Stato dell’Europa centrale, esteso prevalentemente sul versante N della sezione centro-occidentale del sistema alpino. Stato interno, senza sbocco al mare, confina a N con la Germania, a E con l’Austria e il Liechtenstein, a S con l’Italia e a O e NO con la Francia.
Il territorio della Svizzera (ted. Schweiz; fr. Suisse; romancio Svizra) può essere distinto in tre principali settori, differenti dal punto di vista della costituzione geologica e della morfologia. Parallelamente al confine NO si estende parte del sistema montuoso del Giura, prevalentemente calcareo, poco elevato (altezza massima, Monte Tendre, 1680 m), movimentato e percorso da valli fluviali. A S del Giura, sempre con andamento SE-NO, fra il Lago di Ginevra e quello di Costanza si svolge una regione collinare (Mittelland). A S del Mittelland, e ancora con lo stesso orientamento, si sviluppa poi la sezione alpina, che a sua volta presenta una propria articolazione in più settori subparalleli: a contatto con il Mittelland, si trova la movimentata regione prealpina (Oberland); a S di questa, un primo imponente allineamento montuoso è costituito dalle Alpi Bernesi (con elevazioni notevoli: Finsteraarhorn, 4274 m; Aletschhorn, 4195; Jungfrau, 4158) e dalle meno elevate (Dammastock, 3630 m) e di Glarona (Tödi, 3614 m; Ringelspitz, 3247), i cui versanti meridionali scendono assai ripidi sulle due profonde valli incise dal Rodano, a S delle Alpi Bernesi, e dal Reno Anteriore, a S di quelle di Glarona. Un secondo allineamento montuoso, più meridionale, è infine quello costituito da una piccola porzione di Alpi Graie (Aiguille d’Argentière, 3901 m), quindi dalle Alpi Pennine (Monte Rosa, 4637 m; Weisshorn, 4505; Cervino, 4478; Grand Combin, 4317), Lepontine (con cime che superano di non molto i 3000 m) e infine Retiche (Pizzo Bernina, 4049 m; Piz Kesch, 3418). I due allineamenti propriamente alpini trovano un’area di contatto e di snodo al centro dei rispettivi svolgimenti, in una regione caratterizzata dalla presenza di numerosi importanti passi (Nufenenpass, 2478 m; Furkapass, 2431; Sustenpass, 2224; Grimselpass, 2165; San Gottardo, 2108).
La S. è caratterizzata da una grande varietà climatica locale, prodotta dalle sue particolarità morfologiche, dalla presenza di numerose valli variamente orientate ed esposte al soleggiamento e ai venti, dall’esistenza di bacini lacustri ampi, dal ruolo svolto dalla circolazione ventosa (e in particolare dalla formazione del Föhn, vento caldo). Le condizioni continentali risultano più sensibili nel N del paese, sia nella regione del Giura, che presenta forti escursioni termiche, sia nell’area a NE, dove il Lago di Costanza talvolta gela; sul Mittelland è generalmente più efficace l’azione dei venti. L’insieme del paese presenta valori termici relativamente modesti, con temperature medie annue spesso inferiori ai 10 °C nella regione centrale e in quella nord-orientale (San Gallo) e, naturalmente, nelle aree alpine (dove il limite delle nevi persistenti può scendere fino ai 2500 m s.l.m.); le regioni lacustri, e soprattutto quelle a O e a S delle Alpi, hanno temperature alquanto più elevate (Ginevra, Lugano). Le escursioni termiche annue sono consistenti dovunque. Le precipitazioni, relativamente contenute nel Mittelland (anche sotto i 1000 mm annui), crescono con l’altitudine, superando i 2000 mm e raggiungendo talora i 3000, in gran parte distribuiti sotto forma di neve.
La grande quantità di precipitazioni fa della S. un nodo idrografico rilevantissimo. Vi prendono origine diretta (nella regione circostante il San Gottardo) il Rodano, che scorre in S. per 265 km formando il Lago di Ginevra, e il Reno, che vi scorre per 375 km, inizialmente diviso in due rami sorgentiferi, il Reno Anteriore e il Reno Posteriore, che si uniscono poco a monte di Coira; il Reno alimenta poi il Lago di Costanza ed esce dalla S. nei pressi di Basilea. Importante è anche l’Aare (295 km, tutti in S.), principale affluente del Reno. I fiumi risultano generalmente caratterizzati da un regime alpino con piene estive (in conseguenza dello scioglimento delle nevi), ma le magre invernali non sono accentuate. All’ampia presenza di ghiacciai e alla fitta rete idrografica che ne deriva si ricollega anche la presenza di numerosissimi laghi (più di 1500), quasi tutti di origine glaciale (i principali sono i laghi di Costanza, di Zurigo, di Neuchâtel, dei Quattro Cantoni, di Thun, di Ginevra), che occupano 1420 km2.
In relazione con le condizioni climatiche, la distribuzione della vegetazione varia notevolmente secondo l’altitudine e, più ancora, secondo i versanti montani. Nell’altopiano e nelle aree prealpine, le sole regioni ampiamente utilizzate dall’agricoltura, si può individuare una zona della vite e degli alberi da frutto, che a O e a S delle Alpi risale fino a circa 700 m s.l.m., mentre a N si arresta intorno ai 550. Salendo in quota, le formazioni di latifoglie a N (con prevalenza di faggi) si spingono fino ai 1300 m circa, per essere quindi sostituite da foreste di conifere (abete rosso); mentre a S le latifoglie (fra le quali però prevale il castagno) si arrestano sui 900 m e le conifere sono rappresentate specialmente dal larice e dal pino cembro. Al di sopra della zona a conifere, e cioè da 2000 m circa e fino al limite delle nevi permanenti, si estende la vegetazione più tipicamente alpina, a prati e pascoli.
La fauna selvatica, distinguibile secondo almeno due habitat principali (uno delle regioni agricole e uno tipicamente alpino), ha risentito duramente delle condizioni di forte antropizzazione della S., soprattutto nelle specie di maggiore interesse venatorio. Nelle aree alpine sono scomparsi in tempi recenti la lince, l’orso e il gatto selvatico; sono specie caratteristiche alcuni erbivori (caprioli, ma anche cervi, stambecchi, camosci), volpi, vari mustelidi (martora, ermellino), lepri, diversi roditori (scoiattoli, ghiro, moscardino; il castoro è stato reintrodotto negli anni 1950). Nell’avifauna alpina spiccano l’aquila e vari altri rapaci, la pernice bianca, la coturnice, i picchi.
La S. ha conosciuto, nella seconda metà del 20° sec., una crescita demografica notevole, dovuta principalmente a un’intensa e costante immigrazione, che ha portato la popolazione dai 4,7 milioni del 1950 ai 7,6 attuali. L’immigrazione è tuttora rilevante, pur se contenuta da misure che tendono a stabilizzare il numero degli stranieri nel paese, ed è rappresentata soprattutto da lavoratori balcanici (quasi tutti provenienti dai paesi sorti dalla dissoluzione della vecchia Iugoslavia), turchi e nordafricani. L’inasprimento delle norme che regolano l’asilo politico (la S. era uno dei paesi d’asilo più richiesti) e l’immigrazione, insieme alla costante diminuzione del tasso di natalità (9,5‰ nel 2009), hanno notevolmente frenato il ritmo di crescita della popolazione (tasso dello 0,2% nel 2009). Il Giura, il Mittelland e le aree prealpine occidentali e settentrionali sono le regioni che accolgono la maggior parte della popolazione e delle attività economiche. Gli oltre 7 milioni di abitanti si concentrano nei cantoni sede dei maggiori centri urbani (cantoni di Zurigo, Berna, Basilea Città, Losanna e Ginevra), ma anche i cantoni di Basilea Campagna, Zug, Argovia, Solothurn, Sciaffusa presentano densità notevolmente superiori alla media generale. All’inverso, le densità minori si riscontrano nei cantoni dei Grigioni, Uri, Vallese, Glarona, Obwalden, vale a dire in aree più strettamente montane. Zurigo, Basilea, Ginevra, Berna e Losanna sono le città principali e le sole che superino i 100.000 ab.; cospicui anche gli agglomerati di Lucerna, San Gallo, Winterthur e Lugano. Basilea e Ginevra sono al centro di aree urbane transfrontaliere, essendo poste presso il confine con Francia e Germania, la prima, e con la sola Francia, la seconda; la caratteristica cosmopolita di Ginevra è inoltre accentuata dalla presenza delle sedi di svariati organismi internazionali.
Caratteristica tipica e notissima della popolazione svizzera è la sua eterogeneità linguistica (sancita dalla stessa Costituzione, che riconosce quattro lingue ufficiali), determinata dallo sviluppo dello Stato nell’area di contatto dei gruppi linguistici principali della regione alpina. A O e SO (cantoni di Vaud, Neuchâtel, Giura, Ginevra) è massicciamente diffuso il francese (romando, parlato dal 19,8% della popolazione), che in parte convive con il tedesco (cantoni di Berna, Friburgo e Vallese). Il tedesco è usato dal 75% degli abitanti nei cantoni centrali e settentrionali; l’italiano (4,3%) essenzialmente nel Canton Ticino; il romancio da circa un terzo della popolazione dei Grigioni (0,9% del totale). Dagli anni 1990, la percentuale di germanofoni si è dimostrata in aumento; delle altre due componenti principali, i parlanti lingua italiana sono in calo mentre la diffusione del francese, che si accompagna a una politica culturale piuttosto autonoma della S. romanda, registra un modesto progresso. La religione dominante è la cattolica (41,8%), che nei primi anni 1990 ha prevalso sulla Federazione delle Chiese protestanti (35,3%), dopo un lungo periodo di predominanza protestante e una fase intermedia di sostanziale equilibrio. In aumento i musulmani (4,3%) per l’apporto di immigrati dal Nordafrica.
Costituitasi in unità politica anche in funzione del controllo di un percorso di transito alpino di importanza vitale per i flussi fra Europa centro-settentrionale e mediterranea, la S. ha conservato a lungo e potenziato quella sua originaria funzione di ‘cerniera’, sviluppando un’economia in cui trasporti e commercio hanno avuto un ruolo portante. Grande attenzione, pertanto, è stata sempre rivolta alle condizioni di accessibilità, quindi alle infrastrutture di comunicazione e in particolare a quelle ferroviarie e autostradali. Anche in virtù degli effetti propulsivi prodotti da questa rete infrastrutturale, il sistema economico svizzero si è evoluto, nel corso del 20° sec., in direzione delle attività di intermediazione, fra le quali spicca quella finanziaria. Un notevole sviluppo hanno conosciuto anche alcuni comparti del settore secondario e le attività turistiche.
La S. si presenta oggi come un paese dotato di un’economia prospera, all’avanguardia per quanto riguarda sia le attività industriali sia, in misura ancora maggiore, quelle terziarie avanzate, in grado di superare felicemente le fasi di stagnazione economica dovute alle congiunture negative internazionali. La stabilità economica è connessa alla tradizionale neutralità della S. , in nome della quale per quasi 60 anni (fino al 2002) ha preferito rimanere fuori dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e ha rifiutato le proposte di ingresso nella Comunità (poi Unione) Europea e perfino (1992) nel meno impegnativo Spazio economico europeo. Perdurando una volontà popolare negativa per quanto riguarda l’ingresso nella UE, il Consiglio federale si è orientato verso una serie di accordi bilaterali tra la S. e l’Unione stessa (accordi sulla cooperazione scientifico-tecnologica, sui trasporti terrestri, sui trasporti aerei, sugli ostacoli tecnici agli scambi, sugli appalti pubblici, sulla circolazione di persone, sul commercio dei prodotti agricoli).
L’agricoltura, praticata su poco più del 10% della superficie dal 3,9% della popolazione attiva, forniva nel 2005 appena l’1,5% del PIL. Alla coltura dei cereali si è progressivamente affiancata quella della frutta (mele, uva) e colture industriali o destinate all’alimentazione del bestiame che, da parte sua, può contare su prati e pascoli che coprono il 40% della superficie totale; l’allevamento bovino, tipico della S. alpina e basato su caratteristiche razze da carne e soprattutto da latte (pregiati e noti i prodotti caseari), è ampiamente praticato. Al costante calo del numero dei capi si contrappone un aumento dei rendimenti che consente di mantenere stabili le produzioni di latte, burro, formaggi e carni. Lo sfruttamento di boschi e foreste (25% del territorio), attentamente regolamentato da leggi severissime, assicura una discreta produzione di legname (5,7 milioni di m3 nel 2006). Le attività primarie sono sostenute da ingenti interventi pubblici, anche per impedire l’abbandono delle aree montane e il venire meno di quell’opera di ‘manutenzione’ dell’ambiente che costituisce il compito primario assegnato ad agricoltori, allevatori e forestali.
Benché totalmente sprovvista di materie prime, la S. ha dato vita a un settore industriale di grande rilevanza, valendosi dell’ampia disponibilità di capitali, della posizione sulle direttrici di traffico internazionale, delle condizioni di stabilità politica e sociale, e ha ottimizzato la propria produzione, privilegiando attività di trasformazione di assoluta qualità, ad alto valore aggiunto e a basso apporto di materia prima e di energia. Quest’ultima è fornita, oltre che da idrocarburi importati in notevoli quantità, soprattutto dallo sfruttamento idrico, che garantisce oltre il 60% della produzione di energia elettrica. Tra le attività industriali (22,8% della popolazione attiva e 34% del PIL), in massima parte distribuite nell’area del Mittelland, spiccano i comparti meccanico e chimico. La meccanica presenta produzioni di assoluta preminenza mondiale nel campo delle macchine utensili, degli strumenti di precisione, dell’orologeria e dell’elettromeccanica. Di rilievo anche la produzione di acciai speciali e di alluminio. L’industria chimica (coloranti, fertilizzanti) e farmaceutica (concentrata a Basilea), ha un considerevole peso nelle esportazioni e fa capo ad aziende svizzere di importanza mondiale. Da citare anche le produzioni tessili di qualità, la lavorazione del tabacco e l’industria alimentare (formaggi e altri derivati del latte, cioccolata), tutte orientate all’esportazione e spesso organizzate da aziende multinazionali con interessi ormai prevalenti all’estero, ma che conservano in S. le attività direzionali e parte di quelle produttive.
Il terziario (73,2% della popolazione attiva e 64,5% del PIL) è il settore di punta dell’economia elvetica. Il sistema bancario, uno dei più sviluppati e capillari al mondo, è ottimamente organizzato e rappresenta la più preziosa risorsa per l’economia del paese. Il predominio delle banche svizzere nel mercato mondiale dei patrimoni affidati in gestione è derivato anche dalla garanzia di riservatezza data dalle norme sul segreto bancario in vigore nella Confederazione, cosicché è probabile che le attività bancarie risentiranno in misura notevole della revisione della legge in materia annunciata dal governo elvetico nel marzo del 2009, a seguito di pressioni internazionali. Accanto a quello bancario, si è sviluppato un settore assicurativo e finanziario parabancario quasi altrettanto cospicuo. Le attività finanziarie possono inoltre avvalersi di tre piazze borsistiche, una delle quali (quella di Zurigo) di importanza mondiale.
Il turismo, che ha in S. antiche tradizioni sia per le destinazioni (località montane, lacustri e termali), sia per la qualità dei flussi, è voce importante dell’economia, alimenta una considerevole attività ricettiva e sostiene le più svariate produzioni artigianali.
Paese molto attivo, di necessità, negli scambi internazionali, la S. ha una bilancia commerciale in leggero attivo, nonostante le consistenti importazioni di materie prime. Anche in presenza di deficit commerciali, inoltre, alcune partite (depositi bancari, entrate turistiche, rimesse in conto capitale, prelievi fiscali sul commercio di transito) sono in grado di garantire largamente il raggiungimento del pareggio di bilancio e l’espansione costante del reddito prodotto, che da molti anni vede la S. ai primi posti nel mondo per disponibilità pro capite. Nelle importazioni grande peso rivestono i prodotti agroalimentari (la metà dei consumi alimentari è coperta da importazioni) e i combustibili, mentre le esportazioni sono costituite per oltre il 90% da manufatti (macchinari, prodotti farmaceutici, chimici, strumenti ottici ecc.). Principali partner commerciali sono i paesi della UE (Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna) e gli Stati Uniti.
La Svizzera possiede un’eccellente rete ferroviaria (4888 km nel 2008), il cui sviluppo iniziò già tra la fine del 19° sec. e l’inizio del 20°. A questo periodo risalgono tronchi ferroviari forniti di lunghissimi trafori: Lötschberg (cui nel 2007 è stato aggiunto un nuovo tunnel, costruito circa 400 m al di sotto del livello del vecchio), Sempione, Gottardo. Anche la rete stradale (71.298 km, di cui 1342 di autostrade) è molto fitta e permette una capillare mobilità sul territorio. Importante il traffico fluviale sul Reno, unica via d’acqua accessibile del paese. Principali aeroporti, tra i più efficienti d’Europa, a Zurigo e Ginevra.
La Svizzera è stata abitata dall’uomo già nel Paleolitico medio (siti musteriani), ma solo dopo un lungo intervallo, nel quale i ghiacciai coprivano il paese, è stata occupata in modo più intensivo da gruppi portatori della cultura maddaleniana, con insediamenti in grotta e all’aperto. Numerosi i siti del Mesolitico. Durante il Neolitico si distinguono varie culture regionali: quella di Cortaillod, nella S. occidentale, si collega a culture coeve della Francia e dell’Ita;lia settentrionale, mentre lo sviluppo del Neolitico della S. orientale si riallaccia a quello dell’Europa centro-orientale. La cultura di Horgen segna, alla fine del Neolitico, un’unificazione delle tradizioni culturali delle diverse regioni e una prima penetrazione nelle basse vallate alpine. L’Eneolitico è documentato sia dalla cultura detta ‘della ceramica a cordicella’, dell’Europa settentrionale e orientale, sia da gruppi e tradizioni culturali, detti del ‘vaso campaniforme’, diffusi in gran parte d’Europa. L’età del Bronzo inizia verso il 1800 a.C. e, nella sua fase antica e media, vede la presenza di due gruppi culturali: quello dell’altopiano e quello alpino; l’economia continua a essere basata sull’agricoltura e l’allevamento; le sepolture sono a inumazione e, sull’altopiano, sotto tumulo. Il Bronzo recente, attestato da abitati sulla sponda dei laghi e su alture fortificate, è caratterizzato dal rito funebre della cremazione. Nella prima età del Ferro (9° sec. a.C.), sull’altopiano, alcune ricche sepolture (ora di nuovo a inumazione) testimoniano forti differenziazioni sociali, e i grandi insediamenti fortificati sulle alture indicano un’organizzazione politica regionale o tribale.
Le prime notizie certe sul territorio dell’attuale S. risalgono all’epoca delle campagne di Cesare, il quale costrinse gli Elvezi a fissarsi in queste terre divenendo sudditi di Roma. Sottomessi gli agri decumates tra il Reno superiore e il Meno, la S. divenne da provincia di frontiera provincia interna, e vi si sviluppò una più raffinata vita culturale, specie nella parte occidentale. Intorno al 260 d.C., l’ostinata pressione germanica costrinse Roma a sgomberare gli agri decumates. Nella seconda metà del 3° sec. Roma riuscì a recuperare la frontiera renana, ma lo stabilirsi degli Alamanni nel Württemberg rese impossibile d’allora in poi la vita pacifica della S.: si avvicendarono sempre nuove invasioni e neppure la vittoria conseguita a Strasburgo dall’imperatore Giuliano servì a fermarle (357). Il cristianesimo portò una certa attenuazione dei contrasti, perché alcune delle stirpi germaniche accolsero la nuova religione.
Occupato stabilmente intorno al 455 dai Burgundi (regioni occidentali e meridionali) e dagli Alamanni (zona settentrionale e orientale), il territorio svizzero fu diviso, dopo la fine del dominio romano, fra questi due popoli. Solo i Grigioni erano rimasti chiusi all’invasione germanica; le valli subalpine erano sotto la dominazione dei Longobardi. Entrati a far parte, nei sec. 6°-7°, del Regno e poi dell’Impero franco, dopo la morte di Carlomagno elementi romanzi ed elementi germanici si separarono di nuovo, entrando però insieme nell’orbita dell’egemonia borgognona, finché nel 1033 anche la Borgogna fu inserita entro la cornice dell’Impero germanico. Durante la crisi della lotta per le investiture, acquistarono potere nelle regioni svizzere i feudatari di Zähringen, fondatori di Friburgo (1157) e di Berna (1191), le cui proprietà passarono poi agli Asburgo (N ed E), mentre a S e O predominavano i Savoia e si formavano i vescovati di Basilea, Losanna, Coira, Sitten; le città ottenevano la libertà dalla soggezione feudale sottomettendosi alla diretta autorità imperiale.
La reazione delle tre comunità alpine di Uri, Schwyz e Unterwalden alla politica dinastica di Rodolfo I d’Asburgo dette origine a una Confederazione che nel 1291, alla morte di Rodolfo, affermò definitivamente la propria forza durante la guerra per il trono imperiale. Schieratasi con Ludovico il Bavaro contro Federico I d’Asburgo, la Confederazione sconfisse gli asburgici a Morgarten (1315), ottenendo dal nuovo imperatore il riconoscimento giuridico (1316). Il numero dei cantoni confederati aumentò progressivamente, giungendo a otto nel 1353 (i tre originari e Lucerna, Zurigo, Glarona, Zug, Berna), mentre la Confederazione veniva definitivamente riconosciuta dagli Asburgo (1388); al suo interno l’autonomia dei cantoni era completa. La Confederazione iniziò la politica di espansione entrando in lotta con i Visconti per le valli subalpine, allentando sempre più i vincoli che la legavano all’Impero, accogliendo come alleati Appenzell, San Gallo, il Vallese (contro casa Savoia) e conquistando la Val Leventina, quella di Urseren (controllo del Gottardo), e l’Argovia asburgica. Stabilitosi il principio dell’inscindibilità della politica della Confederazione, i cantoni apparvero come un blocco fortissimo che, grazie anche alla fama delle sue milizie mercenarie, trovò il suo riconoscimento in un sistema di alleanze con la Francia, con i Savoia, con Milano e con la Borgogna. Superati i contrasti interni causati dall’entrata di Friburgo e Solothurn (1481), la Confederazione, con una nuova guerra vittoriosa contro gli Asburgo, respinse il tentativo di Massimiliano I di restaurare su di essa il controllo imperiale, e con la pace di Basilea (1499) si emancipò di fatto definitivamente dall’Impero; manifestò la sua autonomia non partecipando alla recezione del diritto romano che avveniva allora in Germania e completando la sua espansione con l’accettazione come membri di Basilea e Sciaffusa (1501), e poi di Appenzell (1513; si ebbero così i 13 cantoni, che costituirono fino al 1798 l’‘antica Confederazione’, riconosciuta di diritto soltanto con la pace di Vestfalia del 1648).
Una divisione profonda tra i cantoni si creò con l’adesione di un gruppo di essi alla Riforma, introdotta da U. Zwingli. Partita da Zurigo, la riforma si diffuse a Berna, Basilea e in parte anche a Sciaffusa, Appenzell, Glarona, nei Grigioni e in altre terre di alleati e sudditi; la guerra fra Zurigo e i cantoni cattolici (sconfitta dei riformisti nella battaglia di Kappel nel 1531) lasciò la Svizzera divisa. Mentre la Riforma penetrava a Ginevra, trionfandovi assieme all’indipendenza della città dai Savoia, mentre Basilea e Zurigo diventavano con Ginevra (città indipendente, non membro della Confederazione, ma alleata di Berna e poi di Zurigo) centri di rifugio del protestantesimo, i cantoni cattolici formarono la Lega Borromea (1586), che di fatto li portò ad allearsi con Filippo II di Spagna. La scissione definitiva dell’unità politica svizzera fu impedita dall’egemonia esercitata dalla Francia, che dominò la Confederazione dai primi del 1600 fino all’età napoleonica. Durante tale periodo emersero nuove oligarchie patrizie e furono duramente represse le rivolte contadine (1653), mentre lo scontro tra cantoni cattolici e protestanti si rinnovò con le guerre di Villmergen (1656 e 1712). Le idee dell’Illuminismo e, successivamente, l’influenza della Rivoluzione francese sconvolsero il già precario equilibrio interno. Invasa dagli eserciti napoleonici (1798) e organizzata in Repubblica Elvetica con l’annullamento dell’indipendenza cantonale, nel 1803 la S. riacquistò lo status di Confederazione, ricomprendendo altri sei membri (San Gallo, Grigioni, Argovia, Turgovia, Ticino e Vaud). Il Congresso di Vienna (1815) riconobbe la definitiva struttura territoriale della nuova confederazione, passata a 22 cantoni con l’adesione di Ginevra, Neuchâtel e Vallese (si giungerà a 23 cantoni nel 1979, con il distacco del Giura da Berna), sancendo solennemente il principio della sua neutralità perpetua.
Cresciuto durante il periodo della Restaurazione, il movimento liberale svizzero giunse al potere in numerosi cantoni dopo i moti rivoluzionari del 1830-31. Una lunga serie di frizioni tra i cantoni a guida conservatrice e quelli a guida liberale condusse nel 1847 alla guerra civile, che oppose 7 cantoni cattolici, legati nel Sonderbund, alla Dieta federale. Con la vittoria di quest’ultima la nuova costituzione del 1848, abolite le barriere doganali tra i cantoni, lasciò loro ampie competenze legislative, demandando la competenza sulle principali materie di interesse nazionale (politica estera, difesa ecc.) a istituzioni federali. Il potere legislativo fu attribuito all’Assemblea, composta dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati; l’attività di governo fu affidata a un Consiglio federale di 7 membri eletti dall’Assemblea, mentre competenze giurisdizionali penali e civili spettavano al Tribunale federale. Sotto la guida del Partito radicale (PR), durata fino alla fine della Prima guerra mondiale, fu fondato a Zurigo il Politecnico federale e si uniformarono i sistemi monetario, postale, dei pesi e delle misure e il sistema ferroviario. Nel 1874 si procedette a una profonda revisione della Costituzione che, oltre a rafforzare i poteri federali, estendeva alle leggi ordinarie il principio del referendum, già sancito nel 1848 per le leggi costituzionali. Contemporaneamente allo sviluppo industriale, si sviluppò in S. il movimento socialista, organizzatosi nel Partito socialdemocratico (PSD, 1888).
Rimasta neutrale durante la Prima guerra mondiale, la S., già ospite di molte istituzioni internazionali (Croce rossa, Unione postale universale e altre), fu scelta come sede della Società delle Nazioni, alla quale aderì nel 1920 dopo aver ottenuto l’esenzione dagli impegni relativi alla partecipazione a eventuali sanzioni militari. Nel periodo tra le due guerre mondiali superò, non senza difficoltà, gravi problemi economici e politici. Neutrale anche nella Seconda guerra mondiale, al termine del conflitto aderì alle agenzie specializzate dell’ONU, ma non all’ONU stessa, restando estranea alle iniziative intese a rafforzare i legami occidentali ed europei che potessero compromettere da un punto di vista politico il principio della neutralità. Non rinunciò invece a promuovere una maggiore integrazione della propria economia con quella europea, aderendo dapprima all’EFTA (Associazione europea di libero scambio), poi all’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e stipulando nel 1972 un accordo di libero scambio con la CEE. Solo 20 dopo entrò nel Fondo monetario internazionale e nella Banca mondiale.
Stabilità politica e bassa conflittualità sociale avviarono la S. nel secondo dopoguerra a un forte sviluppo economico, richiamo per un massiccio afflusso di manodopera straniera. Nel quadro di una sostanziale immobilità politica (dal 1959 al 2003 rimase in vigore un accordo, noto come ‘formula magica’, per il quale dei sette ministeri federali due spettavano ai socialisti, due ai radicali-democratici, due ai popolari-democratici e uno all’Unione democratica di centro), all’isolazionismo sul piano internazionale si affiancava una linea politica rigida verso gli immigrati e l’immigrazione; tale orientamento trovò in alcune misure legislative i suoi riflessi sul piano istituzionale, mentre permaneva nell’opinione pubblica del paese una forte componente xenofoba che si espresse politicamente a più riprese.
Le due questioni dell’immigrazione e dei rapporti con l’Europa segnarono i risultati delle elezioni politiche del 2003 che, in seguito a una campagna contrassegnata da una linea fortemente antieuropeista e xenofoba, videro divenire prima forza politica del paese l’Unione democratica di centro, guidata da C. Blocher. La vittoria, replicata nel 2007, ha comportato l’assegnazione all’UDC di due ministeri, rompendo la ‘formula magica’; alle consultazioni tenutesi nell'ott. 2011 l'UDC, pur perdendo sette seggi, si è riconfermata primo partito con il 27% dei voti al Consiglio nazionale, mentre alle elezioni federali per il rinnovo delle due Camere svoltesi nell'ottobre 2015 il partito dell’ultradestra populista e antieuropeista è riuscito a raggiungere il 29% dei consensi, ottenendo 11 seggi in più rispetto al 2011.
Nel giugno 2016 il 76,9% degli elettori svizzeri ha espresso parere negativo al referendum – il primo al mondo in materia, promosso da un gruppo indipendente e sostenuto dai verdi e dalla sinistra sociale – che proponeva l’erogazione di un reddito di cittadinanza incondizionato; nella stessa consultazione è stata invece approvata con il 66,8% dei consensi l'istituzione di procedure più rapide per l'esame della domande dei richiedenti asilo. A novembre dello stesso anno attraverso lo strumento referendario è stata bocciata con il 54,2% dei voti contrari anche l'iniziativa popolare per un abbandono pianificato dell'energia nucleare, mentre nel maggio 2017 il 58,2% della popolazione ha approvato un articolato piano per aumentare entro il 2050 l'energia prodotta da fonti rinnovabili e ridurre i consumi individuali.
Nel settembre 2021 un referendum ha approvato a larga maggioranza (64%) l'entrata in vigore di una legge - già approvata dal Parlamento nel dicembre precedente ma contestata dalle forze conservatrici - di una legge sulle unioni civili che autorizza le nozze tra individui dello stesso sesso. Nonostante ciò, le elezioni federali svoltesi nell'ottobre 2023 hanno confermato l'avanzata delle forze conservatrici, con l'UDC che ha incrementato di nove seggi la sua rappresentanza rispetto alle consultazioni del 2019, mentre hanno registrato una forte flessione i Verdi e il partito dei Verdi liberali.
Sul fronte estero la S. è uscita dal suo isolamento, diventando membro dell’ONU nel 2002 e aderendo nel 2005 ai trattati per la libera circolazione di persone e merci (rispettivamente Schengen e Dublino). Nel giugno 2022 il Paese è stato eletto membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2023-2024.
L’area della Svizzera attuale, fortemente latinizzata all’inizio del 5° sec. d.C., divenne sede, verso il 450-80, di una massiccia migrazione di coloni alemanni. La loro affermazione linguistica non solo sottraeva una porzione periferica alla Romània, ma faceva anche cessare ogni comunicazione diretta, attraverso il territorio romanzo, tra l’area alpina e le terre alsaziano-lorenesi. Successive infiltrazioni verso sud dei coloni alemanni troncarono anche, a partire dal 9° sec., ogni contatto linguistico fra le parlate neolatine del Vallese e quelle dei Grigioni. Nella Svizzera attuale coesistono, con confini ora netti ora aggrovigliati, parlate romanze (di tipo francese, italiano, romancio) e parlate tedesche. Accanto a ognuno di questi tipi coesistono come lingue scritte e di cultura rispettivamente il francese, l’italiano, il romancio e il tedesco. La zona dialettale francese è poco compatta ed è esposta alla continua erosione e successivo livellamento da parte della lingua letteraria; i dialetti che vi si parlano non differiscono molto da quelli delle regioni adiacenti della Francia: per es., le parlate del Giura bernese sono affini ai dialetti lorenesi, mentre il vodese e il vallesano sono di tipo franco-provenzale. I dialetti della Svizzera italiana appartengono tutti al tipo lombardo. La grande ricchezza dialettale del ladino grigione è la conseguenza della poca resistenza alle influenze tedesco-alemanne, dello scarso prestigio delle diverse lingue letterarie romance, e infine del grande frastagliamento geografico e dell’estensione relativamente vasta del territorio, di fronte all’esiguo numero di popolazione ladina. Il territorio tedesco appartiene dialettalmente al gruppo alemanno e più precisamente, a eccezione di Basilea dove si parla di basso alemanno, all’alto alemanno.
Il complicato processo di formazione della Confederazione costituì per lungo tempo un ostacolo alla nascita di una cultura unitaria: nella mancanza di un centro d’irradiazione comune, la cultura dei singoli cantoni, specialmente di quelli periferici, continuò per secoli ad alimentarsi da modeste tradizioni locali o dalle grandi culture dei popoli vicini, a cui i cantoni stessi etnicamente appartenevano. In seguito, anche se tra l’uno e l’altro gruppo etnico si giunse a una più intima saldatura spirituale, continuò a permanere intatta la profonda scissione rappresentata dalla diversità delle lingue. Tuttavia nelle coscienze si è venuto a poco a poco consolidando uno ‘spirito svizzero’ che, pur rivelandosi soprattutto in forma di ideologie sociali e di volontà politica, investe tutta la vita e traspare anche dalla letteratura.
È solo nel Settecento che si instaura una tradizione letteraria svizzera di lingua tedesca che ha i suoi antesignani in J.J. Bodmer e J.J. Breitinger, i quali, contro il primo illuminismo tedesco impersonato da J.C. Gottsched, fecero di Zurigo il contrapposto polo d’attrazione per quanti sulle loro tracce individuavano e favorivano nella poesia l’elemento emozionale e immaginifico. Fra i loro seguaci diretti si ricorda J.G. Sulzer, che contribuì a costituire in disciplina scientifica la nascente estetica. Personalità di ben altro spicco fu però A. von Haller, illustre medico e scienziato, ma anche poeta apprezzato soprattutto nel genere idilliaco-descrittivo; suo capolavoro è il poema giovanile, in versi alessandrini, Die Alpen (1729), ampio quadro della natura alpina con esaltazione del bello e del sublime. Il suo tema della bella e materna natura svizzera fu poi ripreso da altri a livello più o meno spontaneo, per esempio dal ‘filosofo’ contadino U. Braker, da S. Gessner, pittore oltreché poeta e, ormai in clima romantico, da J.P. Hebel. Intanto aveva esaurito la sua eccezionale esperienza J.K. Lavater, uomo dai molteplici interessi e poligrafo incredibilmente fecondo. Altro svizzero la cui attività ottenne risonanza europea fu il grande pedagogista J.H. Pestalozzi, che in alcune opere rivela una gradevole gioia di narrare. Con H.D. Zoschokke, narratore assai prolifico, si giunge a una fase piena del Romanticismo, che diviene, in personalità medie come la sua, almeno in parte maniera.
Narratore notevole, nel 19° sec., fu J. Gotthelf, con cui s’inizia la serie di grandi scrittori svizzeri dell’Ottocento, affermatisi proprio in coincidenza di una generale flessione in Germania, in larga misura motivata dal contrastato evolversi delle vicende politiche. Campione del realismo in lingua tedesca fu G. Keller, educato in Germania ma che trovò nell’ambiente provinciale svizzero il terreno più fertile per la sua vocazione. Aristocratico ed esclusivo, in vivo contrasto con Keller, fu il terzo dei maggiori, C.F. Meyer, che diede liriche d’insolita densità, in un culto dell’estetismo che troverà poi ulteriori sviluppi presso S. George in Germania e presso R.M. Rilke in Austria, e che nelle opere di narrativa, anch’esse ispirate al medesimo culto della bellezza, risentì della lettura dei basilari scritti sul Rinascimento italiano del suo connazionale J. Burckhardt. A seguito dello stesso Burckhardt si pose anche H. Leuthold, lirico in cui però, rispetto a Meyer, la perizia formale cede almeno in parte al virtuosismo. Più complessa, e soprattutto più fortunata, fu l’esperienza, di lì a poco, di C.F.G. Spitteler, primo svizzero a ottenere, nel 1919, il premio Nobel per la letteratura, grande isolato che sdegnosamente si contrapponeva al generale processo di massificazione coinvolgente anche i fenomeni culturali. Seguaci di Keller si possono considerare fra gli altri, ben dentro il nuovo secolo, i disinvolti narratori J.C. Heer, E. Zahn e anche il sacerdote cattolico H. Federer. Alla stessa matrice kelleriana si ricollega anche, nella sua produzione meno ambiziosa, J. Schaffner, autore del resto assai diseguale. Con H. Hesse, svizzero d’elezione, si entra in tutt’altro clima, quello della crisi radicale dei valori e, in conseguenza, dei richiami utopistici a una positività etica e sociale diversa, ancora tutta da verificare almeno in Europa. Più circostanziato, ma non per questo meno erosivo, R. Walser, che nella relatività del giudizio incide nel vivo di una cultura svelatasi carica d’ipocrisia.
Fra le due grandi guerre il romanzo è rimasto il genere prediletto, coltivato da molti anche se raramente con risultati cospicui; da segnalare: J. Bührer, R. Faesi, C. Lauber, M. Inglin, R.J. Humm, e A. Zollinger, noto soprattutto come lirico. Ai massimi livelli troviamo M. Frisch, romanziere e drammaturgo di spiccata intelligenza critica, capace da ultimo di elegante dissacrazione anche rispetto alle tradizioni nazionali più gelosamente conservate, e F. Dürrenmatt, affermatosi soprattutto con la sua opera teatrale icasticamente corrosiva. Furono questi gli scrittori che nell’immediato dopoguerra fornirono la prima e per un certo tempo unica testimonianza tedesca nello sconcerto succeduto alla catastrofe provocata dalla Germania nazista. Anche sul loro esempio si è fatta più viva l’esigenza di una critica radicata nel tempo, e ha preso il via un processo di sprovincializzazione, ben rappresentato dall’opera di O.F. Walter, H. Meier, P. Nizon, H. Loetscher, J. Federspiel, e soprattutto da quella di A. Muschg, che all’impegno sociale unisce una percezione acuta della finitezza delle cose umane, e di P. Bichsel, figura di grande prestigio morale. Sempre nel campo della narrativa, nel quale in posizione più autonoma si collocano W.M. Diggelmann, autore di energici reportage, e W. Kraner, si segnalano ancora H. Burger, G. Leutenegger, C. Geiser, F. Böni.
Nella lirica, voci interessanti sono quelle di alcune poetesse, quali E. Burkart e la suora S. Walter, sorella di O.F. Walter. Nell’area della sperimentazione, che in S. non sembra aver registrato punte d’eccesso, spiccano, fra i lirici, M. Matter; fra i prosatori, F.P. Ingold, influenzato dallo strutturalismo, e J. Laederach, legato a esperienze musicali; fra i drammaturghi, U. Widmer e T. Hürlimann. Su una linea più vicina a Dürrenmatt si muovono i narratori G. Späth, per la barocca artificiosità tematica, e M. Werner, per la violenza tragicomica della sua limpida scrittura, mentre apre verso il mondo del lavoro S. Blatter e risale a suggestioni kafkiane e walseriane F. Hohler. Tematiche femminili hanno trovato un’eco specie in M. Schriber e in V. Stefan.
Anche le prime personalità eminenti della letteratura svizzera di lingua francese appartengono al Settecento, ma gli scrittori più notevoli per i loro interessi filosofici (E.L. de Muralt, J.-.J. Burlamaqui, J.-J. Rousseau), oppure scientifici (C. Bonnet, H.B. de Saussure) appartengono piuttosto, di pieno diritto, alla più generale cultura europea. È notevole che la caratteristica più saliente della letteratura svizzera di lingua francese continui a essere, anche nel periodo successivo, l’attenzione ai problemi relativi all’uomo, e quindi la larga problematica (economica, filosofica, morale) presente non solo nei massimi teorici della fine del Settecento e degli inizi dell’Ottocento (M.me de Staël, B. Constant, Sismondi), ma anche nei successivi A. Vinet, A.E. Cherbuliez, V. de Gasparin, C. Sécrétan, Madame de Pressensé, J.-É. Naville con il figlio H.-A. Naville, filosofo ed epistemologo, É. Rod, e da ultimo D. de Rougemont. Una menzione a parte meritano M. Monnier e il figlio Philippe per la larga attenzione dedicata ai problemi sociali e culturali dell’Italia, il linguista F. de Saussure, lo psicologo J. Piaget.
Altro filone della cultura svizzera di lingua francese è quello della critica e della saggistica, nel quale, oltre ai già ricordati Monnier ed É. Rod, devono essere segnalati: P. Godet; P. Seippel; L. Dumur, cofondatore del Mercure de France; E. Gilliard, fondatore a Losanna, assieme al critico d’arte P. Budry, al poeta e scrittore C.F. Ramuz e altri, degli innovatori Cahiers vaudois (1914-19); M. Raymond; A. Béguin, fondatore nel 1941 dei Cahiers du Rhône; G. Poulet, J. Rousset, J. Starobinski, esponenti della Scuola di Ginevra. Se non molto di autenticamente svizzero si riscontra in parecchi degli scrittori citati, come del resto in H.F. Amiel e B. Cendrars, che sono stati tra le figure più eminenti espresse dalla cultura del paese, rispettivamente nell’Ottocento e nel Novecento, numerosi sono gli scrittori che si sono decisamente orientati verso la cultura francese e cosmopolita: V. Cherbuliez; G. de Pourtalès; il poeta C.A. Cingria, animatore della rivista ginevrina La voile latine (1904-10); R. de Traz, fondatore con J. Chenevière della Revue de Genève; il romanziere e drammaturgo A. Cohen, nato in Grecia ma naturalizzato svizzero; G. Haldas, poeta, saggista, traduttore di U. Saba nonché autore di racconti autobiografici; G. Piroué. Degna d’interesse è però tutta una ricca produzione più intimamente circoscritta all’ambiente naturale e sociale della Svizzera. Tra i poeti, soprattutto J. Olivier, fondatore della Revue suisse (1838-61); il simbolista H. Spiess; P. H. Matthey; G. Roud, traduttore di F. Hölderlin e Novalis; E.-H. Crisinel; e ancora G. Trolliet, M. Chappaz, P. Jacottet, traduttore di G. Leopardi e G. Ungaretti. Nella narrativa, oltre a R. Toepffer, ai citati Godet e Monnier, e a P. Girard, autore anche di raccolte poetiche, si distingue su tutti il citato Ramuz, nei cui racconti si rispecchia l’eterna lotta tra l’uomo e la natura. Sulla scia di Ramuz si collocano C.-F. Landry, M. Zermatten, G. Borgeaud, J.-P. Monnier, J. Chessex, poeta, romanziere, saggista, nonché fondatore nel 1964 della rivista Écriture.
Nel panorama letterario del 20° sec. occupa un posto di rilievo la produzione di alcune scrittrici: M. Saint-Hélier, autrice di due cicli di romanzi costruiti con una elaborata tecnica associativa e lunghi monologhi; C. Colomb (pseudonimo di M.-L. Reymond), nella cui opera si prefigura il nouveau roman; A. Rivaz (pseudonimo di A. Golay), attenta alla problematica della condizione femminile; C.S. Bille, novellista e poetessa; la femminista A. Cuneo; A.-L. Grobéty, che si muove nella linea di N. Sarraute. Tra i drammaturghi si ricordano: F. Chavannes; R. Morax, fondatore del Théâtre du Jorat (1903); i già citati Ramuz, la cui Histoire du soldat (1918) fu musicata da I. Stravinskij, e Cohen; B. Liègme; W. Weideli; M. Viala. Da segnalare inoltre: il romanziere J. Mercanton; il poeta J. Cuttat; il poeta e saggista M. Eigeldinger; il narratore e drammaturgo R. Pinget; Y. Velan, animatore della rivista impegnata Rencontre (Losanna, 1950-53); i poeti surrealisti A. Voisard (prossimo a R. Char) e V. Godel; il romanziere e saggista E. Barilier.
Nella Svizzera italiana, i Grigioni diedero un modesto sviluppo alla letteratura dialettale; il Canton Ticino, che mantenne costante la sua aderenza spirituale alle origini italiane, ebbe, a partire dal 16° sec., letterati di prestigio quali l’umanista F. Cicereio, il poligrafo P. Gaudenzi, il poeta G.B. Riva, e F. Soave, divulgatore delle teorie sensiste e maestro di A. Manzoni.
Ma è solo nel 19° sec., con il conseguimento della riforma costituzionale (1830) e la presa di coscienza di una sua funzione storica, che il Canton Ticino conobbe un risveglio politico-culturale e produsse una sua consistente letteratura. Da S. Franscini trasse impulso una fiorente tradizione di studi storici che, alimentata da P. Peri e in seguito da R. Manzoni, A. Pioda, B. Bertoni, trovò in E. Motta il suo più compiuto rappresentante. Di grande rilievo l’opera del dantista G.A. Scartazzini e del linguista C. Salvioni. Il risveglio si osserva anche in campo squisitamente letterario, dove fra autori di teatro come A. Pedrazzini, e narratori come G. Anastasi, attento alle lotte politiche locali, A. Nessi, legato alla Scapigliatura milanese, e molti altri, si stagliano, fin dentro il Novecento, le figure del poeta e narratore lirico F. Chiesa, di G. Galgari, romanziere e saggista vigoroso, fondatore e direttore (1941-62) della rivista Svizzera italiana, e di G. Zoppi, cantore del mondo montanaro. Alla natura s’ispirano anche i versi permeati di spirito religioso di V. Abbondio.
In pieno 20° sec., si distinguono, tra i poeti, G. Orelli che si muove nell’area del postermetismo, A. Pedrali, P. Martini, A. Casé, noto anche come narratore. Tra narrativa e saggistica si muovono scrittori come A. Jenni, T. Poma, F. Filippini, attivo anche come pittore, G. Bonalumi. Nella narrativa, si segnalano Giovanni Orelli, cugino di Giorgio e romanziere d’indubbia originalità, sensibile alle istanze socio-politiche, le scrittrici A. Ceresa, A. Felder, F. Jaeggy, e ancora, testimoni di una realtà locale di cui vivono la marginalità con un forte senso di appartenenza, E. Pedretti, A. Alberti, A. Nessi, C. Nembrini, A. Buletti. Nella saggistica, accanto a G. Fasani, apprezzato anche come poeta, e P. Fontana, si ricorda soprattutto G. Pozzi, critico letterario di respiro europeo.
In età romana sul territorio degli Elvezi nacquero vaste colonie e città dove l’influenza romana fu predominante. Nel periodo delle migrazioni e invasioni barbariche molti insediamenti si trasformarono in fortezze (Basilea, Losanna, Coira, Zurigo ecc.). Sono notevoli i resti di costruzioni monumentali (teatro di Augst, anfiteatro di Windish, le mura di Avenches), di mosaici e di pitture, reperti di sculture e di oreficeria (gioielli d’oro da Obfelden Zunnern, oggetti d’argento da Augst). Oreficerie ritrovate in tombe (Basilea, Historisches Museum) mostrano relazioni con la coeva cultura della regione germanica. Resti di edifici paleocristiani rimangono nella chiesa di S. Pietro a Ginevra, a Romainmôtier e a Saint-Moritz. Il più antico monumento cristiano è il battistero di Riva San Vitale. L’epoca merovingia vide la fondazione di grandi monasteri (San Gallo, Disentis, Lucerna ecc.).
Tracce più importanti ha lasciato in S. la cultura carolingia: massimo centro d’arte fu il convento di San Gallo (ne rimane la cripta occidentale; preziosa la raccolta di manoscritti irlandesi e di codici miniati dell’Alto Medioevo). Un disegno del 9° sec., nella biblioteca di San Gallo, che presenta lo schema di un grande convento con una basilica e le altre costruzioni, è documento rilevante per la storia dell’architettura medievale. Dell’edificio primitivo del convento di S. Giovanni Battista a Münster (Grigioni, 780-786), rimangono i muri perimetrali, i bassorilievi, e il più ampio ciclo di affreschi carolingi. Stilisticamente affini all’edificio di Münster sono le chiese, tutte nei Grigioni, di Disentis, di Pleif, e le fondamenta delle absidi del duomo di Coira. Carolingi sono anche i resti della cripta della collegiata di Zurigo.
Nel periodo romanico l’intensa attività costruttiva dovuta alla riforma monastica di Cluny ebbe rapporti con l’architettura sveva nelle regioni alamanne e retiche, con la Francia meridionale e la Borgogna nella S. occidentale e, nel Canton Ticino, con la Lombardia. Le più antiche chiese romaniche sono quelle dei priorati cluniacensi di Payerne, di Romainmôtier, di Saint-Sulpice, cui seguono le collegiate di Beromünster e di Schönenwerd, la chiesa di Stein-am-Rhein, la chiesa di Ognissanti a Sciaffusa, e di Saint-Pierre de Clages. Nel 12° sec. iniziò la costruzione delle cattedrali di Ginevra, di Losanna, di Sion, di Coira e di Basilea, terminate in epoca gotica; mentre in queste lo stile romanico diveniva particolarmente elaborato, i cistercensi attuavano nei loro edifici i principi dell’architettura gotica. In dipendenza dell’abbazia cistercense di Fontenay (1148) sorse quella di Hauterive, cui seguirono le chiese di Bonmot, Frienisberg, Kappel ecc. In quasi tutti gli edifici dei sec. 12°-13° coesistono forme stilistiche vecchie e nuove; carattere omogeneo hanno le chiese francescane e domenicane a Basilea, Berna, Friburgo, Losanna, Locarno, Lucerna, San Gallo e Zurigo. L’arte svizzera del 15° sec. fu tipicamente borghese e urbana (compimento delle torri delle cattedrali di Basilea, di Zurigo e della chiesa di S. Nicolò a Friburgo); sorsero in stile gotico tardo la chiesa di S. Osvaldo a Zug, la Wasserkirche a Zurigo, S. Giovanni a Sciaffusa, le parrocchiali di Burgdorf, Orbe e Zofingen. Chiude il periodo dell’architettura ecclesiastica medievale la cattedrale di S. Vincenzo a Berna e la chiesa di S. Teodulo a Sion.
L’architettura profana del Medioevo è rappresentata, soprattutto nella S. occidentale, da rocche e castelli (Chillon, Grandson, Vufflens, Regensberg, Bellinzona ecc.). Importanti resti delle antiche fortificazioni urbane rimangono a Friburgo, Lucerna, Berna, Basilea ecc. Tra le sculture romaniche, che uniscono influssi francesi e lombardi, notevoli: una Crocifissione ad Aarau; i rilievi degli apostoli e la porta di S. Gallo nella cattedrale di Basilea; i portali delle cattedrali di Coira, di Losanna e di Zurigo, della chiesa di Valère presso Sion, della parrocchiale di Grandson; le sculture in stucco di S. Giovanni a Münster e i rari intagli (per lo più dal Vallese e dai Grigioni), nel Landes;museum di Zurigo. Relativamente modeste, per numero e importanza, sono le sculture monumentali dell’epoca gotica; più notevoli quelle in legno (preziosa raccolta nel museo di Zurigo), in cui si colgono vari influssi (svevi, renani ecc.). I più antichi affreschi medievali sono quelli del Canton Ticino (chiese di Negrentino, di Biasca, di S. Maria di Torello, di Rovio). Di notevole interesse è il soffitto ligneo (12° sec.) dipinto con Storie di Cristo e figure simboliche, della chiesetta di Zillis nei Grigioni. Dal 14° sec., più che le pitture murali, di notevole livello furono la pittura su vetro (vetrate del rosone della cattedrale di Losanna, 13° sec.; del convento di Königs;felden, 14° sec. ecc.), l’oreficeria (tesori delle chiese di Saint-Moritz, Sion, Engelberg, Coira, Beromünster, Basilea) e la miniatura.
Il passaggio al Rinascimento avvenne con un processo discontinuo, parallelamente alla persistente azione della tradizione medievale. Le città, nell’esaltazione della potenza e ricchezza civica, si abbellirono di fontane riccamente scolpite (Berna, Basilea, Friburgo, Lucerna), di palazzi comunali (Basilea, Friburgo, Zug) sontuosamente decorati e arredati. In S. lavorarono grandi pittori tedeschi (a Basilea K. Witz e M. Schongauer, e in seguito lo stesso A. Dürer). Nel 1515 giunsero a Basilea i fratelli A. e H. Holbein; accanto a loro lavorarono gli svizzeri U. Graf (Basilea), a Zurigo H. Leu padre e figlio, a Berna N. Manuel, a Friburgo H. Fries, contribuendo in modo originale anche allo sviluppo della stampa e dell’incisione. Tra i pittori più noti del tardo 16° sec. sono H.H. Kluber e H. Bock (Basilea), H. Asper (Zurigo), T. Stimmer, J. Heintz e l’incisore J. Amman. Per l’architettura della fine del 16° sec.: Hofkirche a Lucerna; chiesa dei gesuiti a Porrentruy; palazzi comunali di Lucerna e Solothurn; alcuni edifici privati a Neuchâtel, a Schwyz, a Näfels, a Briga. Del tutto particolare fu l’attività artistica nel Canton Ticino (architettura e sculture del duomo di Lugano; dipinti di S. Maria in Silvis a Locarno, 1400; pitture di Bramantino e di B. Luini a S. Maria del Sasso presso Locarno e a S. Maria degli Angeli a Lugano).
Il barocco si diffuse in S. solo dopo la metà del 17° sec., con l’attività costruttiva dei gesuiti e dei cappuccini (chiese della Visitazione a Friburgo e dei Pellegrini a Buttisholz, a pianta centrale, cui seguono le chiese dei gesuiti a Lucerna, a Briga, a Solothurn ecc.). Nelle regioni protestanti si sviluppò un tipo speciale di chiese rurali. Nelle città sorsero i palazzi comunali di Zurigo, Losanna, Sion, e nuove imponenti case signorili (a Basilea, Zurigo, Ginevra). Dal principio del 18° sec. il barocco della Germania meridionale penetrò largamente nelle regioni cattoliche; nell’architettura profana predominò il gusto francese (case signorili ed edifici pubblici a Basilea, a Berna, a Ginevra ecc.). A decorare i numerosi edifici furono chiamati prima artisti della Germania meridionale e dell’Austria, mentre più tardi operarono scultori svizzeri come J.-B. Babel, J.-A. Arlaud, D. Gardelle e P. Massot, i pittori J.-É. Liotard, J. Huber, J.-P. Saint-Ours e P.-L. De La Rive; a Zurigo i pittori preromantici S. Gessner, H. Usteri. A. Kauffmann visse soprattutto in Italia, e J.H. Füssli in Inghilterra. Alla fine del 18° sec., in architettura, il classicismo si riscontra solo in alcuni singoli edifici; dopo il 1815 si diffonde lentamente lo stile Biedermeier e dalla metà del 19° sec. predomina un eclettismo di scarso valore.
K. Moser fu il primo a usare strutture in cemento armato. A La Sarraz, sotto l’egida di S. Giedion e di Le Corbusier si fondarono (1928) i CIAM; valore artistico ebbero gli arditi ponti di R. Maillart. Tra gli architetti attivi dopo il 1945 sono da ricordare E. Gisel (Parktheater, Grenchen, 1955), J. Schader (Scuola Superiore Freundenberg, Zurigo, 1959), W.M. Förderer (Università di San Gallo, 1963), M. Schlup (Centro comunitario, Biel, 1966), e ancora J. Tschumi, l’Atelier 5, i ticinesi B. Reichlin e F. Reinhart, M. Botta ecc. Nel campo della pittura a Ginevra, dove grazie all’Accademia si era formata sin dalla fine del 18° sec. una tradizione artistica ininterrotta, operavano allora A. Wolfgang e R. Töpffer. Dei pittori nati intorno al 1800 sono da ricordare M.-C-.G. Gleyre e L. Robert, F. Diday, M. Disteli, H. Hess, J.J. Ulrich e W. Scheuch;zer. Dal gruppo di A. Calame, B. Menn e J.S. Steffan derivarono i paesisti più tardi. Il nuovo realismo fu rappresentato dopo il 1850 da R. Zund, F. Buchser, K. Grob, R. Koller, A. Anker; particolarmente intenso fu il classicismo evocativo di A. Böcklin e, al volgere del secolo, il simbolismo di F. Hodler. Accanto a Hodler notevoli M.H. Buri, C. Amiet, G. Giacometti ecc. Fra gli scultori, dopo il 1850, notevoli V. Vela, R. Christen, M. Leu, F. Schlöth, K. Stauffer; A. de Niederhäusern e C. Burckhardt si affermarono dopo il 1900. Significativa l’opera dello scultore H. Haller e del pittore R. Auberjonois. Nonostante l’attività dadaista a Zurigo, e l’opera esemplare di S. Taeuber Arp, di P. Klee, di A. Giacometti, l’arte d’avanguardia penetrò solo lentamente in S. e soprattutto grazie a M. Bill, pittore scultore e architetto, e al gruppo Allianz di Zurigo fondato da L. Leuppi. Dal secondo dopoguerra artisti significativi operano nel campo dell’astrattismo e nelle più avanzate espressioni artistiche: i pittori R.P. Lohse, C. Graeser, H. Honegger, gli scultori H. Aeschbacker, W. Bodmer, H. Fischli, Z. Kemeny, W. Linck, W. Weber, J. Tinguely, D. Spoerri ecc.
Il distacco dall’astrattismo e dalla sua struttura concettuale e la sfiducia in un sistema universale di valori lasciano il posto, negli ultimi anni del 20° sec., all’affermazione di un sostanziale soggettivismo, che si manifesta in diversi campi espressivi. Nella pittura e nella grafica, si collocano in questo senso, con un linguaggio ambiguo e allusivo, F. Gertsch, A. Walker, H. Kielhoz, M. Eigenheer, J.-F. Schnyder; con una tendenza alla deformazione espressionista M. Disler, L. Ikemura, L. Castelli, K. Schifferle. M. Raetz si esprime in pittura e scultura, con varietà di mezzi e materiali, privilegiando l’aspetto polisemico delle immagini; H. Suter lavora con pittura, oggetti, fotografia. Una ricerca puramente geometrica, con varianti espressioniste, è rappresentata da O. Mosset, H. Federle, J. Pfaff, S. Brunner, P.-A. Ferran, H. Spaeti, J.-L. Manz. Anche nella scultura è proseguito l’interesse per la figurazione, in S. Hutter, R. Blättler, B. Eichin; ha elaborato nuove ricerche J.-F. Müller. Nell’ambito della produzione astratto-concreta, gli scultori G. Camesi, J. Altherr, E. Jordi, A. Dubach, C. Perrin, Y. Dana; lavorano con il legno, intagliato o assemblato, P.-A. Zuber, M. Müller, A. Wolfensberger. Produce sculture-azioni, installazioni e performances R. Signer; installazioni tra pittura, fotografia, scultura, video: U. Lüthi, D. Weiss, P. Fischli; lavorano a installazioni e performances sonore sperimentali A. Guhl e N. Möslang; film, video e mezzi espressivi basati su moderne tecnologie: J. Otth, P. Plattner, P. Rist, H. Graumann.
Dopo l’affermazione della Scuola ticinese nel corso degli anni 1980, grazie a personalità catalizzatrici come M. Botta, L. Vacchini, A. Galfetti, L. Snozzi, M. Campi e F. Pessina, nel decennio successivo il centro dell’architettura svizzera si è spostato verso Basilea. Hanno qui sede gli studi di J. Herzog & P. de Meuron e di R. Diener, le cui realizzazioni sono diventate altamente rappresentative dell’architettura svizzera in campo internazionale, pur sviluppando diversamente l’eredità del moderno. Dal Cantone dei Grigioni è emersa la figura di P. Zumthor, con architetture attente alla componente materica e alla essenzialità del segno. In virtù della popolarità raggiunta dai capofila della rinnovata architettura elvetica, è emersa una nuova generazione di architetti, tra i quali: M. Burkhalter e C. Sumi (Scuola a Lufenburg-Aarau, 1993; Hotel Zurichberg a Zurigo, 1995); P. Devanthéry e I. Lamunière (Scuola e Centro ricreativo del Grand-Saconnex a Ginevra, 1995); A. Gigon e M. Guyer (Museo Kirchner, 1992, e Centro Sportivo a Davos, 1996; ampliamento del Museo d’Arte di Winterthur, 1995; complesso residenziale Broëlberg a Kilchberg, 1996; Museo Carl Liner ad Appenzell, 1998); Bétrix & Consolascio Architekten (Centrale Elettrica ad Avegno, 1994; Sports Centre a Zug, 2001).
Importanti collezioni e manifestazioni (biennale dell’arazzo a Losanna, quadriennale della scultura a Biel ecc.) contribuiscono a rendere vivace l’ambiente artistico. Tra le istituzioni culturali si ricordano, a Basilea: Museo Jean Tinguely (1996, M. Botta); fondazioni J. Beuys (1996) ed E. Beyeler (1997, R. Piano); a Ginevra: Musée d’art moderne et contemporain (1994); a Berna: Stiftung Paul Klee Zentrum (2000, R. Piano).
Forme caratteristiche della musica popolare svizzera sono il ranz des vaches, canto dei vaccari utilizzato per spingere il bestiame nelle stalle, lo Jodel, canto vocalizzato in falsetto alternato, il Betruf, canto di preghiera salmodiante; fra gli strumenti, l’Alphorn, il Büchel ricurvo, lo Schwyzerörgeli simile alla fisarmonica. Fra le danze tipiche, genericamente definite Ländler, vi sono balli come il valzer, la scozzese, la polka, il galop e spesso i danzatori (bödelen) si accompagnano battendo il tempo con gli zoccoli. Diffuso è l’uso delle campane, utilizzate nei concerti di carillon soprattutto nel Vallese e nel Ticino.
In epoca medievale importanti centri di cultura musicale furono i monasteri di San Gallo e di Einsiedeln, fondamentali nell’elaborazione della tradizione gregoriana e in quella della sequenza. Erano di origine svizzera il troviero R. von Fenis, l’organista H. Kotter, il compositore L. Senfl, attivo in Germania, e il teorico Henricus Glareano. Notevole influenza sulla musica ebbe il pensiero dei riformatori Calvino e U. Zwingli. Nei secoli successivi non si trovano che figure minori, tra cui J.M. Gletle (1626 ca.-1684). Il 19° sec. fu caratterizzato da una vasta diffusione dell’educazione musicale e del canto corale, grazie anche all’attività di un allievo di J.H. Pestalozzi, H.G. Nageli (1773-1836), e da una corrispondente crescita della vita musicale, in cui elemento specificamente svizzero furono i numerosi festival (Festspiele) delle associazioni corali. Contemporaneamente si cominciarono a delineare tendenze nazionali nell’opera e nella musica sinfonica, con compositori come H. Huber, H. Suter, K. Attenhofer, F. Hegar, É. Jaques-Dalcroze, G. Doret, O. Schoeck. Più vasta notorietà internazionale raggiunsero i maggiori musicisti della generazione successiva: A. Honegger, F. Martin, C. Beck, W. Burkhard, H. Sutermeister e R. Liebermann. Si devono infine ricordare gli insigni direttori d’orchestra E. Ansermet e P. Sacher e il pianista E. Fischer.
Locuzione con la quale comunemente si designano i territori svizzeri a S dello spartiacque alpino, abitati in prevalenza da popolazione di etnia italiana. Oltre al Canton Ticino, che s’incunea profondamente nel territorio lombardo, vi appartengono la Val Bregaglia a monte di Castasegna e la Val di Poschiavo, entrambe fisicamente ed etnicamente italiane. Anche la Val Monastero (Müstair), per quanto abitata da popolazioni di lingua romancia, spetta fisicamente alla S. Italiana.
Denominazione riferita alla parte più orientale dei Monti Metalliferi o Erzgebirge, posta a SE di Dresda (bacino dell’Elba), sul confine tedesco-ceco, che per la natura facilmente erodibile delle sue rocce (arenarie e gessi) presenta un paesaggio estremamente vario e pittoresco, simile a quello della Svizzera.