Orientamento artistico che si diffuse nei primi decenni del Novecento, avendo come centro d’irradiazione la Germania, come reazione al naturalismo e all’impressionismo. Si concretizzò in diverse correnti, accomunate da un uso libero e soggettivo del mezzo artistico.
Il termine e. è adottato, nell’ambito della critica tedesca dei primi decenni del 20° sec. (A. Behne, Deutsche Expressionisten, in Der Sturm, 1914; H. Bahr, Expressionismus, 1916 ecc.), a designare espressioni artistiche che tendono a manifestare nella esasperazione delle forme e dei colori il mondo soggettivo dell’artista. Assorbendo, in forme non sempre univoche, esigenze e suggestioni espresse fin dallo Sturm und Drang nella cultura tedesca (K. Fiedler, A. Riegl, W. Worringer), è indicata con e., quale categoria sovrastorica, una tendenza ricorrente, in momenti drammatici e di crisi, nell’arte di tutti i tempi, da quella classica (G. Rodenwaldt nel 1921, a proposito dell’arte romana del 3° sec. d.C.) alla medievale, alla rinascimentale nordica.
In senso specifico, si intende con e. il movimento artistico sviluppatosi in Germania all’inizio del 20° sec., con l’intento di contrapporre alla visione impressionista un’arte di pura espressione intima, schermo nel quale si proietta il drammatico travaglio della vita interiore. Trovando le premesse nell’arte di personalità come J. Ensor, E. Munch, V. van Gogh, P. Gauguin, e con significativi riferimenti all’arte popolare, alle culture primitive e all’espressione musicale, l’e. ebbe come importanti centri di elaborazione e irradiazione i gruppi Die Brücke (➔), connotato da forti interessi umani e da un acre accento di protesta e ribellione, e Der Blaue Reiter (➔), con la trainante personalità di V. Kandinskij, orientato verso la ricerca di puri ritmi di forme e colori assunti come espressioni di stati d’animo, e la galleria berlinese Der Sturm, con la rivista omonima, di H. Walden. Tra i più notevoli rappresentanti dell’e. tedesco sono da ricordare: E. Nolde, E. Kirchner, E. Heckel, F. Marc, M. Beckmann, O. Dix, O. Kokoschka, E. Barlach, P. Moderson, A. von Jawlensky ecc. Per il cosiddetto e. astratto ➔ action painting.
In architettura non si può parlare in senso stretto di una corrente espressionista, anche se molti architetti furono legati al movimento dell’e. in Germania dal 1910, e nell’immediato dopoguerra svolsero un ruolo fondamentale soprattutto nell’ambito della Novembergruppe (➔). Le componenti della cosiddetta architettura espressionista, in particolare il rifiuto di ogni canone formale e di ogni limitazione della libertà espressiva, nonché il rilievo dato al plasticismo e al pittoricismo, alle forme irregolari e asimmetriche, formano infatti un quadro complesso e contraddittorio, cui non sono estranee le istanze proprie del razionalismo, né i temi dell’impegno sociale con accentuazioni utopiche. Così la qualifica di e. può coprire, solo in modo limitativo e con connotazioni sempre differenziate, opere, progetti e disegni elaborati tra il 1909 e il 1925, da A. Loos, H. Poelzig, P. Behrens, W. Gropius, B. e M. Taut, E. Mendelsohn, W. e H. Luckhardt, H. Scharoun, R. Steiner, H. Finsterlin, F. Höger. Espressionista è stata definita anche l’opera degli esponenti della Scuola di Amsterdam (M. de Klerk, M. van der Meij), dalla rivista Wendingen (1918), portavoce del gruppo.
Intorno al 1914 il termine e. fu trasferito in Germania a fatti letterari e con l’e. cominciò quella crisi dei linguaggi artistici che caratterizzò il 20° secolo. Contro l’impressionismo, «arte dell’istante», l’e. fa valere l’istanza soggettivistica: il mondo è una proiezione del soggetto, lo spazio è visione. La visione, dunque, s’installa al posto dell’analisi, della descrizione, della psicologia. La parola deve non più rendere un oggetto, ma identificarsi col sentimento: estasi, grido. Di qui un dinamismo estremo con conseguente rafforzamento del verbo (la lingua degli impressionisti e di S. George era invece nettamente nominale, cioè fondata sulla prevalenza del sostantivo e dell’aggettivo) e accorciamento del periodo per via dell’indebolimento o soppressione dell’articolo, dell’aggettivo, degli elementi intellettuali del discorso. I valori formali espressionistici sono, perciò, visionari, fantastici, astratti: i più lontani che si possano immaginare da quelli tradizionali. I risultati estetici dell’e. (che fra i suoi ‘precursori’ annovera J.A. Strindberg e quel F. Wedekind che aveva portato sulla scena le oscure forze dell’istinto e del sesso) sono, per la letteratura, legati principalmente all’opera (almeno in parte) di F. Kafka e A. Döblin; F. Werfel ed E. Barlach; G. Kaiser ed E. Toller; F. von Unruh e B. Brecht; G. Benn, G. Trakl e Gertrud von Le Fort.
Nell’ambito dell’e. il teatro ebbe un ruolo considerevole sia per l’oggettiva importanza delle opere prodotte da autori di rilievo (da O. Kokoschka fino al primo B. Brecht), sia per le innovazioni scenografiche e registiche (Teatro Totale di E. Piscator), sia infine per il tipo di recitazione. La prima opera espressionista è considerata Assassinio, speranza delle donne, di O. Kokoshka (1907); la più significativa Il figlio di W. Hasenclever (1914). In seguito i capolavori Una stirpe di F. von Unruh (1916) e Battaglia navale di R. Goering (1917). Nel periodo postbellico, le opere di E. Toller, da Oplà, noi viviamo (celebre la messinscena di E. Piscator) a Uomo massa, e di G. Kaiser (la trilogia Il corallo, Gas I e Gas II). Il teatro espressionista si caratterizzò per la recitazione esasperata ( urlo espressionista), l’uso di ogni più moderno accorgimento scenico (le proiezioni soprattutto) e un linguaggio che puntava sull’iterazione e sul monologo per raggiungere un’assolutezza di toni ai limiti dell’esaltazione. I suoi stilemi linguistici o figurativi si rintracciano ancora in molto del migliore teatro contemporaneo.
L’e. cinematografico divenne corrente matura nel cinema tedesco degli anni 1920: i suoi caratteri specifici furono la deformazione scenografica, l’uso di prospettive alterate, tecniche di illuminazione con forti contrasti di luce e ombra, bianco e nero, e, sul piano tematico, la dimensione fantastica e visionaria assieme ai motivi della ribellione. La nascita dell’e. cinematografico tedesco si fa coincidere con l’uscita di Il gabinetto del dottor Caligari (1920) di H. Wiene, poi seguito da Golem – Come venne al mondo (1920) di P. Wegener, Nosferatu il vampiro (1922) di F. Murnau, Metropolis (1927) di F. Lang.
L’e. musicale si identificò con la corrente rappresentata dalla cosiddetta Seconda Scuola di Vienna, nata negli anni che precedettero la Prima guerra mondiale: i suoi esponenti principali furono A. Schönberg e i suoi allievi A. Berg e A. Webern. Ponendo alla base della sua estetica il soggetto e la sua complessa e drammatica spiritualità, l’e. svincolò la musica dalla realtà per farla approdare in uno spazio virtuale e immanente. Sul piano formale ciò si tradusse in un linguaggio libero, mettendo prima in crisi il primato del sistema tonale, e approdando poi alla dodecafonia. I lavori più emblematici del periodo specificatamente espressionista furono i drammi Erwartung (1909) e Die glückliche Hand (1908-13) di A. Schönberg, e Wozzeck (1925) di A. Berg.