Stato federale dell’Europa centrale; si estende nella parte NE del sistema alpino e confina con Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Italia, Svizzera, Liechtenstein e Germania.
Il territorio austriaco si presenta allungato nel senso dei paralleli, stretto a O, dove si identifica in pratica con la catena assiale delle Alpi, di natura cristallina, e slargato a E, dove comprende, oltre alle catene alpine ‘esterne’, di natura sedimentaria, anche un’ampia fascia pedealpina (altopiano danubiano, bacino viennese, colline pannoniche) e, all’estremo N, un lembo dei rilievi boemi. La morfologia asseconda in pieno questa figura, con pieghe montuose longitudinali tra loro separate da profondi ma aperti solchi vallivi: un paese, dunque, agevolmente percorribile in senso OE, non ugualmente, invece, in senso NS, anche per la notevole altitudine dei valichi (con le eccezioni del Brennero, 1375 m, e di pochi altri, soprattutto nelle catene orientali). La struttura geologica è tipica del sistema alpino: il corrugamento, avvenuto durante l’era terziaria per spinte tangenziali da S, ha innalzato al centro masse granitiche e scistose, di origine antica, ai bordi delle quali si dispongono calcari, arenarie e marne che vanno dal Paleozoico, nella fascia meridionale, allo stesso Terziario; coperture alluvionali quaternarie si trovano nei fondivalle e nella pianura orientale del Marchfeld. Sebbene si possa calcolare una quota media, assai elevata (circa 1000 m), mancano vette di altezza particolarmente notevole: la massima cima è quella del Grossglockner, negli Alti Tauri, che non raggiunge i 3800 m; estesi, tuttavia, i ghiacciai, il maggiore dei quali è il Pasterze. Le catene sedimentarie superano i 3000 m solo nel Vorarlberg, mentre, procedendo verso E, digradano progressivamente nelle Alpi Bavaresi, Salisburghesi e Austriache, a N la fascia esterna meridionale è costituita dalle Alpi Carniche e dalle Caravanche, pure inferiori ai 3000 m.
Dal punto di vista idrografico, l’Austria rientra quasi per intero nel bacino del Danubio: spinto verso N dai poderosi affluenti alpini, questo grande fiume percorre il territorio austriaco per circa 350 km, ma solo marginalmente, da Passau, dove riceve l’Inn e diviene navigabile, al confine con la Slovacchia, poco a valle di Vienna. Altri principali tributari sono il subaffluente Salzach (attraverso l’Inn), l’Enns e la Drava, che, nata in Italia, presso la Sella di Dobbiaco, e attraversata una serie di conche fra cui quella di Klagenfurt, raggiunge il fiume principale solo in territorio croato. Addossato ai rilievi boemi, che talora incide con suggestive gole, il Danubio riceve solo modesti apporti di acque, e pertanto il suo regime dipende dalle piene primaverili-estive e dalle magre invernali dei fiumi che scendono dalle Alpi, legate all’andamento delle precipitazioni e allo scioglimento delle nevi. Soltanto il Vorarlberg appartiene al bacino del Reno, mentre una limitata porzione dell’Austria Inferiore manda le sue acque, drenate dalla Moldava, al fiume Elba.
Il clima è di tipo continentale con ricche e alterne precipitazioni. Le precipitazioni sono legate all’influenza delle masse d’aria, ancora umide, provenienti dall’Atlantico (specie d’estate e nelle regioni occidentali) e di quelle, fredde e asciutte, che l’anticiclone siberiano spinge verso O durante la stagione invernale, e che accentuano la continentalità del clima nelle regioni orientali del paese. Le temperature, dati i caratteri altimetrici e la posizione geografica, sono piuttosto basse (medie annue fra i 7 e i 9 °C per quote comprese fra 200 e 600 m s.l.m.), ma con sensibili escursioni, più marcate procedendo verso E. La struttura morfologica pone in evidenza un particolare fattore climatico, l’esposizione ai raggi solari, a causa dell’andamento longitudinale delle maggiori vallate: i due versanti, pertanto, hanno condizioni notevolmente differenti, che si riflettono sulla distribuzione dell’insediamento e delle colture. La vegetazione spontanea è in larga misura boschiva; al di sopra dei 1500-2300 m, a seconda delle zone, i boschi lasciano posto ai prati-pascoli, mentre nella pianura orientale si trovano già formazioni di tipo steppico.
Due sono i fattori fondamentali che condizionano la geografia umana dell’Austria, nei confini attuali: da un lato, la configurazione morfo-altimetrica, che privilegia ovviamente, nella distribuzione del popolamento, i fondivalle e le conche intermontane; dall’altro, la drastica limitazione territoriale del 1919 dopo lo smembramento dell’impero asburgico, che ne ha fatto uno Stato ‘macrocefalo’, con una capitale sproporzionata rispetto alle nuove dimensioni territoriali.
Il paese ha sempre registrato un lento ma costante progresso demografico dovuto soprattutto all’immigrazione straniera, proveniente in larga misura dai paesi dell’area balcanica e dalla Turchia. Tra il 1986 e il 1996 il numero degli stranieri residenti in Austria si è più che raddoppiato, passando dal 4 al 9% della
popolazione totale; nei primi anni del Duemila è arrivata al 10% (prevalentemente proveniente dall’Ungheria, dai paesi ex iugoslavi e dalla Turchia). La distribuzione degli abitanti è caratterizzata da una notevole irregolarità: le densità più elevate, fatta eccezione per il Bundesland viennese, di fatto coincidente con l’agglomerazione urbana della capitale, si hanno nelle regioni occidentali, grazie alla crescente integrazione economica con la vicina Germania. La percentuale di popolazione urbana rimane attorno al 66% (2004), ma le grandi città hanno registrato una tendenza a ridurre il proprio peso demografico a favore delle città di medie dimensioni e dei piccoli centri della regione occidentale, nella striscia di territorio austriaco che si interpone tra Germania e Italia.
Gli squilibri distributivi sono in qualche misura attenuati dall’essere l’Austria un paese pressoché interamente alpino, per cui la montagna non vi rappresenta un’area marginale, bensì il cuore del territorio, e riesce quindi meglio a trattenere la popolazione da un vero e proprio esodo, grazie anche a un’armatura urbana relativamente solida e diffusa, che affonda le sue radici in epoca medievale, quando l’ubicazione delle risorse minerarie e le esigenze del commercio fecero sorgere numerosi centri, non solo nelle valli principali. Ciò determina un assetto regionale ben articolato, e polarizzato da città come Bregenz e Dornbirn (Vorarlberg), Innsbruck (Tirolo), Salisburgo, Klagenfurt (Carinzia), Graz (Stiria) e Linz, oltre, naturalmente, a Vienna, che attrae a sé gran parte della valle del Danubio e della zona alpina esterna.
L’insediamento rurale, a sua volta, è legato ai generi di vita delle diverse componenti etniche originarie (germaniche e slave, principalmente), da cui derivano strutture fondiarie e abitative in alcuni casi nettamente diversificate; piccole proprietà e insediamento sparso prevalgono nelle fasce settentrionale e sud-orientale, mentre anche nei cantoni montani interni si trovano nuclei isolati, su cui gravitano tuttavia, per evidenti motivi ambientali, porzioni di terreno agricolo o pascolativo assai estese. Uno dei maggiori fattori di attrazione è rappresentato dalle moderne localizzazioni industriali, in corrispondenza dei fondivalle più ampi e dei maggiori nodi urbani: esse hanno drenato manodopera dal settore primario, dando vita ai più consistenti movimenti interni di popolazione. Il fenomeno ha escluso solo alcune regioni come, per es., il Burgenland, rimaste legate a strutture agrarie di tipo estensivo e prive di città in grado di stimolare una nuova organizzazione del territorio.
Religione dominante è la cristiana cattolica (73,6%), insieme con minori comunità di protestanti e musulmani e una cospicua percentuale (12%) di coloro che dichiarano di non seguire alcuna religione.
Come la struttura demografica, anche quella economica ha risentito, almeno agli inizi, del ‘trauma’ causato, dopo la Prima guerra mondiale, dal ridimensionamento territoriale e dalla conseguente perdita delle zone più favorevoli all’agricoltura e di parte di quelle più ricche di risorse minerarie. Nonostante ciò, la crescita dell’industria, su un tessuto storico di piccole e medie aziende, gli avanzamenti tecnologici del settore primario, capace di elevati rendimenti, e la tradizionale solidità del terziario hanno determinato uno sviluppo economico, almeno a partire dalla metà degli anni 1950, quasi sorprendente, e che ha manifestato un’ottima tenuta anche di fronte alla crisi mondiale degli anni 1970. In gran parte controllato dallo Stato, il settore secondario contribuisce per circa un terzo alla formazione del reddito nazionale e copre oltre l’80% delle esportazioni, pur non riuscendo a mantenere in equilibrio la bilancia commerciale.
Per l’approvvigionamento energetico, di fronte all’esaurimento dei giacimenti carboniferi nazionali (peraltro di mediocre qualità), si tende a un’utilizzazione integrale delle risorse idriche (le quali già ora forniscono il 70% dell’energia elettrica prodotta) e a un ampio impiego del gas naturale, quasi tutto d’importazione
Il carattere montuoso del territorio determina una larga estensione di zone sterili e improduttive, con valori massimi nel Tirolo e minimi nell’Austria Inferiore. L’agricoltura rimane un settore importante, nonostante conti su una limitata superficie coltivabile (17,7%), e garantisce la totale copertura del fabbisogno alimentare interno, anche se il suo contributo al PIL è sempre debole (2% nel 2004). Tra le produzioni prevalgono il frumento e i cereali d’ambiente montano, mentre sempre maggiore diffusione hanno le colture biologiche, affermatesi come le più importanti in Europa. Praticate anche la viticoltura, l’orticoltura e la frutticoltura, mentre fra i prodotti di interesse industriale si rileva il forte progresso della barbabietola da zucchero, con rendimenti unitari fra i più elevati in Europa. Prati e pascoli hanno estensione notevole (circa 24%), per cui grande importanza assume il patrimonio zootecnico, specie nelle zone danubiane e in quelle alpine; nel 2005 si contavano 2 milioni di bovini, 3 milioni di suini, 360.000 circa fra ovini e caprini, mentre si è notevolmente sviluppato l’allevamento di animali da cortile. Dai boschi si ricavano ogni anno circa 17 milioni di m3 di legname (2004).
L’Austria è discretamente dotata di minerali di ferro (miniere principali: Erzberg nella Stiria e Hüttenberg in Carinzia), mentre vi è scarsità di combustibili fossili, per quanto la lignite non manchi, specie nella Stiria e nella valle della Mur. Nelle vicinanze ha avuto sviluppo l’industria siderurgica; altri impianti sono sorti presso Linz e Krems. Inferiore alle aspettative il ritrovamento di petrolio nella sezione nord-orientale del paese e nell’area viennese, ove si è localizzata l’industria di raffinazione; la modesta produzione è integrata da importazioni mediante oleodotti provenienti da Trieste. Noti fin da epoca antica i giacimenti di salgemma (nel Salzkammergut e in Tirolo); minerali di piombo e di zinco si estraggono in Carinzia, di rame nel Salisburghese; magnesite nella Stiria e in Carinzia. I maggiori distretti industriali sono quello di Vienna, la fascia distretto che da Steyr nell’Austria Superiore e da Waidhofen nell’Austria Inferiore si spinge fino alla linea della Mur e della Miirz, il distretto del Vorarlberg e quello di Graz. L’industria è attiva soprattutto nei settori chimico, meccanico, metallurgico, petrolchimico e alimentare; seguono l’industria del legno (segherie e mobili) e della carta, e della gomma, tessile (cotonificio, lanificio e linificio), del cuoio, dello zucchero, della birra, del vetro, degli strumenti musicali e grafica (Vienna). Un altro settore significativo è quello dell’engineering, che occupa il primo posto nelle esportazioni del paese.
L’Austria dispone di una fitta rete di vie di comunicazione: 5801 km di ferrovie, 133.718 km di strade asfaltate, 1677 di autostrade, 351 km di vie navigabili interne, 31 aeroporti di cui sei internazionali e 4 porti fluviali (Linz, Vienna, Enns, Krems). La capillare organizzazione del sistema dei trasporti ha contribuito anche alla crescita del settore turistico (19.372.000 ingressi nel 2004).
Tracce antichissime di vita umana si hanno nei giacimenti di Gudenushöhle (Hartenstein) e Teufelslucken (Eggendorf), dove strumenti di scheggia di tipo musteriano (Paleolitico medio) e utensili bifacciali sono associati a fauna fredda. Nella Bassa Austria è importante la stazione di Willendorf (➔), abitata già nel Paleolitico superiore. Complessi gravettiani (caratterizzati dallo sviluppo di punte a dorso rettilineo) si sviluppano successivamente in tutta la regione, a opera di cacciatori di megafauna e si prolungano fino al termine dell’epoca glaciale (circa 10.000 anni fa).
Il Neolitico presenta una molteplicità di aspetti culturali: a quelli tipici del mondo danubiano (culture a ceramica incisa con motivi a meandri e spirali, a punzonatura, a ceramica dipinta del complesso di Lengyel) si aggiungono gli influssi delle civiltà nordiche (rappresentate dalla cultura di Baden e da quella palafitticola del Mondsee) e, da E, quelli delle culture balcaniche (Vučedol); rilevante è anche l’influenza dell’ambiente europeo occidentale (attestato dalla progredita cultura di Michelsberg e da quella del vaso campaniforme)
Nell’età del Bronzo si diffonde dall’Europa orientale la cultura di Únětice (➔), che impronta la produzione metallurgica dei gruppi locali. La civiltà di Hallstatt (➔), che si sviluppa tra l’8° e la metà del 5° sec. a.C, permea la prima età del Ferro in Austria, che appare contrassegnata da una dinamica rete di rapporti commerciali con le aree transalpine e mediterranee e crescenti differenziazioni economico-sociali. La fase protostorica della regione si chiude con la civiltà di La Tène (➔), con la diffusione, cioè, della tradizione celtica, che Roma poi combatterà vittoriosamente e trasformerà.
Le regioni che oggi costituiscono l’Austria facevano parte in età storica della Rezia (a O) ma soprattutto del Norico (a E), che i Romani conquistarono al tempo di Augusto. Con la fine dell’Impero Romano il Norico fu invaso da stirpi germaniche, occupato dai Goti (fine del 5° sec. d.C.), poi da Franchi (535 ca.), Longobardi (568) e, sullo scorcio del 6° sec., da Avari e Slavi. Della Rezia invece s’impadronirono gli Alamanni assieme ad altre tribù germaniche (fine 4°-5° sec.).
La storia dell’Austria propriamente detta inizia nell’8° sec., con la lotta tra le stirpi germaniche e quelle slave e uralo-altaiche nella regione danubiana; successivamente Carlomagno fondò la Marca orientale (Ostmark), con il compito di proteggere l’Impero franco dall’assalto dei popoli provenienti dall’Oriente. Travolta dall’invasione degli Ungari, la marca fu ricostituita da Ottone I e assegnata dal figlio Ottone II a Leopoldo di Babenberg, primo di una serie di 12 margravi (➔ Babenberg). L’ottavo, Enrico II, che trasferì la capitale da Pöchlarn a Vienna, ottenne nel 1156 il titolo ducale; Leopoldo II ereditò nel 1192 la Stiria (ducato dal 1180) e Federico II aggiunse ai propri possessi la Pusteria e la contea d’Istria; alla sua morte (1246), i domini dei Babenberg furono contesi tra Bela IV d’Ungheria e Ottocaro II di Boemia, che li ottenne (1251) e s’impadronì anche della Carinzia.
Fallito (1278) il tentativo di Ottocaro di fondare un Impero slavo tra Alpi e Sudeti, l’Austria divenne possesso del re di Germania Rodolfo I d’Asburgo, che ne investì nel 1282 insieme con Stiria e Carniola i figli Alberto e Rodolfo. Gli Asburgo approfittarono della corona imperiale per consolidare questi loro possessi e, anche quando la corona passò alle case rivali dei Wittelsbach e dei Lussemburgo, continuarono la loro espansione: dalla fine del 14° alla metà del 15° sec. divennero padroni di tutti i paesi delle Alpi orientali, giungendo all’Adriatico. Questo sviluppo fu interrotto dalla divisione della casa nelle linee albertina e leopoldina, che compromise l’autorità dei duchi anche di fronte alla nobiltà riunita negli Stände regionali. Nel 1485 Mattia Corvino, re d’Ungheria, occupò Vienna e soltanto alla sua morte (1490) Federico V (III come imperatore) poté riprendere i territori perduti.
La fortuna degli Asburgo si risollevò per una serie di abili matrimoni. Il figlio di Federico III, Massimiliano (1493-1519), sposando Maria di Borgogna ottenne i territori delle Fiandre e dei Paesi Bassi; inoltre, facendo sposare il figlio Filippo il Bello con Giovanna d’Aragona e di Castiglia pose la candidatura ai troni iberici e, con i matrimoni dei nipoti Ferdinando e Maria con i figli di Vladislao re di Boemia e d’Ungheria, Anna e Luigi, garantì la realizzazione delle vecchie aspirazioni asburgiche su quei regni. Mentre allargava i suoi domini con la contea di Gorizia e altre terre nel Tirolo, Massimiliano avviò l’organizzazione centralistica dei suoi Stati. Inseriti dal nipote Carlo V entro un immenso Impero «su cui non tramontava il sole», i domini ereditari degli Asburgo furono, al momento della sua abdicazione (1556), affidati al fratello Ferdinando I, dal 1526 re di Boemia. L’Austria poteva così riprendere la primitiva funzione di baluardo della cristianità, resa attuale dalla minaccia turca.
Un grave pericolo interno era rappresentato dalle discordie religiose: in Austria si era diffusa la riforma e in Boemia si erano risvegliate le idee di J. Hus; alla politica conciliante di Ferdinando I e del figlio Massimiliano II (1564-76), seguì il tentativo controriformista di Rodolfo II (1576-1612), ma neppure il fratello Mattia (1612-19) riuscì a sedare la lotta ormai aperta tra le confessioni religiose. Con l’atto di rivolta del 1618 dei protestanti boemi, noto con il nome di ‘defenestrazione di Praga’, ebbe inizio la guerra dei Trent’anni.
Con la Pace di Vestfalia (1648) l’imperatore Ferdinando III (1637-57) dovette rinunciare al suo sogno di predominio in Germania e in Europa. Però la monarchia era riuscita, nell’interno, a far trionfare il principio cattolico e, insieme, la sua autorità assoluta e poteva riprendere la sua spinta verso l’Oriente balcanico, contenendo l’offensiva turca e – dopo la triste parentesi del 1683 in cui Vienna fu salvata dalla minaccia ottomana dall’intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski – annettendo l’Ungheria (1687). Il felice esito di queste campagne consentì all’Impero di riaffermare un suo ruolo attivo in Europa e Carlo VI (1711-40), costretto dalla guerra di Successione spagnola a rinunciare alle pretese sulla corona di Spagna, si assicurava però Milano, Napoli, Sardegna (nel 1720 scambiata con la Sicilia) e Paesi Bassi spagnoli; nel 1713, non avendo eredi maschi, promulgò la Prammatica sanzione in cui, stabilendo l’indivisibilità dello Stato, garantiva la successione alla figlia Maria Teresa.
Superata la tormenta della guerra di Successione austriaca (1740-48), durante la quale Maria Teresa assicurò la corona imperiale al marito Francesco (I) di Lorena ma dovette cedere la Slesia a Federico II di Prussia e i ducati di Parma e Piacenza ai Borboni di Spagna, e nonostante la parentesi bellica della guerra dei Sette anni, l’imperatrice diede allo Stato una nuova struttura con una serie di riforme che vennero proseguite dal successore Giuseppe II, uno dei rappresentanti più tipici del dispotismo illuminato. Intanto l’Austria conseguiva nuovi ingrandimenti territoriali: nella prima spartizione della Polonia (1772) ottenne la Galizia e la Lodomiria, nel 1775 dalla Turchia la Bucovina. L’attività riformatrice di Giuseppe II provocò tuttavia grave malcontento e il fratello Leopoldo II (1790-92) dovette revocare tali misure senza però riuscire a mantenere i Paesi Bassi, dichiaratisi indipendenti il 13 dicembre 1789.
Divampava intanto la Rivoluzione francese e, sebbene nel 1795 l’Austria con la terza spartizione della Polonia realizzasse un nuovo ingrandimento, dal 1792 al 1815 tutte le forze del paese furono indirizzate contro la marea rivoluzionaria e poi napoleonica: persi i Paesi Bassi e la Lombardia con il Trattato di Campoformio del 1797 (ottenendo però in cambio gran parte del territorio della Repubblica veneta) e la riva sinistra del Reno con la Pace di Lunéville (1801), mutilata dopo Austerlitz (1805) di Veneto, Istria e Dalmazia, l’Austria, che nel 1804 si era trasformata in Impero d’Austria, con la sconfitta di Wagram e la Pace di Vienna (1809) fu alla mercé di Napoleone: Maria Luisa, figlia di Francesco (I come imperatore d’Austria), gli fu data in sposa (1810) e le truppe austriache dovettero partecipare alla campagna di Russia.
Riacquistata la propria autonomia con il disastro della spedizione, dopo aver nuovamente dichiarato guerra a Napoleone il 12 agosto 1813, l’Austria sotto la guida di K. von Metternich raggiunse l’apogeo della potenza nel Congresso di Vienna (1814-15): veniva ricostituita la compagine dell’Impero austriaco (Milano e il Veneto quale Regno lombardo-veneto, la Toscana quale secondogenitura, Parma e Piacenza quale terzogenitura, la Galizia, le province illiriche, il Tirolo e Salisburgo), assicurata la supremazia in Italia e, mercé la presidenza del Bundestag di Francoforte, in Germania.
Dopo il 1815 l’Austria praticò una rigida politica di repressione dei tentativi rivoluzionari e indipendentisti. La politica di Metternich non riuscì però a comporre i dissidi interni nazionali, che si manifestarono pienamente nel 1848, costringendo Ferdinando I, salito al trono nel 1815, ad abdicare in favore del nipote Francesco Giuseppe. Ristabilito l’ordine e riaffermato il potere su tutte le regioni, l’imperatore dovette però mitigare l’atteggiamento reazionario dopo la perdita della Lombardia, la scomparsa del granducato di Toscana e dei ducati di Modena e Parma (1859), tentando di riordinare l’impero su basi costituzionali. Con la guerra del 1866 l’Austria fu definitivamente esclusa dalla Germania e perse il Veneto. Nei confronti dell’Ungheria non rimase che la strada del compromesso del 1867, con la costituzione della monarchia austro-ungarica (➔ Ausgleich). Una netta conversione avvenne anche sul piano della politica internazionale, dove l’Austria realizzò il trattato segreto d’alleanza con la Germania (1879), l’alleanza dei tre imperatori con Germania e Russia (1881) e la Triplice Alleanza con Germania e Italia (1882). All’interno, intanto, il dualismo austro-ungarico suscitò nuove rivendicazioni anche da parte degli Slavi. La proclamazione dell’annessione della Bosnia-Erzegovina (1908) provocò in Serbia una forte agitazione che, aggravata dalle successive guerre balcaniche, sfociò nell’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando (1914).
I circoli militari austriaci ritennero giunta l’occasione per schiacciare la Serbia e, con l’ultimatum del 23 luglio 1914, diedero inizio alla Prima guerra mondiale, nel corso della quale la monarchia rivelò tutta la sua interna debolezza. Quando Francesco Giuseppe morì (1916), il successore Carlo I si trovò a essere il liquidatore d’una eredità fallimentare. Nel 1918 il comitato nazionale di Praga proclamò l’indipendenza cecoslovacca, avvenne il distacco dei Serbi, Croati e Sloveni, e si costituì un governo repubblicano polacco. Distrutto l’esercito nella battaglia di Vittorio Veneto, Carlo I abbandonò il potere e l’Assemblea nazionale dell’Austria tedesca proclamò la Repubblica, seguita dall’Ungheria.
L’Assemblea costituente (1919) votò una Costituzione federale con un presidente, un Consiglio nazionale e un Consiglio federale e con larghe autonomie per i 9 Länder. L’Austria si trovava in una situazione economica disastrosa, mentre si acuiva il dissidio tra Vienna e le province che desideravano l’unione alla Germania. Dopo la sommossa socialista di Vienna (15 luglio 1927), con il governo di H. Schober si ebbe una riforma costituzionale in senso autoritario e accentratore. La questione dell’annessione alla Germania tornò di primo piano con l’avvento in questo paese del regime nazionalsocialista (1933). Dopo l’ uccisione del cancelliere E. Dollfuss da parte di un gruppo di nazionalsocialisti e con la nascita dell’Asse Roma-Berlino la situazione precipitò fino a che nel 1938 l’esercito tedesco procedette con la forza all’annessione (➔ Anschluss). Fino al 1945 la storia dell’Austria, che ebbe l’antico nome carolingio di Ostmark, rimase così legata a quella della Germania.
Finita la Seconda guerra mondiale, liberata dalle truppe alleate (1945), l’Austria fu divisa in quattro zone d’occupazione e Vienna sottoposta a un’amministrazione quadripartita, che si prolungò fino al 1955. Dopo un governo provvisorio venne formata una coalizione fra il Partito popolare (Österreichische Volkspartei) e il Partito socialista (Sozialdemokratische Partei Österreichs). Il Trattato di Stato, concluso nel maggio 1955 tra l’Austria da un lato e l’URSS, la Gran Bretagna, la Francia e gli USA dall’altro, riconobbe la piena indipendenza dell’Austria entro i confini del 1938, proibendo una sua riunificazione con la Germania e la restaurazione degli Asburgo, e dichiarandola neutrale, clausola poi inserita nella Costituzione.
La coalizione fra popolari e socialisti proseguì per oltre 20 anni, garantendo all’Austria un’elevata stabilità interna e il consolidamento della sua nuova collocazione internazionale. Poi, dopo un governo ÖVP (che aveva vinto le elezioni del 1966), cominciò una lunga fase di egemonia socialista (elezioni legislative del 1971, del 1975 e del 1979, presidenziali del 1974 e del 1980). Nel 1983 la SPÖ perse la maggioranza assoluta dei voti e venne formato un gabinetto di coalizione tra socialisti e liberali. Dopo le elezioni anticipate del 1986, che videro un notevole successo dei liberali e dei verdi, portatori delle nuove tematiche ambientali, la SPÖ e l’ÖVP ridiedero vita a un governo di coalizione che condusse una politica di contenimento della spesa pubblica e di parziali privatizzazioni. La crescita delle tendenze xenofobe conseguenti all’afflusso di immigrati dall’Europa orientale dava intanto forza alle formazioni di estrema destra, in particolare la Freiheitliche Partei Österreichs di J. Haider.
L’adesione referendaria all’Unione Europea e la sottoscrizione del programma di Partnership for peace della NATO (1995) ridefinirono la politica estera austriaca, ma crearono malcontento nei confronti della coalizione SPÖ-ÖVP e nelle prime elezioni europee (1996) Haider conseguì il 27,6% dei suffragi. Con le elezioni del 1999 la FPÖ divenne il secondo partito del paese e partner dell’ÖVP, ma le discusse caratteristiche ideologiche del movimento di Haider (con una componente razzista e antisemita) e la sua influenza sulla recrudescenza di violenze xenofobe a sfondo nazista fecero sì che la costituzione del nuovo governo suscitasse ondate di protesta nel paese e preoccupate reazioni in campo internazionale (sanzioni diplomatiche dell’Europa). Nel 2003 i popolari rinnovarono l’alleanza di governo con la FPÖ, in un clima di tensioni interne ed esterne. Nel 2005 si verificò una spaccatura nella FPÖ con il passaggio di Haider alla guida di una nuova formazione politica, la Bündnis Zukunft Österreich (BZÖ). Nelle elezioni del 2006 la SPÖ fu il partito più votato ma, mancando di una maggioranza assoluta, dovette formare una ‘grande coalizione’ con i popolari. Nelle elezioni anticipate del 2008, tuttavia, sia SPÖ sia ÖVP furono fortemente ridimensionate, a vantaggio della BZÖ e della Freiheitliche Partei di H.-C. Strache. La grande coalizione tra i conservatori dell'ÖVP e i socialdemocratici della SPÖ è stata riconfermata al governo, registrando però un netto calo dei consensi rispetto alle precedenti consultazioni, dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento tenutesi nel settembre 2013, che - in un quadro politico estremamente frammentato - hanno inoltre segnato la netta affermazione dell'estrema destra della FPÖ. Un consistente incremento di consensi nei confronti di questo partito, attribuibile tra gli altri fattori agli effetti della crisi economica e all'intensificazione dei flussi immigratori per regolamentare i quali non sono state elaborate politiche adeguate, è stato attestato anche dalle elezioni presidenziali tenutesi nell'aprile 2016, alle quali si è registrata la netta affermazione al primo turno di N. Hofer della FPÖ, che ha ottenuto oltre il 35% dei consensi contro il 21% aggiudicatosi dal verde A. van der Bellen. A seguito della sconfitta elettorale - e dopo le polemiche sollevate in seno all'Unione europea dalla sua politica estremamente rigida riguardo al contenimento dei flussi migratori provenienti dal Brennero - nel mese successivo il cancelliere W. Faymann ha rassegnato le dimissioni da capo del governo e da leader della SPÖ, subentrandogli in entrambe le cariche C. Kern. Al ballottaggio, svoltosi a maggio con un'affluenza alle urne del 72,7%, Van der Bellen ha vinto con un vantaggio di 31.026 voti (50,3%), contro il 49,7% aggiudicatosi da Hofer, ma a luglio, accogliendo il ricorso presentato da Hofer, la Corte costituzionale ha annullato il voto per alcune irregolarità verificatesi nelle operazioni di scrutinio, fissando nuove consultazioni per il mese di ottobre, ulteriormente posticipate per irregolarità nelle schede elettorali del voto per corrispondenza. Al nuovo ballottaggio, svoltosi a dicembre, Van der Bellen si è nettamente affermato sull’avversario, ottenendo il 53,3% delle preferenze contro il 46,7% aggiudicatosi da Hofer. Una decisa svolta a destra dell'elettorato austriaco si è comunque delineata nelle elezioni anticipate per il rinnovo del Parlamento svoltesi nell'ottobre 2017 a seguito del crollo della Grande coalizione determinato nel maggio precedente dal neoeletto leader dell’ÖVP S. Kurz. Pur non avendo raggiunto la maggioranza assoluta, l’ÖVP si è aggiudicato il 31,7% dei suffragi, precedendo i socialdemocratici di Kern (26,9%) e l’estrema destra della FPÖ (26%); eletto cancelliere nel mese di dicembre, Kurz ha formato una coalizione di governo con la FPÖ. Nel maggio 2019 le evidenze del coinvolgimento del vicecancelliere e presidente della FPÖ H.-C. Strache in un movimento di finanziamenti illeciti hanno costretto Kurz a chiedere l'indizione di elezioni anticipate; il giorno successivo alle consultazioni, il Parlamento a larga maggioranza ha votato la sfiducia all'intero esecutivo, subentrando ad interim a Kurz nella carica di cancelliere la presidente della Corte costituzionale B. Bierlein. Alle elezioni legislative tenutesi nel settembre 2019 l’ÖVP di Kurz ha ottenuto una netta affermazione, ricevendo il 38,4% dei voti contro il 21,5% aggiudicatosi dai socialdemocratici, mentre l'ultradestra di Hofer è crollata al 17,3% delle preferenze e per i verdi si è registrato un vistoso aumento dei consensi (12,4%, +8,6%); riconfermato nel gennaio 2021, Kurz - accusato di favoreggiamento della corruzione - se ne è dimesso nell'ottobre 2021, subentrandogli ad interim A. Schallenberg, che ha rimesso il mandato nel dicembre successivo, sostituito da K. Nehammer. Nell'ottobre 2022 il presidente del Paese Van der Bellen è stato riconfermato nella carica al primo turno con il 58% dei consensi.
Dal 1° luglio al 31 dicembre 2018 l'Austria ha esercitato la presidenza del Consiglio dell'Unione Europea.
Una letteratura austriaca con caratteri propri rispetto a quella tedesca sorge solo dopo la Riforma luterana che segna il distacco dell’Austria dal contesto politico e culturale tedesco. I maggiori rappresentanti della letteratura barocca sono J. Beer, interprete della vena popolaresca nella narrativa a sfondo realistico, e Abraham a Sancta Clara, virtuoso dell’espressione linguistica. Il teatro ha impulso dai gesuiti, sull’esempio di N. Avancini, drammaturgo alla corte di Vienna e cantore della funzione politico-religiosa della dinastia asburgica.
Il 18° sec. è per l’Austria un periodo di vuoto quasi completo. Mentre la corte imperiale favorisce i poeti italiani (A. Zeno, P. Metastasio), acquista rilievo la poesia popolare, che a il suo maggiore esponente in J.A. Stranitzky, fondatore della prima impresa teatrale stabile di Vienna (il Volkstheater).
Nel 19° sec. il poeta e drammaturgo F. Grillparzer è il massimo interprete del classicismo austriaco, non sempre compreso dai contemporanei. Recependo la lezione dettata non solo dal classicismo ma anche dal romanticismo tedesco, Grillparzer ricrea nelle tragedie un mondo di pura bellezza, non per evadere dalla realtà, ma per rappresentarla in modo meno immediato e brutale. Al suo tempo dominano la vita teatrale viennese E. Bauernfeld, autore di commedie di tema borghese, F. Raimund, autore di farse e commedie, J.N. Nestroy, dedito alla satira del costume borghese.
Al di fuori del teatro, si segnalano il poeta A. Grün, che sviluppa il tema dell’attesa di un’epoca nuova, e H. von Gilm, che si distingue per la sua lirica popolareggiante legata alla natura e per le sue poesie d’amore; A. Pichler canta in novelle e memorie di viaggio le bellezze naturali e le tradizioni popolari del nativo Tirolo; K. Postl, con lo pseudonimo di Charles Sealsfield, è infine uno dei più originali interpreti della narrativa realistica. Ma il poeta più rappresentativo è A. Stifter, emblematica espressione di una civiltà in sé compiuta, magistralmente rappresentata in una cristallizzazione che ne rende per intero la devitalizzata inerzia. Intanto, l’Austria vive un declino di prestigio e di potere e alcuni autori ne traggono elementi per una scrittura riflessiva e sempre meno spensierata: F. von Saar narra la decadenza della nobiltà austriaca e il fallimento di nuove esperienze di vita; L. Anzengruber dal 1871 propone sulla scena viennese problemi politico-sociali ed etico-religiosi. Umorismo e vena critica si colgono nella narrativa di M. von Ebner-Eschenbach.
A partire dalla fine del 19° sec., la letteratura austriaca assume una posizione rilevante in seno alla letteratura di lingua tedesca. Nell’Austria declinante trovano infatti fertile terreno le correnti decadenti e postnaturalistiche, di cui è promotore H. Bahr, scopritore del genio di H. von Hofmannstahl. Cogliendo la crisi dei valori estetici che accompagna l’agonia dell’Impero austro-ungarico, Hofmannsthal recepisce le suggestioni di culture anche lontane nel tempo e insieme avverte subito le esigenze dei moti letterari più attuali tanto da risultare rappresentante emblematico di un’intera cultura in una delicata fase di trasformazione. Esperienza assai moderna è quella dello psichiatra A. Schnitzler, drammaturgo e narratore, interprete ineguagliato, per eleganza di forma e per lucida capacità di analisi, di un decadere avvertito sul doppio fronte sociale e psicologico. Decadente e voce del dissolversi di una civiltà è anche R.M. Rilke. Impari alla sua fama iniziale si è poi palesato S. Zweig, tra i primi a recepire la lezione freudiana. Lirico, autentico prodotto dell’espressionismo, poeta della solitudine e dell’orrore è G. Trakl. Uomo d’azione è invece K. Kraus, critico spregiudicato del mondo contemporaneo, moralista spietato, vicino per un po’ all’espressionismo, cui si accostano anche il poeta cosmico, triestino di nascita, Th. Däubler, il poeta J. Weinheber, che si dedica alla disciplina di valori formali ed etici rigorosi, proclamati a voce tanto più alta quanto più inarrestabile appare il loro sfacelo, il romanziere e polemista A.P. Gütersloh. Uno dei più schietti esponenti dell’espressionismo è poi il poeta e pittore O. Kokoschka, autore di drammi anticonvenzionali.
La Prima guerra mondiale ha tragiche conseguenze in campo culturale. Più di uno scrittore cerca, oltre il disagio del presente, un aggancio con il passato. Esponente della letteratura religiosa è la romanziera cattolica E. von Handel-Mazzetti, lirico aristocratico R. von Schaukal, mentre si rifugiano nello strapaese M. Mell e R. Billinger. Altri non esitano a farsi narratori del declino della vecchia Austria: A. Lernet-Holenia, J. Roth, P. Kornfeld, J. Urzidil. Fra i drammaturghi troviamo F. Th. Csokor e, personalità più spiccata, Ö. von Horvath, che rappresenta un mondo in disfacimento. Tra questi scrittori emerge R. Musil, l’autore del monumentale Der Mann ohne Eigenschaften (1930), grande affresco di un’età che muore, realizzato attraverso un’ironizzante e insieme malinconica analisi della realtà. Accanto a lui merita di essere collocato H. Broch. Dal ricco materiale offerto dal recente passato attingono autori quali G. Saiko e H. von Doderer, poi maturati nel clima del secondo dopoguerra.
Nel clima del secondo dopoguerra gli scrittori austriaci e tedeschi appaiono accomunati da una dolorosa e ingrata problematica, da scelte ideologiche ed estetiche non legate a un preciso orizzonte geografico (influenza rilevante ha il filosofo L. Wittgenstein). I lirici più validi si muovono a contatto con le esperienze formalizzanti più vive in Europa: su tutti P. Celan, poeta della tragedia bellica, e I. Bachmann, poetessa della preoccupazione esistenziale. Su traccia kafkiana imposta la sua attività di narratrice I. Aichinger. Nel nome della sperimentazione, sintomo di un’insicurezza che è ben più che solamente estetico-culturale, si costituiscono cenacoli e gruppi, fra i quali spicca la Wiener Gruppe (F. Achleitner, H.C. Artmann, K. Bayer, G. Rühm, O. Wiener), formatosi nel 1952 e operante fino al 1964.
Da questo e da altri gruppi d’avanguardia ricevono le prime sollecitazioni gli autori più vivaci degli anni 1960: Artmann, O. Wiener, E. Jandl, F. Mayröcker, e da simili esperienze parte P. Handke, che è riuscito a innovare nel campo sia della narrativa sia teatrale. Accanto a lui, si affermano P. Turrini, H. Eisendle, B. Frischmuth, G. Jonke, P. Rosei, J. Winkler, in varia misura legati alla provincia con esiti comunque ben differenziati, mentre nella lirica si segnalano la vena malinconica di A. Kolleritsch, il carattere meditativo di J. Schutting e l’intimismo di B. Schwaiger. Parallelamente, J. Ebner offre testimonianza del suo meditabondo pessimismo, H. Rosendorfer si ricollega alla tradizione di una narrativa stravagante e fantasiosa e A. Brandstetter esprime un umanesimo di salde radici. Campione della letteratura d’intrattenimento è J.M. Simmel, e intanto si fa notare, per il suo denso realismo, Ch. Ransmayr. Il nome più prestigioso è comunque quello di T. Bernhard, che, tenace fino allo stereotipo nella sua geometricità tutta votata al negativo, riesce, insieme a Handke, a dare una scossa al teatro austriaco, tradizionalista e ostile al rinnovamento. Anche il nuovo genere del radiodramma, coinvolgendo autori fra i più dotati come la Aichinger, la Bachmann, il saggista poeta R. Bayr, G. Fritsch, la Mayröcker, lo scrittore d’avanguardia G. Rühm, contribuisce a portare qualche innovazione.
Gli anni 1980 sono caratterizzati da un diffuso pluralismo. Sull’Austria e sulla sua identità gli scrittori continuano a riflettere in forme e modi diversi: A. Kolleritsch, fondatore del Gruppo di Graz, dà una sintesi della storia della cultura austriaca, analizzata anche da G. Roth. R. Schindel affronta il problema dell’identità ebraica e del rapporto tra Ebrei, Austriaci e Tedeschi dopo l’Olocausto. Ancora valida sembra restare comunque la definizione di G. Fritsch di una letteratura austriaca come letteratura di «voci separate». Ne è conferma l’eterogeneità della Grazer Autorenversammlung (1973-83), associazione in cui hanno convissuto esponenti della Wiener Gruppe (E. Jandl, F. Mayröcker, E. Gerstl), autori politicamente impegnati come M. Scharang e gli scrittori di Graz, come i citati Handke, Kolleritsch e Roth, B. Frischmuth, W. Bauer, Jonke, Eisendle e I. Puganigg. Mentre il teatro di Bauer mescola comicità grottesca, provocazione e crudo realismo, Eisendle si serve di tecniche e sistemi dell’indagine scientifica, sperimentando un genere ibrido, a metà tra autobiografia e riflessione sulla sua illusorietà, e Jonke, nello stesso smontaggio delle forme tradizionali, arriva fino alla rappresentazione sinestetica della realtà. Scharang rivolge i suoi attacchi all’Austria in forma di romanzo, mentre Puganigg spinge all’estremo il gioco dei rapporti e della comunicazione trasformandolo in sfide verbali. Frischmuth approda, da cosmologie femminili disegnate in una trilogia degli anni 1970, a territori di confine tra sogno e realtà, toccando anche la dimensione politica del passato austriaco. Nel corso degli anni 1980 e 1990 i testi della Mayröcker – tanto la prosa, caratterizzata dalla decostruzione dell’intreccio, quanto le poesie – si vanno via via infittendo di materiale autobiografico.
Se le voci più rilevanti della fine del 20° sec. restano quelle di Bernhard e di Handke, non mancano nuovi autori significativi. A. Fian, nei suoi romanzi e microdrammi si propone come critico della scena letteraria austriaca; N. Gstrein, adottando tecniche narrative poliprospettiche, racconta la vita dei piccoli paesi austriaci; A. Mitgutsch privilegia tematiche psicologiche e l’analisi del senso di estraneità; J. Haslinger riflette sulla situazione dell’Austria contemporanea e trasferisce anche nella sua scrittura creativa l’attenta osservazione della realtà; E. Hackl racconta casi di esistenze estreme in romanzi-documento; W. Kofler costruisce le sue vicende in uno stile satirico, fatto di allusioni letterarie e politiche. Un complesso intreccio di storia, fantasia e mitologie è quello offerto da C. Ransmayr, in cui la ricerca di tracce si fa metafora del postmoderno. La provocazione dei ‘romanzi antipornografici’ di E. Jelinek, premio Nobel per la letteratura nel 2004, diventa pamphlet ideologico e politico nei testi teatrali, che denunciano l’emergere di inquietanti atteggiamenti xenofobi.
Per la sua posizione geografica e le sue vicende storiche il territorio dell’Austria attuale è stato segnato da influenze culturali diverse (germaniche, boeme, italiane ecc.). Scarsissime sono le testimonianze superstiti del periodo paleocristiano (in Carinzia, piccole basiliche a navata unica: Teurgia, 5° sec., con pavimento a mosaico; Gratzerkogel ecc.). A partire dal 7° sec. l’attività architettonica (Salisburgo, duomo consacrato nel 774 e torre occidentale di S. Pietro; Linz, S. Martino, poi trasformata) si fa più consistente grazie alle missioni dei monaci iberno-scozzesi che lasciano il loro segno anche nella miniatura (Codex Millenarius, fine 8° sec., abbazia di Kremsmunster) e nell’oreficeria (calice e candelabri di Tassilone, 777, Kremsmunster).
In età romanica Salisburgo e il Tirolo sono i centri più attivi. Del 12° sec. sono i primi influssi dell’arte italiana nella scultura (duomo e chiesa di S. Pietro a Salisburgo) e nella pittura, mentre, per opera dell’arcivescovo Corrado di Salisburgo (1106-1147), si diffondono le forme del romanico sassone; le chiese si ampliano a tre navate, spesso della stessa altezza; del 12° sec. è la ristrutturazione del duomo di Salisburgo e la fondazione di quello di Gurk. Dall’incontro con le correnti cistercensi sorgono le cattedrali (S. Stefano) di Vienna e di Wiener Neustadt e i chiostri di Heiligenkreuz, Zwettl e Lilienfeld (Bassa Austria). Nella pittura, si afferma, nell’11° e nel 12° sec., la scuola di Salisburgo (affreschi di Nonnberg, codici miniati ora nella Nationalbibliothek di Vienna ecc.); della fine dell’11° sec. è l’importante ciclo di affreschi bizantineggianti di Lambach; d’influsso italiano gli affreschi di S. Nicola a Matrei (presso Lienz). Notevoli le oreficerie (S. Paolo in Lavanttal, Klosterneuburg ecc.).
Intorno al Trecento si hanno i primi esempi di Gotico (Heiligenkreuz) che si afferma a Vienna nella chiesa degli agostiniani e nei numerosi lavori compiuti nella cattedrale che assorbe gran parte dell’attività edilizia e artistica dell’intero paese. A metà del Trecento il coro della chiesa di Zwettl si avvicina alle forme del Gotico francese. La più importante creazione del 15° sec. è il coro della chiesa dei francescani di Salisburgo (1452). Tra gli edifici profani sono degni di nota il Bummerlhaus di Steyr e il Goldenes Dachl di Innsbruck, costruito intorno al 1500. La scultura gotica si manifesta agli inizi con lo Zackbrüchiger Stil («stile a zig-zag»; Leechkirche di Graz). Opere di straordinaria bellezza sono due Madonne (1325 ca.), nella cattedrale di Vienna e a Klosterneuburg, derivanti dall’arte francese. Si sviluppano contemporaneamente scuole locali, specie nella Stiria e in Tirolo. Verso la metà del 14° sec. compaiono tendenze realistiche d’influsso boemo (statua di s. Paolo, in un portale laterale di S. Stefano a Vienna); intorno al 1400 anche gli artisti austriaci partecipano alle correnti internazionali del Weicher Stil, cui reagisce la scuola di C. Laib a Salisburgo e cui si opporrà il violento realismo tardogotico (tomba di Federico III di N. Gerhaert van Leyden in S. Stefano, iniziata nel 1467). La pittura gotica, che ispira alcuni affreschi del duomo di Gurk (1260-64), subisce poi, anche attraverso la miniatura, l’influsso italiano. Capolavoro della scuola attiva in Vienna al principio del Trecento sono le quattro tavole con scene della vita di Cristo e della Vergine nell’abbazia di Klosterneuburg. Verso la fine del secolo, predominano invece i rapporti con la Boemia, sia nelle miniature (J. Sachs e seguaci), sia in dipinti su tavola. Nel corso del 15° sec. si rinnovano gli influssi italiani, cui si uniscono influenze fiamminghe. Tra le scuole provinciali, la più importante è quella di Salisburgo, dove operano R. Früauf e il Maestro di Grossgmain. Ma il talento più vigoroso dell’epoca è M. Pacher.
Nella prima fase del Rinascimento, che corrisponde al regno dell’imperatore Massimiliano, grande mecenate delle arti, si forma la cosiddetta scuola del Danubio, con la sua particolare attenzione per il paesaggio, cui si collegano, tra gli altri, J. Breu, R. Früauf il Giovane; J. Kölderer dipinse miniature per l’imperatore. Nella scultura si fondono elementi tardogotici e rinascimentali: le figure di apostoli a Wiener Neustadt (chiesa del Priorato), numerose sculture in S. Stefano a Vienna, il monumento imperiale di H. Valkenauer a Salisburgo e il sepolcro di Massimiliano a Innsbruck, con le bellissime statue di Artù e Teodorico di P. Vischer. Le arti applicate raggiungono un alto grado di perfezione tecnica: la lavorazione del legno nel Tirolo, quella del ferro in Stiria, la ceramica nell’Alta Austria e a Salisburgo.
Nell’architettura appaiono più aderenti alle innovazioni italiane soprattutto edifici civili: Stallburg, Neuegebäude e lo Schweizertor della Hofburg di Vienna; il castello di Ambras; la Residenza di Salisburgo; parte del Landhaus di Vienna (1562-68); il mausoleo dell’imperatore Ferdinando a Graz (1614-48), i Landhäuser di Graz e di Linz; i castelli di Rosenburg, di Schallaburg, di Tratzberg e di Spittal. A Salisburgo l’arte italiana informa la villa di Hellbrunn, il camposanto di S. Sebastiano (1595-1600), e soprattutto il duomo, eretto da S. Solari (1611-28) su disegno di V. Scamozzi. Nella seconda metà del Seicento predomina l’influsso italiano, con intere famiglie di artisti (i Carlone, i Carnevale, gli Allio ecc.) impiegate nelle costruzioni ecclesiastiche, volute dagli Asburgo, caratterizzate da un gusto sobrio e solenne (chiese dei gesuiti e dei domenicani a Vienna, la chiesa dei gesuiti a Innsbruck, quella di S. Gaetano a Salisburgo e i conventi di Schlierbach, Kremsmünster, Klosterneuburg ecc.). Degni di nota, tra gli edifici profani a Vienna, la Favorita (poi Theresianum) e il braccio leopoldino della Hofburg (G. e L.O. Burnacini), il castello di Petronell (D. Carlone, C. Carnevale) e, tra i monumenti, il Hofbrunnen di Salisburgo e la colonna della Trinità a Vienna.
Da questo primo Barocco deriva uno stile, caratterizzato da una spiccata tendenza decorativa, che si svolge in maniera indipendente fino a tutto il Settecento. Di quest’epoca è il grande sviluppo di Vienna che, allontanatosi il pericolo turco, si estende oltre la cinta fortificata e assume uno dei primi posti tra le capitali europee (chiese di S. Pietro e di S. Carlo, colonne votive del Graben e dello Sposalizio di Maria, Biblioteca nazionale, Cancelleria imperiale, Schönbrunn ecc). Con la corte gareggiano le principali famiglie dell’aristocrazia: Eugenio di Savoia, i principi di Liechtenstein e di Schwarzenberg, gli Harrach, gli Schönborn e molti altri che arricchiscono Vienna di bei palazzi. Contemporaneamente si ricostruiscono numerosi conventi (Kremsmünster, St. Florian, Göttweig, Herzogenburg, Altenburg). Tra le personalità artistiche preminenti l’italiano D. Martinelli, che costruì i palazzi Harrach e Liechtenstein a Vienna e preparò l’epoca d’oro del Barocco austriaco, i cui principali rappresentanti sono J.B. Fischer von Erlach e J.L. von Hildebrandt. Si ricordano anche J. Prandtauer (abbazia di Melk) e M. Steinl (chiese di Zwettl e di Dürnstein). G.R. Donner fu il massimo scultore dell’epoca; contrasta con lui, per il rude senso fantastico dei suoi intagli, J.T. Stammel. Nella pittura, notevole fu l’influenza esercitata da A. Pozzo, nel suo soggiorno (1702-09) in Austria; tra i pittori austriaci si ricordano F.A. Haulbertsch, J.M. Rottmayr, M. Altomonte, P. Troger, J.M. Schmidt di Krems. Le decorazioni del castello di Schönbrunn, eseguite da N. Pacassi, hanno carattere francese.
Nella prima metà dell’Ottocento si vanno accentuando nelle singole province qualità particolari che danno origine ad altrettante scuole locali. Nella pittura l’artista principale è F. Füger, piacevole soprattutto nei ritratti; fra gli altri, il ritrattista G. Lampi, il boemo J. von Führich che partecipa alla corrente romantico-nazarena. Iniziatore del quadro di costume fu J.P. Krafft; il suo discepolo J. Danhauser fu il pittore dell’alta borghesia di cui descrisse la vita, spesso con intenti moraleggianti. Ottimi pittori d’interni furono P. Fendi e C. Schindler; paesaggista e ritrattista fu F.G. Waldmüller e ritrattista quotato fu anche F. Amerling. Tra gli scultori si ricordano F.W. Beyer, F. Zauner, J.M. Fischer. Nella seconda metà del secolo, la costruzione della Ringstrasse, a Vienna, conseguente alla demolizione della cinta fortificata (1859), favorì lo sviluppo dello stile eclettico (neogotico, neorinascimentale, neogreco ecc.) che si diffuse poi in tutte le altre città dell’impero. La scultura è prevalentemente decorativa (A. Fernkorn, K. von Zumbusch). In questo tempo acquistano un notevole sviluppo le arti applicate (mobilio, lavori in cuoio, in vetro e in metallo). Il più vicino al gusto dell’epoca fu nella pittura H. Mackart, ingegno decorativo di prim’ordine.
Con la fondazione della Secessione (1897), delle Wiener Werkstätte (1903) e del Wiener Werkbund (1907), si ha in Austria un periodo estremamente vivace sia in architettura sia nelle arti figurative e applicate, con personalità di alto rilievo (A. Roller, M. Fabiani, J. Kotera, D. Peche, K. Moser ecc.), oltre quelle internazionalmente note di O. Wagner, J. Hoffmann e G. Klimt, mentre già nel 1889 C. Sitte porta un contributo fondamentale alla disciplina urbanistica. Nello Secessionstil si ritrovano i germi del nascente espressionismo che assume in Austria un originale e complesso aspetto con E. Schiele e R. Gerstl, e ha in O. Kokoschka uno dei protagonisti.
Dopo la Prima guerra mondiale fa riscontro alla violenta crisi politica ed economica un periodo di isolamento culturale, particolarmente accentuato negli anni 1930, ma vanno rilevate in campo architettonico l’attività di A. Loos e le iniziative di politica edilizia attuate dal Comune di Vienna fino al 1932. Nelle arti figurative personalità rilevanti fra le due guerre sono quelle di H. Boeckl, che attraverso rigorose stilizzazioni giunge all’astrattismo, e di H. Gütersloh (1887-1973), che ebbe notevole influenza sulla Wiener Schule des phantastischen Realismus (E. Fuchs, E. Brauer, E. Hutter, A. Lehmden), d’ispirazione surrealistica.
Nel secondo dopoguerra, la rigorosa ricerca di F. Hundertwasser elude con originalità una classificazione di pittura surreale o di arte ecologica. La scultura è dominata da F. Wotruba. Negli anni 1950, la Wiener Gruppe, composta prevalentemente da scrittori e musicisti, con i suoi cabaret letterari (1958, 1959) spesso sconfina nel campo dell’espressione visuale e dell’azionismo; negli anni 1960 il Wiener Aktionismus – G. Brus (n. 1938), O. Mühl (n. 1925), H. Nitsch (n. 1938), R. Schwarzkogler (1940-1969) – provoca ostilità e scandalo con performance e azioni volte, soprattutto attraverso il linguaggio del corpo, a superare tabù della società borghese, toccando zone di confine psichiche e fisiche. Nitsch continua questo tipo di ricerca (Orgien-Mysterien-Theater), mentre Brus si volge verso un linguaggio pittorico e poetico segnato da uno spirito visionario più idillico e magico (nel 1997 otterrà il Gran premio di Stato). Sempre agli anni 1960 risale la prima attività di artisti che hanno raggiunto una notorietà internazionale, come M. Lassnig (n. 1919) e A. Frohner (n. 1934), che da esperienze legate al Nouveau réalisme e all’azionismo si volge alla pittura, mantenendo tuttavia con quest’ultimo un legame nelle violente tematiche trattate, o B. Gironcoli (n. 1936), che con materiali eterogenei ha creato sculture, assemblaggi di oggetti, installazioni. Violenza cromatica e gestuale caratterizza la Neue Malerei, i cui principali esponenti sono S. Anzinger (n. 1953), H. Schmalix (n. 1952), che poi passa a una geometrizzazione delle forme.
Negli anni 1990 si fa più intensa la riflessione sulle correlazioni dell’arte, oltre che con l’aspetto fenomenologico-formale, con quello funzionale-semantico attraverso l’uso dei nuovi media: V. Export (n. 1940) continua la sua cruda critica sociale femminista, iniziata alla fine degli anni 1960, passando dalla performance alla realizzazione di video e film; P. Kogler (n. 1959) è autore di complesse decorazioni murali generate da elaborazioni digitali; H. Zobernig (n. 1958), dopo esperienze di performance e pittura neogeometrica, realizza installazioni con oggetti (panche, finestre, specchi), studiandone l’ambivalenza, utilitaria ed estetica, attraverso una combinazione di pratiche artistiche (pittura, scultura, grafica, video, architettura); espressione di una dimensione fisica, psichica, cultuale e profana, le sculture di F. West (n. 1947) segnano il passaggio dalla contemplazione dell’oggetto alla sua integrazione funzionale con l’ambiente. A. Konrad (n. 1960) ha come mezzo espressivo la fotografia; nell’ambito della videoarte operano E. Wurm (n. 1954), P. Friedl (n. 1960), oltre al duo Granular Synthesis (K. Hentshläger e U. Langheinrich) che dall’inizio degli anni 1990 ha creato spettacolari installazioni-performance di immagini e suoni.
Nell’architettura della seconda metà del 20° sec. hanno grande rilievo soprattutto R. Rainer e la sua scuola, che uniscono rigorosa razionalità e sicurezza stilistica. Si distinguono ancora K. Schwanzer, W. Holzbauer, F. Kurrent, J. Spalt, J. Staber, mentre dagli ultimi vent’anni del secolo un posto di rilievo sulla scena architettonica internazionale è raggiunto da personalità quali G. Domenig, H. Hollein, G. Peichl, Coop Himmelb(l)au e B. Podrecca. In ambito nazionale una produzione significativa è anche quella E. Giselbrecht (Collegio dei fisici della Carinzia a Klagenfurt, 1994), V. Giencke (serre del giardino botanico di Graz, 1995), A. Krischanitz (nuova Kunsthalle a Krems, 1995), K. Kada (Stadthalle di Graz, 2002), C. Baumschlager e D. Eberle (Casa dello studente a Vienna, 2005).
Centro storico della città di Salisburgo (1996); palazzo e giardini di Schönbrunn (1996); paesaggio culturale di Hallstatt-Dachstein/Salzkammergut (1997); linea ferroviaria di Semmering (1998); centro storico della città di Graz (1999); paesaggio culturale della Wachau (2000); paesaggio culturale di Fertö-Neusiedlersee (2001); centro storico di Vienna (2001).