Città dell’Emilia-Romagna (118,24 km2 con 104.260 ab. nel 2020, detti Piacentini), capoluogo di provincia. È situata a 61 m s.l.m. quasi all’estremità dell’antica via romana che parte dal mare e giunge fino al Po, sulla riva destra del fiume. La città si è progressivamente estesa fuori delle mura, sia verso Alessandria (piazza d’Armi) sia più ancora lungo la Via Emilia, e in direzione meridionale (con la creazione di nuovi quartieri residenziali e operai oltre l’ampia cerchia perimetrale esterna costruita nel 19° sec., a forma ellittica). Intorno alla stazione ferroviaria, si è sviluppata un’attiva zona commerciale e industriale.
L’incremento demografico, intenso nel periodo 1961-71, è poi notevolmente rallentato negli anni 1970; in seguito è iniziato un processo di lenta diminuzione. Dai primi anni del 21° sec. la popolazione si è mantenuta stazionaria.
L’economia cittadina si fonda principalmente sul commercio e sull’industria. L’attività industriale è molto differenziata: metallurgia, meccanica, industria tessile, chimica, alimentare, oltre alla tradizionale industria dei bottoni. Molto attivi anche i settori del terziario produttivo: commercio all’ingrosso, trasporto, credito e assicurazioni. P. è inoltre un importantissimo nodo di comunicazioni stradali e ferroviarie.
Placentia fu, con Cremona, la più antica colonia romana (di diritto latino) dell’Italia settentrionale (218 a.C.); il suo territorio era già stato abitato fino dall’età del Bronzo, come testimoniano le numerose terremare, e fu poi occupato dagli Etruschi e dai Celti. Resistette ad Annibale (218 a.C.) e ad Asdrubale (207), ma cadde nel 200 in seguito alla insurrezione degli Insubri, Liguri, Cenomani e Boi. Fu in seguito restaurata e accresciuta dai Romani (190), e collegata a Rimini con la Via Emilia (187). Nel 90 a.C. divenne municipio. Dopo le guerre civili vi fu fatta una deduzione di veterani. Nell’età imperiale la città, fu teatro di numerosi avvenimenti militari: così nel 69 d.C. fu dalla parte di Otone e fu assediata dal generale dei vitelliani, Aulo Cecina; nei suoi pressi, nel 271, fu sconfitto Aureliano da Alamanni e Marcomanni (i quali riuscirono a mantenersi in P. vari mesi); nel 456 l’imperatore Avito fu vinto alle porte della città dall’esercito mandatogli contro dal senato e comandato da Ricimero e Maggioriano.
Caduto l’Impero d’occidente, P. fu ancora importante per attività commerciale con i Goti, i Bizantini e dal 570 sotto i re longobardi, che ne promossero altresì, coi frequenti privilegi a chiese e a monasteri, lo sviluppo religioso; dopo il 774 divenne sede di contea, i cui poteri sulla fine del 10° sec. l’imperatore Ottone III deferì all’autorità vescovile. Nel periodo della riforma gregoriana, P., per il prevalere delle famiglie capitaneali, si schierò con gli imperiali, mentre nel popolo si diffondevano le idee pateriniche. Nel 1090 dall’accordo dei nobili col popolo nacque il comune piacentino, fedele alleato della Chiesa sino al termine della lotta per le investiture. Umiliata da Federico Barbarossa che nel 1161 la costrinse ad abbattere le mura e a ricevere un podestà imperiale, P. risorse e in alleanza con i comuni della Lega lombarda combatté contro l’imperatore; successivamente, dalla fine del 12° sec., fu in lotta con Pavia, Cremona e Parma per estendere il suo dominio territoriale (conquista dell’Oltrepò nel 1227); nel 1250, sviluppatasi nei commerci, si dette il primo governo popolare, presieduto dal capitano del popolo. Seguì un periodo di lotte interne accanite, con alterno prevalere dei Landi di parte guelfa e degli Scotti ghibellini, mentre i Visconti signori di Milano, sostenitori dei secondi, vi si affermavano sempre più saldamente sino a stabilirvi, con Azzone, la loro diretta signoria (1335).
Morto Gian Galeazzo Visconti (che per breve tempo, negli anni 1398-1402, aveva fatto di P. la sede dello studio generale, trasferito da Pavia), la città fu travagliata dalle fazioni interne, passando da una signoria all’altra (Visconti, Ottobono Terzi, Facino Cane), finché nel 1418 vi si riaffermò il potere visconteo (con Filippo Maria). Dopo un rapido intermezzo di regime repubblicano (1447-48), P. passò a Francesco Sforza e agli Sforza la città appartenne fino all’occupazione francese che, instauratavi da Luigi XII nel 1499, durò, tranne la parentesi di dominio papale (1512-13), fino al 1521. Tornata allora in possesso della Chiesa, P. nel 1545 fu eretta con Parma in ducato a favore di Pier Luigi Farnese e da quella data la sua storia si confonde con quella generale dello Stato parmense. Durante la guerra di successione austriaca fu assediata e conquistata dai Francesi (1745) poi battuti dagli Austriaci l’anno successivo. Nel 1831, la città fu sede del governo ducale di Maria Luisa d’Austria, fuggita da Parma insorta. Durante il 19° sec. grosse opere fortificate furono costruite dagli Austriaci che per il trattato di Vienna avevano diritto di guarnigione in P., sicché la città assunse quasi l’aspetto di un campo trincerato. P. fu poi incorporata al Regno di Sardegna.
La città, di forma ellittica, conserva nel centro traccia della planimetria romana. Nella prima metà del Cinquecento fu cinta di potenti mura, nelle quali si aprivano cinque porte: due per la Via Emilia, una per Milano, una per Genova, una per il Po. Contemporaneamente fu edificato il castello (abbattuto nel 19° sec.). Dell’età medievale e moderna P. conserva importanti monumenti: il duomo, grande costruzione romanico-gotica di tipo lombardo (1122-1233), con campanile del 1341; nella facciata, sculture di seguaci di Wiligelmo e di Nicolò. Centro della città è la piazza dei Cavalli, con le due magnifiche statue equestri, in bronzo, di Alessandro e Ranuccio Farnese (F. Mochi, 1620 e 1625): vi sorge il Palazzo Comunale, iniziato nel 1281. Altri monumenti di impianto medievale: S. Antonino, antica cattedrale; S. Savino; S. Eufemia; S. Giovanni in Canale; S. Francesco. Per il Rinascimento, sono opera del bramantesco A. Tramello: S. Sisto (1499-1511); il Santo Sepolcro (1488); S. Maria di Campagna (1522-28). Tra i palazzi, quello dei Tribunali (G. Battagio e A. de’ Fundutis, 1483); Palazzo Farnese, per Margherita d’Austria (1558-93, forse su disegno di F. Paciotto, vi collaborò poi il Vignola; incompiuto). Tra le costruzioni barocche, S. Agostino (1573, facciata di C. Morigia, 1792), S. Teresa (1650), la prefettura (1723), Palazzo Mandelli. Neoclassici sono il palazzo del governatore (1781) e il Teatro comunale (1804), opere di L. Tomba. Tra i musei, il Museo Civico e la Galleria Ricci-Oddi, dedicata all’arte italiana del 19° e 20° sec., con sede in un edificio di G.U. Arata, 1931.
Notevole il collegio Alberoni nel sobborgo di S. Lazzaro, con l’omonima chiesa, la biblioteca (1751), pregevole archivio e galleria d’arte (Ecce homo di Antonello da Messina e dipinti del 17° e 18° sec.).
Provincia di P. Provincia (2586 km2 con 286.433 ab. nel 2020), suddivisa in 46 comuni. Confina con la Lombardia (a N), il Piemonte (a O), la Liguria (a SO) e la prov. di Parma (a E-SE). Il territorio, montuoso per due terzi e pianeggiante per un terzo, comprende le valli dei fiumi Trebbia, Tidone, Nure e Arda, affluenti di destra del Po, digradando dai rilievi dell’Appennino (M. Maggiorasca, 1799 m) fino alla riva destra del Po. Il clima è piuttosto continentale; nella bassa pianura è diffusissimo il fenomeno delle nebbie autunnali, invernali e primaverili.
La popolazione provinciale subisce da alcuni decenni una costante diminuzione, fenomeno che interessa non solo la montagna, caratterizzata da un fortissimo esodo, e la collina, ma anche la pianura, escludendo alcuni comuni di più recente industrializzazione situati lungo la via Emilia (Rottofreno, Cadeo). Dai primi anni del 21° sec. tuttavia si sono manifestati segnali di una timida ripresa demografica.
L’agricoltura occupa un posto importante nell’economia della provincia: nella pianura irrigua si coltivano ortaggi, frutta, cereali, pomodori, barbabietole da zucchero, foraggi; le colline sono ricoperte di vigneti e frutteti. L’apparato manifatturiero, consolidatosi e diversificatosi nel corso degli anni 1980, si è riorganizzato soprattutto mediante lo sviluppo di nuovi settori di intermediazione commerciale per la produzione, a loro volta connessi ad ampie dinamiche di internazionalizzazione dell’industria. Alla crescente presenza di imprese locali nei mercati esteri, soprattutto per quanto riguarda il comparto meccanico, si lega anche la forte affermazione del settore fieristico. Sviluppate, oltre a quelle meccaniche, anche le industrie di trasformazione dei prodotti agricoli, chimiche, delle confezioni, dei materiali da costruzione e degli idrocarburi. Il turismo è fiorente soprattutto in alcuni centri (Grazzano Visconti, Castell’Arquato, Bobbio).