazione settoriale. Nel corso del 2000 l’occupazione è aumentata di oltre il 2%, soprattutto grazie all’afflusso, anche in questo caso, di lavoratori provenienti da altre regioni ed extracomunitari, mentre la disoccupazione è scesa al 4,5%.
La maggior parte della superficie territoriale è messa a colture, la cui area in pianura è stata per buona parte conquistata o creata dall’opera dell’uomo (centuriazione romana di Parma, Modena, Bologna, Imola, Faenza, Forlì, Cesena) contro il dilagare delle acque, i ristagni e le paludi. Le grandi opere di bonifica si stendono lungo le rive del Po (antico e odierno) e lungo la costa adriatica fino a Cesenatico; iniziate in genere nel Medioevo, hanno ricevuto particolare impulso negli ultimi due secoli e sono ora coordinate in sistema organico. Un’agricoltura assai evoluta – e che ha contribuito in maniera determinante alla formazione di capitali e imprenditorialità autoctoni – si affianca a un settore secondario che tradizionalmente ne utilizza i prodotti (formaggi, carni insaccate, vino) e che, a partire dalla metà degli anni 1950, si è andato specializzando in lavorazioni di alta precisione (meccanica, elettronica) o, al contrario, facilmente decentrabili (da cui il fenomeno del lavoro a domicilio: maglieria, abbigliamento). Tra le colture arboree il primato spetta alla vite, con prevalenza di uva da vino (i tipi più pregiati sono il lambrusco fra Modena e Piacenza, il sangiovese e l’albana in Romagna); tra quelle che interessano le industrie alimentari importante è la barbabietola da zucchero. Da menzionare anche le colture frutticole (Massa Lombarda, Vignola), specie di peschi, susini, ciliegi, meli e peri. Il patrimonio zootecnico è decisamente rilevante per qualità e anche quantitativamente. Particolare importanza ha la pesca, con centri principali in Porto Garibaldi e numerosi porti romagnoli (Porto Corsini, Cesenatico, Cattolica); nelle Valli di Comacchio, rinomata la pesca delle anguille.
I caratteri essenziali dell’industria locale sono l’estrema diversificazione, sia merceologica (industria alimentare integrata al settore primario, meccanica, elettronica, chimica, petrolchimica, biomedica, dell’abbigliamento, conciaria), sia dimensionale (dalla grande alla piccolissima impresa). In particolare, l’industria chimica regionale mantiene un ruolo di importanza mondiale (poli di Ravenna e Ferrara), connesso anche alla costruzione di piattaforme offshore, sebbene l’estrazione del metano sia stata vietata nel Mare Adriatico a partire dal 1995, per il rischio di subsidenza nelle zone situate di fronte alla costa ravennate. Alcuni distretti industriali (Sassuolo, Carpi, Mirandola, Bologna, Modena, Reggio nell’Emilia) hanno dimostrato una maggiore capacità di adattamento alla congiuntura economica e alla globalizzazione dei mercati, mettendo in atto processi di riorganizzazione gerarchica che hanno comportato, in molti casi, l’ingresso di soggetti imprenditoriali esterni. In questo contesto produttivo le nuove tecnologie dell’informazione risultano fortemente diffuse, soprattutto nell’ambito delle imprese di minori dimensioni. A livello regionale si è rafforzato il sistema dei servizi alle imprese, spesso grazie anche alla collaborazione fra imprenditori e autorità locali; particolare sviluppo registra il comparto fieristico, sempre più funzionale all’internazionalizzazione delle relazioni commerciali, organizzato mediante i poli di Parma, Piacenza, Bologna e Rimini. Notevoli si sono dimostrate nell’industria anche le dinamiche di crescita per linee esterne, mediante l’acquisizione di imprese o rami d’azienda, marchi commerciali e, in alcuni casi, società di distribuzione, per lo più di provenienza estera; la delocalizzazione di fasi produttive è, invece, piuttosto limitata e ha interessato soprattutto i settori dell’abbigliamento, del calzaturificio e del mobilificio.
La riviera romagnola è una delle zone italiane a maggiore sviluppo turistico, con oltre 5000 strutture ricettive; le presenze annue di turisti sono circa 10.000.000, in buona parte stranieri, soprattutto dell’Europa settentrionale.
I dialetti emiliani e romagnoli si distinguono da quelli delle regioni vicine soprattutto nel vocalismo. Il tratto più caratteristico è la tendenza alla palatalizzazione dell’a tonica in sillaba libera, spesso mutata in ä′, è, é. Altri caratteri sono in buona parte del territorio, la chiusura delle originarie è, ò (latino ĕ, ŏ) in é, i e talvolta in ì, ù; in tutta la regione la caduta o l’affievolimento delle vocali protoniche e finali, salvo -a; nell’Appennino reggiano e modenese e a Piacenza la pronuncia ü per u. Nel consonantismo, oltre ai caratteri comuni ai dialetti dell’Alta Italia, cioè la mancanza (con eccezioni) delle consonanti geminate e la sonorizzazione delle sorde latine intervocaliche, si notano: la pronuncia leggermente palatalizzata di s, ʃ; la pronuncia consonantica dell’u semiconsonante e talvolta la caduta di -d- intervocalico. La peculiarità più notevole della morfologia è la desinenza -i dei femminili plurali.