Scrittore boemo di lingua tedesca (Praga 1883 - Kierling, Vienna, 1924). Autore tra i maggiori del Novecento, le sue opere - quasi sconvolgenti allucinazioni - descrivono esperienze di un'inquietante assurdità facendo uso di una scrittura lucida, straordinariamente precisa e realistica nei dettagli e nel tratteggiare fatti inauditi come momenti della più normale quotidianità. K. rifiuta ogni intento edificante, mirando piuttosto ad analizzare, con tutto ciò che di negativo, di angoscioso, di tragico, e anche di desiderabile e persino di positivo essa comporta, la sua battaglia per l'esistenza. Artista solitario e tragico, logico e trascendente, angoscioso e minuzioso, la sua produzione letteraria è inseparabile da Praga, la "città degli strambi e dei visionari" in cui trascorse la sua vita tormentata; molte delle sue opere vennero pubblicate postume, e parte di esse è incompiuta.
Di origine ebraico-boema, compì gli studî nelle scuole tedesche della città natale; a partire dal 1901 studiò anche all'università tedesca di Praga, seguendo prima corsi di germanistica, poi di giurisprudenza. Si laureò nel 1906 e, dopo un anno di pratica giuridica, nell'ottobre del 1907 trovò impiego nel ramo assicurativo che mantenne fino al 1922, quando dovette andare in pensione anzi tempo perché minato dalla tubercolosi. Incompreso in famiglia, anzi in rotta completa col padre, ebbe amici esemplarmente fedeli, in particolare Max Brod e negli ultimi mesi il giovane medico Robert Klopstock, e cercò comprensione e affetto nel mondo femminile, vivendo esperienze oltremodo complesse, sintomatiche di un autentico disagio interiore. Fu due volte fidanzato (1914 e 1917) con la berlinese Felice Bauer, senza però giungere al matrimonio: ebbe una breve relazione con l'amica di lei Grete Bloch; fra il 1918 e il 1919 fu fidanzato con Julie Wohryzek, boema; nel 1920 iniziò una relazione, essenzialmente epistolare, con la giovane scrittrice boema, trapiantata e sposata a Vienna, Milena Jesenská-Polak; visse gli ultimi mesi accanto a Dora Diamant, che lo assistette sino alla morte insieme a Robert Klopstock. Ma a una vita esteriormente molto incolore corrispondeva interiormente una ricchezza problematica tale da promuovere, nella testimonianza letteraria, una delle prove più pure e più significative della "Weltliteratur" della prima metà del sec. 20°.
Votato alla letteratura, ma mai professionalmente, K. fu scrittore non eccessivamente prolifico, e di ciò che scrisse poco condusse a compimento e pubblicò in vita: nel 1912, dopo che già dal 1904 aveva cominciato a produrre, fece uscire la raccolta di brevi racconti Betrachtung; nel 1916 il racconto Das Urteil e la famosa parabola Die Verwandlung; nel 1919 il racconto In der Strafkolonie e la raccolta di "brevi racconti" (così nel sottotitolo) Ein Landarzt; nel 1924 quattro storie sotto il titolo Ein Hungerkünstler, pubblicazione apparsa pochi giorni dopo la morte e già da lui predisposta. Nel 1913 era apparso frattanto, sotto il titolo Der Heizer, quello che sarebbe poi stato ripreso come primo capitolo del romanzo postumo Amerika. Postumi uscirono poco meno che la metà dei racconti, i tre grandi romanzi Der Prozess (secondo nella composizione, 1925), Das Schloss (terzo nella composizione, 1926), Amerika (primo nella composizione ma ultimo nella pubblicazione, 1927), e alcuni altri documenti di una singolarissima eppur pertinente confessione, fra cui i Tagebücher (1951) e i Briefe an Milena (1952). I romanzi, tranne forse Der Prozess, sono incompiuti, e anche per questo K. desiderava che andassero distrutti; ma Max Brod, che ne fu quasi esclusivo depositario, ritenne di non dare seguito alla volontà dell'amico. Nel 2023 è stata pubblicata in italiano a cura di M. Nervi l'edizione critica Kafka. Tutti i romanzi.Tutti i racconti e i testi pubblicati in vita.
Scrittore di lucidità esemplare, come pochi altri lungo tutto l'arco della letteratura tedesca, K. riesce a risalire da una situazione quotidiana e apparentemente banale all'impostazione di una situazione generale e gravida di determinati significati, affrontando il conflitto dell'individuo collocato o lanciato nella desolazione del quotidiano ma insieme assetato dell'universale. È la tematica stessa di S. Kierkegaard, ben conosciuto da K., ma non più attinta lungo un iter dichiaratamente religioso né affrontata ricorrendo a formalizzate teorizzazioni. Il pregio unico della prosa di K., il quale pure si affidò a parabole, a trascrizioni metaforiche, a rappresentazioni paradossali e grottesche che non è sempre agevole decifrare immediatamente, consiste nella persistente completa accessibilità, e insieme nella misteriosa tensione, per cui si avverte che ancora non tutto di ciò che K. espone è recepito e recepibile. Proprio per tale motivo l'interpretazione di K. è difficile e le varie proposte sono fra di loro anche fortemente contraddittorie. Si ha così un'interpretazione di tipo psicanalitico che, puntando soprattutto sul Brief an den Vater, che è del 1919, vede in K. la vittima e insieme il testimone di un complesso di colpa e di un complesso paterno. La critica esistenzialistica vi legge l'avventura dell'uomo che, senza difese, si affaccia sugli abissi del nulla e dell'angoscia. Di contro, la critica legata alla teologia della crisi ravvisa in K. la simbolizzazione poetica più alta dell'infinita distanza fra l'uomo e Dio.