(lat. L. Domitius Aurelianus). - Imperatore romano (214 o 215 - 275 d.C.). Proclamato imperatore, A. si dedicò con ammirevole energia e capacità a restituire ordine e sicurezza alla compagine imperiale, sconfiggendo barbari, ribelli ed usurpatori. Inoltre, restaurò l'amministrazione statale, imbrigliò l'ostile partito senatorio e attribuì alla figura imperiale carattere divino, sul modello asiatico. Sotto di lui la città di Roma fu munita della possente cinta di mura che prende il suo nome.
Imperatore romano dal 270 al 275 d. C. Nacque da umile famiglia nel 214 o nel 215 nella Dacia, o secondo altri a Sirmio. Asceso ad alti gradi nell'esercito, alla morte di Claudio II (270) fu proclamato imperatore dalle legioni di Sirmio. Con mirabile energia e rapidità si dedicò alla salvezza dell'Impero minacciato dai barbari e minato all'interno dal disordine e dalla miseria. Respinse i Vandali che avevano invaso la Pannonia; a Fano e sul Ticino batté gli Iutungi e gli Alemanni scesi in Italia; respinse i Goti oltre il Danubio pur dovendo abbandonare la Dacia. Poiché Zenobia, regina di Palmira, col figlio Vaballato, aveva disconosciuto la sovranità romana, A. occupò il paese e imprigionò i ribelli. Riaffermata l'autorità imperiale anche in Egitto, passò in Gallia e sgominò le legioni di Esuvio Tetrico ai Campi Catalauni; nel 274 celebrò il trionfo, e abbatté il partito senatorio a lui ostile. Importante fu la sua opera restauratrice nell'amministrazione statale, specialmente nelle finanze. A. volle anche rialzare la dignità imperiale attribuendo alla propria persona carattere divino e assumendo, secondo la moda orientale, il diadema. Fu il primo imperatore chiamato a intervenire in una questione ecclesiastica e contro l'eretico vescovo di Antiochia, Paolo di Samosata, dichiarò legittimo il vescovo riconosciuto dai vescovi d'Italia e di Roma. Al cristianesimo non fu però favorevole. Fu ucciso da alcuni suoi ufficiali fra Perinto e Bisanzio, mentre si accingeva a una campagna contro i Persiani.
L'affacciarsi della minaccia di invasioni barbariche costrinse A. a munire Roma di una nuova cinta fortificata (mura aureliane). L'impresa comportò cinque anni di lavoro ininterrotto e ingenti spese, ma ciò che ne scaturì fu un capolavoro di ingegneria militare: lunga quasi 19 km e alta 7,80 m, costruita in opera laterizia, la cinta era caratterizzata da camminamento scoperto protetto con merlature, 383 torri quadrate, 2.066 finestre grandi, 16 porte principali (a uno o due fornici e circondate da torri per lo più semicircolari) e altrettante secondarie.