Movimento letterario, artistico e culturale, sorto in Germania e in Inghilterra negli ultimi anni del Settecento e quindi diffusosi in tutta l’Europa nel corso del 19° secolo.
Il termine romantic, derivato da romance, appare dapprima in Inghilterra alla metà del 17° sec. con il significato di «cosa da poesia di romance», cioè ‘romanzesco’, non reale. Esso ha però anche un altro significato, quello di ‘pittoresco’: quest’ultimo man mano prevale, e finisce con il designare nel Settecento non solo la caratteristica oggettiva della scena naturale, ma lo stato d’animo che essa suscita. Nella seconda metà del Settecento il termine si diffonde in Germania nel contesto di un vivo interesse per le leggende e i canti popolari dei popoli nordici (si pensi alla moda ossianica) e per l’epos cavalleresco dell’età medievale. Soprattutto con J.G. von Herder questo interesse per ‘il modo di pensare romantico’ corrisponde alla rivendicazione della peculiarità delle culture dei singoli popoli e a un programma di rigenerazione e di affermazione delle nazioni rimaste a lungo schiave delle altrui mitologie (soprattutto di quella greca, donde la polemica contro F. Schiller e contro il classicismo), e quindi impedite nel loro sviluppo autonomo. La complessità degli aspetti della vita che il R. investì, la diversità delle tradizioni nazionali in cui si venne a inserire, la molteplicità degli atteggiamenti in cui si andò evolvendo, ebbero come conseguenza una serie quasi innumerevole di contrastanti tentativi di fissarne la sostanza in una definizione. E il R. apparve, di volta in volta, per es., come soggettivismo o come coscienza di popolo e potenziamento dei sentimenti nazionali; come insoddisfazione della realtà o come trasfigurazione poetica della realtà stessa; come ritorno al Medioevo o come ricerca di modernità.
In realtà il R. non è il logico, coerente sviluppo deduttivo di un’idea, né un gruppo circoscritto di fenomeni riducibili a un’unica causa, né un sistema di pensiero chiuso, ma un ‘modo di sentire’, a cui s’intona tutto un vario modo di pensare, di poetare e di vivere, e perciò a rigore non può essere definito, ma soltanto indagato nelle sue origini, seguito nel suo svolgimento, rilevato nelle sue tendenze più rappresentative. Pertanto non è possibile fissare limiti cronologici del fenomeno diversi dalle date entro le quali fiorirono nei singoli paesi le varie ‘scuole’ che del R. fecero esplicitamente il proprio programma.
In Germania il primo costituirsi di una scuola romantica avvenne negli ultimi anni del Settecento prima a Jena e poi a Berlino, e si concretò nella pubblicazione della rivista Athenäum (1798-1800); in Inghilterra (1798) le prime manifestazioni del R. si ebbero con il programma aggiunto alle Lyrical ballads da W. Wordsworth e S.T. Coleridge; nei paesi scandinavi (1802) con l’incontro di H. Steffens e A.G. Oehlenschläger; in Francia (1813) con la traduzione del Cours de littérature dramatique di A.W. Schlegel e l’analisi del R. tedesco nell’Allemagne di Madame de Staël; in Italia (1816) con la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo di G. Berchet, e con le discussioni provocate da una lettera di Madame de Staël sulle traduzioni, pubblicata dalla Biblioteca Italiana. In Inghilterra, in Francia, in Italia, singoli segni precorritori possono avere accompagnato per vie autonome, o anche preceduto, il movimento di formazione del R. in Germania; ma è in Germania che il periodo formativo del R. raggiunse i massimi sviluppi in profondità, ed è dalla Germania che il R. si propagò al resto d’Europa e nell’America anglosassone, assumendo in ciascun paese una particolare fisionomia.
Lo Sturm und Drang. Preparato nella coscienza letteraria tedesca da un rapido e intenso sviluppo del senso di autonomia di fronte al classicismo francese, il vero periodo di gestazione del R. in Germania fu quello dello Sturm und Drang, per il quale la vita divenne un campo senza confini aperto allo slancio della conquista umana. L’ideale astratto di ‘umanità’ del 18° sec. cede alla considerazione della realtà umana, come si attua nel divenire organico della sua storia (Herder). E anche la concezione della poesia si rinnova nello stesso spirito. Non esistono ‘modelli’, esemplari perfetti di poesia, di valore normativo: la poesia esiste solo nella sua storia. Fra la vita dei popoli e la loro poesia esiste la medesima immediatezza di rapporti presente tra la vita dei popoli e il loro linguaggio; poesia e linguaggio nascono insieme. Ogni elemento intellettualistico esula così dalla poesia. All’ammirazione esclusiva per l’armonica e in sé conchiusa perfezione delle forme classiche si sostituisce un sentimento dinamico della poesia che, mentre comprende nel suo senso di trascendenza e nel suo slancio religioso l’arte medievale, ne afferma la vicinanza spirituale all’uomo moderno. E al tempo stesso si precisano le esigenze di stile. Il concetto di bellezza nel senso tradizionale è superato: «nella realtà non esiste soltanto la natura bella ma anche la natura come terribilità, violenza, forza di distruzione», e ciò vale anche per la bellezza nella poesia; «l’arte caratteristica» è pertanto «la sola vera» (J.W. Goethe). E la suprema espressione ne è W. Shakespeare.
Il passaggio dallo Sturm und Drang al Romanticismo. Tutto questo è già, per molti aspetti, talmente prossimo al pensiero romantico che fuori dalla Germania, e specialmente nei paesi latini, lo Sturm und Drang poté apparire senz’altro come R. vero e proprio; tuttavia tra i due momenti esiste una diversità notevole. Nel periodo, pur breve, che intercorre fra l’uno e l’altro momento si ebbero profonde esperienze. Una di queste fu fornita dagli sviluppi della Rivoluzione in Francia e dagli eccessi del Terrore, che per reazione spinsero a una ricerca di interiorità; anche il vincolo che lo Sturm und Drang aveva stabilito fra condizioni politiche e sociali e poesia e arte si allentò o, per lo meno, mutò carattere.
Anche un’altra esperienza agì nello stesso senso: la poesia di Goethe. Di fronte a J. Winckelmann, che additava l’arte degli antichi, gli Stürmer avevano potuto rispondere che quello era un mondo ormai lontano, ma non avevano potuto respingere la nobile semplicità della poesia di Goethe. Anche quella poesia, pur non nascendo dall’irrompere della passione, ma dalla quieta luce spirituale, era ‘voce di natura’.
Fattore non meno fondamentale furono le conquiste del pensiero speculativo dopo I. Kant. Non nel senso che r. e idealismo s’identifichino (questo avverrà soltanto, e parzialmente, per breve periodo con Schelling), ma la filosofia postkantiana, mentre approfondì nei romantici e consolidò il sentimento dell’illimitata potenza creatrice dello spirito, diede loro un senso profondo dell’unità della natura e della storia, della poesia e della filosofia, dell’azione e della contemplazione, indicando nella immaginazione trascendentale il principio unitario della vita conscia e inconscia (si pensi all’idealismo ‘magico’ di Novalis).
Il pensiero romantico. In tutto il vario sviluppo che il pensiero romantico, a opera soprattutto di Novalis, di F. e C. Schlegel, F. Schleiermacher, Schelling, andò via via assumendo, il presupposto costante è il sentimento cosciente della libertà dello spirito come spontaneità. Anche per i romantici, come per gli Stürmer, l’uomo è ‘natura’, e ogni forma di razionalismo e d’intellettualismo è oggetto di scherno. L’«intuizione intellettuale» di J.G. Fichte diventa, in un processo di trasfigurazione, un incessante superamento del limite costituito dalla natura e dalla materia per realizzare una sintesi tra ideale e reale, tra infinito e finito che però i romantici sanno impossibile o che almeno può essere operata soltanto ‘progressivamente’ e mai in modo definitivo.
La religione poi, con Schleiermacher, si pone decisamente al di là sia della metafisica sia della morale (in polemica quindi non solo contro la teologia razionale, ma anche contro la fondazione morale della religione operata da Kant), poiché metafisica e morale vedono la realtà sempre parzialmente, in modo frazionato, e non colgono l’unità profonda del tutto. Soltanto l’intuizione e il sentimento di dipendenza dall’infinito hanno autentico valore religioso e perciò viene a cadere anche ogni distinzione sostanziale tra religione naturale e religione positiva in quanto la rivelazione non è un fatto storico avvenuto una volta per tutte, ma è continua, ossia si attua in modo sempre nuovo in ogni nuova intuizione ed espressione originaria dell’universo.
La poetica. Il R. non si contrappone alle poetiche precedenti semplicemente per una scelta stilistica o poetica, ma per la consapevolezza dell’impossibilità di un’arte analoga a quella classica, perché alla civiltà moderna manca un centro unitario quale era stata la mitologia per la civiltà greca. Di qui anche il carattere trascendentale della poesia romantica, il cui oggetto è propriamente la poesia stessa (‘poesia della poesia’), giacché non può realizzarsi in questo o quel tema particolare, ma suo tema fondamentale possono essere soltanto la libertà e la creatività dello spirito che il poeta sa di non poter realizzare adeguatamente in nessuna costruzione o realtà finita.
Indubbiamente c’è, in tutti questi pensieri e nel ricco e suggestivo svolgimento che i romantici ne hanno tratto, più una ricerca di nuovi mondi poetici che una vera e propria posizione speculativa; tuttavia molti dei principi del R. sono rimasti fondamentali anche nell’estetica successiva, per es., il carattere intrinsecamente storico, etico, religioso e filosofico della poesia e dell’arte e il senso del suo profondo legame con l’unità originaria delle diverse culture.
Il carattere nazionale. Per i primi romantici tedeschi, volti all’esplorazione della vita interiore, i concetti di nazione e popolo non sono esplicitati, ma il sentimento della germanicità era implicito nel loro pensiero, e diverrà poi essenziale. Con questo carattere nazionale il R. si presenta subito altrove, per es. in Italia, dovunque si hanno raccolte di canti popolari, di fiabe; ballate, drammi e romanzi storici evocano visioni di vita medievale; si cercano, si pubblicano, si commentano i testi della poesia antica; la filologia si determina e precisa nelle sue funzioni di ricerca storica: nasce il mito dello ‘spirito popolare’, origine di ogni forma di civiltà; e nascono sotto il dominio di quel mito la linguistica e la filologia moderne. La poetica trasfigurazione della vita, che i primi romantici avevano compiuto, doveva fatalmente fare luogo al bisogno di concretezza, di realtà. La coscienza storica e il sentimento nazionale furono le prime fra queste realtà. Se a molti la realtà apparve come una negazione delle romantiche aspirazioni dell’anima, per altri, al contrario, valse l’esigenza di un’arte che rispecchiasse la realtà. Questo doppio aspetto fu proprio del R. di tutti i paesi, e si conservò per tutto il corso del suo sviluppo, lungo il 19° sec., sino al naturalismo da una parte e al decadentismo dall’altra.
La sensibilità romantica si afferma nel campo delle arti visive tra il 1780 e il 1850 circa, con esiti e cronologie diverse in ogni area culturale, ma con un comune retroterra costituito dal rifiuto dei precetti classicisti, dal soggettivismo, da specifiche inclinazioni verso l’evocazione fantastica e visionaria e i valori spirituali e sentimentali, dalla predilezione per il paesaggio e per il mondo del mito e della tragedia, rivisitati in chiave psicologica e interiorizzata. L’arte del R. si presenta come un nuovo modo di concepire l’esperienza estetica, che assume un ruolo centrale nell’esperienza interiore, su un’adesione istintiva e individuale, non più mediata dalla ragione o dalla tradizione. In questo senso, l’arte romantica, nella pluralità di accenti e declinazioni, nel nuovo ruolo sociale e culturale della personalità dell’artista, va intesa come momento fondativo della sensibilità moderna. Anche l’arte partecipa della generale riscoperta delle ‘origini’ operata dalla cultura del R., con la rivalutazione delle radici religiose, storiche, stilistiche, nazionali; ciò si tradurrà nella riscoperta del gotico e del Medioevo (con esiti importanti in architettura) e dell’arte dei ‘primitivi’.
In Germania le idee romantiche trovano una prima enunciazione nel circolo di Jena; negli scritti di W.H. Wackenroder (1797) l’arte è assimilata a un’esperienza religiosa, a uno stato di ispirazione spontanea; per F. Schlegel (1803) è l’ambito privilegiato in cui far emergere il legame armonico tra uomo e natura. Una nuova concezione di tale rapporto tra uomo e natura è messa a fuoco da F.W.J. Schelling (1807), che pone l’accento sull’identità tra soggetto e natura e sul ruolo dell’arte come principio creativo, in una «magia suggestiva, che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto, il mondo esterno all’artista e l’artista nella sua soggettività» (C. Baudelaire, 1846). Queste idee ebbero un profondo influsso sulla pittura di paesaggio (C.D. Friedrich, C.G. Carus, P.O. Runge, al quale si deve anche una lucida produzione teorica, K.F. Schinkel), con opere dense di richiami simbolici. Sempre in area tedesca il messaggio romantico fu accolto nel 1809 dai Lukasbrüder (➔ nazareni).
In Inghilterra, verso il 1770, si manifesta una tendenza al fantastico con l’opera di J.H. Füssli; altra grande figura è W. Blake, pittore, disegnatore e poeta, nella cui opera si intrecciano suggestioni letterarie e una intensa carica visionaria. Analogo interesse per il fantastico mostrano J.H. Mortimer, S. Palmer e, poi, J. Martin. Le riflessioni teoriche sul pittoresco e sul sublime fanno da sfondo all’opera dei due grandi paesaggisti inglesi, J. Constable e J.M.W. Turner. La matrice romantica resta fondamentale anche per la Pre-Raphaelite Brotherhood, formatasi nel 1848 (➔ preraffaellismo).
Diverso è lo sviluppo della pittura romantica in Francia; in epoca napoleonica, A.-J. Gros e P.-P. Prud’hon rinnovano la pittura di storia in tono eroico e idealizzante, mentre A.-L. Girodet-Trioson si dedica a soggetti sentimentali. T. Géricault, con la sua inclinazione per temi drammatici, eroici o fortemente patetici, segna l’avvio della stagione romantica francese, segnata da una predilezione per i soggetti storici e letterari, caratteri che si ritrovano in E. Delacroix.
In Italia, la ricezione della nuova visione romantica fu orientata più alla pittura di storia che al paesaggismo. Il gruppo dei puristi, formatosi intorno al 1843, è vicino alle idee dei nazareni; più legata alla pittura storica romantica fu l’opera di F. Hayez, mentre un’originale tessitura coloristica caratterizza l’opera suggestiva del Piccio. Più chiaro l’ascendente romantico su A. Fontanesi, la cui ispirazione naturalistica ne fa una figura a sé nel panorama italiano.
Macrocosmo e microcosmo. Fin dagli ultimi decenni del Settecento si afferma in Germania una forte reazione al materialismo meccanicistico che si ricollega alle correnti naturalistiche neoplatoniche e rinascimentali, per le quali l’intero universo appare come un grande organismo animato da un principio spirituale, dove ogni parte consente di ritrovare l’analogia tra macrocosmo e microcosmo. In questo quadro ebbero poi particolare importanza la rinascita spinoziana e la diffusione di dottrine come il brownismo, il mesmerismo e il galvanismo. Da Weimar era partita a opera di Goethe e di Herder una ripresa o, meglio, un rinnovamento del pensiero di B. Spinoza, letto però in una chiave leibniziana e organicistica, che ne ripudiava il metodo geometrico e cercava con l’‘intuizione’ e con l’‘analogia’ la presenza della divinità nelle sue incessanti manifestazioni o metamorfosi nella natura. Frattanto aveva riscosso notevole successo la traduzione tedesca degli Elementa medicinae del medico scozzese J. Brown che, in polemica con le terapie tradizionali fondate su principi meccanicistici, tendeva a ritrovare le condizioni della salute e della malattia nell’equilibrio interno dell’organismo, o meglio nell’aumento e nella diminuzione dell’‘eccitabilità’.
Una nuova medicina fondata su una concezione della natura diversa da quella meccanicistica era stata pure propugnata – e per qualche tempo con successo – dal medico austriaco F.A. Mesmer. La sua teoria del ‘magnetismo animale’ consisteva nell’attribuire ai corpi animali la proprietà di ricevere l’influsso magnetico dei corpi celesti e della Terra. Per mantenere o ristabilire l’equilibrio, e cioè la salute, dei corpi animali occorreva dunque, secondo Mesmer, operare mediante questo fluido con pratiche che per la verità spesso confinavano con la suggestione e l’ipnosi.
Un impulso molto forte alla nuova concezione della vita e della natura propria del R. doveva venire poi dalla scoperta di L. Galvani circa l’elettricità animale (1789) e, per quanto riguarda la Germania, soprattutto dalla sistemazione filosofico-scientifica che ne diede J.W. Ritter. Stabilendo infatti un rapporto strettissimo fra galvanismo, elettricità e chimica, Ritter ne traeva una concezione unitaria della natura capace di conciliare, in base ai principi del galvanismo, processi organici e processi inorganici.
L’intero universo appariva quindi come un organismo costituito da una serie di processi galvanici dove regna perfetta corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo: i corpi celesti sono come le particelle del sangue, le vie lattee, come i muscoli del corpo e l’etere è una sorta di fluido che scorre nei suoi nervi. Di conseguenza la medicina non doveva più agire sull’organismo in modo soltanto meccanico o chimico, ma riferirsi all’organismo come totalità, accertando e trattando l’eccitabilità specifica di ogni organo come espressione della sua attività galvanica. Questi elementi, insieme all’interpretazione mistico-teosofica della natura di F. von Baader, trovarono la loro sintesi più alta nella filosofia della natura di Schelling e operarono nella concezione romantica della natura che si affermò nella prima metà dell’Ottocento e il cui programma può essere condensato in una celebre affermazione del medico e naturalista L. Oken: «la filosofia della natura è la scienza dell’eterno trasformarsi di Dio nel mondo».
La concezione della natura. La natura è intesa così come manifestazione graduale, organica e teleologica di un modello divino che tende a giungere a consapevolezza di sé nello spirito; tutte le forme della natura appaiono come simboli di un processo unitario la cui chiave si trova nello spirito, o meglio in un principio che si trova al di là dell’antitesi tra natura e spirito, tra corpo e anima, come la loro unità e totalità insieme. Questa concezione porta a cercare un legame sempre più stretto tra le diverse scienze che, proprio in virtù dei loro recenti sviluppi e progressi, tendevano a un sempre maggiore isolamento specialistico. In questo senso è caratteristico che nella filosofia romantica della natura circoli il termine ‘biosofia’ per indicare una nuova scienza che deve essere al di là di idealismo e realismo, di pensiero ed esperienza, per trovare l’unità più profonda e insieme più articolata dei diversi fenomeni della vita. Al tempo stesso la ricerca di questa unità porta a considerare con assai maggiore attenzione e interesse tutte le fasi intermedie della vita, che non si possono né ridurre a semplici rapporti meccanici e organici, né identificare con la libertà della coscienza e dello spirito.
Si diffonde quindi un caratteristico interesse per il mondo dei sogni (si pensi, per es., alla ‘simbolica del sogno’ di G.H. Schubert), dell’inconscio, nel quale il R. crede che l’uomo si trovi molto più vicino alla comprensione della totalità divina che non nello stato di veglia e di piena coscienza. Proprio come nei miti cerca la sedimentazione della storia e delle tradizioni dei popoli, così nell’inconscio il R. cerca la tesaurizzazione delle esperienze millenarie della coscienza. Il senso vivo e profondo dell’unità della natura proprio del R. poi non solo non esclude ma anzi accentua il riconoscimento di continue tensioni funzionali fra i suoi elementi e le sue forme; così se era stata caratteristica della filosofia meccanicistica la preminenza della categoria di causalità, si ha invece nel R. (anche per suggestioni derivanti dalle scoperte nel campo dell’elettricità e del magnetismo) una certa preminenza del rapporto di ‘polarità’, inteso come legge di un processo dinamico continuo di trasformazione verso l’alto; gli individui viventi in cui via via si concreta tale processo sono poi momenti da integrare e comporre in un disegno teleologico più vasto, in una sorta di ‘organismo ideale’. Si spiega così perché la filosofia della natura del R. portasse a dare particolare importanza alla morfologia al punto che questo è considerato uno dei suoi contributi più importanti e duraturi dello sviluppo delle scienze.
La concezione romantica della storia tese soprattutto a porre in evidenza da un lato l’esistenza di un disegno divino al suo interno, dall’altro la specificità di ciascuna epoca che, in quanto manifestazione di quel disegno, non può essere considerata inferiore a quelle successive, secondo la concezione che della storia come progresso aveva avuto l’illuminismo. Herder, Schelling, Goethe ebbero della storia questa visione organicistica e anti-illuministica, visione che sarebbe stata poi anche al centro della speculazione hegeliana, che tuttavia vide nella storia lo sviluppo di un piano razionale, più che divino, volto alla realizzazione di un sapere assoluto che è anche la progressiva realizzazione della libertà attraverso le istituzioni politiche.
Per quanto riguarda la storiografia, anche questa si sviluppò in netto contrasto con gli orientamenti cosmopoliti dell’Illuminismo, esaltando la storia nazionale come espressione dello spirito del popolo (Volkstum) e sottolineando i limiti posti dall’ordine divino all’agire cosciente dell’individuo. La forza della tradizione fu elevata a potenza storica, che trovava le sue origini nel Medioevo, considerato non più età di decadenza e barbarie, ma al contrario epoca di autonomo sviluppo dei popoli romano-barbarici e dei loro specifici caratteri nazionali. In tale concezione diritto, religione, arte e istituzioni potevano essere sviluppati solo in organica connessione con i tratti distintivi della nazionalità.
Prendendo a modello il romanzo storico di W. Scott, la storiografia del R. pose in primo piano la narrazione, polemizzando con gli orientamenti fondati sulla ricerca di uniformità e sull’analisi comparativa; secondo una tendenza che avvicinava sempre più la storia all’arte, obiettivo dello storico era risvegliare il passato, esaltando il colore locale e la fedeltà ai costumi (F.-A.-R. de Chateaubriand, A. Thierry, H. Leo) o comunicando al lettore le sensazioni soggettive provate dall’autore nell’avvicinarsi agli avvenimenti del passato (J. Michelet, T. Carlyle).
All’interno di tale contesto culturale uno spazio significativo fu riservato all’analisi del mito: scorgendo tanto nella natura quanto nella storia il manifestarsi della divinità, il R. attribuì al mito il significato di testimonianza insostituibile del modo originario in cui l’uomo ha recepito la rivelazione divina e insieme ha compreso sé stesso nelle fasi iniziali della sua storia (J.J. Bachofen).
Nella storiografia musicale si designa come R. un vasto periodo storico compreso tra il secondo decennio e la fine del 19° sec., grosso modo coincidente da una parte con il tramonto delle esperienze legate al classicismo viennese, dall’altra con l’insieme, tutt’altro che unitario e organico, dei movimenti e delle tendenze che preludono al contraddittorio panorama della musica del 20° secolo. Elementi tipicamente romantici furono già riscontrabili all’interno della produzione classica di fine 18° sec., nelle opere di F.J. Haydn, di W.A. Mozart, e soprattutto di L. van Beethoven. Il R. in musica si sviluppò poi nel corso del 19° sec. in maniera complessa e variegata; basti pensare all’apparente distanza fra le posizioni più avanzate di R. Schumann, F. Liszt, W.R. Wagner, e quelle più moderate di F. Mendelssohn e F. Schubert, o ai tratti distintivi quasi antitetici di generi musicali quali il Lied tedesco e il melodramma italiano.
Un nuovo e più libero modo di intendere la forma musicale si caratterizzò da un lato nel tentativo di arte totale (Gesamtkunstwerk) operato da Wagner, dall’altro attraverso la musica descrittiva o a programma e in particolare nel poema sinfonico. Un complessivo rinnovamento del linguaggio musicale si ravvisò nelle fattezze armoniche e timbriche della scrittura orchestrale potenziata (H. Berlioz a R. Strauss), e nella ricerca di asimmetrie e di cromatismi più accentuati (Wagner). Altro elemento fondamentale del R. musicale fu la nascita delle scuole nazionali. Il fenomeno investì la Russia (Gruppo dei cinque), Boemia (B. Smetana, A. Dvorák), Ungheria (F. Liszt; F. Erkel, 1810-1893), Spagna (I. Albeniz, 1860-1909), Svezia (J.G.E. Sjögren, 1853-1918), Norvegia (E.H. Grieg), Finlandia (J. Sibelius).