AUSTRIA
(A. T., 56-57).
Sommario. - Geografia: Nome ed estensione (p. 458); Geologia e morfologia (p. 460); Clima (p. 461); Idrografia (p. 462); Flora e fauna (p. 462); Suddivisioni naturali (p. 463); Dati sulla popolazione (p. 463); Etnografia (p. 465); Condizioni economiche (p. 467); Comunicazioni (p. 472); Distribuzione della popolazione (p. 474). - Ordinamento dello stato: Costituzione e amministrazione (p. 476); Circoscrizioni amministrative (p. 477); Organizzazione ecclesiastica (p. 477); Forze armate (p. 477); Finanze (p. 478). - Cultura: Ordinamento scolastico (p. 479); Biblioteche (p. 480); Società scientifica (p. 480). - Storia: Dalle origini al 1815 (p. 481); L'Impero dal 1915 al 1918 (p. 493); La Repubblica (p. 506). - Letteratura (p. 511). - Arte (p. 511). - Musica (p. 521).
Nome ed estensione. - L'originario nome medievale di Ostarrichi o Osterriche ("dominio orientale") appare sotto la forma latina di Austria per la prima volta nel 996, in un documento di Ottone III per designare una Marca dell'Impero (Ost Mark) destinata alla difesa contro gli Avari e inclusa nel ducato bavarese. Sorta lungo il Danubio ai due lati dell'Enns, divenne ducato dipendente solo dal regno nel 1156, nei limiti all'incirca delle attuali Bassa Austria (Austria sotto l'Enns) e Alta Austria (Austria sopra l'Enns); il ducato si accrebbe nel 1192 della Stiria e di parte della Carniola. Venuto poi in possesso della potente casa d'Asburgo (1282), questa allargò i suoi dominî - entro i territorî dell'attuale Repubblica e contermini - prima sul ducato di Carinzia (1335), poi sulla contea del Tirolo (1363) e a più riprese sul Vorarlberg (1363-1473), mentre elevava il ducato d'Austria ad arciducato (1477). Tutti questi feudi conservarono però giuridicamente la loro indipendenza, pur confondendo la loro storia territoriale con quella degli Asburgo (v.), fino alla Prammatica sanzione del 1713, per la quale tutti questi dominî furono dichiarati "provincie ereditarie austriache" e formanti un tutto indivisibile e inseparabile; nel 1779, esse si accrebbero dell'Innviertel bavarese, annesso all'Alta Austria. Tale unità che, insieme agli altri dominî degli Asburgo, fu proclamata sotto il nome d'impero d'Austria (1804), venne accresciuta del ducato di Salisburgo (1809) e confermata col compromesso del 1867, per il quale la monarchia degli Asburgo veniva divisa in due domini.
La Monarchia austro-ungarica. - Nell'Europa prebellica la Monarchia austro-ungarica (Osterreichisch-Ungarische Monarchie) costituiva il secondo stato per superficie (dopo la Russia, che era 9 volte più grande) ed il terzo per numero d'abitanti (dopo la Russia e la Germania); per densità di popolazione era invece superata dalla Germania, Italia, Inghilterra, Olanda, Belgio. Per la legge fondamentale del 21 dicembre 1867 essa si componeva dell'impero d'Austria e del regno d'Ungheria (altre denominazioni: Cisleitania e Transleitania; regni e paesi rappresentati al Consiglio dell'impero d'Austria e paesi della Corona d'Ungheria), due monarchie costituzionali inseparabili, ereditarie nella dinastia degli Asburgo-Lorena; esse avevano per la gestione di alcuni affari comuni alcuni organi parlamentari ed esecutivi comuni (delegazioni e ministeri comuni). Era, tra l'altro, comune alle due parti della Monarchia la gestione della Bosnia ed Erzegovina, provincie turche affidate dal Congresso di Berlino (13 luglio 1878) e annesse il 5 ottobre 1908 (v. il paragrafo Costituzione e Amministrazione).
L'impero d'Austria era composto di 17 provincie, assai diverse fra loro per caratteri fisici, etnici, grandezza, densità, condizioni economiche; il regno d'Ungheria era formato dall'Ungheria (divisa in 63 comitati) e dalla Croazia e Slavonia (8 comitati). L'ultimo censimento (31 dicembre 1910) aveva dato i seguenti risultati:
L'incremento medio annuo della popolazione durante l'ultimo decennio era stato di circa 420 mila persone; occorre però sottrarre in media 220 mila persone, che ogni anno emigravano specialmente verso l'America (1912: Stati Uniti, 179 mila; Canada, 24 mila).
La caratteristica più saliente della popolazione dell'Impero era la sua molteplice nazionalità. Il censimento del 1910 aveva dato i risultati seguenti, che si devono considerare solo come approssimati, dato l'interesse delle popolazioni dominanti (Tedeschi, Ungheresi) a far apparire giustificato il loro predominio, e data la base che serviva a determinare la nazionalità (la lingua d'uso).
L'impero d'Austria appare in tal modo composto per 3/5 da Slavi, il regno d'Ungheria per metà da Magiari e per il resto da Slavi, Romeni, Tedeschi. Anche le città che seguivano Vienna e Budapest (nell'ordine Trieste, Praga, Leopoli, Cracovia) avevano popolazioni diverse da quelle dominanti.
Relativamente più omogenea era la Monarchia per quanto riguarda la religione, con prevalenza dei cattolici sia nell'uno, sia nell'altro stato, ma con forti percentuali di protestanti e ortodossi specialmente in Ungheria.
Grandi diversità tra regione e regione e tra nazionalità e nazionalità si notavano invece dal lato culturale. Nel 1900 gli analfabeti erano appena il 5,7% fra i Tedeschi e i Cèchi, il 16% tra gl'Italiani, il 24% tra gli Sloveni, per salire al 41% tra i Polacchi, 44% tra gli Ungheresi, 61% tra i Croati, 72% tra i Romeni della Bucovina, 74% tra i Ruteni e il 76% tra gli Slavi della Dalmazia.
Popolato da nazionalità diverse e composto di regioni aventi caratteri fisici e climatici assai disformi (Massiccio Boemo, Alpi Orientali, Carpazî, Catena e Altipiani Dinarici, Pianura Ungherese, regione costiera adriatica), Vienna ne costituiva il centro o il punto d'incrocio delle vie principali; situato in posizione favorevole per servire di tramite nei rapporti tra Occidente e Oriente e percorso da Passavia alle Porte di Ferro dal Danubio (fiume austro-ungarico solo nel suo corso medio), aperto verso l'Adriatico attraverso i porti di Trieste e di Fiume, entrambi distanti dalle parti vitali dello stato, che quindi era più continentale che marittimo (tonnellaggio flotta mercantile 1914: 605.551 tonn.), dotato di confini piuttosto deboli e privo di colonie, l'Impero austro-ungarico mostrava la tendenza a costituire un organismo economicamente autonomo, nel quale i prodotti delle diverse parti, dotate di caratteristiche diverse, s'integrassero mediante lo scambio ottenuto con un intenso commercio interno. Basi principali dell'economia erano l'agricoltura e l'allevamento, che occupavano due terzi degli abitanti. Le pianure e le zone vallive più ampie producevano quantità ingenti di cereali, la Galizia e l'Ungheria patate, la Boemia barbabietole e zucchero; e poi ancora frutta, vino, olio, canapa, tabacco. L'allevamento trovava condizioni favorevoli nella pianura ungherese e nelle regioni alpine; queste ultime davano anche copioso legname. L'industria estrattiva offriva carbon fossile (Boemia), ferro (Austria), petrolio (Galizia), i fiumi alpini forza motrice; accanto all'industria connessa ai prodotti agricoli (molitura, zuccherificio, birra) si era sviluppata (specie in Boemia e a Vienna) l'industria tessile, vetraria e meccanica. La rete ferroviaria (1914: 47.037 km.), la costruzione della quale era stata regolata in parte da intenti politici e militari, ma nello stesso tempo commerciali, collegava le diverse provincie con Vienna e con Budapest, agevolando lo scambio di questi diversi prodotti.
Il commercio con l'estero, che era stato attivo fino al 1906 segnò in seguito un costante peggioramento (passività 1907:44.7 miioni; 1909:417; 1911:787) raggiungendo 823 milioni di passivo nel 1912. Principali prodotti importati erano cotone (329 milioni), carbon fossile (222), metalli (166), lana (162), macchine (151); principali prodotti esportati: legno (290), zucchero (254), uova (144), cotonami (123). Questo forte squilibrio della bilancia commerciale, la crescente emigrazione, l'aumento del debito pubblico (1914:13 miliardi e mezzo), accompagnati dalla mancanza d'una personalità nazionale, cui contrastava l'intensa lotta delle nazionalità, alla quale invano s'opponevano la tradizione storica, le necessità politiche e l'unità economica, facevano sì che l'Impero fosse già prima dello scoppio della guerra uno stato malato, in cerca d'un modus vivendi (federalismo, trialismo, ecc.): la soluzione fu cercata - forse - in una guerra, e fu data da Vittorio Veneto.
La Repubblica austriaca. - Il 12 novembre 1918, i deputati tedeschi dell'ex-Impero, costituiti in assemblea nazionale provvisoria, proclamarono l'autonomia e la forma repubblicana del nuovo stato, il quale, per distinguersi dagli altri territorî dell'ex-monarchia, prendeva il nome di Austria tedesca (Deutschösterreich); questa doveva però far parte integrante dell'Impero germanico. Riconosciuto col trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919), ma impedito di unirsi alla Germania, questo nuovo stato ebbe modificato il nome dall'assemblea nazionale costituente - nel primo articolo della legge sulla costituzione federale (i ottobre 1920) - in quello di repubblica d'Austria (Republik Österreich), alla quale fu aggregato, dopo il plebiscito (1923), la massima parte del territorio del Burgenland (Ungheria occidentale).
La Repubblica austriaca è uno stato completamente continentale, disposto lungo il versante nord-orientale delle Alpi, a una latitudine media di 47°30′. Il confine stabilito dal trattato di Saint-Germain, partendo dal Lago di Costanza, segue la vecchia frontiera con la Germania, che lascia all'Austria le testate dei fiumi Lech e Isar, correndo irregolarmente sulle creste e conche delle Prealpi Bavaresi. Dopo lo sbocco della valle trasversale dell'Inn, a Kufstein, il confine s'inflette, in una stretta ansa, attorno alla conca del Königssee, che rimane alla Baviera, per poi raggiungere il Salzach e l'Inn, che fanno da confine con la Germania fino al Danubio, presso Passavia (Passau), la quale rimane bavarese. Sale poi sulla cresta della Selva Boema, fino al M. Byöckenstein (Plechȳ: m. 1378) dove si riattacca al vecchio confine della Boemia, che scende alla conca del Lužnice nella quale fu prelevato un incluso di kmq. 118. A ovest di Nová Bystřice la linea di confine raggiunge il punto più settentrionale (lat. 49° 2′), per volgere poi ad est, secondo il limite provinciale della Moravia, che corre irregolare sui colli incisi dalla Thaya, senza seguirne il corso se non per brevi tratti, fin presso alla confluenza con la Morava a sud di Břeclav (Lundenburg); dove un altro incluso di kmq. 128 rimane pure alla Cecoslovacchia. La frontiera si accompagna a questo punto al corso inferiore della Morava (March) fino ad occidente di Bratislava (Presburgo), che rimane cecoslovacca. Comincia ora un nuovo tracciato, più ad oriente del vecchio confine fra Austria e Ungheria, che ai piedi delle ultime ondulazioni alpine taglia gli antichi comitati occidentali della Corona di S. Stefano (Burgenland), passando ad est dell'alveo variabile del Lago di Neusiedl per dare all'Austria circa 300 villaggi abitati da Tedeschi, meno la città di Sopron (Ödenburg), e continua poi a SE., fino al vecchio tracciato del 1867 con l'Ungheria, a nord di Radkersburg. Di qui il confine lascia alla Iugoslavia la conca di Marburgo e la valle del Miesbach con le miniere di Prevalje, riprendendo l'antico limite fra Carinzia e Carniola, fino al punto più meridionale dello stato austriaco (Kamniške Alpe, Steiner Alpen, m. 2559, a 46°20′ circa lat. N.); rimane all'Austria - in virtù del plebiscito 1° ottobre 1920 - la regione di Klagenfurt. Lasciando all'Italia la conca di Tarvisio e le sorgenti della Drava, il confine si adatta alla vecchia frontiera con l'Italia, lungo le creste delle Alpi Carniche, sale poi sullo spartiacque della catena alpina mediana, al Pizzo dei Tre Signori (m. 3505), e lo segue fino al Passo di Resia, dove si riattacca al confine svizzero. Questo scende fino a Hochfinstermünz sull'alto Inn, sale allo spartiacque dei gruppi del Siluretta e Reticone, di dove volge, al contatto del principato di Liechtenstein, al Reno e al Lago di Costanza.
Questi confini, in gran parte storici a settentrione, con la Baviera, la Boemia e la Moravia, e naturali (spartiacque) a sud, con l'Italia e la Iugoslavia, sono invece prevalentemente etnici a oriente, con l'Ungheria e la Slovacchia.
Entro questi limiti il territorio della Repubblica austriaca si estende dal 46° 20′ al 49° 2′ lat. N. e dal 9° 30′ al 17° 9′ long. E. per un'area di kmq. 83.833, costituita, in tutto o in parte, delle 7 vecchie provincie cisleitane dell'Alta Austria e Bassa Austria, del Salisburgo, del Tirolo, del Vorarlberg, della Carinzia, della Stiria e di parte dei comitati occidentali dell'Ungheria (Burgenland), appartenenti alle provincie transleitane della vecchia Monarchia. La nuova Repubblica austriaca è appena al 19° posto fra gli stati dell'Europa attuale in ordine di grandezza. Dell'area primitiva di queste antiche sette provincie la Bassa Austria ha perduto kmq. 246, la Stiria 6048, la Carinzia 795, il Tirolo 14.037: complessivamente kmq. 21.126, compensati solo in parte da Kmq. 3967 del Burgenland guadagnato sull'Ungheria.
Geologia e morfologia. - Nei suoi confini attuali la Repubblica austriaca è uno stato prevalentemente alpino, e per questo, e per la sua posizione centrale, fu paragonato alla Svizzera che però ha una superficie pari a metà di quella dell'Austria (kmq. 41.298). Il territorio dello stato austriaco ha una media altezza di circa 1000 m. s. m. (Svizzera m. 1300), ed è per la massima parte occupato dalle Alpi Orientali, aprentisi verso est fra il Danubio e la Pianura Pannonica. Solo la parte orientale del Marchfeld, il Bacino di Vienna e la soglia della Pianura Ungherese sono veramente pianeggianti, mentre l'Austria settentrionale transdanubiana, che appartiene al Massiccio Boemo, e buona parte del Burgenland, hanno morfologia collinosa. Il resto è essenzialmente alpino ed anzi i 3/5 dell'intera superficie sono posti di alta montagna.
Appartiene all'Austria la parte più estesa delle pieghe compatte mediane cristalline delle Alpi Orientali (v. alpi) e precisamente il versante settentrionale delle Alpi Retiche e tutte le Alpi Noriche, costituite prevalentemente di scisti cristallini o di gneiss, con qualche espandimento granitico. Appartengono a questo complesso geologico le Alpi dell'Ötz, dello Stubai, dello Ziller, sulle quali corre il confine con l'Italia, gli Alti e Bassi Tauri, le Alpi Carinziane e Stiriane, a sud della Mur (dove sono ricchi giacimenti ferriferi) e i Monti della Leitha fino al Danubio. A nord si eitende la grande fascia delle Alpi calcaree settentrionali, con prevalenza di dolomie triassiche e calcari giurassici, racchiudenti nuclei paleozoici, e di essa appartengono all'Austria il versante settentrionale del Reticone e il gruppo del Silvretta, sul confine svizzero, parte delle Alpi d'Algovia e della Lech e il versante interno delle Prealpi Bavaresi quasi tutte le Alpi Salisburghesi e le Alpi Austriache. L'orlo d'arenaria e molasse, esterno alla fascia calcarea alpina, si presenta invece in una ristretta zona subalpina nelle Alpi d'Algovia, nelle Prealpi Salisburghesi e all'estremità della Selva Viennese. L'altipiano collinoso di arenarie e marne mioceniche, che si trova ad oriente dell'Inn, fra questo fiume e il Danubio, è l'ultimo lembo dell'Altipiano svevo-bavarese, che ha poi il suo riscontro geologico e morfologico nel cosiddetto Grazer Hügelland e nel Burgenland, alle pendici orientali delle Prealpi di Stiria, ambedue ricchi di ligniti e torba. A sud nelle Alpi Carniche, lungo il confine italiano, dominano i calcari paleozoici del Silurico e del Carbonico; nelle Alpi della Gail le dolomie triassiche.
Nell'Austria transdanubiana le pendici della Selva Boema hanno estesi espandimenti granitici; seguono, nel Greiner Wald, gneiss azoici, a cui si appoggia la regione collinosa miocenica del Leisser-Gebirge, fra la Thaya, la Morava e il Danubio.
La caratteristica del rilievo della nuova Austria è data soprattutto dai lunghi solchi longitudinali, che separano tra loro le varie pieghe alpine, aprentisi a ventaglio sulla Pianura Ungherese. Tre sono essenzialmente questi larghi solchi longitudinali: uno più settentrionale e frazionato, costituito dai tratti vallivi contigui dell'Inn, del Salzach, dell'Enns, della Mur e della Leitha, fra i massicci centrali alpini e la fascia settentrionale calcarea; l'altro meridionale, più breve ma continuo, della Drava, fra il nucleo scistoso antico e i terreni paleozoici delle Alpi calcaree meridionali. Fra i due s'insinua poi quello degli alti corsi della Mur e della Mürz, entro le masse centrali cristalline. I solchi estremi divergono, verso la pianura orientale, di quasi 160 km., mentre vanno restringendosi nel cuore delle Alpi ad appena 60 km.
Il corridoio settentrionale è percorso da tratti di fiumi diversi, che, inflettendosi poi normalmente alle catene, sboccano al piano attraverso chiuse trasversali. La comunicazione, tra i successivi tronchi superiori longitudinali delle singole valli, è però assicurata da selle assai depresse, allineate nella direzione delle pieghe alpine, largamente aperte dall'azione glaciale; questa ha pure dato luogo a ben individuate conche vallive, formanti vere aree d'isolamento che costituiscono unità fisiche e storiche ben individuate, distinte da nomi regionali. Fra questi il Tirolo centrale (tronco medio dell'Inn), lo Zillertal, il Pinzgau (valle superiore del Salzach), il Salzkammergut (bacino superiore della Traun), l'Ennstal, il Murtal, e il cosiddetto bacino di Vienna, fra l'estrema propaggine orientale alpina, il Danubio e i Monti della Leitha.
Il solco meridionale della Drava, più uniforme e continuo, ha un solo largo bacino, quello di Klagenfurt, fra le Alpi di Stiria e le Caravanche e si prolunga a occidente fino alla depressa sella di Dobbiaco, in territorio italiano.
Il più breve solco vallivo mediano della Mur e della Mürz, fra i Bassi Tauri e le Prealpi di Stiria, si apre solo nell'alta conca del Lungau (bacino sorgentifero della Mur) e nella zona alluvionale di Judenburg; ma comunica sia col corridoio settentrionale sia col bacino di Vienna e la regione collinare di Graz, cosicché ha grande importanza per le comunicazioni interne dell'Austria.
Il Vorarlberg sta a sé: esso ha una posizione eccentrica all'estremità occidentale dello stato, perché appartiene al sistema idrografico del Reno e gravita piuttosto verso la Svizzera.
La catena centrale cristallina, dopo gli estesi massicci occidentali dell'Ötz (Wild-Spitze, m. 3774) e dello Stubai (Zuckerhütl, m. 3511), limitati dalle due forti depressioni del Passo di Resia (m. 1510) e del Brennero (m. 1370), che immettono in Italia, si rialza negl'imponenti gruppi degli Alti Tauri (Gross Venediger, m. 3660; Gross Glockner, m. 3798) con ampie distese di nevai e di ghiacciai ed alti valichi, superiori tutti ai 2000 m., cosicché i solchi longitudinali sono nettamente separati fra loro. Ma più ad oriente, deprimendosi il rilievo nei Bassi Tauri e nelle Alpi Austriache (Hochschwab, m. 2278, Schneeberg, m. 2061), i passi si fanno più numerosi e depressi attorno ai 1000 m. (Schober Pass, m. 849, Prebühel, m. 1227, Seeberg, m. 1254, Semmering, m. 980), e le relazioni fra le conche vallive inteemedie più frequenti e facili.
Le Alpi calcaree settentrionali hanno le loro pieghe spezzate in blocchi e rilievi articolati da una rete idrografica trasversale, che porta a profonde selle, oppure a strette chiuse per le quali passano i maggiori fiumi entroalpini (Inn, Salzach, Enns), cosicché facili e dirette si fanno le comunicazioni con la sottoposta alta pianura danubiana. Questi rilievi però, sebbene appartengano per la situazione periferica alla zona prealpina, hanno l'aspetto delle regioni dolomitiche a nudi massicci tabulari (Dachstein, Totes Gebirge) o frazionati in pinnacoli e torrioni sopra aperte conche prative (Hochschwab, Rax Alpen) o sovrastano imponenti alla zona dell'alta pianura.
Le catene meridionali delle Prealpi Stiriane e delle Caravanche, a terreni gneissici e paleozoici, hanno creste allineate di poco superiori ai m. 2000, passi poco numerosi ma depressi, con una idrografia divergente verso la zona submontana orientale ad arenarie e ad argille plioceniche, plasmate in un molle paesaggio collinoso (Grazer Hügelland), che muore sopra i terreni diluviali terrazzati dell'alta Pianura Ungherese.
L'uniforme orlo granitico della Selva Boema (Blöckenstein, m. 1378) incombe a scaglioni e ripiani sul Danubio, mentre più ad oriente, sulle pendici del Greiner Wald, si apre in un ampio altipiano gneissico, fra i 900 e i 500 m. d'altezza, di dove numerosi corsi d'acque divergono, così a nord verso il bacino dell'Elba (Lužnice), come ad oriente verso quello della Morava (Thaya), a sud verso il Danubio (Kamp), e facili sono le comunicazioni col bacino di Vienna, con la Boemia e con la Moravia.
Infine, fra le catene alpine settentrionali e il Danubio, nonché fra il Massiccio Boemo e la Morava, sui terreni arenacei e marnosi terziarî si ha un paesaggio di media e bassa montagna, con una serie di colli isolati più elevati o di poggi morenici degradanti in pianori diluviali, terrazzati dagli ampî corsi inferiori dei fiumi alpini. (V. Tavv. CXI-CXIV).
Clima. - La latitudine intermedia del territorio austriaco, la sua posizione continentale e la natura essenzialmente alpestre del suo territorio spiegano assai bene il carattere complessivo del suo clima' che, se appartiene a quelli temperati, presenta grandi varietà locali. Nell'Austria odierna si possono distinguere due provincie climatiche: una con il clima proprio dell'Europa media, che si suddistingue in una zona prealpina o danubiana, che occupa gli altipiani prealpini e transdanubiani, e in una zona entroalpina delle grandi vallate dell'Inn, della Salzach, dell'Enns e della Mur l'altra provincia di clima pannonico, si stende sul Burgenland, sui Colli Stiriani ed entro le vallate alpine orientali aperte a sud-est (Drava e basso corso della Mur).
Nella zona prealpina a danubiana, per la prevalenza dei venti occidentali, le estati, che comprendono circa cinque mesi, sono fresche (da 20 a 17° in luglio) e gl'inverni non molto rigidi (da − 2°,5 a − 1° in gennaio), con una escursione annua fra 19° e 21°.
Nella zona entroalpina le estati sono ancora più fresche (da 18° a 15°), ma le oscillazioni di temperatura tra i mesi estremi aumentano da occidente verso oriente (Feldkirch-valle dell'Ill: 19°,8; Admont-valle dell'Enns: 22°, 2); l'abbassamento della temperatura con l'altezza è però minore che nella zona prealpina periferica. Nell'inverno però, per l'alta pressione dominante nell'Europa centrale, si hanno spesso inversioni di temperatura con aria più fredda sul fondo delle valli longitudinali interne. Sono caratteristiche le basse temperature medie del gennaio del Pinzgau (Zell am See, m. 750, − 6°,2, con minimi anche di − 24°,6), del Lungau (Tamsweg, m. 1002, − 8°,2, con minimi di − 36°), dell'alta valle della Mur (Judenburg, m. 740, − 4°,2). Invece le pendici montane esposte a solatio, a forte insolazione, sono favorite da alte temperature invernali e da frescura estiva. Per questo in Austria numerose stazioni climatiche sono sviluppate in centri di costa e di terrazzo, come a Gnadenwald, presso Innsbruck, sui versanti delle valli meridionali dei Bassi Tauri, sulle terrazze di Ramsau (Mariazell) e quelle di Aflenz in Stiria, al Semmering, ecc.
Il clima pannonico, della fascia orientale pedemontana e della parte inferiore delle valli alpine orientali (Mur e Drava), è di tipo più continentale, con escursioni di temperatura, tra i mesi estremi, che superano notevolmente i 22° (Klagenfurt, 25°,2); le estati hanno medie temperature di 1° o 2° più alte di quelle della zona entroalpina, con una durata di cinque o sei mesi, ma soprattutto freddi sono gl'inverni nelle zone collinari del Burgenland, nella Bassa Stiria (Radkersburg, m. 220, gennaio − 3°,2) e nella conca di Klagenfurt (m. 440), che ha la media del gennaio di − 6°,4, inferiore a quella di Hammerfest nell'alta Norvegia (70° lat. nord).
La quantità delle precipitazioni annue varia notevolmente da un luogo all'altro. Nelle parti più alte delle Prealpi calcaree settentrionali si raggiungono e anche si superano i 2000 mm., specialmente nel Salisburgo e nel Salzkammergut; invece lungo le creste delle catene centrali alpine raramente si passano i 1600 mm. I fondi poi delle lunghe valli longitudinali, al riparo dai venti umidi dell'O., hanno piovosità assai minori: fra gli 800 e i 1000 mm. nelle valli dell'Inn e della Mur, dove alcune zone sono anche al disotto di 800 mm.; nel solco più esterno della Salzach e dell'Enns si raggiungono appena i 1000 o 1200 mm. Tutta la grande fascia della pianura pedemontana settentrionale, lungo il Danubio, il confine ungherese e la zona collinosa del Burgenland non arriva ai 1000 mm. ed è per gran parte sotto gli 800; mentre poi nel bacino di Vienna, nel Marchfeld e nella regione transdanubiana (meno le creste di confine della Selva Boema, che raggiungono i 1000 mm.) le scarse precipitazioni sono inferiori ai 600 mm. e in alcuni anni raggiungono appena i 400 o 300 mm.
Quanto alla distribuzione annua delle precipitazioni, quasi dovunque predomina il tipico regime continentale, specialmente in tutta la zona danubiana e nelle valli longitudinali alpine settentrionali, con circa il 40% di precipitazioni estive (massimi in giugno e luglio a gruppi di 3 o 4 giornate piovose) e minimo invernale, pari a circa il 15% del totale annuo. Nel Tirolo centrale e nella Stiria orientale, il massimo estivo è spostato alquanto verso l'agosto, mentre poi nella Stiria meridionale e nella Carinzia si sente l'influsso del regime sub-mediterraneo, con un accenno a due altri piccoli massimi primaverile e autunnale, maggiore quest'ultimo, con gruppi di piogge di quattro o sei giorni. Anche le nevi sono più abbondanti nelle zone periferiche che in quelle interne, aggirandosi il limite delle nevi perpetue nei massicci dell'Ôtz e degli Alti Tauri fra i 2800 e i 2700 m., mentre sulle Prealpi calcaree esterne si abbassa fino ai 2500 m. sul mare.
Infatti le precipitazioni invernali nevose, paria 20% del totale annuo nella regione prealpina della Traun, rappresentano appena il 16% nella valle dell'Enns, e il 12% nell'alta Mur; mentre il Salisburgo e il Salzkammergut sono le regioni più nevose dell'Austria, anche per la durata del manto nevoso. Di solito a 900 o 1000 m. sopra il limite delle nevi permanenti le precipitazioni sono tutto l'anno nevose; ma nella valle dell'Inn, a 600 m. s. m., la neve dura circa 86 giorni all'anno e nell'alta valle dell'Enns a 750 m. s. m., la neve rimane sul suolo dalla metà di novembre alla fine di marzo, e nei versanti superiori fino a giugno o a luglio. Di venti locali tipici sono degni di nota il Föhn invernale, specialmente frequente nel Vorarlberg e nella valle dell'lnn (Innsbruck 43 giorni all'anno), che porta a scioglimenti improvvisi delle nevi e arreca gravi danni; e lo scirocco primaverile in Stiria e Carinzia con anticipate morbide dei fiumi.
Idrografia. - L'Austria, entro i suoi confini attuali, appartiene al sistema idrografico danubiano; tuttavia molti dei suoi corsi d'acqua hanno il bacino in buona parte non compreso entro il suo territorio. Lo stesso Danubio (v.) non percorre il territorio austriaco che per circa 350 km. del suo corso superiore, da Passavia a Bratislava, ricevendo solo tre fiumi alpini tutti austriaci, la Salzach, la Traun e l'Enns. Ma esso è veramente il fiume navigabile dell'Austria con una media portata a Vienna di kmc. annui 55,4 milioni, con portate costanti (fattore di deflusso 52,6%) e morbide alquanto più accentuate in estate, mentre per circa 32 giorni d'inverno trasporta ghiacci. Gli altri fiumi settentrionali alpini hanno rapporti di deflusso, rispetto alle precipitazioni, molto più elevati, che salgono talora al 70%, e portate quindi molto notevoli. Presentano morbide estive, e magre assai accentuate d'invemo, in relazione al tipo delle precipitazioni alpine. L'Inn (v.), il maggiore dei fiumi settentrionali, non è austriaco che per il suo corso medio, da Hochfinstermünz a Kufstein, ma ha un altissimo rapporto di deflusso (90%), regime glaciale a prolungate magre invernali (ottobre-aprile), salita rapida in aprile e massimi in luglio-settembre. La Salzach, che deriva acque dai ghiacciai degli Alti Tauri, ha pure rapporti di deflusso superiori al 90%, con minime portate nel febbraio e massime in agosto. La Traun, fiume completamente prealpino, ha un coefficiente solo del 65%, ma, per la serie di laghi subalpini che attraversa, ha portate quasi costanti, con leggiera morbida da maggio a settembre. L'Enns invece, che corre longitudinalmente ai Bassi Tauri, non defluisce che il 62% delle acque cadute nel suo bacino e ha un regime assai irregolare. Mancano dati attendibili per la Mur, che ha un breve massimo in giugno; la Drava ha un coefficiente di deflusso del 70% e regime alquanto submediterraneo, con morbide anticipate in primavera e prolungate in autunno.
Vi è in genere un'insufficienza di regime nei corsi d'acqua austriaci, soprattutto per le magre invernali, che non trovano compenso in altri fiumi a diverso regime, né nei laghi esistenti in territorio austriaco. Infatti dei due maggiori, il Lago di Costanza (metri 395 s. m.), a occidente, è quasi tutto esterno all'Austria, e quello di Neusiedl, alla sua estremità orientale (m. 114 s. m.), è pochissimo profondo, ha perimetro variabile e si trova 60 m. più basso del vicino Danubio, cosicché non è usufruibile come riserva di energia idrica. Gli altri maggiori laghi alpini periferici di origine glaciale si trovano solo ai due estremi settentrionale e meridionale del territorio dello stato. Nell'Alta Austria, il Lago di Atter (kmq. 46.7, capacità kmc. 3934 milioni) e quello di Traun (kmq. 25.6, capacità kmc. 2302 milioni) sono legati agli altri minori circostanti (Irr See, Mond See, St. Wolfgang See, Altausseer See, Grundl See), ma alimentano il solo bacino della Traun. A sud i laghi carinziani sono tutti aggruppati nella conca di Klagenfurt e sull'Alta Drava (laghi di Wörth e di Millstatt, superficie rispettivamente kmq. 21,6 e 13,3, capacità kmc. 2302 e 1213 milioni) al confine quasi dello stato, cosicché non hanno influenza sul regime fluviale austriaco.
Le forze idrauliche della Repubblica venivano calcolate (1925) a 3.694.000 HP. in epoca di magra; questi erano forniti soprattutto dalla Stiria e Tirolo, con 760.000 HP. ciascuna, cui seguivano Carinzia e Alta Austria (56 e 50.000 HP.). Di essi sono usufruiti oggi 1.650.000 HP. e 335.000 stanno per esserlo.
(V. Tav. CXV).
Flora e fauna. - Sul territorio austriaco predominano tre regioni floristiche, in relazione con le condizioni climatiche. Quella dell'Europa centrale, sulle regioni danubiane e prealpine, giungendo con la formazione boschiva delle aghifoglie fino a m. 1000 sul mare. Le abetine salgono fino a m. 1350 sulle pendici della Selva Boema e coprono le zone meno fertili delle terrazze diluviali dell'Alta e Bassa Austria, relitti di una primitiva copertura boschiva. La stessa formazione boschiva ammanta i fianchi vallivi alpini, dove rappresenta un valore economico di prim'ordine, estendendosi in media fino a 750 m. sotto il limite delle nevi perpetue; sulle Alpi dell'Ötz e negli Alti Tauri si spinge fino a m. 2100 e 2300 s. m., nelle Alpi calcaree settentrionali fino a m. 1900, sui Bassi Tauri a m. 1800, sulle Alpi Stiriane a m. 1500-1600, come pure sulle Prealpi Salisburghesi e Austriache.
Fra le piante coltivate di questa regione floristica predominano i cereali: mais e frumento nei terreni migliori dell'Alta e Bassa Austria e sui Colli Stiriani; frumento, orzo e segale sulle terrazze della Selva Boema ed entro le vallate alpine, dove il limite superiore sale in media a m. 1500 soltanto; la coltivazione è ristretta quindi ai fondovalle, ciò che è grave danno per uno stato essenzialmente alpino come l'Austria. Campicelli di segale ed orzo arrivano a m. 1425 nello Stubai, 1375 negli Alti Tauri, 1150 nei Bassi Tauri, attorno ai 1000 m. sulle propaggini alpine più orientali e attorno ai 900 m. nelle Prealpi calcaree austriache, mentre dovunque il frumento resta molto più basso. La coltivazione della barbabietola è abbastanza estesa sugli altipiani subalpini, insieme a quella delle patate, le quali ultime arrivano molto in alto entro le regioni montuose. Fra gli alberi da frutto, oltre il melo, sono frequenti il ciliegio e il noce.
La regione floristica alpina, nella formazione erbacea del pascolo montano, è qui relativamente assai estesa, essendo propria di tutte le alte creste montane, al disopra dcl limite del bosco, specie sui terreni scistosi e cristallini delle Alpi mediane dove i pascoli giungono fino a 3100 m. nella Stubai; mentre è più scarsa sulle catene periferiche calcaree e dolomitiche a prevalenti pareti nude verticali e ad estesi macereti, con limite attorno ai m. 2400 nelle Alpi calcaree settentrionali. La flora pannonica, con querce, castagni, pini e con formazioni xerofìle crspuglive, si trova in una stretta fascia nella zona a scarse precipitazioni della regione collinosa subalpina orientale: nei Windische Bühel, sui Colli Stiriani fino a Graz, nei rilievi occidentali del Burgenland, sulle pendici orientali della Selva Viennese e sui Monti della Leitha. Essa però non si spinge oltre i 400 m. di altezza; diviene quindi sempre meno ricca e si confonde col bosco ad aghifoglie. È in questa regione pannonica che si stende la coltura della vite, i cui limiti settentrionali sorpassano la Selva Viennese (m. 350 s. m.).
Esemplari di flora pannonica si hanno pure in alcune brevi zone intravallive alpine a scarse precipitazioni, come a nord di Innsbruck, in Carinzia, nella valle della Gail e nel bacino di Klagenfurt; ma non dànno luogo a vere formazioni.
Per quanto riguarda la fauna naturale non vivono sul territorio austriaco specie endemiche, ma la fauna propria dell'Europa media, che sta ritirandosi sulle creste montuose, di fronte agli animali domestici importati dall'uomo. Vanno ora scarseggiando marmotte e stambecchi, già numerosi sulle Caravanche, in Carinzia, sul Tennen Gebirge, nel Salisburgo; mentre camosci, aquile, galli di montagna, pernici bianche ed eccezionalmente qualche orso, si trovano ancora verso le alte vette del Tirolo occidentale.
Suddivisioni naturali. - Astraendo dalle minori unità vallive, proprie di un paese alpino com'è l'Austria, e da quelle storiche createsi nel corso dei secoli, per le condizioni altimetriche, climatiche e floristiche, si possono distinguere nel territorio austriaco tre regioni naturali più complesse, delle quali è evidente l'influenza sulla distribuzione e modo di vita degli abitanti.
1. Una regione danubiana, comprendente le pendici cristalline della Selva Boema e l'altipiano eocenico submontano, a destra del Danubio, a piogge uniformi e abbondanti, ad inverni non molto rigidi, ad estese zone coperte da campi (43,4%) e da boschi (35,2%), e minime zone improduttive (5,9%).
2. Una regione alpina occidentale, dove predominano i grandi massicci cristallini mediani e calcari periferici, ad estese zone improduttive (19,8%), ad alte ed isolate vallate, a inverni prolungati ed estati brevi, con piogge meno abbondanti nell'interno, con prevalenza dei pascoli (42,2%) sui boschi (47,0%) e sulle coltivazioni (73,%), a popolazione rada, dedita all'allevanento.
3. Una regione alpina orientale, meno elevata, a terreni cristallini interni e paleozoici periferici, con estese zone minerarie, con ampie conche intravallive, che facilmente comunicano fra loro, con clima più continentale, a inverni rigidi ed estati calde, minori precipitazioni, pochi pascoli (17,7%) e poche zone coltivate (17,8%), ma ricchi boschi (51,9%) e scarse zone improduttive (8,3%); con popolazione agricola numerosa sull'orlo pedemontano alpino, e dedita a sfruttare le miniere e i boschi nelle conche interne.
Dati sulla popolazione. - Al censimento del 7 marzo 1923, la Repubblica austriaca contava una popolazione presente di 6.535.759 ab., ripartiti assai diversamente nei 9 paesi confederati (Bundesländer) o circoscrizioni amministrative autonome, in cui oggi è suddivisa la Repubblica (Vienna, Bassa Austria, Alta Austria, Salisburgo, Stiria, Carinzia, Tirolo, Vorarlberg, Burgenland). La densità media di popolazione è dunque di 78 ab. per kmq. (85,2 se si sottraggono le aree improduttive), lievemente superiore a quella della Francia (71 per kmq.), ma inferiore a quelle della Svizzera e dell'Italia (94 e 125 ab. per kmq.). Le circoscrizioni amministrative sono assai diverse fra loro, sia per l'area, che varia - esclusa Vienna (kmq. 278) comprendente solo la città e il territorio suburbano - da 19.301 kmq. nella Bassa Austria, a 2602 nel Vorarlberg, sia soprattutto per la diversa natura e morfologia del suolo e quindi la diversa abitabilità del territorio, giacché gl'incolti, che complessivamente rappresentano il 10,5% dell'intera Austria, nelle varie circoscrizioni oscillano da un massimo del 24,8% in Tirolo ad un minimo del 3,3% nella Bassa Austria. Così le cifre della popolazione assoluta e relativa sono molto diverse da provincia a provincia.
L'aumento medio della popolazione, che era andato sempre accentuandosi dal 1880 in poi, fino a raggiungere, nel decennio anteriore alla guerra (1900-1910), il valore complessivo dell'11% - specialmente intenso nelle provincie occidentali (Salisburgo 11,4%, Tirolo 14,4%, Vorarlberg 12,5%) - fu interrotto bruscamente dal conflitto europeo; cosicché nel decennio 1910-1920 si manifestò un regresso notevole, che raggiunse il − 3,6% nell'intero stato, con una diminuzione massima a Vienna (− 9,33%) e nel Vorarlberg (− 8,5%), mentre il Tirolo e l'Alta Austria mantenevano ancora un lieve incremento (+ 0,5%). Tale diminuzione, che interessava quasi tutto il territorio, era dovuta molto ai morti di guerra, come è dimostrato dal fatto che nei maschi è stata del − 6%, mentre nelle femmine appena del 0,7%; tuttavia per buona parte si deve anche all'esodo di moltissimi sudditi non tedeschi dell'ex-monarchia, specie nei centri industriali e nella capitale: durante la crisi del dopo-guerra, questi tornarono ai loro paesi di origine, che avevano acquistato l'indipendenza politica. Ma in questi ultimi tempi l'equilibrio è andato ristabilendosi, tanto che nei 3 anni che corrono fra il censimento del 1920 e quello del 1923, l'incremento della popolazione tornò positivo in tutte le provincie (massimo nel Vorarlberg + 5,1% , Salisburgo + 4,1%, nell'intero stato + 1,7), eccetto che nel Burgenland, dove la popolazione diminuì del − 3, 1% della sua popolazione, per l'esodo degli elementi magiari.
Così nel 1923 rispetto al 1910, il territorio austriaco mostrò bensì una diminuzione della popolazione, ma di solo − 1,7%, rimanendo veramente negative solo le percentuali d'incremento, di Vienna (− 8,2), del Vorarlberg (− 3,2), del Burgenland (− 1,9), della Carinzia (− 0,2).
Il ripristino dell'equilibrio demografico si deve massimamente all'incremento naturale (differenza tra i nati e i morti), giacché se nel 1919, l'anno immediato del dopoguerra, si ebbe una variazione negativa di − 2,14 per 1000 ab., subito dopo, nel 1920, si tornò ad una positiva di + 3.36, nel 1921 del + 6,03 e nel 1922 + 45,48, assai prossima a quella complessiva dell'anteguerra (per le provincie attualmente austriache: + 5,43, nel 1913). Ciò si deve soprattutto alla natalità (22,70, nel 1922), che ha raggiunto quasi quella dell'anteguerra (23,54, nel 1913), con alti coefficenti massimamente in Carinzia (30,50), nel Salisburgo (28,0) e nel Burgenland (32,27), minimi invece a Vienna (16,39) e nella Bassa Austria (22,47), dove più numerosi sono i centri cittadini e industriali.
La mortalità, che nel 1919 aveva raggiunto il 20,33 per 1000 nell'intero stato, nel 1922 era scesa al 17,27 per 1000, valore inferiore a quello dell'anteguerra (18, 15); con minimi nel Vorarlberg (15,09), in Vienna (16,03), nella Bassa Austria (16,23), nel Tirolo (16,89), e massimi relativi nel Burgenland (19,92), nell'Alta Austria (19,33) e in Stiria (19, 10).
Quanto alla composizione della popolazione, nel 1923 si avevano in Austria 1076 donne su 1000 uomini, con un massimo a Vienna (1169) e un minimo nel Burgenland (1024).
Dal punto di vista etnico l'Austria, di tutti gli stati successori della monarchia degli Asburgo, è quello che ha la maggiore omogeneità, poiché i Tedeschi rappresentavano nel 1920 l'89,4% dell'intera popolazione; gli altri popoli erano rappresentati dal 3% di Ebrei viventi specialmente a Vienna, dal 5,3% di Cèchi (350.000), distribuiti nei centri industriali e a Vienna stessa, dall'1,7 di Sloveni (75.000) che si trovano specialmente in Carinzia (37.000), e dall'1,1 % di altre nazionalità. I non Tedeschi, calcolati nell'ottobre del 1920, erano 668.926 (10,6% dell'intera popolazione), ma forse oggi si hanno cifre e rapporti alquanto diversi (benché manchi un censimento più recente), in seguito al movimento migratorio manifestatosi nel dopoguerra, ed ancor più in seguito all'infusione di 42.000 Iugoslavi e 9600 Magiari, avutasi con l'annessione del Burgenland.
Il Tedesco dell'Austria è un Bavaro alterato in luogo, per l'isolamento montano e forse per il contatto con gli antichi coloni: esso si stende compatto su tutte le vallate alpine, fino agli ultimi contrafforti, verso la Pianura Ungherese, a O. e NO. del bacino di Klagen. furt. Rimangono invece slovene la bassa valle del Gail e le zone a sud del Lago di Wörth e ad oriente di Klagenfurt, la zona pedemontana orientale, dove gli Slavi, stretti dai Magiari, occupano la regione collinare misti ai Tedeschi.
Relativamente numerosi sono gl'Israeliti nella Repubblica austriaca, specialmente nelle città e nella capitale dove dominano nel mondo degli affari, nella stampa e nella letteratura. A Vienna, nel 1910 erano 175.318, ma nel 1923 erano cresciuti a 201.513, provenienti per il 57,7% dall'estero; rappresentavano perciò ormai il 10,8% dell'intera popolazione della capitale. Fra questi bisogna distinguere quelli che per lunga residenza in Austria sono stati ormai assimilati e gl'Israeliti orientali (Ostjuden), venuti, specie nel dopoguerra, dalla Galizia o dalla Polonia già russa, che si dedicano al piccolo commercio e alle speculazioni. Il loro numero non è esattamente stabilito, ma sono calcolati a circa 50.000. Recentemente gl'Israeliti sono aumentati per l'annessione del Burgenland, dove nel 1923 ne furono censiti 3790, mentre altri emigravano da Budapest e dai comitati ungheresi, cosicché il numero totale degl'israeliti nella repubblica rappresenta oggi forse il 5% della popolazione.
Quanto alla religione, sulla base del censimento del 1910, l'Austria odierna si può dire uno stato prevalentemente cattolico, poiché i cattolici rappresentano il 94, 1% della popolazione, mentre gli ebrei (senza gli Ostjuden) rappresentano il 3,1%, raggruppati specialmente a Vienna e nella Bassa Austria. I protestanti costituiscono circa il 2,6% degli abitanti, e si trovano soprattutto a Vienna, dove nel 1923 erano il 4,8% della sua popolazione; mentre poi sono il 6,5% in Carinzia, il 2,6% nella Bassa Austria, e solo il 0,9% in Tirolo. Il 0,3% della popolazione è di altra o di nessuna religione (a Vienna, nel 1923, l'1,77% di areligiosi dichiarati).
Le persone sopra i 10 anni, che sapevano leggere e scrivere, nel 1910, rappresentavano il 95,7%, con un massimo nel Vorarlberg (99, 1%) e un minimo in Carinzia (85,4%); si può dire quindi che tutta la popolazione è alfabeta, tanto che dal censimento del 1910 non fu più fatta questa inchiesta.
Per quanto riguarda la struttura sociale della popolazione austriaca, il 43% è dedita all'agricoltura e alle foreste, il 33% all'industria, il 16% al commercio e l'8% alle professioni libere o impieghi. Le occupazioni prevalenti sono quindi quelle agricole, tanto più che le industrie sono addensate massimamente nei centri della Bassa Austria, quelle minerarie nella Stiria. Da una statistica delle occupazioni distinte per provincie nel 1900 si ricava che il maggior numero di abitanti dediti all'agricoltura e foreste si aveva nella Carinzia (58,4%), a cui seguiva il Tirolo settentrionale (48,9%) e l'Alta Austria (49,4%); i minimi erano rappresentati dalla Bassa Austria (43,5%, senza Vienna, e dall'Alta Stiria (40%); mentre poi un minimo assoluto era dato dal Vorarlberg (34,3%).
L'attività industriale assorbiva invece il massimo numero di braccia nel Vorarlberg (46,1%), specialmente nell'industria tessile (23,3%); seguiva l'Alta Stiria (37,2%) con la percentuale massima di abitanti occupati nelle miniere (14,9%), e la Bassa Austria (senza Vienna) con 32,9% di popolazione industriale (6,3% nella metallurgia).
Se si escludono i centri maggiori di Vienna (26,6%) e Graz (21,4%), il commercio e le industrie dei trasporti occupavano il massimo numero di abitanti nel Salisburgo (12,4%) e il minimo in Carinzia (7%) e nella Bassa Stiria (6,2%); mentre le professioni libere avevano numerosi rappresentanti (sempre escluse le grandi città) nel Salisburgo (17,4%) e scarsi nel Vorarlberg (10,6%).
Questi dati hanno subito però modificazioni profonde, specialmente nelle città, nel dopoguerra; diminuirono infatti notevolmente la classe impiegatizia e quella dedita al commercio, e aumentò in parte quella agricola, con un movimento inverso a quello che si era manifestato negli ultimi anni prima della guerra.
Etnografia. - Il territorio dell'Arlberg fu occupato fin dal sec. V dagli Alemanni, che nel sec. X colonizzarono anche le foreste di Bregenz; il Tirolo nel sec. VI fu occupato dai Baiuvari. Dopo il 1300 le valli dell'Inn e del Walser ricevevano un altro notevole contributo di Tedeschi dalla Svizzera. Nel Tirolo giunsero le migrazioni sveve spingentisi anche nella regione dell'Inn superiore e del Lech, e, superando lo spartiacque alpino, fin nell'Alto Adige (secoli VI-VII). La colonizzazione tedesca dovette mantenersi soprattutto nelle valli principali, ma penetrò anche in alcune valli elevate sovrapponendosi al romanesimo della popolazione retico-illirica indigena la quale, ancor oggi, somaticamente, con talune intrusioni nordiche, costituisce il tipo fondamentale della popolazione delle Alpi Orientali. Questa penetrazione sembra essere avvenuta in modo pacifico e forse in un territorio poco popolato. A oriente, al di là della catena principale dei Tauri e delle Alpi calcaree, i Tedeschi, quando si faccia astrazione dai residui della vecchie popolazioni illiriche e celtiche, e dai Romani stabiliti in piazzeforti nel bacino della Drava, s'incontrano nel sec. VII con l'ondata etnica concorrente degli Slavi. Per secoli vissero accanto a questi, ma, sotto la pressione delle incursioni di orde orientali, i Tedeschi furono spinti fino al corso medio della Mur e si stanziarono nella semideserta Carinzia portando già nel Medioevo in questi paesi e fin nella Croazia una cultura sedentaria di tipo occidentale. Nei paesi danubiani l'occupazione tedesca avvenne, senza interruzioni, dalla Baviera, dal sec. IX all'XI.
Per il Vorarlberg, il Tirolo ed il Salisburghese (Austria occidentale) è caratteristica soprattutto la vita dei montanari in relazione con gli spostamenti stagionali. Prevale l'insediamento in case isolate, dedicato all'allevamento e all'industria montana con i campi e i prati raccolti sulle pendici del monte intorno all'abitazione. Sui ripidi pendii la zappa prende spesso il posto dell'antico aratro di legno, davanti al quale prima erano attaccati gli animali con doppî gioghi estremamente lunghi per facilitare le voltate. Il bestiame, che ha trascorso l'inverno nelle stalle, viene mandato successivamente ai pascoli di mezza stagione (Maiensäss nel Vorarlberg) e poi nelle alte Alpi. Nei prati di montagna si riunisce d'estate tutta la gioventù capace di lavorare e i falciatori lavorano spesso in cordata, provvisti di ferri da alpinista. La discesa dai prati di montagna, in alcune località anche la salita, avviene in processione festosa con gli animali adornati. Le condizioni climatiche richiedono speciali apparecchi per poter seccare le biade e il fieno. A nord della cresta principale alpina essi vengono distesi su pali forniti di spuntoni di rami (Hiefler); nel sud, in Carinzia, e fino al Ticino e oltre, su cavalletti costruiti alla maniera di un pallottoliere (Harfen, cioè "arpe", corrispondente al romanzo rescanne). Questi apparecchi hanno corrispondenze fino nella Scandinavia e nella Russia, come anche i granai su pali delle vicine vallate tirolesi. Slitte e tregge servono anche nell'estate al trasporto del fieno. Esso viene però portato a valle anche a spalla, compresso fra legni arcuati e legati (Ferkl dal lat. ferculum) o su una intelaiatura di legno. Il taglio e la lavorazione del legno, come industria domestica, serve a completare lo scarso reddito dell'azienda. Nei luoghi più favorevoli i masi (Gehöfte) si sono spesso riuniti in piccoli casali. Nel Vorarlberg e nella selva di Bregenz secondo l'usanza svizzerai sono diffusi i consorzî e certe industrie (ricami, orologi). Nella Valle dello Stubai, nel Tirolo, una vecchia industria popolare del ferro produce tutti gli articoli rustici necessarî, dal vomere agli aghi del calzolaio. I villaggi di regola sono ivi accentrati e posti sui terrazzi o su coni di deiezione o nel fondovalle, dove essi si seguono ad intervalli lungo le vie di comunicazione. Gli stretti villaggi su strada del Tirolo occidentale sono stati con ragione riportati da Wopfner alla tradizione romana. Qui, come nell'Engadina, le case sono costruite per lo più in muratura. Case e osterie molto decorate attestano in molte valli il passato sviluppo minerario (argento, oro, rame, ferro) e l'intenso traffico stradale. Il contadino tedesco, come proprietario o anche come affittuario, vive per generazioni nella stessa casa, perciò nelle valli principali, come nella vicina Baviera, troviamo dappertutto abitazioni ricche e spaziose. Nel Tirolo occidentale vi sono anche "case doppie" per due famiglie, mentre la forma più vecchia di masi appaiati, con cucina e fienile separati, si è mantenuta sui pendii montuosi e nelle valli vicine. Verso l'Austria interna predomina l'abitazione a costruzione irregolare, in legno (Blockbau) secondo la tradizione tedesca, o in pietra secondo quella romana; nella selva di Bregenz le costruzioni sono quasi completamente in legno. In molte località, tanto nel Tirolo quanto nella Baviera, i sostegni dei frontoni sono andati sviluppandosi in una maniera segnatamente artistica. Da una parte e dall'altra dell'Arlberg si è sviluppata un' architettura mista molto attraente nella quale la parte abitata, in muratura, spicca sulla massa scura in legno del resto della casa. Queste case hanno spesso nelle camere rivestimenti di legno artisticamente scolpiti; e buoni scultori in legno e perfino architetti del Barocco come J. Prandauer sono venuti da questa regione. Ancor oggi gli uomini sono abili scultori e stuccatori che cercano in Germania e persino in Francia un guadagno di stagione, come prima facevano anche i venditori di uccelli e gli orologiai dell'Inn superiore, i portatori d'olio, i venditori di guanti e i suonatori di cetra della valle dello Ziller e simili.
Lungo la via che dal Brennero va in Baviera le case presentano ancora dappertutto ricchi affreschi ornamentali. L'arte esercitata, qui come in Baviera specialmente nel sec. XVIII, sopravvive, molto decaduta, soltanto nella professione di alcuni Fassani girovaghi. L'entrata delle case si trova generalmente nel lato del comignolo del tetto (di solito la facciata più stretta della casa), mentre nella regione alemannica e nel Tirolo nord-occidentale si apre dalla parte dello spiovente. Dal portico s'entra da un lato nella cucina e nel tinello (Stube), la cui stufa è costruita di mattonelle nere o smaltate o di semplice muro e viene riscaldata dalla cucina o dal corridoio. Le vecchie stufe si distinguono spesso per artistiche sculture; nel Vorarlberg si hanno anche stufe di maiolica bianco-azzurrognola. Le camere da letto e i corridoi al primo piano contengono i bauli e le casse, che nelle vallate circonvicine povere di traffico (Oetztal, Alpach) conservano ancora forme del tardo gotico, mentre la valle dell'Inn inferiore ostenta piuttosto una ricchezza barocca di colori e la regione dell'Arlberg e il Salisburghese mostrano pregevoli intagli.
Il costume tradizionale si porta quasi soltanto in occasione di festa. Nelle vallate laterali gli uomini avevano, fino a poco tempo fa, giubbe corte di loden bruno o grigio con un panno rosso sul petto, mentre nelle valli maggiori sono penetrate le giacche lunghe e calzari di cuoio fin sopra il ginocchio. Oltre ai cappelli a punta, sono portati, come al di qua del Brennero, i larghi cappeli; alla Wallenstein verde chiaro. Il costume muliebre presenta in generale un grosso corpetto increspato che una volta si chiudeva sopra il seno (Walsertal, Pinzgau). Non manca mai un grembiule. Le donne della selva di Bregenz portano ancor oggi un lungo abito di tela nera lucida e pieghettata, di foggia assolutamente medievale. Nel Salisburghese le donne portano generalmente un antico costume paesano di color nero e nel costume alpino degli uomini si trovano parimenti reminiscenze antiche.
Antiche usanze festive popolari sono le cavalcate pasquali guidate da un prete a cavallo, quelle che si fanno in onore di S. Leonardo nel Tirolo e nel Salisburghese, le feste del Corpus Domini e le processioni estive per le campagne (15 aġosto); sono da ricordare anche le storiche feste dei tiratori, la strana grandiosa processione di Sansone a Lungau (Salisburgo) e le rappresentazioni drammatiche. Nel Pinzgau si conserva il testo assai antico d'un dramma di streghe che si riporta a Hans Sachs e presso Prettau un dramma intorno a Faust. Le maschere del carnevale incarnano spesso nel Tirolo gli spiriti dei boschi e gli uomini selvaggi della fantasia popolare, nel Salisburgo tutte le specie di demonî e di animali infernali. Ci sono danze cerimoniali che richiamano gli antichi riti agresti romani, come l'impiego delle campanelle delle mucche per il "risveglio" della vegetazione, a cui serve anche lo schioccare di lunghe fruste al tempo dello scioglimento delle nevi.
Nelle montagne boscose dell'Austria centrale (Stiria e Carinzia) c'è ancora molto lavoro nei boschi, per cui i taglialegna vivono insieme per intere settimane in semplici capanne coperte di corteccia d'albero. Nelle regioni ricche di ferro dell'Alta Carinzia (Maltatal) e in tutta la Stiria superiore, come nell'antichità, c'è ancora il piccolo esercizio delle fucine per le minori masserizie agricole. Le masserie montane sono in genere costituite da un gruppo di costruzioni (abitazione, stalle, granai, essiccatoi per il lino) che nella Carinzia, verso il confine stiriano, si presentano spesso fabbricate su tre lati. Tipica è la costruzione a tronchi di legno (Blockbau) con o senza zoccolo in muratura. La casa d'abitazione, derivata probabilmente da un vecchio tipo a un solo vano, possiede sempre la Rauchstube, nella quale presso il focolaio aperto con ampia cappa di camino, si trova il forno. In origine il fumo usciva da una fila di finestrelle poste in alto o passava attraverso un'apertura in un camino di legno posto nell'atrio. Camere con stufe di terracotta sono di data recente. Simili ambienti riscaldati ci descrive il medico italiano Savonarola nel sec. XIV anche per i Trentini, i Feltrini e i Friulani ed egli menziona anche i bagni muniti di caminetto, usati nell'inverno, che poi furono spesso trasformati in abitazione. Il Geramb ritiene tuttavia che la Rauchstube abbia origine slava.
Le masserizie e le minori suppellettili erano in origine spesso completamente di legno, molti oggetti, come sono tuttora, finemente intagliati (taglieri, rocche, forme per il burro). Sopra la tavola da mangiare si appendono croci di legno, sui pascoli pure si piantano numerose piccole croci che vengono rinnovate tutte le Pasque. Anche le stoviglie di terra hanno foggia antica specialmente in Carinzia (stoviglie a tinte nere), dov'è pure in uso la fabbricazione della biancheria casalinga di lino, mentre nella Stiria è molto diffusa la produzione paesana del loden (stoffa di lana di pecora).
Le usanze popolari durante l'anno sono analoghe a quelle delle provincie occidentali, sebbene, per esempio, le mascherate siano meno artistiche. Nella Carinzia c'è la vecchissima usanza, durante la raccolta del lino, che i ragazzi imitino, nascosti nel bosco, voci di animali. Presso Saxenburg vive la tradizione, che si collega ad un vecchio rito germanico, di un sant'uomo, che fu portato alla sua tomba da un paio di buoi attraverso le acque retrocedenti della Drava e che è invocato per la pioggia e per la protezione delle biade. Un altro costume, che ha lo stesso scopo e consiste in una fiaccolata notturna, rappresenta invece un antico motivo romano (impiego di sempreverdi e di bosso). Anche l'uso di fasci di palme, di rami d'olivo, di carrubo, d'arancio, per ornamento, tradiscono nella Carinzia contatti meridionali. Nel cosiddetto paese basso sulla Mur e sulla Drava si presentano, in luogo dei casali e dei villaggi sparsi, villaggi regolarmente allineati in serie e stretti villaggi su strade. Qui domina la costruzione in pietra e la vita più civile si manifesta anche nell'assetto della casa. Nella valle della Gail il costume mostra antiche influenze slave e similmente i ricami variopinti della biancheria di casa.
Nella regione prealpina e nelle regioni ricche di boschi a nord del Danubio, insieme con un più intenso allevamento del bestiame, come nella madrepatria bavarese, prevale l'insediamento a case isolate regolarmente costruite in pietra o in mattoni e coperte con un tetto di paglia. Il mobilio era una volta ovunque riccamente dipinio. La lavorazione artistica di stufe e l'industria rustica della maiolica avevano fabbriche numerose dal Salisburgo fino all'Austria inferiore. Ora non se ne incontrano che residui.
Il costume locale è stato sostituito dalle nuove fogge giunte dal Salzkammergut, che è ancora un centro di attività artistica per l'intaglio del legno, come per la musica, il ballo e la poesia popolare. Soltanto nella pianura dell'Austria inferiore e del Burgenland si arriva in un territorio ricco di vigneti e di cereali e coltivato a frutteti ed orti. I villaggi sono di regola su strada alla maniera della Franconia e della Germania centrale. In certi distretti, particolarmente funestati in passato da incursioni guerresche, i villaggi sono invece lontani dalle strade e si presentano con una linea serrata di granai atti ad essere posti in stato di difesa, mentre la popolazione stessa si era scavata persino rifugi speciali nel löss della regione.
L'architettura presenta spesso tracce d'influsso cittadino (arcate del cortile, porte, ornamenti di stucco). Anche il costume, da un secolo a questa parte, s'è uniformato alla moda cittadina.
Un forte sentimento di comunanza pervade questa vita paesana, per mezzo delle sue società giovanili che fra l'altro regolano le tradizionali danze delle sagre (festa della raccolta) e attraverso le parentele; di modo che si fanno di preferenza in comune anche la lavorazione del lino, la raccolta della legna, la raccolta del mais. Oltre l'innalzamento dell'albero di maggio, le solenni processioni lungo i confini dei possessi e lungo i fiumi, si fanno in alcuni distretti viticoli solenni processioni con la benedizione dei raccolti dell'annata (corone, cavalletti a forma di capro adornati di frutta, ecc.) e anche le nozze vengono spesso celebrate con usanze antiche (intercettazione della strada durante il corteo nuziale, al principio delle danze festose la sposa sale sopra la tavola, a mezzanotte compaiono maschere mute, ecc.). Forte vive nel popolo la pia usanza dei voti e dei pellegrinaggi.
In tutte le genti dell'Austria è una viva inclinazione alla serena gioia del canto; nessuna festa popolare è celebrata senza canzoni e danze, in cui viene imitato fra l'altro il canto di accoppiamento del gallo cedrone o, tenendo in mano dei nastri fissati all'estremità di una pertica, si gira ballando intorno a questa. Nel canto ha una parte importante il controtempo e le grida di richiamo alpestre e i gorgheggi (jodeln). Nei paesi danubiani e in Carinzia ben sovente si canta a più voci.
Bibl.: Zeitschrift für Österreichische Volkskunde (ora Wiener Zeitschrift für Volkskunde), 1894 e seguenti; Das Bauernhaus in Österreich-Ungarn, Dresda 1906; Peasant art in Austria, numero speciale di Studio, 1911; M. Haberlandt, Österr. Volskunst, voll. 2, Vienna 1911; id., Einführung in die Volkskunde, Vienna 1924; id., Österr. Land, Volk und Kultur, Vienna 1928.
Condizioni economiche. - Colture. - La superficie del suolo produttivo della Repubblica austriaca è relativamente elevata, tenuto conto che si tratta di uno stato essenzialmente montano; rappresenta l'89,7% dell'area totale, contro il 10,3% di incolti (censim. 1900); mentre nella Svizzera i terreni improduttivi, occupano il 22,4% del territorio. Questi raggiungono il massimo nelle Alpi calcaree settentrionali (Prealpi Salisburghesi e Austriache), che hanno il 25,4% di aree incolte e sugli elevati massicci degli Alti Tauri (25%) e nel Tirolo (24,8%); i minimi si riscontrano nella zona subalpina (3,1%), sui colli stiriani (4%), nei grandi bacini interni delle Alpi Orientali (7%). Se si esclude Vienna, solo il Tirolo e il Salisburgo presentano un minimo di area produttiva col 75,2 e 84% del totale, mentre le altre provincie si avvicinano o superano il 90%.
Tuttavia queste aree produttive sono per la massima parte rappresentate da boschi (41,84% dell'intera superficie dello stato), nonché dai pascoli di alta montagna (17,3%), cosicché a vera coltivazione più o meno intensiva non resta che il 40,8% dell'area totale, e di questa il 12,3% è occupato dai prati artificiali.
Dal 1900 al 1924, per la diminuzione delle braccia lavoratrici, l'area dei campi coltivati è diminuita da ha. 1.831.200 nel 1913, a 1.700.300 nel 1924 (− 1,4%), e la diminuzione è stata forte specialmente nell'Alta Austria (− 2,3%); ciò a benefizio dei pascoli alpini cresciuti complessivamente in estensione, da ha. 906.100 nel 1913 a 943.700 nel 1924; con una percentuale che sale fino al 5,7 nell'Alta Austria. Così oggi per l'intero stato si hanno appena 1.909.400 ha. di terreno veramente coltivato a campi, orti e vigneti; poco più di 29 ha. ogni 10 ab., in luogo di 50 dell'antica monarchia. È nella Bassa Austria e nel Burgenland che le coltivazioni coprono un'area che si avvicina o supera la metà del totale (48,6% e 54, 1%); e in queste due regioni ha pure un certo valore la coltura della vite. Essa domina, lungo il Danubio, da Melk a valle, nonché sull'orlo del Bacino di Vienna e sulla regione dei colli orientali, attorno al Lago di Neusiedl e alla bassa Mur. L'area complessiva posta a vigneto è di 51.300 ha. (0,7% dell'area dello stato), con prevalenza di uve bianche. La sua produzione di vini, che nel 1910 era complessivamente di 323.900 hl., si ridusse nel 1924 a 305.400 (dei quali 258.400 di vini bianchi e 39.600 di rossi e 7400 di vinello), con una massima produzione di 227.900 hl. nella Bassa Austria e 24.400 hl. in Stiria.
Se si escludono gli orti e giardini che coprono solo l'1,1% dell'area totale, e che hanno una certa importanza soltanto a Vienna (14,6%) e nell'Alta Austria (2,2%), la superficie a campi, propriamente detta, occupava nel 1924 complessivamente ha. 1.909.400, il 22,7% dell'area totale (Svizzera 16,5%). Nella zona alpina, per la ristrettezza dello spazio coltivabile e per i limiti altimetrici naturali (media altezza dei campicelli m. 1300 s. m., massima m. 1800, ad Ober Gurgl nel Tirolo, nella Valle dell'Ötz), la maggior parte dei campi è limitata ai fondo valle. Si aggiunga la diversa attività agricola dell'elemento alemanno (Vorarlberg e Tirolo occidentale) e di quello slavo (Bassa Stiria e Carinzia) in confronto del baiuvaro, molto più attivo, l'estensione maggiore o minore del latifondo (57% di possessi superiori a 200 ha. nel Salisburgo, 26% nella Bassa Austria, 31% in Stiria, 58% in Tirolo), e si comprenderà come le colture intensive siano assai diverse fra le varie regioni dell'Austria. Così si hanno valori di appena il 3% della superficie nelle Alpi calcaree esterne, del 2% nelle Alpi dell'Ôtz e nei Tauri del 9% nelle vallate tirolesi, mentre questo valore cresce al 25% nelle conche interne delle Alpi Orientali, al 19,5% nelle zone prealpine, al 36,5% nei colli stiriani, al 56% nel bacino di Vienna, al 43,4% nell'altipiano del Danubio, dove numerose sono le zone in cui le colture intensive superano il 50% dell'area. Ne deriva che le provincie a più estesi campi sono il Burgenland (50,9%) e la Bassa Austria (45,2%), mentre quelle che ne hanno maggiore scarsità sono il Vorarlberg e il Tirolo (3,4 e 5,9%); ma, come si è detto, nel 1924, di questi campi erano coltivati solo ha. 1.700.300, mentre nel 1913 se ne avevano ha. 1.831.200. Delle varie colture la principale è quella dei cereali, fra i quali il frumento, che al raccolto del 1924 occupava 165.000 ha., contro 196.800 del 1913, sia misto all'avena (292.600 ha.), come sui contrafforti orientali delle Alpi e nelle zone pedemontane settentrionali, sia insieme con la segale (347.200 ha.), specie nella zona danubiana e sui colli stiriani; la coltura dell'orzo (ha. 119.600) invece è predominante nelle zone pedemontane della Bassa Austria e in alta montagna verso i limiti delle colture. La produzione media per ha. è abbastanza forte, data la prevalente natura montuosa del territorio, specie per il frumento, il cui reddito complessivo, nel 1924, si aggirò attorno ai q. 11,8 per ha. con un massimo in Stiria di q. 15, 1 e un minimo del 9,8 nel Salisburgo. La Stiria presenta pure un massimo d'intensità di produzione per l'avena (q. 14,5 per ha.) e la segale (q. 13,8); mentre per l'orzo sono il Tirolo (q. 13,5) e la Bassa Austria (q. 12,4) che hanno la maggiore intensità di produzione unitaria. Rispetto alla cerealicoltura del decennio anteguerra, l'attuale è inferiore, sia per produzione assoluta sia per ettari coltivati; fa eccezione il mais la cui produzione è aumentata di 244.000 quintali. La media annua 1904-13 era di 14 milioni di q. di cereali, mentre oggi è inferiore ai 12 milioni. Anche se si riuscisse a tornare alla produzione di 14 milioni di q., si avrebbe solo un quantitativo di q. 2,3 per ab., in confronto ai 4,4 nell'antica monarchia, quantitativo che serviva a coprire appena le necessità del consumo interno. Né è facile poter aumentare l'intensità della produzione, sia perché una gran parte delle terre coltivabili si trova sopra gli 800 m. s. m., sia per il frazionamento dei fondi in mano a piccoli proprietarî non in grado di attuare un miglioramento colturale (515.000 proprietarî posseggono poco più di 1 ha. per ciascuno); vi è quindi, rispetto alla necessità del consumo, un fabbisogno di quasi 12 milioni di q. annui, che si deve colmare con l'importazione dall'estero.
L'intensità della produzione delle patate è notevolmente aumentata dall'anteguerra (da q. 93,6 nel 1913, a 98,4 per ha. nel 1924), ma non può essere spinta oltre un certo limite per ragioni di ambiente fisico. Nel 1924 si avevano 167.400 ha. coltivati a patate, con un massimo nella Bassa Austria (94.000 ha.) e un minimo nella zona montuosa del Tirolo (3200 ha.), del Salisburgo (800 ha.) e del Vorarlberg (300 ha.), con una produzione complessiva di q. 14.772.500 cioè di q. 98,4 per ha., contro una media di q. 12.500.000, ossia 90 per ha., dell'anteguerra. Tuttavia ciò non rende disponibili che 155 kg. per abitante in luogo di 350 del passato, quando si usufruiva delle forti produzioni della Boemia.
La coltura della barbabietola da zucchero (complessivamente ha. 18.700 nel 1924) è limitata alla Bassa Austria (ha. 13.800) e al Burgenland (ha. 3500); ne mancano assolutamente la Carinzia, il Tirolo, il Vorarlberg. La produzione del 1924 fu di q. 3.632.000 (238,9 per ha.), contro una media di 2 milioni e mezzo circa nel decennio 1910-19. Si avrebbero circa 110 kg per abitante, contro 215 dell'antica monarchia, che contava sulle estese colture dell'Ungheria e della Boemia; mentre a causa delle condizioni fisiche del territorio dell'attuale repubblica non è possibile una maggiore estensione di questa coltura.
Delle altre piante industriali il lino occupava, nel 1924, appena 3.600 ha., di cui la massima parte nell'Alta e Bassa Austria (ha. 1100 e 900), e la canapa solo 400 ha., nell'Alta e Bassa Austria, in Stiria e Carinzia, con una produzione rispettiva di 34.400 e 3.700 q.; produzione insufficiente del tutto alle necessità del paese.
Scarsissima è pure la produzione del luppolo da birra, che prima della guerra si coltivava appena per 2.300 ha. in Stiria e 716 nell'Alta Austria, con una produzione rispettiva di 13.000 e 3000 q. annui, e che oggi viene tutto importato dalla Boemia; mentre è venuta a mancare interamente la produzione del gelso, che si aveva in Istria, in Dalmazia e nel Trentino.
Gli alberi da frutto, specie meli, susini, ciliegi, si vanno estendendo nell'Alta e Bassa Austria, in Stiria, in Carinzia, nel Vorarlberg; queste regioni già prima della guerra producevano circa 1 milione di q. di frutta da polpa e 100 mila q. da nocciolo, ma l'aumento della produzione non basterà, per parecchi anni, a risarcire il mercato di Vienna dei prodotti dell'Alto Adige, dell'Istria e della Dalmazia e soprattutto della Boemia.
I legumi, che si ottengono specialmente negli orti e giardini, i quali occupano complessivamente 817.000 ha., sono coltivati massimamente nell'Alta e Bassa Austria, in Stiria e Carinzia, attorno ai centri cittadini, con una produzione complessiva di 120.800 q., contro 164.300 dell'anteguerra.
Boschi. - L'Austria è molto ricca di legname da costruzione. Della superficie totale delle foreste, che coprono kmq. 31.393, ben 22.221 kmq. sono di aghifoglie e 2.397 di piante a foglie caduche, il resto di essenze miste. La massima estensione delle aghifoglie si ha in Stiria con 6760 kmq. di abetine e pinete (54% dell'area), a cui seguono la Carinzia e il Tirolo con 3700 kmq. (47 e 44%), mentre nella Bassa Austria e nel Burgenland le aghifoglie coprono appena il 25 e il 28% dell'area totale. In genere il rivestimento boscoso prevale nelle zone entroalpine e orientali, a terreni scistosi e cristallini, mentre è meno ricco nelle zone calcaree. In Stiria si hanno territorî comunali con l'80% della loro superficie coperto da foreste, alla cui conservazione ha influito anche l'estensione della proprietà di enti morali, fidecommessi a grandi latifondi, che nell'Alta Stiria e in Tirolo posseggono il 57 e l'81% dei boschi superiori ai 200 ha. Relativamente scarso di boschi è il Vorarlberg (29%), e anche il Tirolo occidentale. che la popolazione alemanna, al contrario di quella baiuvara, avrebbe fortemente diboscato a favore del pascolo. I boschi a foglie caduche, specialmente il faggio, si hanno quasi soltanto nella Bassa Austria (kmq. 1378) e il ceduo si trova soprattutto nell'Alta e Bassa Austria (kmq. 9411 e 445), sulle pendici della Selva Boema e lungo le rive del Danubio.
La produzione di legname è assai intensa. Nel 1900 si disponeva di circa 4.454.000 mc. di legname da costruzione e 6.433.000 mc. di legna da fuoco, che nel 1910 divennero rispettivamente 4.690.000 e 4.960.000. Oggigiorno, sebbene manchino statistiche più recenti, il reddito è diminuito circa di 700.000 mc., ma il legname rappresenta ancora una delle maggiori risorse dell'Austria, specialmente per la Stiria e la Carinzia, che nel 1910 avevano la massima produzione del legno dolce segato e lavorato, soprattutto dell'abete (rispettivamente 1.081 .000 mc. e 913.000 mc.), che viene esportato largamente specialmente in Italia e Iugoslavia, mentre è scarso il legno duro per l'industria dei mobili, che prima veniva da altre parti dell'impero (Croazia, Carpazî, Alpi Transilvaniche).
Prati e pascoli. - Quasi il 30% del territorio austriaco è occupato da prati artificiali e pascoli alpini; ma bisogna distinguere i prati coltivati (ha. 924.300; 12,3%) inframezzati ai campi nei versanti inferiori delle valli e non lontani dai paesi, dai pascoli naturali, situati verso le creste montuose, oltre il limite del bosco, o nelle zone rocciose (ha. 1.300.000; 17,3%).
I primi sono soprattutto diffusi nella regione dell'altipiano danubiano e sulle pendici della Selva Boema, nella fascia pedemontana, sul fondo delle valli maggiori, intramezzati ai campi coi quali spesso vanno in rotazioni agricole (Alta e Bassa Austria 20,1% e 12%;, Vorarlberg 15,2%). Scarseggiano invece nelle zone alpine (Tirolo 7,4%). In queste predominano i pascoli naturali, sopra il limite del bosco, a cui vengono condotti gli animali per l'estivazione, talora a tappe successive: con queste forme di sfruttamento dei pascoli naturali è collegata la presenza di particolari dimore temporanee (Almen) e di usi e costumanze di nomadismo a tradizioni arcaiche.
Le provincie a massima estensione di pascoli sono il Tirolo, dove si hanno circa 3971 kmq. di pascoli (41,8% dell'area) e il Vorarlberg con 1175 kmq. (51,3%), con una intensiva e molto antica industria d'allevamento del bestiame. Man mano che ci spostiamo verso le zone prealpine periferiche, a più bassi limiti altimetrici, diminuisce l'estensione del pascolo. Così il Salisburgo ha solo il 39,8% di pascolo specialmente verso le creste degli Alti Tauri; molto limitata è l'estensione dei pascoli sulle prealpi calcaree e nel Bregenzer Wald, dove si ha appena il 10% di pascolo magro, sassoso; la Carinzia ne possiede per il 25,1% della sua superficie, la Stiria per il 13,4% e si può dire che i pascoli manchino nell'Alta e Bassa Austria (2,7 e 3,7% dell'area totale, soprattutto nei territorî transdanubiani).
Se l'allevamento del bestiame, nelle zone alpine, è specialmente legato all'estensione del pascolo naturale di alta montagna, nelle zone più basse esso si basa in buona parte sui prati coltivati, cosicché in Austria l'industria zootecnica ha importanza non minore che nella Svizzera. Certo il censimento del bestiame del 1919 ha constatato una diminuzione rispetto alla consistenza del 1910, per cause comuni a tutti i paesi che furono coinvolti nella guerra, ma il patrimonio zootecnico, nel 1923, era andato rapidamente ricostituendosi. Infatti nell'ottobre del 1918, i bovini, esclusi quelli del Burgenland, erano ridotti a 1.841.883 capi, ma nel marzo del 1923 erano risaliti a 3.043.771, superando in tal modo il numero dell'anteguerra; e se nel 1910 si contavano 35,3 capi ogni 100 ab., ridotti a 32,2 nel 1918, oggi se ne hanno 49,6 (Italia 15 capi per 100 ab.),. con largo margine quindi per l'esportazione. Lo stesso si può dire per gli ovini, che sono andati rapidamente crescendo da 522 mila che erano nel 1910, a 979 mila nel 1923, con una proporzione che è cambiata da 8,6 a 14,9 capi ogni 100 abitanti.
Le più ricche di bovini, come si comprende, sono le provincie alpine occidentali, con un massimo di 89,8 capi ogni 100 ab. nell'Alta Austria e 84,7 nel Tirolo, dove la razza di Schwyz va sostituendo quella antica di Montafon; mentre la razza pezzata della Pusteria e di Tuxer va estendendosi anche in Carinzia, dove in passato dominava il tipo rosso locale. Le razze lattifere dominano soprattutto nelle Alpi d'Algovia, nelle Alpi di Kitzbühel e nelle Alpi Carniche; quelle da ingrasso soprattutto nella Pusteria orientale, nelle Alpi della Lavant-Tal e nel Salisburgo; altrove i bovini servono come animali soprattutto da lavoro e da macello.
Gli ovini sono numerosi in Carinzia, con 42,7 capi per 100 ab., poiché la popolazione slava è soprattutto dedita al pascolo brado degli ovini, mentre poi seguono il Tirolo e il Salisburgo (34,4 e 34,3 ogni 100 ab.), dove sono molto estesi gl'incolti e i pascoli magri.
Gli equini, per quanto ridotti dal 4,7 dell'anteguerra al 4,3 per 100 ab., sono relativamente abbondanti in Carinzia (7,9 per 100 ab.) nell'Alta (6,3) e Bassa Austria (6,1), nel Salisburgo (5,2), dove nei bacini interni delle medie valli dell'Enns, della Salzach, della Drava, nel bacino di Klagenfurt, nonché lungo il Danubio, si ha un allevamento notevole soprattutto di cavalli (ben note le razze del Pinzgau e stiriana), mentre sono molto scarsi, in tutta l'Austria, i muli e gli asini (nel 1923 nel complesso vi erano 312 asini e 1088 muli), che si notano specie in Carinzia e Tirolo.
L'allevamento del maiale nell'anteguerra era notevolissimo: nel 1910 si contavano 1.932.000 capi, scesi a 1.473.112 nel 1923 (senza il Burgenland), pari al 22.5 per 100 ab., contro 29.2 nel 1910, quando servivano, non solo per l'alimentazione locale, ma anche per l'esportazione. La percentuale è scarsa nell'alta montagna (Tirolo e Salisburgo 8,6 per 100 ab.), mentre è assai maggiore nella zona prealpina e oltre il Danubio (Bassa e Alta Austria 37,6 e 35,2, Stiria 33,4 e Carinzia 36,6). Queste provincie e il Salisburgo sono anche ricche di volatili da cortile (oltre 5.700.000 galline, 115.000 oche, 75.000 anitre complessivamente, nel 1923), con ricco commercio di uova e pollame nelle città interne, soprattutto a Vienna.
Come si vede, l'approvvigionamento di carni e di grassi, coi relativi prodotti di latticinî, è abbondante specialmente in burro e formaggio, nel Vorarlberg, nel Tirolo e nel Salisburgo, e più che sufficiente per l'alimentazione della popolazione dell'Austria per cui questa può contare su una forte esportazione.
Mancano statistiche sui prodotti della caccia e della pesca, ma nelle zone prealpine periferiche, specialmente sulle Alpi calcaree settentrionali, sui colli orientali, sulle Caravanche e al confine austro-stiriano, che fu detto il "parco naturale d'Europa", vi sono estese riserve di caccia in mano di grandi proprietarî, le quali tuttavia vanno rapidamente restringendosi per la necessità dell'agricoltura. Le persone addette all'industria della caccia furono calcolate, prima della guerra, a circa 12.000, delle quali 3400 in Stiria, e 3300 nella Bassa Austria. In alta montagna domina la caccia del gallo di montagna e del camoscio, specialmente in Tirolo, dove vi sono addette circa 1900 persone.
La pesca d'acqua dolce è esercitata individualmente su tutti i grandi e piccoli corsi d'acqua e laghi della regione, specialmente per le trote, ma non assume valore economico che in alcuni laghi del bacino di Klagenfurt, e sulle rive del Lago di Costanza, dove nel 1916 si pescò per 17.950 kg. di pesce, spediti in gran parte, per il consumo, alle città interne dell'Austria.
Risorse minerarie. - Le prime tracce umane nelle Alpi Austriache sono legate alle saline e miniere di Hallstatt e di Götschenberg presso Bischofshofen e di Kelchalpe nel Kitzbühel; ma già prima della colonizzazione romana erano conosciuti il ferro del Norico e l'oro degli Alti Tauri. Molti nomi locali indicano il fiorire medievale dell'industria mineraria alpina, di rame, argento e ferro, che ebbe il suo massimo splendore tra il sec. XV e il XVI, mentre poi decadde specialmente dopo il sec. XVIII
Le odierne zone minerarie sono limitate alla zona nord-orientale delle Alpi mediane cristalline e scistose, che contengono i più ricchi depositi di ferro e rame, mentre rame e zinco si trovano anche nei calcari triassici del Tirolo e nella Valle della Drava. I calcari del Triassico inferiore della zona prealpina settentrionale contengono invece i depositi salini del Salzkammergut. Sul fondo dei maggiori bacini vallivi orientali e sull'orlo della zona pedemontana settentrionale e orientale, si trovano depositi di lignite e torba, mentre carboni fossili ad alto tenore sono a varî orizzonti geologici, ma in quantità troppo scarsa. Mancano invece prodotti minerarî oltre il Danubio sulle pendici della Selva Boema. In complesso però l'Austria si può dire povera di minerali; solamente il ferro v'è in grande quantità, spesso associato al manganese, e in seconda linea la magnesite e il sale.
La produzione complessiva del minerale di ferro austriaco, la cui industria pesante si è sviluppata da circa 50 anni, è stata nel 1924 di 713.800 tonn., contro 1.760.000 del 1915 (Italia, 1925, tonn. 472.000), che hanno occupato 3397 operai. In tempi normali l'industria austriaca potrebbe raggiungere i 2 milioni di tonnellate e rendere l'Austria completamente indipendente dall'estero per i suoi bisogni interni, se non mancasse ad essa il carbone per la riduzione del minerale di ferro. Il massimo centro di estrazione del ferro si ha nell'Erzberg Stiriano, dove in una zona di 80 km. di raggio, nelle valli della Mur, Mürz, Steyr, Enns, Ybbs, Erlauf e Traisen, si riuniscono i maggiori giacimenti ferro-manganesiferi, che dànno i 4/5 della produzione di tutta l'Austria; il minerale viene ridotto negli alti forni di Hieflau, Eisenerz, Vordernberg, Trofaiach e Donawitz sul lato orientale delle Alpi di Eisenerz; di questi però solo tre erano in attività nel 1924. L'Österreichische Alpinen-Montan Gesellschaft, che sfrutta questi giacimenti, possiede pure quelli dell'alta Carinzia a Hüttenberg sul lato occidentale della Sau Alpe, e v'è poi qualche altra piccola miniera nella Bassa Austria e nel Salisburgo, ma di scarsa produzione.
Il carbon fossile, indispensabile per la siderurgia, è invece scarsissimo in Austria e nel 1915 se ne scavarono 76,358 tonn. nella Bassa Austria, che si accrebbero a 168.000 tonn. nel 1924, con 13 miniere in attività, a cui si devono aggiungere 4000 tonn. di altre due miniere dell'Alta Austria.
Più importanti sono i giacimenti di lignite e torba, con complessive 77 miniere e una produzione di 2.785.800 tonn. nel 1924, contro 209.300 nel 1915. Anche per questi giacimenti la Stiria concentra quasi il 60% di tutta la produzione austriaca, con 4 miniere di lignite. L'Alta Austria dispone pure d'una piccola produzione di lignite, specialmente nelle miniere del Hausruck, ma ha soprattutto piccole cave di torba (circa 12), nei depositi interglaciali dell'altipiano. Ad ogni modo, per quanto sia stato intensificato lo sfruttamento, questi combustibili servono a coprire solo in piccola parte (circa 1/7) il fabbisogno totale annuo dell'Austria.
Nella produzione mineraria austriaca hanno una certa importanza il piombo e lo zinco, la cui produzione è andata notevolmente aumentando dall'anteguerra (tonn. 13.702 nel 1915, tonn. 713.800 nel 1924); i giacimenti si trovano soprattutto in Carinzia, nella valle del Gail, ai piedi delle Alpi di Villaco; già conosciuti in epoca romana e sfruttati dal sec. XI, contengono l'85% di tenore di piombo. Ad essi seguono le piccole miniere di Imst, Nassereith e Lermoos in Tirolo. Il rame invece è scavato solo in una certa misura (73.000 tonn.) nel Salisburgo e nel Tirolo (10.600 tonn.).
Dei metalli preziosi, l'argento si trova solo come sottoprodotto assai secondario del piombo e del rame; ma nel dopoguerra si ripresero le escavazioni del minerale aurifero sugli Alti Tauri (presso Gastein e Greifenburg nel Salisburgo) già abbandonate dal sec. XV, ottenendosi, nel 1924, tonn. 5300 di materiale aurifero, con scarso tenore di metallo. L'Austria scavò, nel 1924, tonn. 28.000 di rocce solfifere, contro 1700 dell'anteguerra, quasi tutte nella Stiria, si estrassero inoltre 7800 tonn. di magnesite, specialmente a Eichberg presso il Semmering e nell'Alta Stiria.
Uno dei prodotti minerali più antichi dell'Austria è il sale noto e scavato fin da epoca preistorica: si trova soprattutto nel Salzkammergut (Hallstatt, Hallein, Bad Ischl), da dove veniva esportato nel Medioevo verso la Boemia e la Germania. Oggi l'Alta Austria, che comprende il distretto salino del Salzkammergut, ottiene 2.190.000 hl. di acque madri, mentre 700.000 hl. si ottengono dalla Stiria ad Admont e a Mariazell: complessivamente si ottengono q. 553.892 di sale fino e q. 219.440 di sale per animali; si scavano anche q. 27.400 di salgemma.
Legati alle condizioni geognostiche del suolo sono anche i bagni salsi di Bad Ischl, Aussee e Hallein e quelli iodici di Hall (Alta Austria), le terme radioattive di Gastein (Salisburgo, 12°,5-49°,6), quelle solforose di Tobelbad (Graz, 25°-28°), Baden (25°-30°) e Vöslau (24°) nella Bassa Austria. Sorgenti arsenicali si trovano ad Obladis e Prutz (alta valle dell'Inn), ferrose a Einöd presso la sella di Neumarkt, e alcaline a Preblau (valle della Lavant).
L'utilizzazione elettrica delle forze idrauliche, sebbene iniziata dopo che nella Svizzera e nell'Italia Settentrionale, disponeva nel 1913 di oltre 375 centrali, di complessivi 170.150 HP., portati a 200.000 nel 1920, utilizzati sia per illuminazione locale, sia per forza motrice. Si trattava però soprattutto di piccole e medie centrali, non superiori ai 20 milioni di kw. annui; ora però sono state costruite e progettate grandi centrali, soprattutto nei bacini dell'Inn, dell'Enns, dell'Ybbs, della Mur e sul Danubio, che potranno dare, per tutta l'Austria, circa 2.500.000 HP. annui installati, con un risparmio di circa 7.000.000 di tonn. di combustibile, su circa 20 necessarî al paese.
Industrie. - Prima della guerra l'Austria faceva parte di un vasto organismo economico, in cui le varie industrie venivano diversamente distribuite, a seconda delle opportunità tecniche e d'ambiente. Oggi per molte sue industrie l'Austria deve ricorrere a un mercato estero, così per le importazioni come per le esportazioni, ciò che ostacola la sistemazione della nuova vita industriale.
L'Austria attuale aveva, nel 1924, circa 7975 enti industriali (dei quali oltre 400 società per azioni), che usavano 7900 caldaie a vapore, col consumo annuo di 3.266.000 tonn. di combustibile e avevano dato lavoro a più di 300.000 operai. Il 45% è rappresentato dalle industrie del ferro, metalli ed elettricità, il 30% da quelle tessili e confezioni, il 15% dalle industrie del legno e carta, il resto da altri prodotti. La grande industria è concentrata specialmente in tre regioni: il bacino di Vienna, specie sul suo lato meridionale, l'Alta Austria e il Vorarlberg. Inoltre vi sono 38.300 enti industriali esercitanti la piccola industria locale, principalmente la minuta metallurgia delle vallate alpine orientali, che già nei tempi medievali prevaleva sull'orlo settentrionale delle Alpi con centro a Steyr, nonché nelle valli della Mürz, Mur e nel Lungau e in quelle del Gurk e della Lavant, fino al bacino di Klagenfurt. Oggi rimangono solo le piccole fabbriche di minuteria, che sono ancora sviluppate nella valle della Steyr e dell'Enns e nella Stiria, dove però vanno riducendosi (ancora 161 nel 1830, erano già solo 63 nel 1906). Rimangono le piccole industrie del legno, di oggetti da cucina, cornici, intarsio, scultura (note quelle di Bleiberg e del Rosental in Carinzia, del Salzkammergut e di Gmunden nell'Alta Austria, e del Vorarlberg), più o meno estese, per il consumo locale, in tutte le piccole vallate delle Alpi.
Fra le grandi industrie, quella siderurgica è quasi tutta nelle mani della Alpinen-Montan Gesellschaft, della quale fanno parte anche capitali italiani; essa fornisce acciai al manganese assai rinomati e largamente esportati. Nel 1925 erano in attività in Austria tre altiforni, a Donawitz, Eisenerz e Hieflau, con la produzione di tonn. 1.004.000 di ghisa. Inoltre lavoravano 23 forni riduttori Martin e 12 elettrici, che produssero tonn. 463.500 d'acciaio e 351.800 tonn. di ferro trafilato o fucinato. La capacità produttiva è però ridotta del 40% dall'anteguerra, per il costo e trasporto del combustibile, che mentre prima veniva dalla Slesia, entro gli stessi confini della monarchia, ora proviene per 4/5 dall'estero. L'industria pesante austriaca è quasi tutta accentrata nella Stiria, e precisamente nel solco della Mur e suoi affluenti, presso i grandi giacimenti di ferro dell'Eisenerz. Le industrie metallurgiche invece, e soprattutto le fabbriche di macchine a vapore, elettriche, macchine industriali, macchine utensili, macchine agricole, automobili, ecc., sono prevalentemente distribuite nelle zone orientali, soprattutto pedemontane, attorno ai centri ferroviarî. Nelle zone occidentali sono solo sporadiche nel Vorarlberg (macchine) e a Jenbach (minuterie metalliche). Al contrario fioriscono presso Linz e Wels, a Steyr (vagoni e automobili), a Ybbs (travature metalliche), a Scheibbs, a Lilienfeld, a Traisen, a St. Pölten, ecc., ma soprattutto nel bacino di Vienna, dove a Wiener-Neustadt, Leobersdorf, Neunkirchen e Ternitz si trovano le maggiori industrie metallurgiche e fabbriche di macchinarî; nonché nella valle trasversale della Mur, fra Frohnleiten e Graz, dove si trovano grandi fabbriche di locomotive, vagoni, automobili e biciclette.
L'industria del legno e suoi derivati è assai prospera, per la grande ricchezza forestale del paese: essa conta circa 260 segherie a vapore e 5000 idrauliche, queste ultime soprattutto nelle vallate alpine del Tirolo, Salisburgo, Alta Stiria, Carinzia, che producono gran parte del legname per il commercio (tavolame, traverse per rotaie, pali telegrafici, ecc.), di cui si esportarono all'estero, nel 1925, per 5.213.000 q. Ma anche la lavorazione del mobilio è molto sviluppata e perfezionata, soprattutto a Vienna, dove, insieme ad altre industrie secondarie del legno, dava lavoro a circa 14.000 operai; essa ha estesa rinomanza e alimenta una larga esportazione all'estero, che nel 1925 raggiunse 368.000 quintali.
Ma il legno, fornendo la cellulosa, dà vita all'industria della carta già importante in passato, e ora assai più importante nella Repubblica, che ha conservato circa i 2/3 delle cartiere dell'Impero. Le principali fabbriche si trovano nell'Alta e Bassa Austria, lungo i corsi d'acqua prealpini e in minor misura in Carinzia, nella valle del Gail e dell'alta Drava. In complesso la produzione del 1925 fu di 19.000 vagoni di carta e di 17.000 di cellulosa. Molti di questi prodotti sono esportati specie nell'Europa occidentale ed inoltre in Italia, Egitto, India e America (nel 1925 per q. 2.567.000).
Gli stabilimenti di filatura del cotone sono oggi in Austria sproporzionati in confronto a quelli di tessitura, rimasti in sovrabbondanza in Ungheria e Moravia. Da ciò la crisi che rende in buona parte inattivi i fusi (1.200.000) delle sue filande capaci di mantenere 30.000 telai meccanici, mentre l'Austria ne ha presentementee meno di 12.000. Così, mentre i prodotti tessili non bastano per il consumo interno, qnasi 2/3 dei filati devono essere esportati, e poi di nuovo importati come stoffe. I centri massimi delle industrie cotoniere sono ai limiti dello stato: nel Bacino di Vienna col 40% dei fusi, e nel Vorarlberg, da Bregenz a Feldkirch col 30% dei fusi. Nel 1925 furono importati 380.500 q. di cotone greggio e 132.500 di tessuti, con un aumento di quasi un terzo della materia prima rispetto al 1922; ciò indica che l'equilibrio va ristabilendosi.
Anche l'industria laniera importa dall'estero la maggior parte del materiale greggio o cardato (1925: q. 74.500 di lana di pecora, contro 12.000 degli anni del dopoguerra), ed è insediata (filande) nel bacino di Vienna e ad Innsbruck; ma manca anche per essa la grande industria della tessitura, tranne qualche fabbrica di loden e tessuti locali a Bludenz, a Innsbruck, a Graz e a Klagenfurt, cosicché la maggior parte dei tessuti di lana vengono dalla Boemia: da essa provenne la massima parte dei 41.300 q. di stoffe importate nel 1925. Così pure si dica dell'industria del lino, la cui produzione più fina e importante è rimasta alla Cecoslovacchia.
Invece per i prodotti tessili confezionati, il centro è anche oggi Vienna, da dove s'irradiano soprattutto nella Penisola Balcanica, in Oriente e in Egitto. Fiorentissima prima della guerra, questa industria, che allora dava lavoro a migliaia di operai, è oggi fortetamente in declino. Tuttavia nel 1925 si esportarono 2800 q. di abiti fatti, oltre 860.000 cappelli da uomo e 690.000 da signora.
Anche l'industria dello zucchero da barbabietola è in ribasso, essendo rimasti all'Austria attuale solo 7 zuccherifici, dei quali 4 nella Bassa Austria, 1 nell'Alta Austria e 2 nel Burgenland, numero certo insufficiente a soddisfare il consumo interno (per cui nel 1925 furono importati 1.781.000 q. dall'estero); tuttavia dalla campagna 1922-23 con una produzione di q. 324.500, si è giunti in quella 1924-25 a produrre q. 754.000.
Le fabbriche di birra, nel 1924-25, ammontavano a 145, per metà distribuite nell'Alta (n. 53) e nella Bassa Austria (n. 20), dove sono anche le maggiori; queste due provincie diedero il 54,2% della produzione complessiva che fu di hl. 5.053.000, contro 3.000.000 del 1923. Il consumo interno, pari a circa l. 76 per abitante all'anno, richiese solo un'importazione di hl. 4.900.
La produzione dell'alcool, in Austria, fu di hl. 251.932 nel 1924-25, contro hl. 150.605 del 1921-22; si distilla in 27 grandi fabbriche, delle quali il maggior numero si trova nella Bassa Austria e nella Carinzia. Oltre queste però va tenuto conto delle piccole distillerie casalinghe, che sono numerosissime quasi presso ogni centro agricolo, soprattutto nelle zone alpine del Salisburgo, Tirolo, Stiria e Carinzia (complessivamente in tutta l'Austria oltre 14.000). Il consumo medio annuo di alcool fu di circa l. 3,8 per ab., compreso però il consumo industriale.
A queste industrie principali vanno aggiunte quelle specializzate, come la fabbricazione di macchine e apparecchi di precisione e scientifici, le vetrerie, le industrie degli oggetti di gomma, che per 4/5 lavorano per l'estero, quella del cuoio per calzature, e dei cuoi lavorati e bulinati, che si confezionano specialmente a Vienna e si esportano largamente all'estero (nel 1925 q. 79.500); quindi le pelliccerie, i prodotti chimici, colori, profumerie, pure con forte esportazione (1925: q. 580.916) e da ultimo le industrie di lusso (gioiellerie, lavori in bronzo, argento, ceramiche, merletti, strumenti musicali, ecc.), che hanno come artefici insuperabili i Viennesi.
Sta a sé l'industria della stampa, una volta fiorentissima, soprattutto per le pubblicazioni scientifiche, letterarie e artistiche, che avevano come centro massimo Vienna. Decaduta, nell'immediato dopoguerra, essa ha ripreso adesso con grande lena e fa larga concorrenza alla letteratura scientifica, culturale o amena di tutta Europa; favorita come è dalla perfezione degl'impianti e dall'abilità delle maestranze (1925: esportazione q. 23.400 di libri e stampe, contro q. 15.100 del 1923).
Commercio. - L'antico commercio medievale del sale e del ferro, trasformatosi, nell'evo moderno e nel sec. XIX, nel largo commercio europeo della duplice monarchia, di cui era uno degli elementi più stabili e sicuri, fu colpito a morte dallo smembramento, e la nuova Austria dovette cercare un altro equilibrio commerciale, interno ed estero. Ad ogni modo l'Austria, per la sua situazione geografica e per la perfetta organizzazione dei servizî commerciali, rimane anche dopo lo smembramento il territorio di scambio di varî mercati europei e soprattutto dell'oriente balcanico.
Nel 1925 la sola Vienna contava 202 società commerciali con 12.490.000 scellini di capitale; la rimanente parte dell'Austria circa 20 con complessivi 2.571.000 scellini di capitale. Nello stesso anno il movimento commerciale con l'estero si riassunse in 2.891.424.000 scellini d'importazioni, contro 1.954.485.000 scellini di esportazione con uno squilibrio di 936.939.000 scellini. Le importazioni provenivano per il 19.6% dalla Cecoslovacchia e per il 15% dalla Germania, da dove s'importavano soprattutto manufatti e macchine, prodotti chimici e semilavorati. L'Ungheria fu al terzo posto per le importazioni soprattutto per i cereali e gli animali, e l'Italia al 6° (5,7%), dopo la Polonia e gli Stati Uniti d'America, specialmente per introduzione di prodotti agricoli e seta per 161 milioni di scellini. Gli altri stati, salvo la Iugoslavia (4,6%), la Svizzera (4,4%) la Romania (3,7%) e l'Inghilterra (3,6%), rappresentano piccole frazioni dell'importazione austriaca..
Le esportazioni maggiori si hanno con l'Impero germanico (15,1% del totale) soprattutto in cotone, legnami, ferro e animali vivi; segue la Cecoslovacchia (11,1%) per i manufatti di seta, cotone e ferro; poi l'Italia col 10,4%, soprattutto in carta, ferro, bovini e legname, per il quale è oggi, come nell'anteguerra, la maggiore cliente dell'Austria, per un valore complessivo di quasi 204 milioni di scellini (1925). Con quasi tutti gli stati però la bilancia commerciale austriaca va migliorando, presentandosi una diminuita importazione e soprattutto un notevole aumento delle esportazioni, indice della risollevata economia.
Oggi (1925) i generi di esportazione di maggior valore per l'Austria sono le manifatture di cotone (268 milioni di scellini), il legname (239 mil.), il ferro (205 mil.), la carta (147 mil.), le stoffe di seta (108 mil.), le manifatture di lana (105 mil.), i metalli (103 mil.), le confezioni (91 mil.).
Le importazioni di maggior prezzo sono invece i cereali (372 mil. di scellini), il cotone greggio (354 mil.), gli animali vivi (258 mil.), i combustibili (240 mil.), la lana greggia (206 mil.), la seta greggia (137 mil.), gli olî e grassi (94 mil.), i metalli (91 mil.).
Per la sua situazione al centro d'Europa, l'Austria conserva ancora un grande commercio di transito, parte del quale prima della guerra era solo di scambio interno. Per le provenienze, alla testa sta l'Italia, con i suoi porti adriatici, con 839.818 tonn. (1925); ad essa seguono la Cecoslovacchia (752.818 tonn.), la Germania (389.479 tonn.), la Iugoslavia (374.818 tonn.), l'Ungheria (287.901 tonn.) e la Polonia (128.400 tonn.); mentre per la destinazione la Germania tiene il primo posto con 896.674 tonn., eguagliata quasi dall'Italia (tonn. 826.695); vengono poi la Cecoslovacchia (tonn. 584.929), la Svizzera (tonn. 321.616), la Iugoslavia (tonn. 145.538) e l'Ungheria (tonn. 118.275).
Comunicazioni. - Le condizioni orografiche del territorio austriaco e lo sviluppo storico degli scambî fra ambienti diversi, a nord e a sud delle Alpi, e fra la pianura bavarese e quella ungherese, hanno favorito una serie di comunicazioni, che, legate alla morfologia del territorio, hanno conservato il loro valore attraverso i secoli, pur con l'evoluzione dei mezzi di trasporto, e lo conservano anche oggi, sebbene non siano che l'avanzo di una più completa rete di comunicazioni di tutta la Monarchia austroungarica. Tre sono le direzioni prevalenti delle comunicazioni: una più facile, longitudinale, da occidente ad oriente, lungo il Danubio, da Passavia a Vienna e a Budapest e dentro le vallate alpine, che sono unite fra loro da valichi depressi, come quelle dell'Inn, della Salzach, dell'Enns a nord, della Mur, della Mürz e del Semmering al centro, della Pusteria e dell'alta Drava a sud, che oggi collegano la capitale e le provincie pedemontane alle più lontane e interne provincie alpine. L'altra, più aspra, ma più importante, è trasversale da nord a sud, per i valichi transalpini, come la via del Brennero, dai confini bavaresi a quelli italiani, tronco della grande comunicazione secolare dalla Germania all'Italia; quella dei Tauri, fra il Salisburgo, la Drava, la conca di Klagenfurt e Lubiana; l'altra del Pyhrn Pass, dal Danubio alla valle dell'Enns, a quella della Mur, verso la Croazia; nonché la pedemontana che dall'Ungheria per Vienna sale alla Moravia e alla Boemia.
Una terza direzione del movimento di scambio, pure di grande valore, è obliqua alle due prime, usufruendo sia di tronchi trasversali, sia di longitudinali della rete stradale; quali, da nord-est a sud-ovest, la via segnata dal Semmering, dalla Mürz e dalla Murtal, dalla Sella di Neumarkt, dalla Drava e Tarvisio, che unisce il bacino di Vienna alla pianura friulana e all'Adriatico; e da nordovest a sud-est, la via segnata dalle valli dell'Enns, della Mur e dalla Sella di Schober, che collega la valle dell'Inn e il Salisburgo con Graz. Cosicché abbiamo dei nodi d'incrocio secolari, quali il bacino di Vienna, la valle mediana della Mur, il bacino di Klagenfurt, la conca di Innsbruck, che sono anche oggi centri importanti di comunicazioni, pur essendo smembrato il territorio storico al cui sviluppo erano legati. Solo il Vorarlberg e il Tirolo occidentale vivono oggi lontani e staccati dal cuore del nuovo stato, a cui sono legati da lunghe e difficili comunicazioni.
Le strade ordinarie rotabili - escluse le campestri, le mulattiere e i sentieri - misuravano per l'intera Austria, alla fine del 1924, km. 31.252, pari a km. 37,2 ogni 100 kmq. e km. 4,8 ogni 1000 ab. Cifre assai notevoli, se si pensa alla natura prevalentemente montuosa del territorio e alla localizzazione dei centri abitati, situati quasi tutti sul fondovalle, per cui la rete principale è disposta a larghe maglie lungo le direzioni naturali del movimento. Dopo il Vorarlberg e il Salisburgo, le provincie meglio servite per le comunicazioni ordinarie sono la Bassa Austria con 9,2 km. ogni 1000 ab. e poi subito il Tirolo (5,4), ad onta delle sue grandi masse montuose, la Carinzia (4,8) e la Stiria (3,8); mentre ne sono relativamente scarsi l'Alta Austria (3,2) e il Burgenland (2,9), che pure hanno molta parte di territorio pianeggiante.
La prima linea ferroviaria austriaca fu quella del Semmering, inaugurata nel 1854 e prolungata nel 1857 per Graz fino a Trieste. Nel 1867 fu compiuta quella del Brennero; nel 1873 fu costruita la terza linea trasversale, dalla Boemia a Trieste per Vienna; nel 1879 fu inaugurata la linea d'Italia per Pontebba, ma già prima erano pronte quelle longitudinali lungo il Danubio, da Passavia a Linz, Vienna e Presburgo, l'altra della Pusteria da Fortezza per Klagenfurt a Marburgo, e poi quella da Wörgl in valle dell'Inn, a Bischofshofen (Salisburgo), Selztal (Valle dell'Enns) e Leoben (valle della Mur) per unire il Tirolo a Vienna; e finalmente nel 1884 fu inaugurata la ferrovia dell'Arlberg da Innsbruck a Bregenz sul Lago di Costanza. Tutte queste linee seguivano più o meno il tracciato naturale delle comunicazioni carrozzabili, ma fra il 1905-1908 fu costruita la nuova linea dei Tauri e delle Caravanche, per mettere in diretta comunicazione Linz e la, Boemia con Trieste. Oggi anche la rete ferroviaria austriaca, entro i nuovi confini, non è che un insieme di frammenti d'una più vasta organizzazione, creata per l'economia del grande impero e destinata a collegare le sue regioni agricole, minerarie e industriali (Boemia, Moravia, Galizia, Ungheria) con le regioni alpine, nonché la capitale con Trieste. V'erano poi linee internazionali da ovest ad est incrociantisi a Vienna, che servivano a fare di questa il centro delle comunicazioni con l'Europa orientale. Di questa rete il nuovo stato ha conservato solo i tronchi più occidentali, in territorio montuoso e di costoso esercizio, e delle linee intennazionali solo sei tronconi tagliati dalle nuove frontiere senza riguardo alle necessità del traffico (come quella da Vienna a Trieste), e con le principali stazioni di incrocio in territorio straniero: Gmünd, Břeclav (Lundenburg) e Bratislava nella Cecoslovacchia, Győr (Raab) e Sopron (Ödenburg) in Ungheria, Marburgo e Jesenice (Assling) in Iugoslavia. La rete ferroviaria austriaca era alla fine del 1924, di km. 6610, cioè 1 km. ogni 12.65 kmq. e 987 ab. Cifre notevoli queste in sé, per uno stato essenzialmente alpino (km. 7,9 ogni 100 kmq.; Italia 6,9 km.), a cui vanno aggiunti km. 399 di ferrovie a scartamento ridotto e tranvie interprovinciali, insufficienti soprattutto per il traffico delle provincie alpine, dove, come nel Tirolo, si hanno appena km. 3,7 di ferrovia per ogni 100 kmq. di superficie; 5,8 km. di ferrovie si hanno nel Salisburgo; 6,5 e 6,3 in Stiria e Carinzia, regioni pure industriali, mentre si hanno km. 9,3 e 11,8 nell'Alta e Bassa Austria, regioni pianeggianti e fittamente abitate (783 e 650 ab. per km. di ferrovia), e il Burgenland, con 7,6 km. ogni 100 kmq. di superficie e 929 ab. per ogni km., rappresenta una delle provincie meglio servite.
Oggi le linee longitudinali più importanti per il traffico sono: la Passavia-Vienna-Presburgo, tratto della comunicazione internazionale Londra-Parigi-Vienna-Penisola Balcanica (Passavia-Vienna ore 5); la Vienna-Leoben-Villaco-Tarvisio per le comunicazioni con l'Italia (ore 9); la Vienna-Leoben-Selztal-Bischofshofen-Wörgl-Innsbruck-Arlberg-Costanza, per le comunicazioni con la Svizzera (ore 15). Sono poi restati all'Austria i tronchi di due linee traversali: Břeclav (Lundenburg) - Vienna - Graz - Marburgo - Trieste della grande arteria dalla Boemia all'Adriatico (Vienna-Trieste ore 14); e l'altra Salisburgo - Schwarzach -Villacco - Jesenice (Assling) - Piedicolle-Trieste per i rapporti della Germania meridionale col Mediterraneo (Salisburgo-Trieste ore 11). Di queste linee sono oggi elettrificati (1927) km. 161 del tratto Innsbruck-Bludenz della lerrovia dell'Arlberg; km. 108 della ferrovia del Salzkammergut, da Stainach ad Attnang, e km. 34 da Innsbruck al Brennero, senza contare le linee meno importanti come la Scharnitz-Innsbruck (km. 34), la Zillertalerbahn (km. 32) ed altre. Però è decisa già l'elettrificazione di altri 350 km. di ferrovie alpine; fra queste la prosecuzione della elettrificazione da Bludenz a Costanza, la Salisburgo-Schwarzach-St. Weit-Wörgl, nonché la Schwarzach-St. Weit-Spittal della ferrovia dei Tauri, cioè delle ferrovie del gruppo occidentale austriaco a forti pendenze e notevole traffico.
Nel 1924 i vagoni-chilometro di percorso furono 800.391.000, che trasportarono 108.702.819 persone, con una media di km. 33.5 a testa e 22.746.459 tonnellate di merci; movimento che è ridotto di circa il 30% rispetto a quello dell'anteguerra, ma che va rapidamente guadagnando, sebbene l'esercizio sia ancora passivo.
Le vie d'acqua rimaste all'Austria erano, alla fine del 1924, km. 1732, dei quali 874 per la fluitazione del legname, 838 di fiumi navigabili e 21 di canali, cioè complessivamente km. 2,06 ogni 100 kmq. di superficie. La massima lunghezza delle vie navigabili spetta all'Alta e Bassa Austria, che sono attraversate dal Danubio per quasi 350 km. di lunghezza, dei quali 200 ben navigabili, gli altri con necessità di miglioramento, ma che sono percorsi da piroscafi da passeggeri e da carico da Passavia a Presburgo. A valle di Vienna la navigazione è possibile per piroscafi aventi una portata da 650 a 1000 tonn., con pescaggio fino a 2 metri; a monte di Vienna alcuni scogli impediscono la navigazione per piroscafi con pescaggio da m.1,3 a m 1,2. Nel 1924 furono caricate nei porti austriaci del Danubio 270.000 tonn. di merci e se ne scaricarono 835.000 tonn., mentre ve ne furono 280.000 di transito; vi fu poi un movimento di 700.000 passeggeri. Delle altre provincie solo la Carinzia ha 4 km. di servizî regolari a vapore, mentre la Stiria ne ha 123 navigabili ad alzaia, il Salisburgo 45 e il Tirolo solo 15; ma Stiria, Carinzia e Tirolo usufruiscono di moltissimi corsi d'acqua alpini per la fluitazione del legname (km. 331; 254; 142).
Aviazione civile. - L'aviazione civile in Austria dipende dal dipartimento d'aviazione presso il Ministero del commercio e dei trasporti.
L'unica compagnia austriaca fondata nel 1924 è la Österreichische Luftverkehrs-Aktiengesellschaft con sede a Vienna. Nel 1927 essa si accordò con alcune compagnie estere per la gestione delle linee verso la Germania, l'Italia e l'Ungheria. Nel 1928 sulle linee gestite dalla società austriaca si trasportarono 5847 passeggeri, 7000 kg. di posta e 97.000 kg. di bagagli con un totale di 2810 voli. Compagnie straniere tedesche, ungheresi, francesi, polacche, italiane gestiscono linee aeree attraverso il territorio austriaco.
Le linee aeree gestite esclusivamente dalla società austriaca sono: la Vienna-Salisburgo-Innsbruck: km. 255, ore 3, servizio giornaliero; la Salisburgo-Klagenfurt: servizio trisettimanale, km. 165, attivo solamente in alcuni mesi dell'anno; la Vienna-Brno-Cracovia, servizio trisettimanale, km. 390, effettuato in tre ore.
Le linee internazionali gestite da società estere in cooperazione con la società austriaca sono: la Vienna-Graz-Klagenfurt-Venezia, gestita dalla Transadriatica, socied anonima di navigazione aerea in cooperazione con la società austriaca; servizio giornaliero; il percorso di 510 km. viene effettuato in ore 4,30; la Vienna-Praga-Dresda-Berlino, gestita dalla Deutsche Luft-Hansa in cooperazione con la società austriaca; servizio giornaliero; il percorso di 525 km. viene effettuato in ore 5,10. Questa è la linea più frequentata fin da quando fu inaugurata. A Praga vi è la coincidenza con la rete aerea dell'Europa centrale, a Berlino con tutta la rete russa e tedesca. La Vienna-Budapest, è gestita dalla Magyar Légforgalmi Rezvenytársaság in cooperazione con la società austriaca; servizio giornaliero; il percorso di km. 210 viene effettuato in ore 1,35. La linea è in coincidenza con la Vienna-Venezia.
Le linee internazionali gestite esclusivamente da società straniere sono: la Vienna-Monaco, servizio giornaliero, gestita dalla Luft-Hansa. Questa linea a Monaco è in coincidenza con la linea svizzera e la linea tedesca. La Vienna-Praga-Strasburgo-Parigi, servizio giornaliero, gestita dalla Compagnie internationale de navigation aérienne; la Vienna-Budapest-Costantinopoli, servizio giornaliero, gestita dalla Compagnie internationale de navigation aérienne, è il prolungamento della precedente. La Vienna-Cracovia servizio giornaliero, gestita dalla Polska Linja Lotnicza Aerolot.
Le principali basi aeree sono: Aspern (Vienna), aeroporto doganale, a 10 km. E. dal centro di Vienna; misura m. 800 per 600; ha 5 hangar, una direzione, uffici, un'officina riparazioni, un deposito di benzina; Graz (Thalerhof), aeroporto doganale, a 10 km. a S. di Graz; misura m. 1000 per 500; ha 3 hangar, una direzione, uffici, officina riparazioni, ecc.; Klagenfurt, aeroporto doganale, a 3 km. a NE. dal centro della città; misura m. 550 per 500; ha 1 hangar, direzione, uffici, un deposito carburanti per quantità limitata; Innsbruck, aeroporto civile, a 2 km. e 600 m. a NE. della città; misura m. 450 per 500; ha 2 hangar metallici, una direzione, uffici, è prevista l'installazione di una stazione radiotelegrafica; Salisburgo, aeroporto civile, a 3 km. e 500 m. a O. dal centro della città; misura m. 600 per 400; ha alcuni hangar e uffici.
Distribuzione della popolazione. - La densità media della popolazione, che raggiunge 78 ab. per tutta l'Austria, se si tiene conto delle sole zone produttive, è di 40 ab. per kmq. nella zona alpina e di 117 in quella periferica (esclusa Vienna). Ma la densità varia anche a seconda della natura del suolo, della sua morfologia, della presenza di linee ed incroci del traffico: densità assolute superiori ai 75 ab. si hanno soprattutto lungo la riva destra del Danubio, sui colli attorno a Linz, lungo le zone terrazzate pedemontane, nella regione collinare di Graz; attorno ai centri industriali e nel bacino di Vienna (esclusa la città) si hanno densità superiori ai 250 ab. per kmq., mentre si superano i 100 solo in qualche conca dell'area granitica dell'oltre-Danubio.
Nella massa alpina la zona del flysch ha in media 56 ab. per kmq., le Alpi mediane 27 e le Alpi calcaree 14; le lunghe valli longitudinali raccolgono la maggior parte della popolazione.
Nella valle del Danubio ricca d'industrie, in quella media dell'Inn, come nella zona mineraria della Mur si hanno densità che si avvicinano ai 150 ab. per kmq. Nel bacino di Bludenz, nella valle della Mürz, nella conca di Klagenfurt, nella valle della Drava, si hanno aree con 80 e 90 ab. per kmq., e si sorpassano poi anche i 200, attorno ai centri cittadini. Nelle altre vallate, a schietto insediamento agricolo-pastorale, la densità è inferiore ai 50 ab. per kmq. e inferiore a 20 nelle più alte valli, specie delle Alpi calcaree (Alpi di Algovia 8 ab. per kmq., Alpi del Lechtal 6, Alpi calcaree tirolesi 9, Alpi salisburghesi 9); mentre nelle Alpi mediane la densità è quasi doppia. Si deve anzi all'estensione della zona calcarea disabitata, se la media densità della popolazione austriaca è inferiore a quella della Svizzera.
Nel cuore degl'imponenti massicci delle Alpi mediane, le zone abitate sono quanto mai limitate al fondovalle e terminano a fondo cieco, mentre verso oriente, per l'abbassarsi delle masse montuose e l'affioramento di giacimenti minerarî, la popolazione si stende più largamente sui fianchi montuosi, e si collega, attraverso a selle depresse, con quella delle valli vicine, in un caratteristico insediamento a maglie chiuse, che è proprio anche della zona calcarea esterna.
Anche il carattere etnico degli abitanti ha influito sulla distribuzione e densità della popolazione. I contadini baiuvari, insediati nel cuore delle Alpi e sugli altipiani danubiani, hanno di solito bisogno di più largo spazio attorno alle loro dimore isolate che non all'estremità occidentale gli alemanni, e in quella meridionale gli slavi. Inoltre all'estremità sud-orientale della Stiria e della Carinzia, come pure nell'Alta e Bassa Austria, domina la piccola proprietà, che dà un maggior frazionamento all'insediamento umano, con densità medie superiori ai 65 ab. per kmq. mentre nelle altre regioni agricole dell'Austria alpina sono inferiori ai 50.
Il tipo d'insediamento agricolo prevalente è a dimore isolate nell'immediata vicinanza delle terre coltivate e con centri ridotti demograficamente, a case ammucchiate, ma separate fra loro; salvo che nella zona di colonizzazione franca (a oriente della Bassa Austria), dove i villaggi sono allungati lungo la via. Così nell'Alta Austria il 61% della popolazione abita in paesi inferiori ai 500 ab., nel Salisburgo il 48%, nel Tirolo il 58%, mentre nella Bassa Austria solo il 15%, e il 13% nel Vorarlberg, regioni a colonizzazione alemanna. Anche nella zona slava, attorno a Graz, nel bacino di Klagenfurt e nel Burgenland, il 75% della popolazione è riunito in piccoli villaggi di strada.
Il limite delle abitazioni permanenti è a circa 1800 m. nelle Alpi dell'Ötz, 1500-1600 nelle Alpi Tirolesi e sui Tauri, 1200 nelle Alpi Noriche, 900-1000 nelle Alpi calcaree settentrionali e sotto gli 800 m. fra la Traun e l'Ybbs. Ma nella zona alpina e sui fianchi della Selva Boema, al disopra delle dimore permanenti, con le quali talora si confondono, fino alla zona dei pascoli naturali vi sono le dimore temporanee per l'estivazione degli animali (Almen o Sennhütten), che nelle Alpi d'Algovia si raggruppano in villaggi estivi.
Non sono rari i casi di sdoppiamento delle dimore temporanee (Vor- e Hinteralmen; Unter- e Oberalmen), a seconda dell'altezza dal fondovalle e della natura del pascolo; le inferiori sono dette anche Asten o Kasern (cfr. casere in italiano) nel Tirolo e Salisburgo, e appartengono anche a privati, mentre nelle Alpi calcaree, non vi sono che quelle superiori.
Negli ultimi decennî le zone agricole e alpine hanno subito un'emigrazione verso le regioni industriali. Questa, fra il 1880 e il 1910 fu massima nel Vorarlberg, nella valle della Lech, nell'alto Inn, negli alti Tauri, nelle Gurktaler Alpen, nella Sau Alpe e Kor Alpe, dove la popolazione è stata in regresso; mentre si mantenne solo stazionaria nelle zone prealpine dell'Alta Austria, nella valle dell'Enns, nella regione collinosa stiriana, nella valle della Gail e dell'alta Drava. Il massimo incremento immigratorio si presentò invece nella regione mineraria della Mur, nel basso corso della Traun, dell'Erlauf e della Traisen, attorno alle città industriali di Wels, Linz e St. Pölten, nonché attorno a Graz. La crisi del dopo guerra ha riportato parte della popolazione verso le regioni di origine, che sono ancora in incremento, eccetto però la Carinzia e il Vorarlberg.
Anche nuove linee ferroviarie, come quelle dell'Arlberg e dei Tauri, o rapide comunicazioni con centri turistici, come il Salzkammergut, Maria-Zell, il Semmering, ecc., o centri d'incrocio ferroviario, come Selztal e St. Michael nell'alta Stiria hanno portato a un incremento positivo della popolazione e al suo insediamento in zone prima disabitate.
I centri cittadini sono quasi tutti assai antichi e periferici al territorio dello stato, in conseguenza della sua montuosità. Alcuni sono città di strada o di ponte, al raccordo di antiche vie di comunicazione, fluviali o terrestri, e sono sorti quindi come mercati o centri politici (Innsbruck, Salisburgo, Steyr, Graz, Klagenfurt); altri sono vecchi centri minerarî sviluppatisi coll'industria moderna (Leoben, Hallein, Schwaz, ecc.); altri ancora, sono luoghi forti presso antichi confini (Linz, Vienna, Wiener-Neustadt, ecc.); mancano invece oltre il Danubio, dove non si hanno che centri rurali.
Delle città, nel 1923, solo tre superavano i 100.000 ab. (Linz ab. 102.081; Graz ab. 152.706; Vienna ab. 1.866.147), e raggruppavano il 31.8% dell'intera popolazione austriaca, con un fortissimo squilibrio fra la popolazione cittadina di queste tre sole città e il totale degli abitanti.
L'enorme valore demografico di Vienna (30.5% di tutti gli abitanti dell'Austria) è certo dovuto all'importanza storica, politica ed economica che essa aveva nell'antica monarchia, e che in parte ancora conserva per la sua situazione al centro di quattro sfere d'influenza: la tedesca, l'ungherese, la boema e l'alpina, che ancor oggi convergono verso di lei, sebbene non sia ormai a capo che dell'ultima. Si aggiunga il suo valore europeo, all'incrocio del traffico tra l'Europa centrale e la Penisola Balcanica, il Mediterraneo e il mondo slavo, e si spiega così il suo accrescimento anche spaziale, che è stato circa di un quarto fra il 1900 e il 1910, e che conserva anch'oggi, dopo la breve contrazione dell'immediato dopoguerra (v. vienna).
Bibl.: B. Auerbach, Les Races et les Nationalités en Autriche-Hongrie, 2ª ed., Parigi 1917; S. v. Strakosch, Die Grundlagen der Agrarwitschaft in Österreich, 2ª ed., Vienna 1917; G. Stolper, Deutsch-Österreich, Monaco e Lipsia 1921; M. Dunan, L'Autriche, Parigi 1921; R. Almagià, La nuova Austria, in Riv. geogr. it., XXIX (1922); Neu-Österreich: das Werk des Friedens von St. Germain, Amsterdam e Vienna 1923; A. Feiler, Das neue Österreich, 2ª ed., Stoccarda 1928; K. K. Statistische Zentralkommission, Österreichisches Statistiches Handbuch. XXXV (1916-17); Statistische Zentralkommission, Statistisches Handbuch für die Republik Österreich, I (1920); V (1924); VI (1925); VII (1926).
Ordinamento dello stato.
Costituzione e amministrazione. - Base del diritto costituzionale austriaco è la costituzione federale del 1 ottobre 1920 (Bundesverfassungsgesetz) votata dall'assemblea nazionale costituente, dopo una serie di leggi provvisorie. Essa è stata a sua volta seguita da altre leggi costituzionali fino alla "Novella" costituzionale del 30 luglio 1925 e a quella, più importante, del 7 dicembre 1929.
L'Austria è uno stato federale (Bundesstaat) formato dai seguenti 9 paesi o provincie autonomi (selbständige Länder): il Burgenland, la Carinzia, la Bassa Austria, l'Alta Austria, il Salisburgo, la Stiria, il Tirolo, il Vorarlberg e Vienna, quest'ultima staccata dalla Bassa Austria a datare dal 1° gennaio 1922. Forma di governo è la repubblicana democratica, la capitale è Vienna, sede degli organi supremi della confederazione, la lingua ufficiale è la tedesca, salvi i diritti riconosciuti dalle leggi federali alle minoranze linguistiche.
La competenza, così legislativa, come giudiziaria e amministrativa, è divisa tra la confederazione (Bund) e le provincie (Länder), cioè vi sono materie per cui la legislazione e l'esecuzione appartengono alla confederazione, altre per cui la legislazione appartiene alla confederazione e l'esecuzione alle provincie, altre per cui alla confederazione è riservata solo la legislazione di massima, mentre quella complementare o regolamentare, e inoltre l'esecuzione, è lasciata alle provincie, e altre ancora in cui è devoluta alle provincie tanto la legislazione quanto l'esecuzione.
La funzione legislativa federale è esercitata congiuntamente dal consiglio nazionale (Nationalrat) e dal consiglio federale (Bundesrat). Il consiglio nazionale è composto di 165 membri eletti col sistema della rappresentanza proporzionale e in base a suffragio uguale diretto segreto e personale dai cittadini d'ambo i sessi che abbiano compiuti i venti anni di età: sono eleggibili tutti gli elettori aventi più di 24 anni. La durata normale della legislatura è di 4 anni: il consiglio nazionale non poteva sinora essere aggiornato che per propria deliberazione, mentre, secondo la recente riforma, è il presidente federale che convoca e aggiorna il consiglio nazionale. Il consiglio federale è composto di 50 membri a esso inviati dalle diete provinciali in numero proporzionale a quello dei cittadini di ciascuna provincia: la città di Vienna, la più numerosa, ne invia 12, la Bassa Austria 10, la Stiria 7, l'Alta Austria 6 e le altre provincie tre per ciascuna che è il numero minimo. V'è inoltre l'assemblea federale (Bundesversammlung) che si ha quando il consiglio nazionale e il consiglio federale si riuniscono insieme in seduta pubblica per deliberare su alcune materie più importanti, come p. es. per pronunciarsi su una dichiarazione di guerra.
Ogni legge votata dal consiglio nazionale deve essere subito sottoposta al consiglio federale, e qualora quest'ultimo non vi abbia opposto il veto, o avendolo fatto, la legge venga di nuovo votata dal consiglio nazionale con una maggioranza di almeno la metà dei suoi membri, deve essere promulgata. Qualora poi il consiglio nazionale abbia così deciso, la legge da esso votata deve, prima della promulgazione, essere sottoposta al referendum popolare (Volksabstimmung). Le leggi costituzionali vanno votate a maggioranza speciale e le modificazioni d'assieme della costituzione federale devono essere inoltre sottoposte al referendum nazionale.
Il presidente della confederazione, il quale sinora era eletto dall'assemblea federale, sarà, dopo la riforma costituzionale del 7 dicembre 1929, eletto direttamente dal corpo elettorale. Egli deve avere più di 35 anni e non appartenere a famiglie regnanti o che abbiano regnato: dura in carica 4 anni, ed è immediatamente rieleggibile una sola volta. Il governo federale è formato dal cancelliere, che lo presiede, dal vice cancelliere e da un congruo numero di ministri: esso non sarà più, come sinora, nominato dal consiglio nazionale, ma nominato e revocato dal capo dello stato i cui poteri, come in questo, cosi in altri riguardi, sono stati ampliati dalla più recente riforma della costituzione.
Nelle provincie la funzione legislativa è esercitata dalle diete provinciali: il governo provinciale si compone del governatore della provincia (Landeshauptmann), del vice governatore e di altri membri in numero variabile (Landesräte).
Le provincie si dividono in circoscrizioni amministrative e collettività decentralizzate; queste ultime poi sono o comuni (Ortsgemeinde), raggruppati in distretti rurali (Landbezirke), o distretti autonomi (Gebietsgemeinde o Stadtbezirke). Gli organi del comune sono il consiglio municipale elettivo e l'ufficio comunale, composto dal borgomastro e da due assessori.
L'amministrazione della giustizia è esercitata: dal tribunale supremo con sede a Vienna, da tre tribunali superiori provinciali, con sede a Vienna, a Graz e ad Innsbruck, da 15 tribunali provinciali e circondariali e da 238 giudizî distrettuali. Va rilevata la somiglianza già grande e che si va sempre più accentuando tra il diritto austriaco e quello tedesco.
Bibl.: Per l'ordinamento politico e costituzionale del cessato Impero austriaco e della disciolta Monarchia austro-ungarica (v. le voci cisleitania, delegazioni, dualismo, ungheria) si veda Mayrhofer-Pace, Handbuch für den politischen Verwaltungsdienst in den im Reichsrathe vertretenen Königreichen und Ländern, 5ª ed., Vienna 1896 e segg., voll. 8 e specialmente il vol. 2°, dove sono, oltre allo svolgimento storico degl'istituti, anche i testi, commentati, delle leggi costituzionali per l'Austria, le leggi che regolavano i rapporti fra l'Austria e l'Ungheria e il funzionamento degli organi comuni della Monarchia, nonché le norme sull'amministrazione comune della Bosnia ed Erzegovina (rimaste immutate anche dopo l'annessione; v. bosnia-erzegovina). Si veda anche Mischler e Ulbrich, Österreichisches Staatswörterbuch, 2ª ed., Vienna 1909, voll. 4, specialmente agli articoli di diritto costituzionale interno e a quelli relativi agli affari esteri, all'Ungheria e alla Croazia, e agli affari militari (secondo gl'indici sistematici nel vol. IV, pp. 1101-1105), con la corrispondente bibliografia.
Lavori d'insieme, oltre ad alcuni citati nella bibliografia storica, più particolarmente per gli affari comuni delle due parti della Monarchia: A. Apponyi, Die rechtliche Natur der Beziehungen zwischen Österreich und Ungarn, Vienna 1911; Ch. Eisenmann, Le compromis austro-hongrois de 1867, Parigi 1904; J. Zolger, Derstaatsrechtliche Ausgleich zwischen Österreich und Ungarn, Monaco 1911; per l'ordinamento interno dell'Austria: E. Bernatzik, Die österreichischen Verfassungs gesetze, Vienna 1911; L. Gumplowitz, Das österreichische Staatsrecht, Vienna 1907; R. Zehntbauer, Verfassungswandlungen im neueren Österreich, Heidelberg 1911; H. Kelsen, Österreichisches Staatsrecht, Tubinga 1923, parte 1ª; Herrnritt, Grundlehren des Verwaltungsrechts mit besonderer Berücksichtigung der in Österreich (Nachfolgerstaaten) geltenden Rechtsordnung und Praxis, Tubinga 1921 (interessante per i riflessi del diritto austriaco negli ordinamenti degli stati successori); per la struttura nazionale e sociale dell'mpero i libri di Popovici, Renner, Otto Bauer, Wieser, Kleinwächter, Seipel ed altri citati nelle opere indicate più sopra; per le forze armate austro-ungariche (al momento dello scoppio della guerra mondiale): Die Wehrmacht 1914, nel vol. I dell'Österreich-Ungerns letzter Krieg 1914-18, ed. dall'Archivio di guerra, Vienna 1929 (a p. 27, la bibliografia) e il cap. III del vol. I de L'Esercito italiano nella grande guerra, Roma 1927, edito dall'Ufficio Storico dello Stato maggiore; per lo sviluppo storico delle forze armate dell'Austria-Ungheria l'opera dello stesso Kriegsarchiv di Vienna, Sechzig Jahre Wehrmacht 1848-1908, Vienna 1909. Elementi essenziali sulla vita economica della cessata Monarchia si trovano nelle varie annate dello Statesman's Year-book. Nella raccolta wagneriana (Innsbruck) di leggi austriache, in edizione italiana, v. il vol. Leggi fondamentali di Stato della Monarchia austriaca (1868).
Quanto alla costituzione della Repubblica austriaca, della quale esclusivamente tratta il presente articolo, si vedano: per il testo, Adamovich e Fröhlich, Die österreichischen Verfassungsgesetze des Bundes und der Länder, Vienna 1905, e Die Novellen der Bundesverfassung, Vienna 1926; Dareste, les constitutions modernes, Parigi 1928; B. Miekine - Guetzeviteh, Les constitutions de l'Europe nouvelle, Parigi 1928; per trattati, commenti, considerazioni storiche: L. Adamovich, Österreichisches Verfassungsrecht, Vienna 1923 e Österreichisches Verwaltungsrecht, Vienna 1925; H. Kelsen, Österreichisches Staatsrecht, Tubinga 1923; L. Wittmayer, Österreichisches Verfassungsrecht, nella Encyklopaedie des Rechts und Staatswissenschaft di Kohlrausch e Koskel, Vienna 1923. Cfr. anche: Ch. Eisenmann, Dix ans d'histoire constitutionnelle autrichienne (1918-28), nella Revue du droit publique, Parigi 1928.
Circoscrizioni amministrative. - L'attuale partizione del territorio della Repubblica austriaca in paesi confederati (Bundesländer) corrisponde in massima parte alle antiche divisioni storiche feudali di marche e contee, rimaste quasi invariate nel corso dei secoli, fin dopo l'ultima guerra, in seguito alla quale parecchie di esse subirono modificazioni territoriali o variazioni nei confini.
Prettamente nuove risultano la circoscrizione autonoma della capitale (Vienna) e quella del territorio del Burgenland, annesso nel 1923. I nove paesi confederati o provincie della Repubblica, sono suddivisi alla loro volta in distretti politici (Politische Bezirke) cittadini e rurali (Stadt- e Landbezirke), complessivamente 12 i primi e 83 i secondi, comprendenti 4370 comuni (Orts-Gemeinde) e 16.993 centri abitati (Ortschaften), fra i quali 112 città (Städte) e 475 borgate (Märkte), così classificate non dal punto di vista demografico, ma solo amministrativo o storico.
L'area media comunale nella repubblica austriaca è di kmq. 19.2, massima nelle provincie montane (Salisburgo, Tirolo, Carinzia) e minima nelle provincie pedemontane (Burgenland e Bassa Austria).
I nove paesi confederati o provincie hanno propria autonomia amministrativa e proprie diete provinciali.
1. Vienna (Wien). Comprende il nucleo cittadino e suburbano della capitale, e copre un, area di 278 kmq., con un solo distretto politico cittadino, 14 distretti giuridici (Gerichtbezirke), 5 decanati ecclesiastici (Dekanats-Sprengel), un solo comune e una popolazione legale, nel 1923, di 1.866.147 abitanti.
2. Bassa Austria (Niederösterreich). Diminuita dell'area ceduta alla capitale (kmq. 278) e di altri 247 kmq. aggregati alla Cecoslovacchia (distretti di Gmünd e Feldsberg [Valtice]), oggi questa provincia, la maggiore dell'Austria, ha una superficie di kmq. 19.301. Essa conta 3 distretti politici cittadini, 23 rurali, 66 giudiziarî, 62 decanati, 1707 comuni, 4020 centri abitati, 45 città e 247 borgate, e una popolazione complessiva di 1.480.452 abitanti. L'area media dei comuni è di kmq. 11.3, il numero medio d'abitanti per comune 867. Sede della dieta provinciale: Vienna.
3. Alta Austria (Oberösterreich). Rimasta immutata nella sua area e nei suoi confini, misura kmq. 11.982; è divisa in due distretti politici cittadini, 15 rurali, 44 giudiziarî, 35 decanati, 506 comuni, 6.260 centri abitati, 15 città, 92 borgate, ed ha una popolazione complessiva di 875 .918 ab. Area media dei comuni kmq. 23 .6, medio numero di abitanti per comune 1731. Capoluogo: Linz (ab. 102.081)..
4. Salisburgo (Salzburg). Superficie kmq. 7153; ha un distretto politico cittadino, 5 rurali, 17 giudiziarî, 14 decanati, 157 comuni, 760 centri abitati, 3 città, 23 borgate, e una popolazione di 223.023 abitanti. La media estensione comunale è di kmq. 45,4, la media degli abitanti per comune di 1420. Capoluogo: Salisburgo (abitanti 37,856).
5. Stiria (Steiermark). Diminuita a favore della Iugoslavia, di 6049 kmq., ha una superficie complessiva di kmq. 16.375; conta un distretto politico cittadino, 15 rurali, 42 giudiziarî, 45 decanati, 115 comuni, 2056 centri abitati, 20 città, 61 borgate e 978.846 ab.; l'estensione media dell'area dei comuni è di kmq. 10,6, il numero medio di abitanti per comune è di 964. Capoluogo: Graz (abitanti 152.706).
6. Carinzia (Kärnten). Diminuita, a favore della Iugoslavia di kmq. 746, conta oggi kmq. 9530; è divisa amministrativamente in un distretto cittadino, 7 rurali, 26 giudiziarî, 23 decanati, 250 comuni, 2801 centri abitati, 11 città e 23 borgate; ha 370.748 ab.; una media superficie comunale di kmq. 38, 1 e 1483 ab. in media per comune. Capoluogo: Klagenfurt (ab. 27.423).
7. Tirolo (Tirol). È la più ridotta delle originarie provincie austriache, avendo perduto 14.038 kmq. del cosiddetto Tirolo meridionale passato all'Italia. Ha una superficie complessiva di kmq. 12.645, e comprende un distretto politico cittadino, 8 rurali, 17 giudiziarî, 19 decanati, 308 comuni, 605 centri abitati, fra i quali 10 città e 7 borgate. Gli abitanti sono 314.836. La superficie media comunale è di kmq. 41, e il numero medio di abitanti per comune di 1022. Capoluogo: Innsbruck (ab. 56.380).
8. Vorarlberg. È la più piccola delle provincie austriache, si estende per soli kmq. 2,602 e comprende 3 soli distretti politici rurali, 6 giudiziarî, 6 decanati, 99 comuni, 163 centri abitati, 4 città e 5 borgate, con una popolazione complessiva di ab. 139.999 Area media comunale kmq. 23,6 e numero medio degli abitanti 1313. Capoluogo: Bregenz (ab. 48.248).
9. Burgenland. Annessa all'Austria dopo il plebiscito del 1923, questa provincia conta 3967 kmq. di superficie e ha 2 distretti politici cittadini, 7 rurali, 7 giudiziarî, 16 decanati, 327 comuni, 327 centri abitati, dei quali 3 città, 17 borgate; una media area comunale di kmq. 12, 1 con 865 ab. per comune; popolazione complessiva 285.791 ab. Capoluogo: Sauerbrunn (ab. 1500).
Organizzazione ecclesiastica. - Al presente le diocesi d'Austria sono raggruppate intorno alle due metropoli di Vienna e di Salisburgo. Vienna, vescovato dal 1469, arcivescovato dal 1722, conservò le due sedi suffraganee che aveva prima della guerra, cioè Sankt Pölten, che comprende i due distretti dell'Austria inferiore, Oberwienerwald e Ober-Mannhardsberg, e Linz, che comprende l'Austria superiore. Salisburgo invece, che è la sede più antica, fondata nel 696 e arcivescovato dal 798, e che in seguito alla cessione della Slovenia alla Iugoslavia fu privata della sede suffraganea di Lavant (res. Maribor) posta nel 1924 alla diretta dipendenza della Santa Sede, in conseguenza dell'allargamento dei confini settentrionali dell'Italia fino al Brennero dovette anche rinunciare alla sede di Trento, e a quella parte della diocesi di Bressanone che venne a trovarsi in territorio italiano; ha quindi ora due sole sedi suffraganee, Gurk, con residenza a Klagenfurt, fondata nel 1072, e Seckau, con residenza a Graz, fondata nel 1219. Il Vorarlberg, che, pur appartenendo alla diocesi di Bressanone, era anche prima della guerra amministrato da un vicario generale, insignito ordinariamente di dignità episcopale e residente a Feldkirch, fu, in seguito ai nuovi ordinamenti e in attesa d'una sistemazione meno precaria, costituito in amministrazione apostolica e affidato a un vescovo che ha la sua residenza a Innsbruck. Va pure notata fra le circoscrizioni ecclesiastiche autonome dell'Austria l'abbazia nullius (v. abate) di Wettingen-Mehrerau. Quest'ultima era un'antica abbazia benedettina, i cui beni furono venduti quando, con la pace di Presburgo, il Vorarlberg passò all'Austria. Furono poi acquistati, nel 1853, dall'abate Höchle di Wettingen, abbazia cisterciense dell'Argovia soppressa nel 1841. La nuova abbazia cisterciense, inaugurata il 18 ottobre 1854, veniva riconosciuta come abbazia nullius nel 1890.
Forze armate. - Esercito. - Il trattato di Saint-Germain-enLaye impone all'Austria un'organizzazione militare rigorosamente stabilita, fondata sul reclutamento volontario a ferma lunga.
L'esercito ha perciò piccola mole. Esso è ordinato su 6 brigate miste, ognuna delle quali è così costituita: 2 reggimenti di fanteria o cacciatori alpini; 1 gruppo d'artiglieria; 1 squadrone di cavalleria; i battaglione pionieri; 1 compagnia telegrafisti; 1 sezione autocarreggiata; 1 sezione treno ordinaria. Eventualmente, possono essere assegnati alle brigate anche:1-2 battaglioni autonomi di fanteria o cacciatori alpini;1-2 battaglioni ciclisti.
Le brigate sono organo tattico e territoriale e sono distinte con un numero e con il nome della provincia in cui risiede il comando.
Costituzione delle singole armi:
a) fanteria: 6 reggimenti di fanteria; 6 reggimenti cacciatori alpini; 2 battaglioni di fanteria autonomi; 2 battaglioni cacciatori alpini autonomi; 6 battaglioni ciclisti.
I reggimenti di fanteria e cacciatori alpini sono su 3 battaglioni (tranne 4 reggimenti cacciatori che ne hanno solo 2) e 1 plotone di collegamento. I battaglioni sono su 3 compagnie di fanteria e 1 mitragliatrici; quelli autonomi hanno formazione analoga, ma più forte inquadramento. La compagnia di fanteria è su 4 plotoni di 3 squadre ognuno: in ogni plotone due squadre sono di fucilieri, l'altra è di mitraglieri (leggieri) nei plotoni 1° e 2°, di porta-ordini nel 3°, di specialisti nel 4°. La compagnia mitragliatrici comprende 2 plotoni mitragliatrici su due armi, un plotone collegamenti ed un plotone pionieri. A ogni reggimento o battaglione autonomo è assegnata anche una musica. I battaglioni ciclisti hanno 3 compagnie ciclisti e 1 mitragliatrici; le compagnie ciclisti sono su 2 plotoni ciclisti (2 armi), la compagnia mitragliatrici su 2 plotoni mitragliatrici (2 armi) e 1 plotone pionieri. Ogni battaglione dispone anche di una squadra di collegamento.
b) cavalleria: 6 squadroni autonomi di 4 plotoni (di cui uno mitraglieri) e 1 squadra pionieri.
c) artiglieria: 1 reggimento d'artiglieria indipendente; 6 gruppi d'artiglieria di brigata.
Il reggimento d'artiglieria indipendente è su 3 gruppi: il 1° di 2 batterie, una di 4 cannoni da 75 da montagna, l'altra di 2 obici da 100 da montagna; il 2° e il 3° gruppo, di tre batterie (di 4 pezzi), due di obici da 100 e una di cannoni da 104 autoportati.
Ogni gruppo ha anche due mitragliatrici per la difesa antiaerea.
I gruppi d'artiglieria di brigata sono 4 su 4 batterie: 1 di 4 cannoni da campagna da 80; 1 di 4 obici da campagna da 100; 1 di 2 cannoni pesanti campali da 104; 1 di 10 bombarde da 140.
Dei sei gruppi tre hanno materiali da montagna anziché da campagna.
d) genio: 6 battaglioni pionieri e 1 comando di battaglione che riunisce le sezioni da ponte dei 6 battaglioni. Ogni battaglione riceve le istruzioni generali sui lavori tecnici ed una particolare, corrispondente alle seguenti specialità: fotoelettricisti, ferrovieri, mine fluviali, navigazione fluviale, perforatrici, teleferiche. Ogni battaglione è ordinato su 2 compagnie di 4 plotoni ciascuna, 1 deposito materiale e 1 sezione da ponte. Esistono inoltre 6 compagnie telegrafisti su 4 plotoni (2 di collegamento, 1 d'intercettazione, i di colombi viaggiatori) e 1 deposito materiale.
I servizî impiegano, in massima parte, personale civile. Per i trasporti esistono 6 plotoni automobilistici e 6 plotoni carreggio (i per brigata).
I principali stabilimenti militari sono: l'officina del materiale ciclistico ed automobilistico, con sede a Vienna; la fabbrica di stato, l'unica consentita dal trattato di Saint-Germain, comprendente varie sezioni, dislocate a Vienna, Enzesfeld, Wollendorf, Blumau, Felixdorf, per la fabbricazione di armi portatili, artiglierie e munizioni; il deposito centrale armi e materiali di artiglieria a Vienna; 3 laboratorî tecnici, per materiali del genio, a Klosterneuburg; il laboratorio per materiali di collegamento, a Sankt Pölten; 3 magazzini materiali posti alla dipendenza di 3 brigate.
Il reclutamento, come si è detto, è volontario. La ferma è di 12 anni. La forza bilanciata non può superare i 30.000 uomini, ma sinora tale cifra non è stata ancora raggiunta a causa delle tristi condizioni finanziarie del paese (al 30 giugno 1926 vi erano alle armi, in totale, circa 21.000 uomini). Il bilancio della guerra per il 1928 è di 88.630.000 scellini (pari a circa 62 milioni e mezzo di lire-oro).
Nel complesso l'esercito austriaco è organismo particolarmente adatto alla guerra di montagna: su 36 battaglioni di fanteria 16 sono di cacciatori alpini; su 84 batterie 30 sono da montagna, 34 da campagna e 20 pesanti campali.
Marina. - L'Austria dopo la guerra ha cessato d'essere una potenza marittima. Il trattato di pace le ha consentito di mantenere in servizio quattro piccole cannoniere per la polizia fluviale sul Danubio.
Aviazione. - L'Austria, pel trattato di Saint-Germain, è priva di aviazione militare.
Finanze. - Assai critica si delineò subito dopo la fine della guerra la situazione economica e finanziaria dell'Austria, ristretta nei suoi nuovi confini e sconvolta dalla crisi sociale e dalla progressiva svalutazione della moneta, cosicché numerosi crediti di soccorso dovettero essere concessi alla nuova repubblica negli anni che immediatamente seguirono i trattati di pace (Francia, Inghilterra, Italia per 48 milioni di dollari, Stati Uniti per 24 milioni di dollari, alcuni paesi neutrali per 25 milioni di sterline). E furono appunto tali crediti e la speculazione straniera sulla corona che permisero all'Austria di vivere negli anni 1919, 1920 e 1921. Esaurite queste fonti, la soluzione del problema divenne improrogabile; le quattro potenze alleate si persuasero della necessità d'un piano organico di restaurazione finanziaria e chiesero nel frattempo ai paesi che avevano accordato precedentemente prestiti all'Austria di sospendere i loro privilegi sui beni ipotecati. Durante la lunga e difficile elaborazione del progetto da parte del comitato finanziario della Società delle nazioni, i bisogni dell'Austria erano divenuti però così ingenti che nuove aperture di credito s'imposero per evitare la catastrofe (Inghilterra per 2.250.000 sterline, Francia per 55 milioni di franchi, Italia per 70 milioni di lire, Cecoslovacchia per 500 milioni di corone cecoslovacche); la corona perdette, ciò nonostante, nelle spazio di sei mesi i 9/10 del suo valore e il governo austriaco lanciò nell'agosto 1922 un disperato appello agli alleati vittoriosi.
La situazíone cambiò non appena fu decis0 a Ginevra di sottoporre le finanze austriache a un controllo internazionale e di garantire un prestito di restaurazione.
Nelle sue linee fondamentali il piano finanziario approvato e firmato dall'Austria e dalle potenze garanti, si proponeva di raggiungere il pareggio del bilancio per la fine del 1924, mediante un largo programma di riforme amministrative; di colmare nel frat- tempo il deficit, valutato a un massimo di 650 milioni di corone oro, per mezzo del prestito; d'impedire ogni ulteriore emissione di carta moneta e di delegare la vigilanza sull'applicazione dell'intero progetto a un commissario della Società delle nazioni. Il 18 novembre il tesoro cessò dì ricorrere all'emissione di biglietti e da allora il corso della corona si è mantenuto costante a dollari 0,00001412; nel mese seguente il governo offrì sul mercato 50 milioni di corone oro in buoni del tesoro (30 milioni furono sottoscritti dalle banche e 20 dal pubblico) e nel frattempo chiese e ottenne dal parlamento i pieni poteri nel periodo della restaurazione. Il 15 dicembre, con la venuta del commissario generale, dott. Zimmermann, s'iniziarono le complicate trattative per il prestito a lunga scadenza e si decise intanto di emettere un prestito a breve scadenza che fu garantito da Inghilterra, Francia, Cecoslovacchia Italia nella misura del 24,5% per ciascuna delle dette potenze e dal Belgio nella misura del 2%, e fu collocato con successo nel febbraio 1923 sotto forma di buoni del tesoro austriaco a un anno per sterline 3.500.000. Il 16 aprile il comitato di controllo approvò le condidizioni del prestito a lunga scadenza che diede una somma netta di 585 milioni di corone oro e fu interamente garantito nel modo seguente: Francia, Inghilterra, Cecoslovacchia 24,5%, Italia 20,5%. Belgio, Svezia, Romania, Olanda, 55%. La Spagna s'impegnò a sua volta a garantire un'altra frazione del 4% in base alla quale si ottennero ancora 26 milioni di corone oro che, insieme ai 20 anticipati dalla Svizzera, permisero al governo austriaco di raggiungere un totale di 631 milioni, cioè il 97% dell'ammontare previsto.
In pari tempo si creò la nuova banca di emissione completamente autonoma con capitale di 30 milioni di corone oro interamente sottoscritto dall'Austria e si stabilì che la confederazione, le provincie, i municipî non potessero più emettere carta-moneta, né ricorrere alla banca senza versare il contro valore dei biglietti ricevuti in oro o in divise estere, e che la riserva metallica dovesse elevarsi dal 20.5% al 33% della circolazione, esclusi gli anticipi accordati dall'antica banca allo stato (percentuale che per il rapido crescere delle riserve raggiunse il 60% della circolazione alla fine del periodo di restaurazione).
Nel primo semestre 1923 vennero applicate anche numerose riforme amministrative; 50 mila funzionarî furono licenziati, si unificarono e semplificarono varie amministrazioni, si aumentarono le tariffe postali e il prezzo del sale. Nel complesso alla fine del primo anno di controllo, le riforme avevano già ottenuto una favorevole ripercussione sul bilancio, la vita economica del paese si andava ristabilendo. Nel secondo anno il deficit scomparve completamente, ma fu necessario utilizzare altre somme del prestito per tale scopo e, benché la situazione fosse in complesso buona, sorsero preoccupazione per il pericolo di un rincaro del costo della vita in seguito all'enorme aumento delle imposte e delle tasse, e per gli scarsi risultati ottenuti nel campo della riduzione delle spese (4% solamente di fronte alle economie del 70% richieste dalla delegazione). Sopravvenne alla fine del 1923 il boom di borsa provocato dalla fiducia con cui venne accolto il progetto e dall'afflusso subitaneo delle divise estere provenienti dal prestito e dal rimpatrio dei capitali; a questo seguì il crollo della speculazione sul franco francese nei primi del 1924 e una gravissima crisi finanziaria e creditizia si manifestò sul mercato viennese. Tutto ciò fece temere della riuscita della restaurazione finanziaria; la Società delle nazioni decise una nuova inchiesta sulla situazione economica dell'Austria e in seguito a questa, nel settembre 1924, il piano finanziario subì varie modificazioni: il controllo fu limitato, fu aumentata la base del bilancio, e fu ammesso l'uso di una parte del ricavato del prestito in spese produttive.
Il primo marzo 1925 venne introdotta la nuova unità monetaria: lo scellino (Schilling), equivalente a 10.000 corone e con un valore di 0,21172086 grammi d'oro fino. La situazione in seguito a ciò andò sempre migliorando; il rapido crescere delle riserve auree permise un allargamento della circolazione, la quale, quando fu applicato il piano della Società delle nazioni, non era sufficiente per i bisogni normali del paese; il forte gettito delle entrate, dovuto soprattutto alle nuove solide basi monetarie, più che la riduzione delle spese, permise d'altra parte in breve tempo l'equilibrio del bilancio e il prestito poté essere adoperato, in parte per liquidare i debiti precedenti, in parte per le spese necessarie all'incremento della produzione; dal 30 giugno 1926 la restaurazione si poteva dire compiuta e il controllo internazionale sulle finanze austriache fu tolto. È imminente un nuovo prestito estero, autorizzato anche con il consenso dell'Italia.
Il debito pubblico della Repubblica austriaca al 31 dicembre 1927 era così composto:
L'ammontare della circolazione alla fine del 1927 era di 1005 milioni di scellini e l'ammontare della riserva di 84 milioni di scellini, in oro, e di 653 milioni di scellini in divise estere.
Bibl.: Monthly Reports of the Commission-General at Vienna, della Società delle Nazioni; Report to the Council on the economic situation of Austria (Layton List rep., 1925); F. Heitz, Zahlungsbilanz und Lebensfähigkeit Österreichs, Vienna 1925; C. A. Macartney, The social revolution in Austria, Cambridge 1926; Société des Nations, La situation économique de l'Autriche, Ginevra 1925; Annuaire Statistique Internationale, Ginevra 1927; O. S. Phillpots, Reports on the Industrial and Commercial Situation of Austria September 1926-October 1927, pubblicazione del Department of Overseas Trade, Londra 1928; The Statesman's Year Book 1929, Londra 1929.
Cultura.
Ordinamento scolastico. - Istruzione elementare e media. - In Austria esiste per legge la frequenza scolastica obbligatoria, che comincia a sei anni compiuti e dura otto anni. Il numero dei bambini in età di frequentare le scuole raggiungeva nel 1927 i 724.365. Soltanto 4316 di essi rimasero effettivamente senza insegnamento scolastico, e di questi 3871 gravemente infermi. L'analfabetismo in Austria risulta perciò relativamente scarso.
L'insegnamento elementare s'impartisce in due tipi di scuole; la Volksschule e la Hauptschule (chiamata fino al 1927 Bürgerschule). La Volksschule ha il compito di dare ai bambini un'educazione morale e religiosa, di sviluppare le loro doti spirituali, d'impartire le cognizioni necessarie all'ulteriore sviluppo della loro vita, di gettare insomma le basi per la formazione di uomini retti, atti a partecipare alla vita sociale (§. 1 della legge scolastica elementare).
Le materie d'insegnamento sono: religione, storia patria, scienze naturali, geografia e storia, lingua tedesca, lettura, scrittura, aritmetica e geometria, disegno (e lavori manuali), canto, ginnastica, lavori femminili. Il numero delle classi varia a seconda della grandezza e dell'arredamento delle singole scuole e in ragione del numero degli alunni e degl'insegnanti disponibili. I programmi vengono possibilmente ripartiti, negli otto anni in cui ogni alunno ha obbligo di frequentare la scuola, in modo che ognuno degli anni corrisponda a un grado d'insegnamento.
Nei luoghi dove esistono le Hauptschulen, dopo il quarto anno scolastico si compie il passaggio dalla Volksschule alla Hauptschule.
La Hauptschule si propone di dare un'istruzione atta a rifinire e integrare quella impartita nella Volksschule e di preparare gli alunni alla vita pratica o alle scuole professionali; la Hauptschule permette anche agli alunni, che rispondano a determinate condizioni, il passaggio alla scuola media.
La Hauptschule comprende quattro classi, con le seguenti materie obbligatorie: religione, lingua tedesca, storia, geografia, scienze naturali, fisica e chimica, aritmetica, geometria e disegno geometrico, disegno a mano libera, lavoro manuale, scrittura, canto e ginnastica. Sono facoltativi l'insegnamento d'una lingua straniera, la stenografia, la dattilografia, il violino e il pianoforte, e per le bambine l'economia domestica. In alcune Volksschulen le classi maschili e femminili sono divise, in altre si hanno classi miste. Nelle Hauptschulen è prescritta la separazione dei sessi.
Le scuole elementari possono essere pubbliche o private. Ogni scuola mantenuta in tutto o in parte dallo stato o dal comune è considerata come scuola pubblica, accessibile a tutti, senza distinzione di fede religiosa. Le scuole fondate o mantenute da altri enti o persone sono scuole private. Nel 1927 esistevano 4718 Volksschulen, delle quali 4449 pubbliche; nello stesso anno le Hauptschulen erano 1133, delle quali 923 pubbliche.
Dopo il quarto anno scolastico e il susseguente esame di ammissione, si può compiere il passaggio alla scuola media. La scuola media si propone d'impartire una cultura generale più elevata, per dare agli alunni la possibilità di frequentare gl'istituti superiori: "suo compito è quello di sviluppare le forze spirituali, morali e fisiche degli alunni, e di educare i giovani alla vita sociale e nazionale, sviluppando in essi uno spirito morale e religioso" (§. 1, capov. 2, del regolamento scolastico medio).
La scuola media comprende otto classi; le prime quattro costituiscono la scuola media inferiore, le altre quattro la scuola media superiore. In determinate condizioni - come è già stato detto - può effettuarsi il passaggio dalla Hauptschule alla scuola media.
Esistono i seguenti tipi di scuole medie: 1. Gymnasien, 2. Realgymnasien,3. Realschulen, 4. scuole superiori femminili.
L'insegnamento generalmente non è misto; tuttavia, in certi casi, anche le ragazze possono essere ammesse alle scuole medie maschili. Ma le scuole medie femminili, oltre che secondo il tipo 4, possono essere istituite anche secondo i tipi 1, 2, 3.
In tutte le scuole medie indistintamente s'insegnano le seguenti materie obbligatorie: religione, lingua tedesca, storia, geografia, storia naturale, chimica, fisica, matematica e disegno geometrico, elementi di filosofia, disegno, calligrafia, stenografia, lavoro manuale, canto e ginnastica.
Sono inoltre obbligatorie le seguenti materie: a) nei Gymnasien: latino e greco; b) nei Realgymnasien: latino, una lingua straniera moderna, geometria descrittiva; c) nelle Realschulen: due lingue straniere moderne e geometria descrittiva.
Le scuole superiori femminili hanno il compito di dare una cultura generale alle giovinette, di prepararle allo studio professionale nel campo economico e in quello dell'assistenza sociale, come pure nella vita familiare. In queste scuole è obbligatorio l'insegnamento di una lingua straniera moderna; nelle ultime quattro classi sono materie obbligatorie anche la pedagogia, l'assistenza infantile, il cucito, la cucina e l'economia domestica.
In tutte le scuole si tenta di prevenire gl'interessi particolari degli alunni, con l'istituzione di corsi facoltativi ed esercitazioni (corsi di lingue, esercitazioni di scienze naturali, storia dell'arte, musica, ecc.).
In ottemperanza alla legge scolastica, furono istituite nel 1927, in via d'esperimento, le cosiddette Aufbauschulen e Arbeitermittelschulen. Le prime si prefiggono di svolgere il programma delle scuole medie, in uno speciale corso quinquennale, per quegli alunni che, soltanto dopo gli otto anni di istruzione elementare, si trovino in condizione d'entrare nelle scuole medie. Le seconde invece, con uno speciale corso di studî, offrono modo di accedere agli istituti superiori a quei giovani che, terminata l'istruzione elementare, siano entrati nella vita professionale, o abbiano compiuto il diciassettesimo anno di età.
L'ammissione agl'istituti superiori ha luogo, eccezione fatta per i due casi suddetti, dopo otto anni di scuola media e un esame finale d'idoneità.
Le scuole medie, alla fine dell'anno scolastico 1926-27, erano 151 con 47.455 alunni: di queste, 89, con 33.203 alunni, erano scuole di stato. Per formare gl'insegnanti delle scuole elementari esistono istituti magistrali, con corsi di quattro anni, ai quali si accede dopo gli otto anni di istruzione elementare. Gl'insegnanti medî invece debbono aver frequentato l'università e aver dato uno speciale esame d'idoneità all'insegnamento.
Istituti superiori. - In Austria esistono presentemente i seguenti istituti superiori:1. l'università di Vienna, con cinque facoltà: teologia cattolica, teologia evangelica, scienze giuridiche e politiche, medicina, filosofia (quest'ultima, in tutte le università austriache, comprende le discipline filosofiche, letterarie e naturali); 2. l'università di Graz, con quattro facoltà: teologia cattolica, scienze giuridiche e politiche, medicina, filosofia; 3. l'università di Innsbruck, con le stesse facoltà di quella di Graz; 4. la facoltà teologica di Salisburgo; 5. l'istituto tecnico superiore di Vienna, con cinque facoltà: ingegneria civile, architettura, meccanica (con le seguenti suddivisioni: meccanica propriamente detta, elettrotecnica, ingegneria e meccanica navale), chimica (con le seguenti suddivisioni: fisica tecnica, topografia e un corso per periti assicuratori); 6. l'istituto tecnico superiore di Graz, con quattro facoltà: ingegneria (con una suddivisione per la topografia), architettura, meccanica, chimica; 7. l'istituto superiore d'agricoltura di Vienna, con tre indirizzi di studio: agricoltura, economia forestale, tecnica agricola; 8. l'istituto superiore di veterinaria di Vienna; 9. l'accademia di belle arti di Vienna; 10. la scuola accademica per gli artigiani medaglieri di Vienna; 11. l'istituto superiore di musica e belle arti di Vienna; 12. l'istituto superiore di commercio di Vienna; 13. lo istituto superiore di scienze minerarie di Leoben.
Gl'istituti superiori austriaci forniscono i seguenti titoli accademici: laurea di teologia (cattolica ed evangelica), di diritto, di economia, di medicina, di filosofia; diploma di farmacia; laurea di scienze tecniche, di agricoltura, di veterinaria, di scienze minerarie.
Gli studenti delle facoltà tecniche e minerarie, che abbiano compiuto il loro corso di studî e dato i due esami di stato prescritti, e quelli della facoltà d'agricoltura, che abbiano seguito i corsi e dato tre esami di stato, hanno diritto al titolo d'ingegnere.
Gli studenti delle università austriache (eccettuati quelli dell'istituto superiore di commercio e dei due istituti di belle arti) erano 17.276 nel semestre invernale dell'anno scolastico 1927-28. E di questi, 10.440 frequentavano gl'istituti superiori di Vienna.
Istruzione commerciale e professionale. - Oltre alle scuole fin qui enumerate, esistono in Austria un'organizzazione scolastica commerciale e professionale assai sviluppata e speciali corsi agricoli e forestali. Alle accademie commerciali, con corsi di quattro anni, si accede dopo aver frequentato la Hauptschule o una scuola media inferiore; esse preparano gli studenti per l'ammissione all'istituto superiore di commercio e - in determinate condizioni - anche allo studio delle scienze giuridiche e politiche. Oltre alle accademie commerciali, esistono scuole inferiori di commercio, con corsi di due anni e scuole di perfezionamento per i commercianti.
Il numero degli studenti, nell'anno scolastico 1926-27, raggiungeva le seguenti cifre:
Il numero degli alunni negl'istituti di educazione professionale (istituti superiori professionali, scuole speciali per singole professioni, istituti femminili, istituti di perfezionamento speciali e generali) raggiungeva la cifra di 83.553.
Le 95 scuole agricole e forestali vennero frequentate, nell'anno 1927, da 3258 alunni.
Riforma scolastica. - Dopo il cambiamento di governo del 1918 cominciò in Austria una riforma dei regolamenti scolastici, che può dirsi effettivamente attuata nella legge scolastica del 1927.
In seguito alla riforma, le Bürgerschulen, con corsi di tre anni, si trasformarono nelle Hauptschulen, con corsi di quattro anni; ma soprattutto furono modificati i metodi d'insegnamento. Il principio della cosiddetta scuola del lavoro, che si prefigge la massima indipendenza dell'alunno, venne in gran parte abbandonato. Nelle prime classi elementari, in luogo dell'orario esattamente suddiviso per materie, si ebbe un insegnamento complessivo. Il disegno, il lavoro manuale, la ginnastica ottennero più largo sviluppo.
Nelle scuole medie fu dato un nuovo ordinamento ai singoli tipi di scuole e si riformarono i programmi, in base alle più moderne teorie.
Biblioteche. - A parte le biblioteche tecniche dipendenti dai rispettivi istituti, e quelle civiche e provinciali, prive di speciale importanza, le biblioteche austriache accessibili agli studiosi si possono distinguere nelle classi seguenti: 1. nazionale; 2. universitarie; 3. scientifiche (Studienbibliotheken); 4. biblioteche capitolari e monastiche.
1. La Nazionale, fino al 1920 Hofbibliothek, fu fondata nella seconda metà del sec. XVI; dotazione d'acquisto librario 122.008 scellini (la dotazione fissa comincia nel 1572); ha circa 1.200.000 opere e circa 100.000 fogli volanti, una raccolta importantissima sulla guerra mondiale e una raccolta quasi unica di manoscritti: 130.000 occidentali, fra cui molti italiani, 1015 codici greci, 2360 arabi, persiani e turchi nonché altri 460 orientali. A ciò si aggiungano una notevole raccolta di incunaboli (9000) e di autografi (35.000); una di carte geografiche, circa 110.000; una di papiri (11.000 copti, 10.000 greci e circa 60.000 orientali). Alla fine del sec. XVI la biblioteca di corte arrivava a 9000 volumi fra cui 1600 manoscritti; il suo riordinamento, dovuto a P. Lambek (1663-80), iniziò un fiorente periodo che comprende il Sei e Settecento. Durante il regno di Carlo VII ess si arricchì delle grandi raccolte di Eugenio di Savoia e ottenne le sontuose sale, opera di Fischer von Erlach.
Cataloghi a stampa dei manoscritti e delle accessioni. (Guida: O. Smital, Die Hofbibliothek, 1920; storia: J.F. v. Mosel, Geschichte der Hofbibliothek zu Wien, 1835).
2. Universitarie. - Ha naturalmente maggior importanza quella di Vienna, fondata nel 1807, con circa 1.000.000 opere, 665 incun. e 1033 mss.; e con un aumento annuo di 20.000 voll.; seguono quella di Innsbruck con poco meno di 400.000 voll. e 1150 mss., fondata nel 1746, cui può servire di complemento la raccolta di 40.000 voll. di opere storiche e tirolesi del museo Ferdinandeum; e quella di Graz, che è la più antica (1586), con 330.000 voll., 2005 mss. e 1145 incun affiancata dalla biblioteca provinciale stiriana, che, sorta nel 1868, arriva ai 235.000 voll. Le universitarie austriache sono per la scelta del materiale scientifico perfettamente corrispondenti ai bisogni degli atenei, i cui singoli istituti e seminarî hanno inoltre proprie raccolte librarie, molte volte assai notevoli. Esse ricevono la copia d'obbligo degli stampati nelle relative provincie. Degno di molta considerazione il catalogo a soggetto dell'universitaria di Vienna, dovuto ai bibliotecarî Holzmann e Bohatta. Il regolamento delle biblioteche universitarie austriache si fonda su quello del 1825. (Guida e storia: F. Grassauer, Handbuch der österr. Universitätsund Studienbibliotheken, 1882).
3. Scientifiche: sostituiscono le universitarie nei capoluoghi di provincia che non hanno università e ricevono come queste la copia d'obbligo delle opere stampate nella provincia. Sono: a Klagenfurt (Carinzia) con circa 77.500 voll. e quasi 300 mss.; risale al sec. XVI ed è completata dalla provinciale (Rudolfinum, 20.000 voll.); a Linz (Alta Austria) con 68.000 voll., circa 20.000 fra carte e incisioni e 1000 incun., fondata nel 1774; a Salisburgo con 120.000 voll., 1500 mss. Nella stessa città la civica ha circa 70.000 voll. e 1300 mss. l'importanza di queste Studienbibliotheken sta nel carattere regionale delle raccolte.
4. Religiose. Il nucleo principale è costituito da biblioteche benedettine di fondazione antica (sec. XII) e perciò importanti per le raccolte di mss.: Admont (Stiria), anno 1074, con quasi 100.000 voiumi e bella raccolta di xilografie e incisioni; Klosterneuburg (Bassa Austria), anno 1106 con 120.000 voll., 900 incun. e 1250 mss.; Kremsmünster (Stiria) con 100.000 voll. e 960 mss.; Melk (Bassa Austria), anno 1089, con 80.000 voll., 900 incun. e 1900 mss.; da questa badia si diffuse dopo il concilio di Costanza la riforma benedettina che, accrescendo l'interesse degli studi, aprì per le biblioteche dell'ordine nelle provincie austriache e bavaresi un periodo di fioritura cui esse devono la loro importanza storica. Oltre alle quattro biblioteche citate che, anche per la santuosità della sede, meritano particolare rilievo, hanno buoni fondi antichi le biblioteche benedettine di Altenburg (anno 1144), importante per gli atti relativi ai Babenberger e agli Asburgo (Fontes rerum austriacarum, XXI), di Göttweig (anno 1083) con 1111 mss., fra cui uno del sec. VI, di Heiligen Kreuz (Baden, anno 1126) il cui fondo fu aumentato con gli 81 mss. del convento di Neukloster, di Sankt Paul (Carinzia) con 1300 mss. e importante raccolta arcl.. ivistica, Seitenstetten e Zwettl (rispettivamente anno 1112 e anno 1138), ognuna con 420 mss., e Nonnberg di Salisburgo, che è una delle fondazioni più antiche dell'ordine. Fra le capitolari, una delle più interessanti è quella di Sankt Florian (Alta Austria). (Sui fondi medievali di queste biblioteche, cfr. T. Gottlieb, Mittelalterliche Bibliothekskataloge Osterreichs, I, 1915).
Società Scientifiche. - La più celebre è l'Accademia delle scienze, fondata nel 1847, che pubblica Atti (Sitzungsberichte), Memorie (Denkschriften), Resoconti (Anzeiger), Almanacco (Almanach), un periodico mensile di chimica (Monatshefte für Chemie) e, inoltre, due pubblicazioni storiche: le Fontes rerum austriacarum e l'Archiv für österreichische Geschichte. L'Accademia ha proprî istituti tecnici: uno radiologico, uno biologico e un ottimo archivio fonografico (Phonogrammarchiv). Inoltre numerose accademie scientifiche e letterarie di Vienna sono specializzate in singoli rami dello scibile; di esse moltissime hanno proprie pubblicazioni periodiche (cfr. Minerva, Jahrbuch der Gelehrten Welt, 1926, II, pp. 2294-2300). Importanza puramente locale hanno le accademie dei capoluoghi di provincia.
Storia.
Denominazione, oggi, di un piccolo stato, il nome Austria ha indicato per circa quattro secoli della storia europea una delle grandi potenze che si contendevano il primato politico nel vecchio continente. E tuttavia quel grande stato, se costituiva un'unità dal punto di vista dinastico, non formava un'unità nazionale, culturale, morale, che profondasse le sue radici nel lontano passato e potesse perciò affrontare, sempre più rigogliosa, l'avvenire.
V'era l'Austria; meglio, la monarchia degli Asburgo: ma sotto al denominatore comune si celavano le profondissime differenze di razza, di lingua, di cultura, di tradizioni, per cui Boemi, Ungheresi, Croati, Romeni, Italiani e Tedeschi continuavano a far parte a sé, pur rimanendo sottomessi a un comune sovrano. La vera Austria, in senso stretto, con la sua popolazione tedesca, viveva nell'orbita della generale civiltà germanica, pur presentando naturalmente caratteri proprî che la differenziavano, per es., dalla cultura prussiana, mentre le popolazioni italiane rimanevano, pur sempre, nell'orbita della civiltà italiana del Rinascimento e della Controriforma. Si vennero stabilendo, sì, col tempo, comuni interessi economici, onde sempre più sotto tal riguardo si poteva parlare di un'unità delle regioni "danubiane": ma se le regioni centrali dell'Impero austriaco venivano ritrovando questo comune legame, quelle "non danubiane" (per es. le terre italiane) ne rimanevano completamente al di fuori.
Siffatta costituzione dello stato "Austria" sotto la secolare unitaria politica degli Asburgo chiarisce le particolarità della storia dell'Austria. Lo stesso termine ha indicato due entità troppo diverse. E così, se nei primi tempi la storia dell'Austria è quella di uno staterello simile a molte altre formazioni feudali; in un secondo tempo si sdoppia: poiché lo staterello continua sì ad avere una sua fisionomia propria, ma nel tempo stesso, per essere il centro dinastico, dà il suo nome a un vasto conglomerato di popoli diversi fino a che, infranto il conglomerato, rimane il piccolo stato, nuovamente solo. Nessun altro stato europeo ha avuto una vicenda storica come questa. Di qui le difficoltà d'una trattazione che deve toccare molti popoli e paesi, senza poter ritrovare un vero centro unificatore continuo, ove non sia quello puramente dinastico.
Dalle origini al 1815. 1. - Le immigrazioni nelle regioni danubiane e le vicende di queste sino alla fondazione della marca d'Austria. - Verso la metà del sec. VI varî popoli si stanziavano nella regione dei Sudeti e del Danubio. Nei paesi delle Alpi orientali si fermavano i Baiuvari di stirpe germanica, nel bacino boemo-moravico i Cèchi di stirpe slava; nella pianura danubiana gli Avari di stirpe uralo-altaica. Questi ultimi ebbero, allora, parte preponderante nelle vicende della regione danubiana, e lo stato da essi fondato costituì, in tale regione, il più forte aggruppamento politico sino alla fine del sec. VIII, quando Carlo Magno, dopo ripetute spedizioni (791, 796, 803) riuscì a distruggerlo. Conseguenza di tale fatto, era la fondazione della marca orientale (Ostmark), creata da Carlo Magno con l'intento di proteggere l'Impero contro nuovi, possibili assalti degli Avari o di altri popoli provenienti dall'Europa orientale e dall'Asia.
Veramente, noi non sappiamo né quale ne fosse l'estensione, né i nomi di tutti i reggitori di questa marca. Secondo una tradizione, il margravio Radbot avrebbe riconquistato all'impero la Croazia, invasa nell'838 dal Khan dei Bulgari, Omortag: ma le notizie ci sono tramandate da fonti vaghe e oscure. Certo è invece che la costituzione della marca orientale favorì efficacemente la diffusione del cristianesimo, mezzo sicuro questo per consolidare la potenza franca. L'evangelizzazione veniva poi in pari tempo vigorosamente proseguita dai vescovadi della Baviera, ma specialmente da quello, di recente creazione, di Salisburgo, che costituiva la sentinella avanzata del germanesimo e del cristianesimo verso la media valle danubiana. Ma, a questo movimento d'evangelizzazione, di stampo prettamente germanico, si contrappose un identico movimento, che veniva da Bisanzio: con risultati parecchio diversi, ché l'opera dei due monaci Costantino (Cirillo) e Metodio, inviati dall'imperatore bizantino Michele e accolti dal principe Rastislav di Moravia, condusse all'introduzione della scrittura ecclesiastica slava, la cosiddetta glagolitica, e della liturgia slava. Di qui, acerbi contrasti con i vescovadi bavaresi; di qui l'origine dello scritto Conversio Baioariorum et Carantanorum, che enumera i meriti del vescovado di Salisburgo a favore del cristianesimo, ed è una delle fonti più importanti per la conoscenza delle condizioni nazionali e culturali nei paesi di confine slavo-bavarese nel sec. IX. La discordia tra i vescovi della Baviera e i fondatori della chiesa slava fu composta dal sinodo di Roma (867), con vantaggio degli Slavi: poiché il papa Adriano II accordò alle nuove comunità morave l'uso della lingua slava nella chiesa..
Il successore di Rastislav, di nome Svatopluk (morto nell'894), riuscì a sottomettere le tribù cèche della Boemia governate da Bořivoj, il primo loro capo di cui si conosca il nome. Ma il grande stato slavo-moravico, che stava così formandosi, veniva distrutto il 5 e il 6 luglio del 907 nella battaglia di Presburgo, da un popolo nuovo, gli Ungheri, che si volse subito poi anche contro i paesi germanici e italiani. Contro gli Ungheri dovettero lottare Enrico I di Germania, che li vinceva a Merseburgo (933), e il di lui figlio Ottone I imperatore che, con la grande vittoria di Augusta (9-10 agosto 955), li ricacciava definitivamente. Ma la gravità del pericolo ungaro era stata tale che, proprio in quegli anni (952), Ottone I dovette procedere a un completo riordinamento amministrativo-militare di tutta la regione delle Alpi Orientali. Congiunto il Friuli con Aquileia e Verona al ducato della Baviera, egli fondò varie marche: alla marca orientale, ristabilita fra la Traun e la Traisen, aggiunse infatti la marca di Carantania sulla Mur (il centro dell'odierna Stiria), la marca di Pettau (nel territorio tra la Mur e la Drava), la marca sulla Sann (affluente meridionale della Drava), e finalmente la marca di Carniola e la marca dell'Istria: ambedue all'incirca della medesima estensione delle posteriori provincie omonime della Monarchia austro-ungarica. Queste cinque marche furono poi distaccate dalla Baviera sotto il figlio e successore di Ottone I, l'imperatore Ottone II (973-983), il quale, essendo in guerra col fratello Enrico il Litigioso, duca di Baviera, usò di tale mezzo per indebolire il ribelle. La marca orientale rimase dipendente dalla Baviera; ma essa venne tolta al margravio Burghart, che sembra avesse sostenuto il duca ribelle. Ne fu invece investito Leopoldo, della famiglia dei Babenberg (v.), che si crede fosse di stirpe franco-orientale e derivasse il suo nome dalla città di Bamberga.
2. - La marca d'Austria sotto la dinastia dei Babenberg. - Leopoldo I, menzionato la prima volta in un documento del 976 quale margravio della marca orientale, è il primo d'una serie di dodici margravî che crearono un potente dominio e diedero origine a un nucleo culturale, morale e politico da cui può cominciare la storia dell'Austria. Il nome stesso germanico Ostarrichi (donde l'odierno Österreich) si trova la prima volta in un documento del 996. Il compito affidato ai Babenberg era essenzialmente militare, di protezione dell'Impero contro gli Ungheri e i Boemi, i quali stavano anch'essi consolidando allora la loro organizzazione nazionale e, se talora riconoscevano la supremazia dell'Impero e ne ricercavano l'amicizia, talaltra invece assumevano atteggiamenti apertamente ostili. Ciò spiega come la sede dei Babenberg sia piuttosto verso Oriente: Leopoldo I e il figlio di lui Enrico I (994-1018) risiedettero probabilmente a Pöchlarn, citata nei Nibelunghi quale residenza dei margravî; Adalberto I (1018-1055) stabilisce il corso della Thaya come confine verso il regno boemo dei Přemyslidi (e tale restò per secoli), mentre il confine orientale fu presumibilmente la Leitha. Con l'Impero, i rapporti non furono sempre uguali. Ché se i primi tre margravî rimasero fedeli all'imperatore se Adalberto I combatté con Corrado II ed Enrico III contro Ungheri e Boemi, se ancora il margravio Ernesto (1055-1075), figlio di Adalberto, cadde combattendo in favore di Enrico IV contro i Sassoni, scoppiata, poi, la lotta per le investiture, il nuovo margravio Leopoldo III (1075-1095) abbandonò invece Enrico IV. Venne perciò deposto e la marca fu infeudata al duca Vratislao II di Boemia. Ma con Leopoldo III, il Santo (1095-i136), si ritornò all'amicizia con il capo dell'Impero: i legami anzi divennero strettissimi per il matrimonio di Leopoldo II con Agnese, figlia di Enrico IV e vedova di Federico di Staufen. Così, le fortune dei Babenberg si univano con quelle degl'imperatori salici e con quelle degli Svevi (Staufen): naturalmente, con grande vantaggio dei Babenberg stessi. Leopoldo IV (1136-1141) fu infatti investito del ducato di Baviera; e anche quando questo fu riconcesso da Federico Barbarossa al duca Enrico il Leone, di casa guelfa, Enrico II di Babenberg (1141-1177) conservò il suo titolo. L'Austria fu infatti innalzata a ducato ed ebbe diritti assai importanti per la formazione della sovranità territoriale. Il cosiddetto Privilegium minus (1156), documento che non possediamo nell'originale, ma soltanto nella cronaca di Ottone di Frisinga, obbligava il duca d'Austria a intervenire soltanto ai placiti regi in Baviera e a partecipare soltanto alle guerre ai confini della Baviera. In Austria, l'unica giurisdizione doveva essere quella di un duca o di un suo delegato.
Così s'avviava a più alto destino, non solo la potenza dei Babenberg, ma la sorte del paese da essi dominato, ormai fattosi solido nucleo politico. Sulla fine del secolo, un fortunato evento s'aggiungeva al favore imperiale per irrobustire lo stato d'Austria. Nel 1186, infatti, il duca ottocaro IV di Stiria, che non aveva eredi, assicurava a Leopoldo V di Babenberg (1177-1194) la successione del ducato di Stiria, territorialmente formatosi nel sec. XI (v. stiria). La cessione avvenne con il trattato di Georgenberg sull'Enns, per il quale Ottocaro dovette richiedere e ottenere l'approvazione dei suoi numerosi ministeriali, che vediamo comparire ora per la prima volta nella storia del paese e che possono considerarsi quali precursori dei delegati degli stati provinciali (Landstände). Col 1192, essendo morto Ottocaro IV, cominciava la vita unita del ducato Austria-Stiria; più tardi l'ultimo dei Babenberg, Federico II (1230-1246), accresceva ancora la potenza della casa mediante il suo matrimonio con Agnese, figlia di Ottone IV ultimo duca di Andechs-Merania. Ciò significava aggiungere ai possessi austro-stiriani i vasti possessi degli Andechs nella valle dell'Inn e nella Pusteria; in più la contea dell'Istria, dagli Andechs acquistata nel 1173.
Rapido, fortunato processo d'ingrandimento: con esso, un notevolissimo fiorire di vita cavalleresca e culturale, attorno a Vienna, che Enrico II Jasomirgott aveva scelto a dimora della corte dal 1156. La città cominciò ad acquistare, sotto gli ultimi Babenberg, quel carattere di centro morale che costituirà poi un punto fermo anche nella più tarda monarchia asburghese (v. vienna) e la corte, specie sotto Leopoldo VI (1198-1230), diviene il centro della massima fioritura della poesia tedesca medievale (redazione scritta del Nibelungenlied, lirica di Walther von der Vogelweide). Lo stato, cioè, vive più intensamente. Le stesse crescenti pretese dei ministeriali o vassalli minori di partecipare più attivamente al governo del paese sono segno di maggiore vitalità e ricchezza di forze.
Se non che, come s'era rapidamente consolidata, così rapidamente doveva crollare la fortuna dei Babenberg. Proprio l'ultimo duca, che aveva tanto aumentato i possessi della casa, incontrò anche serie difficoltà: dovette dapprima sedare una grave rivolta dei vassalli minori, guidati dalla potente famiglia dei Kuenringer; poi ribellatosi all'imperatore, il duca fu messo al bando dell'Impero, mentre Vienna otteneva dallo svevo Federico II il privilegio di dipendenza immediata dall'Impero, privilegio perduto poi sotto gli Asburgo. Federico riebbe il ducato; ebbe anche in pegno, per sostenere il re Béla IV d'Ungheria contro i Mongoli, alcuni comitati confinanti con l'Austria. Ma poiché egli si rifiutò di restituire il pegno, scoppiò la guerra: e Federico cadde sul campo, nella battaglia della Leitha, il 15 giugno 1246. Tramontava una dinastia; non si spezzava il vincolo territoriale gia costituito fra Austria e Stiria. Ché anzi, per un momento i territorî dei Babenberg entravano a far parte d'un ampio dominio in cui si riconoscono già le linee fondamentali del futuro Impero austriaco. Questa volta però, il centro non era nell'Austria. Il grande dominio infatti era quello di Ottocaro II re di Boemia, la cui moglie, Margherita, era sorella dell'ultimo Babenberg, e che era riuscito vittorioso contro gli Arpadi d'Ungheria nella lotta per l'eredità dei Babenberg stessi. Approfittando della dissoluzione dell'Impero, dopo la morte dell'imperatore Federico II, egli riunì i paesi delle Alpi e dei Sudeti sotto un solo dominio. Ma mirava anche più in alto: sembra, infatti, che abbia accarezzato il progetto d'un grande impero slavo-germanico che si estendesse dal Mar Baltico all'Adriatico. Nella pace di Buda, dovette bensì cedere la Stiria al re Béla IV di Ungheria; ma, dopo la vittoria di Kroissenbrunn, il 12 luglio 1260, gliela ritolse col trattato di pace di Vienna. Inoltre, il duca Ulrico di Carinzia, ultimo della famiglia Sponheim, aveva legato anche il suo ducato a Ottocaro, il quale in questo modo riunì per la prima volta sotto un unico dominio quel gruppo di paesi Stiria, Carinzia, Carniola, che più tardi sarà denominato Innerösterreich (l'Austria interna).
3. - Gl'inizî della dominazione asburgica. - Ma questo tentativo di fondare un grande impero slavo tra le Alpi e i Sudeti doveva essere di breve durata. Il 1° ottobre 1273, i principi elettori eleggevano re dei Romani Rodolfo, del ramo maggiore degli Asburgo (v.). Il re, appena eletto, ristabilì l'autorità sovrana e si accinse subito a riacquistare i territorî dei confini orientali. In una prima spedizione su Vienna, nel 1276, obbligò Ottocaro II ad accettare il feudo dall'Impero; e quando il re boemo cercò di sottrarsi ad esso, Rodolfo gl'inflisse il 26 agosto 1278 una terribile sconfitta a Dürnkrut, sul Marchfeld austriaco. Ottocaro cadde sul campo: così la prima unione dinastica, fra i paesi delle Alpi e dei Sudeti venne disciolta. Il figlio di Ottocaro, Venceslao II (1278-1305), ottenne in feudo da Rodolfo soltanto la Boemia e la Moravia. Ma Rodolfo cercò di riunire i paesi austriaci e boemi, dando in sposa a Venceslao II sua figlia Guta e maritando la sorella di Venceslao, Agnese, col proprio figlio Rodolfo. Questi e il fratello maggiore, Alberto, vennero nel dicembre 1282 ad Augusta investiti dei feudi dell'Austria, della Stiria e della Carniola; la Carinzia fu concessa dal re Rodolfo al conte Mainardo di Gorizia-Tirolo (morto nel 1295), al quale, già prima della spedizione contro Ottocaro, era stata data in pegno. Così cominciò in Austria il dominio degli Asburgo, destinato a durare 636 anni (fino al 1918; mentre, dal 1526, la casa regnerà anche sulla Boemia e su una parte dell'Ungheria, e dal 1687, ufficialmente però solo con la pace di Karlowitz del 1699, su tutta l'Ungheria). Nel fondare e nel rafforzare il loro dominio, gli Asburgo vennero favoriti dal fatto che il potere imperiale rimase quasi successivamente nelle mani di due della loro casa: Rodolfo e Alberto. Ciò poté provocare un disinteressamento da parte di Rodolfo e Alberto nei riguardi di altre parti dell'Impero, come l'Italia; e dar origine alla nota invettiva dantesca contro Alberto tedesco e il padre, incuranti del "giardin dello imperio" (Purgatorio, VI, 97 segg.). Ma servì indiscutibilmente a dare maggior forza all'organismo politico che, sciolto dal nesso con la Boemia riprendeva allora la sua vita autonoma; servì a gettare salde basi alla fortuna della dinastia.
Le ambizioni degli Asburgo, sin da principio, non erano piccole. Sorta infatti, proprio allora, la questione della successione al trono in Boemia e in Ungheria, per lo spegnersi delle dinastie nazionali dei Přemyslidi e degli Arpadi, anche gli Asburgo scesero in lizza se pur senza successo, per le corone di S. Venceslao e di S. Stefano. Nel 1306 moriva Venceslao III; e Rodolfo, primogenito di Alberto I d'Asburgo e sposo della vedova di Venceslao II, Elisabetta di Polonia, otteneva la Boemia. Ma per poco: ché la sua morte (1307) permetteva al duca Enrico di Carinzia di farsi eleggere e incoronare re di Boemia. Svanite tuttavia le speranze d'un ingrandimento verso nord, rimasero - e furono più fortunate - quelle d'un ampliamento verso sud e sud-est. Nel 1335, infatti, Alberto II d'Austria otteneva dall'imperatore Ludovico il Bavaro la Carinzia; e poteva ricevere sullo Zollfeld, secondo l'antico uso, l'omaggio dei rappresentanti degli stati carinziani. Nel 1364, Rodolfo IV induceva la figlia del duca Enrico di Carinzia, Margherita, soprannominata Maultasch (che aveva perduto l'unico figlio Mainardo III nel 1363), ad assicurargli la successione nella contea del Tirolo. Così tutti i paesi delle Alpi orientali, Austria, Stiria, Carinzia, Carniola e Tirolo erano riuniti in mano degli Asburgo. Il destino della famiglia, e con esso quello dei paesi austriaci, era ormai segnato: gli Asburgo avrebbero, da allora, esplicata tutta la loro opera nel rafforzare e ampliare lo stato che s'erano acquistati nel volgere di mezzo secolo, dalla fine del'300 alla metà del'400. Il contemporaneo, progressivo e fatale decadimento del loro dominio nei paesi svizzeri non poteva se non rafforzarli in questo loro rivolgersi verso oriente: da famiglia alsaziana-svizzera, essi divenivano famiglia austriaca, ponendo le nuove basi d'un impero dinastico che avrebbe costituito uno dei grandi aggruppamenti dell'Europa moderna.
4. - Suddivisione degli Asburgo (ramo leopoldino ed albertino). - Il tentativo di espansione verso settentrione e verso oriente, fallito una prima volta, veniva ripreso da quello stesso Rodolfo che aveva già assicurato alla sua casa il Tirolo: egli stipulò infatti con Carlo di Boemia, suo suocero, dal 1346 re dei Romani (Carlo IV), un patto di successione, a cui si associò anche Luigi il Grande d'Ungheria. E intanto, curava la prosperità interna del suo stato. A lui risale l'istituzione dell'università di Vienna (1365) e l'inizio della costruzione del duomo di Santo Stefano. Fiero della potenza della sua casa, cercò anche di rendersi vieppiù indipendente dall'Impero. Sostituì un documento falso, il cosiddetto Privilegium maius, al Privilegium minus concesso nel 1156 dall'imperatore Federico I e questa carta, falsificata il 1358 nella cancelleria ducale, elevò gli arciduchi d'Austria al di sopra degli elettori, la posizione dei quali era stata poco prima determinata da Carlo IV con la Bolla d'oro (1356). Il documento però non venne riconosciuto dall'imperatore.
Questa progressiva e sicura ascesa dello stato austriaco ebbe tuttavia un'interruzione, per la divisione della casa nelle due linee albertina e leopoldina (v. asburgo). Alberto III ebbe l'Austria inferiore e superiore, cioè la parte minore; Leopoldo ottenne tutti gli altri paesi ereditarî degli Asburgo e poté anche accrescere i suoi possedimenti per la sottomissione di Trieste (1382) e, per breve tempo (1381-1386), anche di Treviso. Egli acquistò anche, dai conti di Montfort, la città di Feldkirch e la parte interna dell'odierno Vorarlberg, fra l'Arlberg e il lago di Costanza, chiamata il Bregenzer Wald; il protettorato della Svevia; la contea di Hohenberg e il langraviato della Brisgovia, con la sovranità sulla città di Friburgo. Questi territorî si chiamarono, d'allora in poi, Vorlande austriaci (Austria anteriore). Invece, perdette nella Svizzera gli ultimi avanzi del dominio asburgese: e la definitiva battaglia di Sempach gli costò la vita (9 luglio 1386). I suoi figli suddivisero ancora le vaste terre lasciate in eredità dal padre: i due figli maggiori, Guglielmo e Leopoldo IV, morirono giovani; dei due cadetti, nel 1411 Ernesto tenne per sé "l'Austria interna" (cioè Stiria, Carinzia, Carniola) e Federico IV, chiamato Tascavuota, ebbe il Tirolo e l'Austria anteriore.
In tal modo, per effetto di una spartizione dinastica, poteva sembrare irrimediabilmente compromessa la formazione di quello stato d'Austria, che era, con Rodolfo IV, giunto a una notevole fortuna. Pericolo tanto più grave, in quanto, proprio allora, la guerra hussita in Boemia e l'avanzarsi dei Turchi verso l'Ungheria gettavano tutta la valle danubiana in una situazione pericolosa. Specialmente le guerre hussite che infuriarono senza posa per decennî, determinate da motivi religiosi e sociali, nonché dal nazionalismo cèco in rivolta contro i Tedeschi, rappresentavano una grave incognita per l'esistenza dello stato asburgico, ora diviso in due. È vero che alla morte del duca Alberto V (II, come imperatore), il 27 ottobre 1439, il cugino di lui Federico V, figlio del duca Ernesto del ramo stiriano, e destinato tutore del principe ereditario nascituro (Ladislao, 22 febbraio 1440), riunì nelle sue mani, come reggente, tutti i territori tedeschi sorti dalle divisioni del 1379 e del 1411. Ma egli, sebbene eletto anche re dei Romani (Federico III), era uomo assolutamente incapace di dominare una situazione resa difficilissima dalle guerre hussite alle frontiere, dai contrasti interni della nobiltà, dall'ambizione dello stesso fratello del re, Alberto VI. Furono anni di lotte, anni d'impotenza del capo dello stato. Nel 1462, Federico III fu persino assediato nella sua reggia dai cittadini viennesi condotti dal borgomastro Wolfgang Holzer: ed egli dovette la sua salvezza solo all'intervento del nobile stiriano Andrea Baumkircher. Dato l'uomo e data la situazione interna dello stato, vani dovevano riuscire anche i tentativi, che Federico III pure fece, di assicurarsi la Boemia e l'Ungheria. Col trattato di Wiener Neustadt, egli conobbe Mattia Corvino come re d'Ungheria, a patto che la corona di S. Stefano fosse assicurata ai discendenti degli Asburgo; e anche i cattolici della Boemia, in lotta contro il re Giovanni di Podĕbrad, scomunicato da papa Pio II, lo accettarono a Olmütz come re. Ma Federico non poté dominare tutta la Boemia; e alla morte del re Giovanni, la corona passava a Vladislao, primogenito del re Casimiro di Polonia. Intanto le minacce esterne non cessavano. Gli stessi Turchi, uscendo dai loro territorî slavi, fecero varie irruzioni nella Stiria. E così l'Austria, attaccata da tutte le parti; negli ultimi anni del regno di Federico non poté tener testa alla grandiosa e potente politica di Mattia Corvino. Un incidente insignificante trasferì il campo della lotta in Austria: Federico aveva accolto l'arcivescovo di Gran, Giovanni Beckenschlager, cacciato da Mattia, e lo aveva investito dell'arcivescovado di Salisburgo. Mattia colse l'occasione per irrompere in Austria. Occupò nel 1485 parte della Stiria e perfino Vienna, detta in ungherese Bécs (città di confine), e l'Austria inferiore, e si fece rendere omaggio dagli stati austriaci, mentre l'imperatore se ne andava ramingo e abbandonato per il paese, dove infuriava la guerra civile. Nonostante tutto questo disastro, Federico non perdette mai la fede nel grande avvenire della sua casa, che, con un misto di fantasticheria e di sicuro presentimento, simbolizzava volentieri nel suo motto: A.E.I.O.U. (Austria erit in orbe ultima oppure Austriae est imperare orbi universo). Ma certo, sulla fine dei secolo XV, i sogni d'espansione a oriente e a nord parevano definitivamente svaniti; e, nonché divenire centro di una grande unità politica fra le Alpi, i Sudeti e i Carpazî, l'Austria sembrava ora tratta a rimorchio dal vicino regno d'Ungheria.
5. - Massimiliano d'Austria e la fondazione dell'impero degli Asburgo. - Non passò molto tempo che la situazione generale si capovolse. Una serie di fortunati eventi ridava respiro all'Austria; anzi, facendo degli Asburgo una potenza europea, le dava rango fra le massime forze politiche di quell'età. La morte di Mattia Corvino (1490) non solo permetteva a Federico III e al figlio Massimiliano il ritorno nelle terre d'Austria, da lui prima occupate, ma riapriva la via alle speranze asburgiche di un'unione austroungherese. Per allora, l'intento non si poté ottenere, ché gli stati ungheresi innalzarono al trono Vladislao di Boemia, rinnovandosi cosi l'unione personale tra Boemia e Ungheria; e Massimiliano lo dovette riconoscere nella pace di Presburgo (1491), pur con nuove assicurazioni d'una futura successione degli Asburgo in Ungheria. Ma la scomparsa di quella potente personalità ch'era stato Mattia Corvino, scemava in ogni modo la forza dell'Ungheria e dava all'Austria e ai suoi sovrani maggior libertà di manovra. Massimiliano riusciva poi a riunire in mano sua nuovamente tutte le terre ereditarie tedesche: ché nel 1490 suo zio Sigismondo del Tirolo rinunciava in suo favore al governo di questo paese. Le sue lotte con Nicolò di Cusa, vescovo di Bressanone, noto per le spiccate tendenze riformiste, aveva portato gravi dissidî religiosi nel Tirolo, aggravati ancora dal malgoverno dell'arciduca, che finì in un vero disastro finanziario. Si dovettero persino dare in pegno gran parte dei territorî dell'Austria anteriore! Per prima cosa, Massimiliano ristabilì l'autorità sovrana nel Tirolo; ed ebbe allora origine quell'ordinamento amministrativo ch'egli poi estese a tutte le sue terre.
Ma eventi di ben maggiore importanza si erano svolti e si stavano per svolgere, che avrebbero dato agli Asburgo e all'Austria una posizione completamente nuova. Il matrimonio dell'arciduca Massimiliano d'Austria, figlio di Federico III, con Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario, celebrato nell'agosto 1477, faceva passare nelle mani di casa d'Austria la vistosa eredità borgognona: cioè, nominalmente, uno stato che dai Vosgi (Borgogna e Franca Contea) giungeva sino al Mare del Nord (Fiandre e Paesi Bassi). Nominalmente, si è detto: perché, in effetto, la guerra divampò tra Massimiliano e Luigi XI, re di Francia, il quale tentò di far valere i suoi diritti sulla Borgogna. La pace di Arras (1482) gli attribuiva infatti l'Artois e la Franca Contea. Ma nonostante queato, nonostante la difficile situazione interna nelle Fiandre, in cui le città insorsero, giungendo sino a imprigionare l'arciduca, il matrimonio con l'ereditiera della casa di Borgogna rappresentava un grosso successo per gli Asburgo, e, con ciò, un accrescimento di potenza del loro stato ereditario, l'Austria. Vero è che veniva così anche creata una causa secolare di discordia tra gli Asburgo e la Francia. Né qui si fermavano i successi della politica matrimoniale degli Asburgo in quel periodo. Massimiliano, divenuto imperatore nel 1493, ammogliava nel 1496 il figlio Filippo il Bello con Giovanna, figlia ed erede unica di Ferdinando d'Aragona e d'Isabella di Castiglia. Nella dieta di Vienna poi (luglio e agosto 1515), concluse i matrimonî dei suoi nipoti Ferdinando e Maria, figli di Filippo, morto nel 1506, coi figli del re Vladislao, Luigi ed Anna. Così, anche l'antica aspirazione asburgica di unire i regni di Boemia e d'Ungheria alle terre d'Austria era in via di avverarsi. Si poteva veramente ripetere il Tu, felix Austria, nube. Tre combinazioni matrimoniali successive stavano per dare agli Asburgo il predominio sul continente europeo, all'Austria funzione di centro vitale nella storia europea stessa. E oltre a ciò, bisognerebbe ancora menzionare una serie di acquisti minori che l'irrequietissima politica di Massimiliano era pur riuscita a raggiungere, specialmente verso l'Italia. Così, alla contea del Tirolo, egli aggiunse le regioni di Kitzbu̇hel, Kufstein e Rattenberg, cedute dalla Baviera; e, spentisi i conti di Gorizia, acquistò dalla chiesa di Aquileia la contea di Gorizia e gli annessi feudi friulani. Allargò in questo modo la linea di confine verso la Repubblica veneta; ma accrebbe anche le occasioni di frequenti contese con la Repubblica, non essendo mai state precisamente definite le frontiere.
La riunione delle provincie ereditarie nella mano di Massimiliano richiedeva una riforma radicale di tutta l'amministrazione interna, la quale doveva alla sua volta fornire i mezzi per proseguire nella politica lungimirante dell'imperatore e per infrangere l'autonomia degli stati, che s'era dimostrata nefasta sotto il regno di suo padre, Federico III. L'amministrazione interna doveva passare dalle loro mani a quelle di funzionarî stipendiati, pratici di diritto. Massimiliano sviluppò antiche istituzioni già esistenti in Tirolo, ispirandosi al progredito sistema d'amministrazione della Borgogna. Costituì anzitutto in Tirolo, nel 1490, un supremo ufficio amministrativo, il cosiddetto "Reggimento", composto di circa 20 consiglieri. Tre anni dopo, fece lo stesso negli arciducati dell'Austria e della Stiria, nella Carinzia e nella Carniola, cioè nei paesi chiamati da Massimiliano Niederösterreichische Länder. L'amministrazione delle finanze fu, nel 1491, affidata a un tesoriere generale. Poi, nel 1496, venne istituita ad Innsbruck una collegiale Tesoreria generale o Raitkammer per i paesi ereditarî, e una "Camiera aulica", con autorità anche sulle finanze dell'Impero. Nel 1498, fu creato il Consiglio aulico, quale organo della politica estera dell'Impero e delle terre austriache (e sorsero le due cancellerie della Corte e dell'Impero), e quale tribunale supremo. Tutte queste istituzioni erano però provvisorie e sottoposte a cambiamenti. Nel campo dell'amministrazione militare, benché Massimiliano s'interessasse in special modo per l'arma dell'artiglieria, non venne ancora creato durante il suo regno un comando supremo. Un comando supremo militare sorse solamente nel 1556, come consiglio aulico di guerra, per opera di Ferdinando I, nipote di Massimiliano. L'unità giuridica statale delle terre austriache si manifestò la prima volta nel 1518 alla dieta generale d' Innsbruck, che tentò di adattare le riforme di Massimiliano ai desiderî degli stati e che prese risoluzioni per la comune difesa.
6. - La creazione della Monarchia austriaca. L'inizio della lotta contro i Turchi. - I decennî che seguirono furono decisivi per le sorti dell'Austria. Allora, si formò quel conglomerato statale che sotto il nome di Austria, raccogliendo varî gruppi etnici e nazionali, giunse fino ai tempi nostri; allora ll'Austria ebbe segnato il suo destino di organismo danubiano. L'unione duratura delle terre austriache col regno spagnolo e i dominî borgognoni avrebbe certo riserbato all'Austria, meno ricca, meno potente, meno civile anche, un posto di second'ordine. Ma la determinazione di Carlo V di cedere i dominî ereditarî della sua casa al fratello Ferdinando (trattati di Worms, 28 aprile 1521, e di Bruxelles, 7 febbraio 1522) mutava completamente le sorti. Per essi, l'Austria, virtualmente allontanata dai conflitti per l'egemonia allora iniziatisi nell'Occidente tra Francia e Spagna; messa al di fuori anche, per un momento, dalla vita dell'Impero tedesco, cui continuava a presiedere Carlo V, trovava, come suo campo libero, la valle danubiana. E difatti il regno dl Ferdinando era caratterizzato dall'unione con la Boemia, dai tentativi d'unione con l'Ungheria, dalla lotta contro i Turchi, ormai avanzanti verso il medio e basso Danubio. La Boemia, dopo la morte del re Luigi sui campi di Mohács (29 agosto 1526), poteva essere assicurata a Ferdinando grazie all'abile sua tattica (febbraio 1527): sì che, da quel momento, cominciava l'unione personale dell'antico regno di S. Venceslao e dell'Austria. In Ungheria, invece, dove la successione era pure aperta per la morte di Luigi, le cose andarono diversamente. I voti degli stati rimasero divisi tra Ferdinando e il magnate transilvano Giovanni Zapolya (Szapályai): il quale ultimo, fedele alla decisione della dieta ungherese di Rákos, del 1505, di fare omaggio ai Turchi piuttosto che riconoscere un re straniero, chiamò il sultano nel paese e si fece insediare re d'Ungheria. Poco dopo (1529) i Turchi, comandati dal sultano Solimano, comparivano per la prima volta sotto le mura di Vienna. La città, difesa soltanto da truppe austriache e imperiali sotto la guida del conte Nicola Salm, di Hans Katzianer, di Guglielmo von Rogendorf e di Leonardo Fels, seppe resistere con tanto valore, che Solimano levò l'assedio e si ritirò nuovamente in Ungheria. Anche un secondo attacco contro Vienna, nel 1532, s'infranse davanti a Güns, fortemente difesa da Nicola Juričić.
Ferdinando mirava, oltre che a cacciare i Turchi, a riconquistare l'Ungheria. Ma non così l'intendevano gli stati dell'Impero e dei paesi ereditarî, disposti sì a dare aiuti per la lotta contro gli infedeli, ma non per un'impresa di conquista. L'interesse del monarca e quello dei paesi a lui sottoposti parevano qui divergenti e l'opposizione degli stati, rafforzatisi in quel periodo di semi-anarchia che fu il governo di Federico III, era tale da non poter esser vinta da una monarchia, come quell'asburgica, tutt'altro che fermamente assodata. L'assolutismo monarchico, che più tardi sarà caratteristica anche della vita statale austriaca, era allora ancor molto lontano; e le libertà di carattere. feudale avevano buon gioco nella lotta. Così Ferdinando fu costretto a riconoscere re d'Ungheria Giovanni Zápolya (pace di Gran Varadino, 24 febbraio 1538) e a contentarsi ancora una volta della promessa della futura successione. Anche l'unione di tutte le terre ereditarie, ristabilita dall'avo Massimiliano I, venne nuovamente rotta da Ferdinando, che per disposizione testamentaria le divise fra i tre figli. Massimiliano (II) ebbe l'Austria inferiore e superiore, la Boemia e l'ipotetica successione in Ungheria; il secondogenito Carlo, la Stiria, la Carinzia, la Carniola e il Litorale; infine, l'ultimo, Ferdinando, il Tirolo e l'Austria anteriore. I possedimenti dei due primi furono riuniti un'altra volta nel 1619, quando salì sul trono il figlio di Carlo di Stiria, Ferdinando II; mentre il Tirolo mantenne la sua posizione distinta fino al 1665. Dividendo i suoi possedimenti, Ferdinando distrusse in parte anche quell'organizzazione burocratica centrale che, rinnovando le riforme di Massimiliano, egli stesso aveva instaurato. Gli organi amministrativi creati da Ferdinando nel 1527, cioè il consiglio segreto per la politica estera, la cancelleria imperiale per l'amministrazione interna, il consiglio aulico quale supremo tribunale e la camera aulica quale supremo organo della finanza, furono ora, dopo la divisione del 1564, imitati nei territorî dei tre nuovi rami della casa.
Così i destini dell'Austria erano fissati. Sciolta da legami con quelle terre occidentali che l'avventurosa politica di Massimiliano I aveva assicurato alla dinastia asburgica, l'Austria riprendeva, più chiaramente e più decisamente, quel posto di stato centro-orientale che d'altronde già in altri momenti della sua storia aveva assunto, sia pure in minori proporzioni. L'unione con la Boemia, finalmente raggiunta, e la sempre più tenace insistenza a voler signoreggiare l'Ungheria, davano agli Asburgo d'Austria una loro netta funzione ben distinta da quella degli Asburgo di Spagna. E se essi miravano all'Ungheria per evidenti scopi d'ingrandimento dinastico, pure, in quel momento in cui la marea turca avanzava minacciosamente verso l'Europa centrale, la loro azione, che li poneva a contrasto con i Turchi, faceva dell'Austria un antemurale di difesa della civiltà europea e cristiana contro il mondo musulmano. Si poteva ripetere, per essi, ciò che il Machiavelli e il Guicciardini avevano detto di Ferdinando il Cattolico, re di Spagna: che, cioè, ammantando le loro imprese con colore di religione, ne guadagnavano in autorità e fortuna. Il primo assedio di Vienna, del 1529, segnava, in questo senso, una pietra miliare nella storia dell'Austria. Come l'antica Ostmark era stata baluardo dell'Impero franco contro le invasioni dall'Europa orientale, così ora l'Austria diveniva baluardo dell'Europa centrale contro le invasioni dalla penisola balcanica. In questa sua funzione, essa avrebbe trovato non solo le sue ragioni di essere, ma anche le ragioni per dar vita, sotto il suo nome, a un vasto conglomerato statale, internamente non omogeneo, ma pur chiamato ad assolvere una sua grande funzione storica.
7. - L'Austria, la riforma e la controriforma. - Erano quelli anche gli anni in cui si poneva un altro grosso problema: problema più veramente religioso. Ché, nei territori austriaci le idee della riforma guadagnavano rapidamente terreno: senza contare che l'unione con la Boemia, già teatro delle sanguinose ribellioni hussite, campo di lotte religiose fierissime, e ora guadagnata alle dottrine protestanti, doveva rafforzare di molto, nello stato asburgico, il numero e la potenza degli avversarî della chiesa di Roma. Situazione assai difficile, giacché un conflitto interno tra i sostenitori delle due fedi sarebbe potuto riuscire fatale, in quel momento in cui s'era iniziata la lotta contro i Turchi. Di qui, gli sforzi di Ferdinando per evitare la lotta e per riunire invece le varie fedi cristiane; di qui il suo tentativo di far partecipare i protestanti al concilio di Trento, proponendo loro di abolire il celibato ecclesiastico e di concedere la somministrazione del Sacramento eucaristico sotto le due specie. Nel tempo stesso, egli lottava per una maggiore spiritualizzazione del papato e del clero in generale. Ma la curia romana respinse quei tentativi di riavvicinamento che l'imperatore avanzò con il cosiddetto "Libello di riforma" del 1562; e il concilio di Trento, che si tenne poco prima della morte dell'imperatore, si chiuse lasciando più profondo che mai il solco fra cattolici e protestanti.
Ma intanto le dottrine riformate continuavano a guadagnar terreno. Nella stessa vicina Ungheria, il calvinismo acquistava sempre maggior autorità e forza; e se nella Germania meridionale il governo di Alberto V duca di Baviera dava inizio all'opera di restaurazione cattolica e iniziava la controffensiva contro la riforma, nelle terre austriache il governo di Massimiliano II (1564-1576) permetteva invece al protestantesimo la massima libertà di movimento e la massima diffusione. Questo principe, unico fra gli Asburgo che abbia visto il protestantesimo con occhio benevolo o almeno non avverso, era stato da suo padre raccomandato ai principi elettori solo dietro promessa di restare fedele alla religione cattolica. Ed egli mantenne fedelmente la sua promessa, per quanto riguardava la sua persona: ma, con i "recessi religiosi" del 1568, diede libertà di culto religioso ai protestanti dell'Austria superiore e inferiore; e creò un consiglio dei conventi per controllarli e combatterne la grave decadenza. Viceversa, agli stati evangelici della Boemia concesse, con il compito di raccogliere le lagnanze dei loro correligionarî, i cosiddetti difensori, ufficio che ebbe importanza storica 40 anni dopo, alla vigilia della guerra dei Trent'anni. Nella Boemia, il trionfo del protestantesimo significava anche il rifiorire della penetrazione tedesca, giacché il germanesimo cominciava a riaversi delle ferite subite nelle guerre hussitiche.
Ma la situazione doveva mutare di molto sotto Rodolfo II (1576-1612), l'uomo che il nunzio papale chiamava "del tutto cattolico e pio". Trasportando la sua corte da Vienna a Praga, egli si veniva a trovare nel centro della regione più permeata di dottrine riformate. Sotto di lui, la controriforma cominciò anche in Austria, per opera specialmente dei gesuiti. A poco a poco, anzi, il problema centrale della vita statale divenne quello religioso: tanto più, in quanto languiva la politica estera, che Rodolfo non era in grado di fare. Così, il conflitto tra riformati e cattolici, che Ferdinando e Massimiliano avevano cercato con ogni mezzo di evitare, si venne preparando. Un incauto tentativo dell'imperatore, di far penetrare per forza il cattolicesimo nell'Ungheria, allora prevalentemente calvinista, produsse anche lì un vivo fermento, il quale, misto col movimento protestante nella Boemia e nei due arciducati d'Austria mise in pericolo non solo il governo di Rodolfo II, ma tutta la dinastia asburghese. Perciò, gli arciduchi di tutti i rami decisero all'unanimità di riconoscere capo della casa il fratello di Rodolfo, Mattia. Questi costrinse l'imperatore a cedergli col trattato di Lieben (1608) l'Ungheria, l'Austria superiore e l'inferiore e perfino la Moravia; sicché Rodolfo dovette rassegnarsi al solo possesso della Boemia e della Slesia. In Boemia e poi anche in Slesia, l'imperatore dovette rilasciare agli stati protestanti una "lettera di maestà" che permetteva ai signori, ai nobili e alle città, piena libertà nell'esercizio del loro culto, col diritto di erigere chiese e scuole protestanti su fondi proprî o anche su terreno di proprietà regia; e riaffermava la facoltà, già accordata da Massimiliano, di nominare dei difensori. Il tentativo dell'imperatore di chiamare in suo aiuto a Praga l'arciduca Leopoldo del ramo stiriano, non riuscì; Leopoldo, nominato vescovo di Passavia e di Strasburgo e destinato da Rodolfo a suo successore nell'Impero, raccolse a Passavia un esercito di mercenarî, con il quale apparve in Boemia per proteggere l'imperatore. Ma questa mossa fece soltanto precipitare gli eventi: il ġoverno di Rodolfo fu rovesciato; Mattia venne coronato re della Boemia e poi, morto Rodolfo, imperatore (1612-1620).
In questo momento, il dissidio religioso era ormai talmente inacerbito nell'Impero, che due veri e proprî eserciti tenevano il campo: l'unione protestante e la lega cattolica. Nella Transilvania Gabriele Bethlen (1606-1626) si era liberato da ogni sovranità imperiale, riconoscendola pienamente ai Turchi. In questa situazione pericolosa, Mattia convocò gli stati di tutti i suoi possedimenti alla dieta generale di Linz, che si potrebbe denominare il primo parlamento austriaco (1614). Ma né a Linz né a Praga, dove gli stati si riunirono nuovamente nel 1615, essi seppero prendere una qualunque risoluzione contro il pericolo turco. L'imperatore, sposato con l'arciduchessa Anna del ramo tirolese, era rimasto senza figli e mirava ad assicurare la successione a suo cugino Ferdinando II del ramo stiriano che aveva, con durezza e crudeltà, restaurato il cattolicesimo nelle provincie austriache. Anche in Boemia, si scatenò il partito cattolico contro i protestanti. Ma qui l'intervento dei difensori degli stati protestanti, i quali si lagnavano che si fosse violata la littera maiestatis di Rodolfo II, portò a gravi atti di violenza contro i magistrati austriaci presenti, il giudice generale di Boemia, Slavata, e il burgravio di Karlstein, Martinitz, col loro segretario Fabrizio Platter, che furono, il 23 maggio 1618, gettati giù da una finestra del castello di Praga. Qui, allora, s'insediò un governo rivoluzionario, il "Direttorio degli stati boemi", composto di trenta membri, che dichiarò destituita la casa d'Asburgo e cominciò a trattare con alcuni principi stranieri, specialmente col duca Carlo Emanuele I di Savoia e col re Giacomo I d'Inghilterra, per il conferimento della corona di S. Venceslao. Esso s'accordò, in ultimo, con l'elettore palatino, Federico V, genero del re d'Inghilterra, personaggio importante nel campo dei protestanti tedeschi, ma privo delle qualità personali necessarie per un compito così arduo, come quello che lo aspettava in Boemia. Morì in questo momento l'imperatore Mattia. Il successore Ferdinando II (1619-1637) corse a Francoforte per cingersi la corona imperiale e per convocare l'esercito della Lega contro la Boemia. Ma gli stati protestanti boemi, sotto la guida del conte Thurn, avevano già invaso l'Austria inferiore e s'erano messi in comunicazione con i nobili protestanti. Questi, rifiutatisi di rendere omaggio a Ferdinando, si ritirarono nella cittadina di Horn, soggetia ai baroni Puchheim, donde presero il nome di "Confederati di Horn". Mentre Thurn si accingeva all'assedio di Vienna, i nobili protestanti dell'Austria irruppero nel castello imperiale, chiedendo con violenza all'imperatore libertà completa per l'esercizio della loro religione. Ferdinando dovette la sua salvezza all'arrivo di una compagnia dei corazzieri "Dampierre", che cacciò i rivoltosi, e Thurn dové ritirarsi da Vienna, per tener testa all'esercito della Lega cattolica.
Quest'esercito sotto il comando del generale barone di Tilly, rinforzato dalle truppe imperiali sotto Bouquoi, marciò dall'Austria superiore nella Boemia, e, arrivato sino a Praga senza trovare resistenza alcuna, disperse nel 1620 alla Montagna Bianca, giogaia collinosa ad ovest di Praga, l'esercito protestante, che era indisciplinato e mal diretto dal principe Cristiano di Anhalt. La sconfitta fu completa, cosicché l'elettore palatino Federico, schernito dai suoi stessi seguaci e chiamato per beffa il Winterkönig (re d'un inverno), dovette fuggire a precipizio nella Slesia. Ferdinando II, per mezzo del nuovo luogotenente nella Boemia, principe Carlo di Liechtenstein, pronunciò un sanguinoso giudizio. I dirigenti degli stati protestanti, di ogni nazionalità, furono giustiziati a fil di spada, i loro beni sequestrati e dati ai fedeli dell'Impero, oppure venduti ai cattolici di sicura fede. La controriforma procedette con energia, in ispecie nelle cittadine prevalentemente protestanti sui confini germanici della Boemia, e scacciò migliaia di cittadini, intelligenti e laboriosi, che formarono poi un ottimo elemento di popolazione attiva e industriosa nei vicini stati della Sassonia e del Brandeburgo. Tuttavia, non è il caso di parlare di sistematico sterminio o di oppressione della popolazione cèca, quale conseguenza della battaglia della Montagna Bianca, poiché la gran massa del popolo, cioè i contadini, restò quasi estranea a tutto il rivolgimento. Cambiò di padroni e di religione, ma rimase attaccata al suolo, mentre gli abitanti della città, professanti la religione protestante, dovettero abbandonare il paese. Anche la nobiltà, che si arricchì per le vistose donazioni fatte dall'imperatore e provenienti da beni confiscati, si componeva in minima parte di Tedeschi: era invece un miscuglio d'Italiani, Spagnoli, Valloni, Scozzesi e Irlandesi, che formarono il nucleo dell'aristocrazia della monarchia. La controriforma poté così riuscire pienamente in Boemia, con l'aiuto dei Gesuiti, ai quali venne data la direzione dell'università di Praga. Una sistematica germanizzazione non fu né progettata né raggiunta. Anche il "rinnovato ordine del paese", come si legge in un documento del 1627 in cui si trovano riassunti i risultati dello schiacciamento della rivolta boema, stabilì soltanto il diritto uguale per i due idiomi mentre, fino a quella data, il cèco era stata l'unica lingua ufficiale. L'autorità suprema, cioè la cancelleria reale boema, trasformata da organo degli stati in organo sovrano, fu bensì trasferita a Vienna, ma rimase autonoma fino ai tempi di Maria Teresa.
Ma la battaglia della Montagna Bianca, di così piccola importanza militare, aveva avuto un'enorme importanza politica. Per essa, l'Austria tedesca, sotto gli Asburgo, non solo stabiliva saldamente il suo predominio sulla Boemia cominciando così quella funzione di dominante che doveva poi esercitare fino all'estremo della vita dell'Impero austriaco; ma diventava vittoriosa paladina della controriforma cattolica nell'Europa centrale, e con ciò attirava nella sua orbita gli stati minori della Germania meridionale, rimasti o tornati fedeli alla religione romana. Il principe di Bismarck ebbe a dire che un diverso esito della battaglia delli Montagna Bianca avrebbe evitato le guerre europee dal 1864 al 1870: certo, essa attribuì all'Austria un'importanza preminente anche nella vita del mondo germanico, facendone il centro della restaurazione religiosa. E così, alla marcia verso l'est, al Drang nach Osten, che Massimiliano e Ferdinando I avevano cercato di attuare, come meta alla loro dinastia, disinteressandosi invece della vita della Germania, s'aggiungeva ora l'avanzarsi verso la Germania stessa. La vita politica dell'Austria veniva divisa: da una parte, l'ingerenza nel mondo germanico; dall'altra l'espansione verso la bassa valle danubiana. Due linee diverse di svolgimento politico, che cesseranno, limitandosi al Drang nach Osten, solo con le vittorie della prussia nel 1866.
Gli anni seguenti videro il tormentato svolgersi della guerra dei Trent'anni (v.). La piccola lotta iniziata in Boemia divampava in una formidabile conflagrazione, in cui successivamente s'impegnavano le grandi potenze europee: dalla Svezia di Gustavo Adolfo alla Francia di Richelieu. E ciò era in diretta relazione con la posizione di primo piano che l'Austria degli Asburgo aveva assunto, dopo la battaglia della Montagna Bianca. La questione religiosa si trasformò in lotta per il predominio sull'Europa centrale, cioè, senz'altro, sull'Europa. Gli ultimi anni di questa guerra furono tristi per gli arciducati sulla Enns. Erano stati, fino allora, risparmiati dalle invasioni nemiche; ma adesso dovettero subir l'orrore della devastazione. Il generale svedese Torstenson, dopo la sua vittoria a Jankau sulle truppe imperiali, comandate dal conte Hatzfeld, cercò di allearsi il principe della Transilvania Giorgio Rákóczy (1629-1648), successore di Gabriele Bethlen. Ma Rákóczy si rifiutò di procedere alla concordata comune invasione dell'Austria inferiore e concluse la pace separata con l'imperatore, che accordò agli Ungheresi il libero esercizio della fede protestante. Allora gli Svedesi irruppero per conto loro nell'Austria inferiore, devastando le regioni a nord del Danubio. Finalmente a Praga, dove aveva avuto inizio, la grande lotta ebbe pure fine. Gli Svedesi, sotto il comando del conte Königsmark, assediavano la parte della città ai piedi del castello reale, quando la notizia della pace di Vestfalia conclusa a Münster e Osnabrück (ottobre 1648) mise fine a tutte le ostilità. Il protestantesimo si era, contro tutti i tentativi di estirparlo, mantenuto saldo nell'Impero; ma questo era stato diviso in infinite piccole sovranità, unite appena superficialmente, e la Germania doveva subire l'insediamento degli Svedesi nella Pomerania, dei Francesi nell'Alsazia. Le terre austriache restarono sempre più staccate dalla vita intellettuale della nazione tedesca. Ma, quanto all'Ausiria e agli Asburgo, occorre distinguere. Come imperatore, Ferdinando III usciva dalla lotta vinto, e Casa d'Austria era battuta dalla Francia nei suoi sogni di predominio europeo. Ma, come sovrani dell'Austria, gli Asburgo avevano indubbiamente accresciuto l'importanza europea del loro stato, e avevano dato alle terre ereditarie tedesche (cioè all'Austria vera e propria) una posizione di netto predominio sulle terre acquisite (come la Boemia). La riunione nella stessa persona, cioè nel capo degli Asburgo, di due dignità, quella imperiale e quella di sovrano territoriale in Austria e in Boemia, rendeva varia la fortuna totale della casa, e con ciò poteva rendere in apparenza varia anche la fortuna dell'Austria. Questo parve avvenire con la guerra dei Trent'anni, e ancora, in tutto il resto del sec. XVII, quando importanti rivolgimenti nelle condizioni politiche europee diminuirono ancora l'autorità generale della casa d'Asburgo.
8. - I progressi dell'Austria verso Oriente. - L'imperatore Ferdinando III morì nel 1657. In quegli stessi anni, nella Germania del nord, il grande elettore Federico Guglielmo (1640-1688) aveva approfittato della guerra svedese-polacca per distaccare i ducati prussiani dalla sovranità polacca e li aveva uniti alla marca di Brandeburgo, che divenne così la rocca forte degli stati protestanti germanici, in luogo della Sassonia. Primo affermarsi di una potenza nuova che doveva poi divenire fiera e vittoriosa rivale dell'Austria stessa. D'altra parte, era diventata tanto grande l'influenza francese sugli stati delle provincie renane, che Luigi XIV, dopo la morte di Ferdinando III, poté perfino avanzare la sua candidatura alla corona imperiale e riunire in una lega renana (Rheinbund) i principi a lui devoti. Pur tuttavia, vinse il partito asburghese, che innalzò alla dignità imperiale Leopoldo I (1658-1705), secondo figlio di Ferdinando III. Ma il Mazarino, nuovo capo della politica francese, non abbandonò la speranza di sbalzare gli Asburgo dal primo posto d'Europa, in favore dei Borboni. La cosiddetta Pace dei Pirenei assicurò alla Francia il possesso della Spagna mediante il matrimonio di Luigi XIV, combinato in quell'occasione, con l'arciduchessa Maria Teresa, figlia maggiore del re Filippo IV. Ma a questi insuccessi degli Asburgo nell'ovest e nel centro d'Europa, corrispondeva, proprio allora, contro i Turchi, la ripresa di quel Drang nach Osten che era la vera via segnata all'Austria. Dapprima non fortunata, essa doveva concludersi, alla fine del secolo, con la vittoria.
In Transilvania, poco dopo la morte di Giorgio II Rákóczy (1648-1660), vi fu una doppia elezione, in cui il partito imperiale proclamò principe Giovanni Kemény, il partito turco invece Michele Apafi. L'esercito imperiale, sotto il comando di Montecuccoli, mandato in aiuto di Kemény, fu respinto dai Turchi; la stessa piccola nobiltà calvinistica dell'Ungheria, inacerbita dai tentativi di controriforma cattolica, si riunì alla dieta di Presburgo, dove decise di rifiutare all'imperatore l'aiuto richiesto contro i Turchi. Invece gli stati dell'impero consentirono alla formazione di un esercito, che, nell'estate del 1664, penetrò in Ungheria diviso in tre gruppi: quello settentrionale, sotto Désouches, che vinse i Turchi a Léva; quello medio, condotto da Montecuccoli, che vinse a S. Gottardo sulla Raab; quello meridionale sotto Zriny che occupò Nagykanizsa. Da quando i Turchi erano comparsi in Europa, avveniva per la prima volta che eserciti imperiali conducessero una vittoriosa offensiva contro la Mezzaluna. Gl'imperiali però non seppero trarre alcun profitto dalla pace conclusa subito a Eisenburg (Vas). L'imperatore dovette riconoscere principe della Transilvania Apafy, cedere al Sultano le fortezze di Gran Varadino, Novigrad e Neuhäusl e inoltre pagare una vistosa indennità di guerra. Queste concessioni suscitarono lo sdegno dei magnati ungheresi, che ordirono una congiura, sotto la guida di Nicola Zriny e - dopo la sua morte - del palatino Francesco Wesseleny, di Francesco Nádasdy, del marchese Frangipani, di Francesco Rákóczy, figlio del principe Giorgio II e di qualche altro. I congiurati si misero d'accordo con i nemici dell'Impero, cioè con la Francia e con i principi della Lega renana, e all'ultimo trovarono perfino appoggio in Austria stessa, nella persona del conte stiriano Erasmo di Tattenbach. Ma la congiura fu scoperta e i sei capi furono giustiziati a Wiener Neusiadt (1671). Come in Boemia, dopo la battaglia della Montagna Bianca, così ora in Ungheria sì adottarono crudeli procedimenti. I calvinisti furono perseguitati con inaudita crudeltà. Perfino l'amministrazione delle finanze ungheresi fu affidata a un sacerdote cattolico, il conte Kolonitsch, arcivescovo di Vienna, da poco nominato presidente della cancelleria imperiale a Presburgo. L'anima delle persecuzioni però era il Gran Maestro dell'Ordine teutonico, Caspar von Ampringen, che presiedette il nuovo governo per l'Ungheria, istituito a Presburgo. La conseguenza di tutto ciò fu una nuova rivolta dei Kuruzzi (crociati), sotto il comando del conte Emerico Tököly, che, more solito, richiamò i Turchi, quali custodi dell'indipendenza ungherese. Questi arrivarono un'altra volta sotto le mura di Vienna, per assediare la città imperiale. Vienna da luglio fino a settembre 1683 si difese, sotto il suo borgomastro Liebenberg e il comandante delle truppe imperiali conte Rüdiger di Starhemberg, dagli attacchi turchi. L'imperatore intanto si adoperava a Passavia ad arruolare un esercito sotto il comando del duca Carlo di Lorena. Grazie all'intervento del papa, accorse anche il re di Polonia Giovanni Sobieski. Il 12 settembre, truppe alleate tedesche e polacche, inosservate dal nemico, sorpassarono il Wiener Wald e d'impeto assalirono alle spalle l'esercito turco accampato ad ovest della città, sul posto degli odierni sobborghi. L'esercito turco fu messo in rotta e gli avanzi furono ricacciati in Ungheria.
La guerra contro i Turchi, durata per ben 15 anni, dopo la liberazione di Vienna, fu una marcia vittoriosa quasi ininterrotta delle armi imperiali in tutta l'Ungheria, finalmente liberata dal dominio quasi secolare dei Turchi e definitivamente occupata dagli Asburgo, dopo tanto lunghe aspirazioni. Il successo più importante di questa prima fase della guerra fu la presa della capitale dell'Ungheria, Buda, il 2 settembre 1686. L'anno seguente, sugli storici campi di Mohács, fu vendicata la rotta del 1526 e il possesso dell'intera Ungheria fu assicurato dalla presa di Belgrado, per opera dell'elettore Massimiliano Emanuele di Baviera. Dopo la caduta dell'ultimo baluardo del dominio turco, il parlamento ungherese di Presburgo riconobbe nel 1687 il diritto degli Asburgo alla successione e rinunciò alla famosa libertà degli stati, cioè al diritto di opposizione armata riconosciuto loro il 1222, con la bolla d'oro di Andrea II. Alla conquista dell'Ungheria, seguirono, negli ultimi anni del secolo, spedizioni vittoriose del generale imperiale, margravio Ludovico di Baden, nelle provincie contermini dell'Ungheria, Bosnia, Serbia, Bulgaria. Ma il possesso di questi paesi non poté essere mantenuto, malgrado la sconfitta dei Turchi a Slankamen (1691), perché il margravio Ludovico dové lasciare il suo esercito, chiamato d'urgenza sul fronte occidentale contro la Francia. Prese il suo posto l'elettore di Sassonia, Federico Augusto, molto meno adatto al comando; e, soltanto dopo che egli fu chiamato al governo della Polonia, le sorti delle armi imperiali vennero affidate al principe Eugenio di Savoia (1697), geniale comandante e uomo di stato, vero fondatore della grande potenza asburghese. La sua grande vittoria decisiva a Zenta sul Tibisco (settembre 1697), terminò la guerra e costrinse i turchi a cedere tutta l'Ungheria all'imperatore, la Morea e parte della Dalmazia e della Bosnia all'alleata Repubblica veneta. La politica orientale degli Asburgo dava finalmente i suoi frutti, e l'Austria diveniva la grande potenza danubiana.
9. - L'Austria nel secolo XVIII sino a Maria Teresa. - Il felice esito della politica orientale aveva dato nuovo vigore allo stato austriaco e alla dinastia che ne reggeva le sorti. L'indebolimento della Francia, sin dai primi del sec. XVIII, doveva favorire ancora e l'uno e l'altra e permettere agli Asburgo d'Austria di riprendere nella prima metà del sec. XVIII, una posizione preponderante nell'Europa continentale. Grandi ambizioni anche sull'Italia spingevano gli Asburgo che, sul finire del sec. XVIII, molto si adoperarono per rinfrescare i loro diritti imperiali e restaurare il loro credito presso i principi italiani. S'iniziava allora il periodo (1700-1748) delle guerre di successione. La prima, quella di Spagna (v.), vide l'imperatore Leopoldo I, che pretendeva la corona spagnola, alleato con Guglielmo III d'Inghilterra, con l'Olanda, col duca di Savoia, con l'elettore Federico di Brandeburgo. Le vicende della guerra furono, fino al 1711, favorevoli all'Austria, grazie alle vittorie del principe Eugenio di Savoia, il consolidatore della potenza asburgica. Valore decisivo, per la posizione dell'Austria in Italia, ebbe la vittoria di Torino, resa possibile dalla tenace resistenza del duca Vittorio Amedeo II ai Francesi e dall'accorrere di Eugenio che congiunse le sue forze a quelle del duca. In Transilvania esplose, tuttavia, una rivolta capitanata da Francesco II Rákóczy, elevato a dignità di principe nel 1703: ultima sommossa nazionale magiara contro il dominio asburgico, prima del suo definitivo consolidamento per opera della Prammatica Sanzione. Ma la morte di Giuseppe I, avvenuta due anni dopo (17 aprile 1711), spezzò l'alleanza dell'Austria con le potenze marittime (Inghilterra e Olanda), alle quali non conveniva troppo che l'unico Asburgo sopravvissuto, il re Carlo, giȧ insediatosi in Spagna come reggente (Carlo III), riunisse tutte le terre germaniche e spagnole nella sua persona. E così Carlo, accorso dalla Spagna per cingersi della corona imperiale, abbandonato dai suoi alleati, si vide costretto (pace di Utrecht e di Rastatt, 1713 e 1714), a cedere la Spagna al francese Filippo di Angiò, a patto però che non venisse mai riunita alla Francia. Ma Carlo tenne per sé Milano, Napoli, la Sardegna e i Paesi Bassi belgi: pur dovendo, in compenso dell'aiuto armato, concedere agli Stati generali olandesi il diritto di occupare varie fortezze con il cosiddetto Trattato delle barriere; diritto che menomò considerevolmente la sovranità imperiale sul Belgio, tanto distante dalle terre ereditarie. Fu creata così quella posizione degli Asburgo di fronte alla Francia che più tardi, dopo la caduta dei Borboni, non poté reggersi contro l'impeto degli eserciti della rivoluzione e di Napoleone. L'Austria s'insediava così in Italia: e se, di tutti gli acquisti fatti allora, solo la Lombardia doveva in definitiva rimanerle, pure la portata dell'evento era grande. Per esso, infatti, l'Austria, di cui ormai chiaramente appariva il carattere di potenza danubiana, s' insediava in una regione posta al di fuori della sfera dei suoi interessi vitali. Il corpo politico danubiano si arricchiva di una regione fertile e importante, ma aggregava a sé un membro che sarebbe, per forza di cose, rimasto senza vivi nessi col capo e con le altre membra. Quello che avrebbe potuto costituire, e in parte costituì, un organismo non omogeneo etnicamente, moralmente, culturalmente, ma tenuto insieme da comuni interessi economici, da una comune funzione storica: il gruppo cioè Boemia, Austria, Ungheria, cominciava, con l'acquisto della Lombardia, a ingrossare pericolosamente di parti del tutto periferiche, fuori del centro naturale di vita.
Era appena conclusa la pace ad occidente, che il principe Eugenio dovette muovere un'altra volta contro i Turchi, i quali, con subitaneo attacco, avevano levato la Morea alla repubblica veneta e minacciavano già Corfù (1714). Cercavano anche di ricondurre in Ungheria il principe Rákóczy, fuggito allorquando il principe Eugenio, vinti i Turchi nella gloriosa battaglia di Pietrovaladino (5 agosto 1716), entrò in Temesvár alla testa dell'esercito imperiale ed occupò infine Belgrado (16 agosto). La pace di Passarowitz (21 luglio 1718) diede all'imperatore il banato di Temesvár, la parte occidentale della Valacchia, la Bosnia e la Serbia settentrionale; mentre la Repubblica veneta ebbe dalla Porta l'isola di Corfù. Con questi nuovi confini, la Monarchia asburghese raggiunse la sua maggiore espansione verso il sud-est. Contemporaneamente, anche nel sud-ovest essa arrotondò il suo territorio mediante un cambio con i Savoia: questi ebbero l'isola di Sardegna, da cui prese nome il nuovo regno, ma cedettero in compenso la Sicilia all'imperatore che l'unì con Napoli e vi regnò fino al 1738.
Era necessario dare un'unità statale a tutti questi numerosi territorî. Una settimiana dopo la pace di Utrecht, l'imperatore Carlo VI chiamò i suoi consiglieri per manifestare loro la sua decisione: che cioè i suoi paesi dovessero - in caso di mancanza di discendenti maschi - passare, uniti e indivisi, alle sue figlie, e soltanto dopo lo spegnersi della loro progenie, alle figlie di Giuseppe I. Il documento di questa importante decisione venne chiamato Prammatica Sanzione e rimase la legge fondamentale della monarchia fino alla sua dissoluzione. La Sanzione portava in sé, fin da principio, il germe di future complicazioni, poiché era in contrasto con il patto che i fratelli Giuseppe e Carlo avevano concluso, quando Carlo assumeva il governo della Spagna.. Difatti, nel cosiddetto pactum mutuae successionis, i fratelli s'erano assicurata scambievolmente la successione delle linee della loro casa discendenti da loro, in Spagna e in Austria, di modo che in caso di mancata progenie maschile, le figlie del primogenito Giuseppe dovessero prevalere su quelle di Carlo imperatore. Per annullare questo patto, Carlo VI pretese degli atti di rinuncia dalle figlie di Giuseppe, Maria Giuseppina e Maria Amalia, in occasione dei loro rispettivi matrimonî con gli elettori di Sassonia e di Baviera. Quest'ultimo, il principe Carlo Alberto, non riconobbe affatto tale atto di rinuncia; e l'elettore di Sassonia, Augusto il Forte, lo riconobbe solo a patto di avere l'appoggio dell'imperatore per la successione del proprio figlio nella Polonia, legata mediante unione personale alla Sassonia. E poiché la Francia pose a candidato al trono polacco il suocero del re Luigi XV, Stanislao Leszczyński, così l'imperatore, per fare onore all'impegno con i Sassoni, si vide costretto a muovere un'altra guerra ai Francesi sul Reno. Era l'ultima spedizione dell'ormai vecchio principe Eugenio che morì durante l'assedio di Philippsburg (1736). La sua scomparsa fu la più grande perdita per l'imperatore, che concluse subito la pace di Vienna. Con essa, egli riuscì ad assicurare la successione in Polonia al principe ereditario di Sassonia; ma dovette cedere alla Francia il ducato della Lorena, terra di Francesco Stefano, al quale aveva in compenso promesso sua figlia Maria Teresa. La giovane coppia ebbe in cambio il granducato di Toscana, che, essendosi spenta la dinastia medicea, aveva riconosciuto la sovranità dell'Impero. Napoli e la Sicilia dovettero passare come secondogenitura ai Borboni spagnoli e l'imperatore dovette contentarsi, invece, del piccolo ducato di Parma e Piacenza, dove si istituì una terzogenitura asburghese. Così, la guerra di successione polacca finì con perdite territoriali, sia per l'Impero sia per la casa imperiale. Danni ancora più gravi per l'Impero derivarono dalla seconda guerra contro i Turchi, che l'imperatore aveva intrapreso per favorire la Russia. Il disaccordo fra i generali condusse a gravi sconfitte; e Carlo VI, con la pace di Belgrado 1739, dovette rinunciare a tutti i vantaggi già acquistati con la pace di Passarowitz, eccettuato il solo possesso del banato di Temesvár..
Da quell'epoca il confine della Monarchia verso la Turchia rimase inalterato fino all'occupazione della Bosnia nel 1878. Il riconoscimento della Prammatica Sanzione, da parte delle potenze marittime, costò altri sacrifici all'imperatore. Egli aveva, già nel 1718, fondato una compagnia mercantile ad Ostenda, con diritto esclusivo di esportazione nelle Indie. Ora, questa importante azienda mercantile dovette essere sacrificata all'Inghilterra. Cosi Carlo VI, alla fine della sua vita, ebbe a deplorare molte perdite e molti rovesci che menomarono la potenza raggiunta dalla casa di Asburgo nel 1718. Ma gli era di conforto l'accettazione quasi unanime della Prammatica Sanzione in tutte le terre asburghesi. Solo l'Ungheria fece la riserva della successione femminile per le sole discendenti di Leopoldo I, e accentuò l'autonomia statale dei territorî ungheresi.
La coesione delle terre asburghesi fu posta a dura prova quando, il 20 ottobre 1740, morì Carlo VI, ultimo rampollo maschile degli Asburgo, e lasciò il suo impero alla giovane figlia Maria Teresa, sposa di Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana. Ché scoppiava subito la guerra per la successione; e, dopo anni di lotte, Maria Teresa riusciva bensì ad assicurare al consorte il trono imperiale (Francesco I), ma doveva cedere alla Prussia di Federico il Grande la Slesia (pace di Dresda, 1745), e al ramo spagnolo dei Borboni i ducati di Parma e Piacenza, acquistati appena da un decennio (pace di Aquisgrana, 1748).
10. - Le riforme e la politica di Maria Teresa. - L'imperatrice approfittò dei pochi anni di pace che poté godere fra la guerra per la successione austriaca (1740-1748) e la guerra dei Sette anni (1756-1763), per riforme interne che miravano anzitutto a migliorare le condizioni militari dell'Impero. Si adoperò inoltre a emancipare il monarca dal capriccio degli stati; e fu essa la prima a creare un'amministrazione statale di prima e seconda istanza. Anima di queste riforme fu il conte Haugwitz. Il Systemalpatent del 26 luglio 1748 affermò per la prima volta il principio dell'obbligo generale delle imposte, obbligo da cui fino allora gli stati andavano esenti, e proibì loro, al tempo stesso, di riversare i proprî oneri fiscali sui dipendenti. Un primo Robotpatent (legge sulle servitù rustiche o corvées), a cui altri ne seguirono durante il regno di Maria Teresa e di Giuseppe II, pose limiti al sopraccarico dei contadini da parte dei padroni. Lo spirito dei tempi, volto alla maggiore coordinazione dei compiti statali, spinse l'imperatore a togliere o attenuare la vigente separazione dell'amministrazione politica da quella finanziaria. Nel maggio 1749, le cancellerie imperiali e la Camera di corte vennero abolite e le aziende dei due uffici centrali riunite nel Directorium in publicis et cameralibus, di nuova fondazione. Più tardi, vi si unì pure l'Universal-Commerz-Directorium, istituito nel 1746 dalla camera di corte, come organo centrale per la politica commerciale. La giustizia, invece, fu per sempre separata dall'amministrazione ed affidata alla nuova Justizhofstelle (ufficio della corte di giustizia), che doveva fungere contemporaneamente quale supremo tribunale, supremo organo della giustizia amministrativa e ufficio di controllo sulla codificazione. Poi, nel 1753, fu istituita la Kompilationskommission, che ebbe il compito di unificare i codici civili e penali esistenti nelle singole terre ereditarie e che presentò nel 1758 la prima parte di un codice civile col titolo di Codex Theresianus, fondamento del codice civile terminato nel 1811. Ancor maggiore importanza di questi nuovi organi centrali assumono le magistrature governative istituite nelle singole regioni, cioè in tutti i capoluoghi, sotto il titolo di Repräsentation und Kammer con il compito di reggere tutta l'amministrazione interna, anche finanziaria, e d'esigere le imposte. Ma si ebbero per ciò vivissime proteste degli stati, che si videro tolta l'antica posizione di privilegio. Più forte ancora fu l'avversione della nobiltà fondiaria contro gli uffici distrettuali (Kreisämter), sottoposti alle Repräsentationen und Kammern quali organi amministrativi di prima istanza. Essi dovevano anzitutto impedire lo sfruttamento delle popolazioni rurali da parte dei padroni, e mantenerle in condizione di poter pagare le tasse; avevano poi il compito degli arruolamenti per l'esercito. La giustizia esercitata dai proprietarî dei grandi possedimenti e quella delle città signorili non venne ancora statizzata; ma ai signori fu fatto obbligo di nominare un giudice di ufficio con cognizioni giuridiche. In armonia con questi ordinamenti, si riformarono anche gli studî giuridici e universitarî in genere: questo fu merito del geniale medico dell'imperatrice, Gherardo von Swieten. Le università furono sottratte all'influenza fino allora dominante dei Gesuiti; fino a che, nell'anno 1752, si provvide a un nuovo ordinamento generale degli studî. In ultimo, nel 1760, mentre imperversava la guerra dei Sette anni, si creò una commissione apposita, la Studienhofkommission, organo centrale per tutte le cose dell'istruzione, che doveva attuare le riforme elaborate.
Dopo soli dodici anni di vita, nel 1761, il Directorium in publicis et cameralibus fu disciolto e diviso in amministrazione politica e finanziaria. La prima venne affidata alla "cancelleria imperiale riunita boemo-austriaca", l'altra divisa in tre sezioni: a) la camera di corte, ristabilita, doveva occuparsi della politica finanziaria, dei prestiti e delle leggi sulle imposte; b) la tesoreria generale effettuava i pagamenti; c) la corte dei conti fungeva da ragioneria dello stato. La separazione di giustizia e di amministrazione restò in vigore. Nella provincia, a fianco dei Gubernien, si stabilirono dappertutto uffici fiscali come organi dell'amministrazione di finanza, e Commerzien-Consesse, a incremento del commercio e dell'industria. Questi cambiamenti non significavano una rinuncia alla politica centralizzatrice del 1749. Lo Staatsrat o consiglio di stato, proposto all'imperatrice dal cancelliere principe Kaunitz, rappresentava il supremo organo amministrativo, al quale tutti gli altri uffici tecnici centrali erano sottoposti. Esso teneva regolarmente le sue adunanze, presiedute dall'imperatrice e alla presenza dell'imperatore e del principe ereditario, ed era anch'esso manifestazione di energico accentramento. Tali riforme miravano anzitutto ad aumentare la forza e l'efficienza militare dello stato. L'esercito s'accrebbe fino a 108.000 uomini, in quegli anni di riforme, e le spese per esso arrivarono a 12 milioni di fiorini. Il maresciallo Daun fu incaricato di elaborare un regolamento di servizio per tutta l'armata e regolamenti per le singole armi. Nel 1752, l'imperatrice fondò l'accademia militare per l'istruzione degli ufficiali e regalò al nuovo istituto che portò il suo nome, l'antico castello asburghese a Wiener Neustadt. Uno scopo aveva davanti agli occhi l'imperatrice: la riconquista della Slesia e, per conseguenza, la supremazia austriaca in Germania. Sempre al medesimo scopo, si pensava ad un vasto sistema di alleanze che avviluppasse la Prussia e la tenesse a freno. Per far ciò, occorreva anzitutto superare i contrasti trisecolari con la Francia. Riuscì all'abilità del cancelliere principe Kaunitz, ardente propugnatore della influenza culturale francese, di convincere la corte di Parigi dell'interesse comune degli Asburgo e dei Borboni ad avversare l'ascensione degli Hohenzollern. L'alleanza franco-austriaca fu conclusa il 10 maggio 1756 a Versailles; nello stesso tempo, rimase in pieno vigore il trattato stipulato con la zarina Elisabetta di Russia, nel 1746. Ma la guerra che scoppiò (v. sette anni, Guerra dei) non doveva condurre a felice successo. Dopo anni di lotta durissima, in cui vittorie e sconfitte si alternarono dalle due parti, Maria Teresa dovette concludere la pace di Hubertusburg (15 febbraio 1763), che lasciò Federico definitivo padrone della Slesia. La Prussia assurgeva così a grande potenza europea al pari della monarchia asburghese; e l'antagonismo fra gli Asburgo e gli Hohenzollern imprimerà poi il suo segno su tutta la storia della Germania.
Solo negli anni di pace che seguirono alla guerra dei Sette anni le riforme introdotte da Maria Teresa cominciarono a dare il loro frutto anche nel campo economico e culturale. Il ceto dei nobili, che dovette rinunziare alla padronanza assoluta sui contadini esercitata nel passato, fu risarcito col riserbare quasi ad essi soltanto le cariche nella diplomazia e nell'esercito e col chiamarlo a partecipare allo splendore della corte imperiale, alla quale Maria Teresa seppe attrarre non solo gli antichi casati dei paesi ereditarî, ma anche gli Ungheresi, prima così ribelli al dominio degli Asburgo. Il governo di Maria Teresa rappresenta pertanto il punto culminante della vita aristocratica alla corte di Vienna.
Il governo volle che la borghesia trovasse modo di soddisfare tutti i bisogni della vita economica con prodotti nazionali; e questa politica economica fu coronata da successo. A tale scopo le tariffe doganali introdotte nel 1769 gravarono con alte percentuali solo i prodotti di lusso esteri; favorirono invece con basse aliquote l'importazione delle materie prime più necessarie. Nello stesso tempo fu spezzato l'ordinamento corporativo, sopravvivenza medievale, che in ogni città aveva creato corporazioni obbligatorie per i singoli mestieri con un numero fisso di maestri autorizzati: furono liberati da questo ordinamento coattivo i proprietarî delle aziende industriali più importanti (le così dette manifatture) che stavano sorgendo allora. Così il tempo di Maria Teresa fu anche quello in cui ebbe inizio l'industria austriaca. Soprattutto nel campo delle industrie artistiche, nella produzione della porcellana, del vetro, dei mobili, delle stoffe di seta e di cotone, fu raggiunta una finezza di gusto, che rimase a modello per quasi un secolo. La borghesia di Vienna e delle principali città di provincia, arricchitasi con il commercio e l'industria, cominciò a rivaleggiare con la nobilta in agiatezza e tenor di vita.
L'effetto delle riforme di Maria Teresa fu, però, più benefico e duraturo nella classe dei contadini, che era allora lo strato sociale più basso. È vero che l'imperatrice non liberò completamente i contadini dagli aggravî economici, attenuandone solo la misura; ma è anche vero che essa aprì ai contadini la via per elevarsi moralmente, via che era loro fino a quei tempi del tutto preclusa, perché fino allora privilegio esclusivo del clero, della nobiltà e della borghesia. Col celebre decreto del settembre 1770 Maria Teresa istituì l'istruzione obbligatoria, e col regolamento scolastico generale del 6 dicembre 1774 fondò la scuola popolare austriaca, il monumento più durevole del suo governo.