Nell’accezione comune, inclinazione esclusiva verso un oggetto, sentimento intenso e violento (di attrazione o repulsione) che può turbare l’equilibrio psichico e la capacità di discernimento e di controllo.
Nel linguaggio filosofico, in rapporto al corrispondente termine greco πάϑος («sofferenza, passività»), p. si contrappone ad azione e indica la condizione di passività da parte del soggetto che si trova sottoposto a un’azione o impressione esterna e ne patisce l’effetto sul piano sia fisico sia psichico. Il termine p. designa, in particolare, l’esperienza in cui l’animo si sente dominato dalla tendenza affettiva, pratica. La teoria filosofica delle p. sorge con lo stoicismo, che considera tutto il mondo affettivo come una sorta di legame, per cui l'animo subisce la schiavitù delle cose: quindi il problema morale si presenta come problema della vittoria sulle passioni. Platone e Aristotele non considerano invece eliminabile il contenuto passionale, pur auspicandolo limitato e disciplinato dalla virtù etica. Così già nel pensiero classico si delinea l’antitesi, fondamentale nella dottrina delle p., tra la concezione che scorge in esse solo negatività e quella che le considera invece coessenziali all’attività pratica. Nel pensiero cristiano coesistono valutazioni diverse delle p.: se da un lato inclina a un’etica ascetica che tende a eliminare le p., dall’altro porta anche a una nuova valutazione del mondo umano aperta a una considerazione positiva delle p. ove esse non contrastino con i fondamenti dell’etica evangelica.
Nel pensiero moderno, i due maggiori teorici delle p. sono Cartesio e B. Spinoza: il primo avvia lo studio delle p. nell’ambito di una nuova concezione del mondo fisico, e nella cura delle p. (compito della medicina e della morale) vede il fine e il frutto ultimo della filosofia; il secondo sente più decisamente il valore universale dell’affectus, distinguendolo in actio e passio, a seconda che l’esperienza affettiva presenti carattere di attività o di passività: actio per eccellenza è quella che risponde all’idea dell’unica natura delle cose, l’amor Dei intellectualis. Nel pensiero posteriore, il problema del rapporto di p. e virtù diventa quello del carattere rigoristico o antirigoristico della morale .
Varie sono le accezioni del termine: lettura (lectio), qua e là relativamente melodica, della narrazione evangelica circa il martirio e la morte di Gesù; componimento partecipante ad azioni sceniche religiose medievali alternante recitativi con melodie a forma di ballata; componimento mottettistico del Rinascimento (fino a tutto il 16° sec.) sullo stesso argomento; componimento drammatico in stile tutto polifonico dapprima, poi monodico-polifonico a mo’ d’oratorio, sviluppatosi dal 17° sec. in poi, sempre sull’argomento suddetto: culmini di quest’ultima forma sono la Passione secondo Matteo e la Passione secondo Giovanni di J.S. Bach.
Il concetto di p. è stato risolto nei significati più specifici di affezione, emozione e pulsione (erotica e aggressiva); in effetti esso va inteso quale principio di attivazione di un’emotività che investe con forza l’intera personalità dell’individuo al quale conferisce una specifica identità.