Stato dell’Europa occidentale, all’estremità ovest del Bassopiano Germanico. Si affaccia sul Mare del Nord e comprende le foci del Reno, della Mosa e della Schelda. Il territorio, in continua evoluzione nella lotta incessante per guadagnare terreno alle acque, ha forma grossolanamente quadrangolare: i lati settentrionale e occidentale sono formati dalle coste del Mare del Nord, quello meridionale dal confine col Belgio, quello orientale dal confine con la Germania. A SE si prolunga, con la propaggine del Limburgo, fino alle Ardenne: è, questo, il solo tratto in cui il confine si appoggi a un elemento fisico (il corso della Mosa, a O), tuttavia con una coincidenza non perfetta, in quanto i P. posseggono sulla sponda belga la zona di Maastricht, mentre il Belgio possiede, in territorio olandese, l’exclave di Baarle-Hertog (ca. 7,8 km2), nel Brabante Settentrionale. Capitale è Amsterdam, ma la corte e il governo hanno sede all’Aia.
Il territorio dei P. è posto fra i rilievi ercinici delle Ardenne e del Massiccio Renano, da un lato, e quelli caledoniani, costituenti l’ossatura dell’arcipelago britannico e della Penisola Scandinava, dall’altro. Risulta formato prevalentemente da sedimenti quaternari con dislivelli topograficamente insignificanti (ma con il 27% dell’intera superficie sotto il livello del mare). Fanno eccezione il Limburgo, che sfugge in parte all’insieme geomorfologico quaternario dei P. e i cui rilievi (si tocca qui, a 321 m appena, la massima elevazione del paese) sono rappresentati da terreni di età cretacica; e inoltre i limitati affioramenti cenozoici presso il confine orientale. Nel Pliocene le aree settentrionali dei P. erano occupate dal mare. A partire dal Quaternario, con le oscillazioni glacio-eustatiche del livello marino, i corsi d’acqua apportarono ingenti quantità di sedimenti che colmarono le aree marine poco profonde, dando luogo così a un sistema deposizionale molto articolato nel quale l’interazione tra processi fluviali e di marea consentì l’isolamento di specchi d’acqua marina, in seguito colmati da depositi fluviali e trasformati in vaste zone paludose. Le invasioni glaciali rimaneggiarono a più riprese i sedimenti nella sezione settentrionale, mescolando a essi materiale morenico (consistente in sabbia, ghiaia, argilla e massi erratici) sul quale si andarono depositando coltri di sabbie di origine eolica.
Dalle rive del Mare del Nord verso l’interno si incontrano in primo luogo le dune che costituiscono i rilievi più recenti del paese, che si distendono lungo il litorale ‘fiammingo’ in una linea quasi continua dalla Fiandra francese allo Jylland, interrotta soltanto dall’intricato sistema deltizio, dominato dalle maree, della Mosa e del Reno. L’aggressione del mare in epoca preistorica e successivamente (pare tra l’11° e il 15° sec.) ha spezzato il cordone di dune, dando luogo così alle isole Frisone, alle cui spalle si è formato il Waddenzee, e nel Medioevo ha invaso l’antico Lago Flevo, lo Zuiderzee. Le dune, alte fino a 60 m, formano a nord del sistema deltizio Mosa-Reno, un ininterrotto bastione multiplo, a forma di arco leggermente ricurvo, da Hoek van Holland al braccio di mare (Marsdiep) che separa la terraferma dalla prima delle isole Frisone (Texel), nelle quali prosegue con soluzione di continuità. Le pianure costiere davanti e dietro i cordoni di dune costituiscono delle piane di marea di notevole ampiezza che si estendono attraverso le province dell’Olanda Meridionale e Settentrionale, il nord di quelle della Frisia e di Groninga, nonché i polder dello Zuiderzee. Fango, sabbia e ghiaia si alternano in queste pianure che l’opera di bonifica dell’uomo ha quasi del tutto recuperate, fra difficoltà di ogni genere.
Più a S la fascia costiera è costituita da depositi fluvio-tidali (argilloso-sabbiosi soprattutto) della regione deltizia Mosa-Reno e delle fasce che fiancheggiano i bracci isolati del Vecchio Reno, dell’IJssel ecc., dalle terre dell’Olanda orientale, dove ai sedimenti fluvio-tidali si associano residui morenici e, inoltre, dalle considerevoli distese di torbiere dell’Overijssel, della Drenthe e della provincia di Groninga. Il delta, a dominante di marea della Mosa-Reno, copre una superficie di circa 800.000 ha e si estende nella parte meridionale della Gheldria o su una modesta porzione del Brabante Settentrionale e abbraccia interamente la Zelanda, dove i banchi di fango, dai contorni mutevoli, sono separati da bracci di mare nei quali sboccano i canali di acqua dolce del Reno, della Mosa e della Schelda.
Il cordone delle dune litoranee venne frazionato e largamente superato dal mare in epoca storica: estesissime, pertanto, erano le superfici periodicamente inondate dalle acque marine (wadden). L’opera dell’uomo, inizialmente con carattere puramente difensivo, venne intrapresa mediante l’erezione di grandi terrapieni (terpen) che i Frisi costruivano già in epoca romana. In seguito l’accresciuta disponibilità di mezzi tecnici e la loro evoluzione consentì che si passasse dalla difesa al contrattacco. Nel 7° sec. d.C. si innalzarono le prime dighe, collegando i terpen sui quali si andavano formando i centri abitati. I primi territori (polder) vennero prosciugati nel 12° secolo. La vera lotta incominciò solo allora: il mulino a vento e via via le pompe a vapore, a motore elettrico e diesel consentirono di prosciugare decine di migliaia di ha, ma, ciò nonostante, al principio del 20° sec. la superficie territoriale era meno estesa che nel 1200.
All’iniziativa privata che contraddistinse dapprima l’azione di conquista della terra, verso la fine del 19° sec., per la prima volta, si affiancò lo Stato, che affrontò attivamente l’intera questione, divenendo poi il solo coordinatore delle varie tappe di bonifica e di valorizzazione. L’eccezionale burrasca che si abbatté sullo Zuiderzee nel 1916 e la penuria di viveri durante la Prima guerra mondiale fecero sì che nel 1918 si approvasse il progetto di prosciugare il mare interno. La diga di sbarramento che lo isolò (trasformando in un lago d’acqua dolce l’IJsselmeer), lunga ben 30 km, fu completata nel 1932; alle estremità di essa, due sistemi di chiuse consentono il collegamento con il Mare del Nord e il passaggio di battelli fino a 2000 t. Contemporaneamente veniva avviato lungo le coste dell’IJsselmeer, su terreni in prevalenza argillosi, il piano di redenzione di cinque grandi polder. Nel corso del 20° sec. sono stati ultimati i lavori per quattro di essi: in ordine di tempo il Wieringer (1930), quello di Nord-Est (1942) e quelli denominati Flevoland Orientale e Meridionale (rispettivamente, nel 1957 e nel 1968), per un complesso di 165.000 ha. La realizzazione di questi polder si è differenziata, nei modi di bonifica e nei progetti di utilizzazione, dalle opere precedenti, in correlazione con l’evoluzione socio-economica del paese, che richiedeva un assetto del territorio più confacente alle nuove esigenze di una migliorata condizione di vita. L’iniziale fase di sfruttamento agricolo fu soppiantata da altri obiettivi: la creazione di zone residenziali e ricreative, l’installazione di industrie e di servizi. In una fase di attesa restano i lavori relativi al polder Markerwaard, per i numerosi dubbi che si sono diffusi sull’opportunità di ulteriori interventi a danno delle zone umide. L’IJsselmeer fornisce l’acqua dolce per irrigare i terreni e dissalarli.
Ben più impegnativo, dal punto di vista tecnico, si è presentato il progetto di sistemazione degli estuari della Zelanda: qui, infatti, si deve lottare non solo contro il mare, ma contro l’ingente massa d’acqua portata dai fiumi. Nel 1600 il mare penetrava largamente e lo indica chiaramente il nome stesso della regione (Zeeland «mare-terra»). Per lungo tempo si eressero argini e piccole dighe per contrastare le inondazioni, finché nel 1953 una violentissima mareggiata (più di 1800 morti, 160.000 ha di terra inondati, danni materiali ingentissimi) costrinse le autorità a prendere provvedimenti risolutivi. Fu così varato il Piano Delta, la cui finalità non è stata soltanto quella di diminuire il pericolo di inondazioni attraverso la costruzione di un certo numero di sbarramenti, ma anche quella di una riorganizzazione totale dell’approvvigionamento idrico, di una migliore apertura a vantaggio della zona insulare e del potenziamento della navigazione interna tra Reno e Schelda.
La maggior parte degli studiosi tende a includere i P., insieme al Belgio, nell’area ‘boreoatlantica’: area di climi umidi di transizione la cui caratteristica principale è la frequenza e la forza del vento. Peraltro, le province orientali, benché non separate da alcun rilievo, presentano già caratteri di continentalità rispetto al resto del paese: gli inverni sono più freddi e sovente più nebbiosi (ma relativamente meno umidi), mentre le estati, più tempestose, preludono a quelle continentali della Germania del nord. Le temperature medie annue variano tra 9 e 11 °C, valori che possono scendere, sempre nelle pianure, eccezionalmente sotto lo zero; la media di luglio oscilla tra 15 e 17 °C. Le precipitazioni non sono copiose, ma frequenti. Cadono in media 700-800 mm di pioggia sulle stazioni litoranee, quantità che diminuisce procedendo verso l’interno. L’autunno è di norma la stagione più piovosa; lo seguono, con quantità di poco inferiori, inverno e primavera, mentre l’estate viene da ultima, con circa 1/5 del totale delle piogge. Le variazioni da un anno all’altro e da stagione a stagione sono comunque frequenti: l’inverno è il periodo delle piogge sottili e persistenti, mentre i forti rovesci sono propri dell’autunno e della tarda primavera. La frequenza della nebbia passa dai 2-3 giorni al mese lungo le coste ai 6-8 giorni al mese, durante l’inverno, nelle regioni interne.
La rete idrografica, arginata e pensile in più punti, dipende in prevalenza dalla Germania e dal Belgio, ma garantisce ai P. il dominio di alcuni dei più attivi sbocchi fluviali europei. La Mosa è il fiume che bagna il paese con il corso più lungo: vi entra a SO di Maastricht (Limburgo) con direzione N, poi volge a O, parallelamente al Reno. Questo, dopo l’ingresso in territorio olandese, si biforca; il ramo meridionale (Waal) riceve, a Dordrecht, parte delle acque della Mosa; il ramo settentrionale si suddivide a sua volta in Lek (o Basso Reno), sul cui estuario sorge Rotterdam, e in un ramo diretto a N, che sfocia, col nome di IJssel, nell’IJsselmeer. Il drenaggio delle province orientali è secondario rispetto al passaggio delle acque del Reno. Il deflusso delle acque superficiali è qui sempre lento, a causa della scarsa pendenza, e malagevole, sia per il fatto che una parte dell’idrografia si trova sotto il livello del mare, sia per la frequente alternanza di argille e sabbie, che favorisce la formazione di falde sotterranee o stagnanti. Ne consegue, paradossalmente, che un paese anfibio viene a trovarsi in difficoltà, a causa dell’elevata pressione demografica e della potenza dell’industria, quando deve affrontare problemi di approvvigionamento idrico. Rilevante è poi la funzione dei numerosi canali (Nordzee, Amsterdam-Reno, Schelda-Reno ecc.), costruiti sia per il drenaggio delle acque che per l’attivissima navigazione interna.
La popolazione dei P., nel 2009, ha fatto registrare un tasso di crescita dello 0,4%, da attribuire all’incremento naturale della popolazione, in cui il tasso di mortalità (8,7‰, nel 2009) è più basso di quello di natalità (10,6‰, nel 2009), pur calato negli ultimi anni (negli anni 1990 era mediamente del 13‰). Il saldo migratorio è del 2,46%. Gli immigrati provengono soprattutto da paesi extraeuropei, quali le dipendenze (Antille Olandesi e Aruba), le antiche colonie (Suriname e Indonesia) e alcuni paesi mediterranei extraeuropei (Marocco e Turchia). La popolazione con origini straniere (di prima o di seconda generazione) è pari a circa il 19% del totale, elevata percentuale che deriva anche dalla secolare tradizione di tolleranza e di rispetto dei diritti umani tipica dei Paesi Bassi. In effetti, continuano a essere accolte molte richieste di asilo politico, nonostante dal 1995 (anno in cui sono state introdotte delle misure restrittive), siano andate diminuendo.
La densità media (calcolata senza tener conto delle vaste superfici occupate dalle acque interne) è di 484 ab./km2, la più alta tra i paesi europei, fatti salvi i microstati totalmente urbani del Principato di Monaco e della Città del Vaticano e dello Stato insulare maltese. Oltre un terzo della popolazione dei P. si concentra nel Randstad Holland, una conurbazione circolare, aperta a sud-est, di cui fanno parte gli agglomerati urbani di Amsterdam (1,5 milioni di ab.), Rotterdam (1,2 milioni), L’Aia (900.000), Utrecht (600.000) e altre città. Malgrado l’importanza delle aree rurali per l’economia del paese, la popolazione urbana supera l’80%, ripartita in una rete policentrica di città.
Il PIL pro capite, circa 40.000 dollari, pone i P. tra i primi Stati del mondo per reddito individuale, dopo Lussemburgo, Norvegia, Stati Uniti e Svizzera. Dopo aver attraversato un periodo di recessione, nei primi anni 2000, l’economia si è ripresa fino al 2007 ma dal 2008 ha subito un nuovo arresto, in conseguenza della crisi globale. Il PIL proviene per il 74% dal terziario, il 24% dall’industria e il 2% dall’agricoltura. Gli addetti nei diversi settori coincidono con il PIL prodotto solo per l’agricoltura (2%), mentre gli addetti all’industria sono il 19% del totale e quelli del terziario sono il 79%. Come nel decennio precedente, è ancora l’industria a fornire, proporzionalmente agli addetti, il maggior apporto al PIL, comunque il terziario mostra una evidente crescita, segno di una maggiore riqualificazione dei servizi e una maggiore innovazione nell’industria, che utilizza direttamente o indirettamente i servizi stessi. Il tasso di disoccupazione, che era intorno al 2% nei primi anni 2000, è successivamente salito al 4,5% (2008), restando comunque uno dei più bassi tra i paesi sviluppati.
L’attività industriale predomina nel settore agroalimentare (burro, formaggi, birra, zucchero, cioccolata), nella chimica, nella raffinazione di petrolio (in prossimità del porto di Rotterdam vi è, tra l’altro, il più imponente deposito di idrocarburi d’Europa) e nell’elettronica.
L’agricoltura, altamente meccanizzata, produce in gran parte per le esportazioni. Le bonifiche, ormai concluse, hanno reso necessario razionalizzare gli spazi agricoli, essendo in atto una competizione nell’uso dei suoli con altre attività. L’agricoltura è pensata per competere sui mercati internazionali, nonostante condizioni climatiche non favorevoli. Per questo, grande sviluppo ha avuto l’orticoltura in serra, tra i cui prodotti si trovano pomodori, cetrioli e peperoni. La floricoltura è uno dei settori tradizionali dei Paesi Bassi. Sono soprattutto i fiori da bulbo (e i bulbi) a essere coltivati. Il tulipano, in particolare, introdotto dall’Asia nel 17° sec., è diventato il simbolo del paese. La maggior parte del territorio agricolo (ca. il 40% del totale) è coperta da pascoli, i quali prevalgono (70% del territorio) nella provincia di Frisia (a nord-ovest del paese). La stessa Frisia è anche ai primi posti per quanto riguarda l’allevamento degli ovini (18% del totale). L’allevamento, sempre più intensivo e razionale, riguarda però soprattutto i bovini (da latte, per la produzione di formaggi, ma anche da carne) e i suini. Questi ultimi rappresentano una delle tante voci dell’esportazione in campo agroalimentare, con le cosce di suino congelate utilizzate, anche in Italia, per la produzione di prosciutti.
Il turismo rappresenta una importante fonte di reddito. Il numero degli arrivi internazionali, pur se notevolmente inferiore rispetto ad altre mete europee come Francia, Spagna o Italia, si attesta comunque attorno ai 10 milioni, che rappresentano il 2,3% del totale dei flussi turistici internazionali in Europa. Una certa importanza ha il turismo di affari, rispetto a quello per svago. Il tentativo di accrescere il numero dei visitatori viene esperito attraverso la creazione di grandi eventi artistico-culturali (come nel 2006 le manifestazioni per i 400 anni dalla nascita di Rembrandt).
I P. hanno una centenaria tradizione commerciale che viene espressa dai suoi porti, tra i quali spiccano quelli di Rotterdam e di Amsterdam. Il porto di Rotterdam è uno dei più importanti del mondo. Posto alla foce dei fiumi Reno e Mosa, è collegato almeno a un migliaio di altri porti: il volume delle merci ammonta a circa 370 milioni di tonnellate (petrolio e prodotti petroliferi, minerali di ferro, carbone e alimenti sono le più importanti merci trattate), in gran parte containerizzate. L’area portuale, insieme a quella industriale annessa al porto, è lunga 40 km e ha un’estensione di oltre 10.000 ettari. Tra le più importanti e interessanti caratteristiche del porto di Rotterdam vi è quella che, una volta scaricate, le merci possono essere nuovamente distribuite in tutta Europa con diverse modalità di trasporto: strada, ferrovia, acque interne (il Reno, soprattutto), navi di piccolo cabotaggio e condutture (una rete sotterranea la collega a tutta l’Europa occidentale). Pertanto, nella stessa giornata in cui sono scaricate, le merci possono raggiungere la Germania, il Belgio, la Francia o la Gran Bretagna. Il porto di Amsterdam (che comprende anche i porti di Zaanstad, Ijmuiden e Beverwijk) ha una portata inferiore rispetto a quella di Rotterdam anche se svolge una importante funzione di collegamento con molti porti europei e mondiali.
Risalgono al Neolitico reperti e altri ritrovamenti che documentano la presenza umana nella vallata della Mosa e nel Limburgo, dove, con tecniche primitive, l’uomo si dedicava stabilmente all’agricoltura. Intorno al 2500 a.C. penetrarono da oriente genti più progredite, cui si mescolarono i Celti, giunti da sud, e i Frisoni, da nord e da est.
Prima del 1579, quando con l’Unione di Utrecht sorse la repubblica delle Province Unite dei P., le vicende del territorio costituente l’attuale regno furono legate a quelle del Belgio: ambedue i territori furono designati nel Basso Medioevo con il nome comune di Fiandre o, in senso lato, Paesi Bassi.
I Romani occuparono i territori degli attuali P., abitati da popolazioni germaniche, dal 1° sec a.C. al 4°, quando la pressione delle stirpi germaniche li costrinse ad abbandonare la linea del Reno Inferiore. Terminata l’epoca delle migrazioni, sul territorio dell’odierno regno dei P. si erano stabilmente fissati i Franchi, i Sassoni e i Frisoni. Sassoni e Frisoni furono cristianizzati da Carlomagno ed entrarono a far parte del suo Impero. Sotto i successori di Carlomagno la carenza dell’autorità regia favorì la formazione di vasti feudi, sempre più indipendenti dal potere imperiale.
Nel 15° sec. il duca Filippo il Buono di Borgogna estese la sua sovranità sulla contea di Olanda propriamente detta (1433), ma non sulle altre regioni. I P. settentrionali e meridionali furono riuniti sotto la sovranità di Carlo V, tra il 1524 e il 1543, e nel 1548 tutti i P. entrarono a far parte dell’Impero (con il nome di circolo di Borgogna). La diffusione del protestantesimo segnò per i P. l’inizio di una nuova era. Le persecuzioni religiose, dopo l’avvento di Filippo II sul trono di Spagna, assunsero particolare violenza e provocarono gravi tumulti. La situazione peggiorò dopo l’arrivo del duca d’Alba, che condannò a morte centinaia di calvinisti, ne fece confiscare i beni e inasprì le imposte. Dopo il richiamo del duca tuttavia, l’ammutinamento delle truppe spagnole nelle Fiandre e nel Brabante (1576) favorì la riconciliazione tra i cattolici dei P. meridionali e i ribelli dell’Olanda e della Zelanda, guidati da Guglielmo d’Orange-Nassau (pacificazione di Gand). Fu un accordo temporaneo, che venne meno a causa dell’intolleranza religiosa dei calvinisti che non si volevano attenere ai patti convenuti.
Nel 1579 il nuovo governatore Alessandro Farnese, con la promessa del ritiro delle truppe spagnole convinse i P. cattolici a riconoscere la sovranità di Filippo II (unione di Arras). Guglielmo d’Orange, timoroso della riscossa spagnola, promosse la formazione di un legame tra le province ribelli e l’Unione di Utrecht. Tale Unione segnò l’inizio di un nuovo Stato indipendente e inflisse un colpo mortale alla politica di Guglielmo. Le operazioni militari intraprese da A. Farnese per ricondurre all’obbedienza spagnola le province ribelli accelerarono il processo di secessione definitiva: nel 1581 gli Stati Generali dell’Aia rifiutarono Filippo II come loro sovrano. In seguito Guglielmo d’Orange fu assassinato (1584) e A. Farnese riconquistò il territorio a S dei grandi fiumi. Le Province Unite furono salvate dal loro predominio sul mare e dal fatto che Filippo II rinunciasse a un’azione a fondo contro di esse per tentare la conquista delle isole britanniche: la distruzione dell’Invencible Armada (1588), alla quale contribuirono anche le Province Unite, allontanò l’incubo di una prossima capitolazione.
Il decennio 1588-98 modificò la situazione. Grazie a Maurizio di Nassau e a J. van Oldenbarneveldt, il paese a N dei grandi fiumi fu liberato dal dominio spagnolo. Francia e Inghilterra riconobbero l’indipendenza del paese e il suo inserimento nella comunità internazionale. Dopo la pace di Vervins tra Francia e Spagna (1598), le Province Unite continuarono la guerra, ma né la vittoria di Maurizio a Nieuport (1600), né la conquista di Ostenda da parte degli arciduchi assicurarono un chiaro vantaggio a uno dei due contendenti.
Dopo la pace fra Inghilterra e Spagna (1604) parve perciò opportuna la conclusione di una tregua (1609). Ancora una volta la vita interna delle Province Unite fu sconvolta da contrasti religiosi: in seno al calvinismo scoppiò la lotta tra arminiani e gomaristi. Il conflitto divenne ben presto politico, poiché la pretesa dei gomaristi di demandare al giudizio di un sinodo nazionale la soluzione della controversia sollevò l’opposizione degli Stati Generali, che avevano accordato la loro protezione agli arminiani. Fallito il tentativo di Oldenbarneveldt di impedire l’espulsione degli arminiani, il sinodo convocato condannò le dottrine eterodosse. Accusato di alto tradimento, Oldenbarneveldt fu condannato a morte (1619). Ripresa la guerra nel 1621, morto il Nassau (1625), il comando delle operazioni fu assunto dal fratellastro Federico Enrico, nuovo statolder, che assediò (1637-46) il porto alla foce della Schelda, ma la conquista non gli riuscì per l’aiuto accordato da Amsterdam agli assediati. Più fortunata fu la guerra sul mare: ripetute volte la flotta spagnola fu sconfitta; la pace fu firmata a Münster nel 1648; alle Province Unite fu riconosciuta la più assoluta indipendenza. Con la successiva pace di Vestfalia esse cessarono di far parte dell’Impero. Così terminò la cosiddetta guerra degli Ottant’anni.
La conclusione della pace non fu favorevole a Gugliemo II, statolder dal 1647, poiché il congedo delle truppe mercenarie, richiesto dagli Stati Generali, tendeva chiaramente al suo spodestamento. La sua morte prematura (1650) tolse ogni ostacolo alle aspirazioni egemoniche dei reggenti, che imposero alle altre province le vacanze delle cariche di capitano generale e di statolder (eccetto che in Frisia e Groninga). Il partito orangista, forte soprattutto dell’appoggio popolare, non disarmò, anche se l’erede diretto del defunto statolder, Guglielmo III, era un bambino in fasce.
Durante la prima guerra inglese (1652-54), le sconfitte di O. Cromwell favorirono gli Orange. Il disastroso esito della guerra obbligò gli Stati Generali a votare l’Atto di esecuzione, con cui si impegnarono a non eleggere mai l’Orange statolder della loro provincia. L’Atto di navigazione (1651) raggiunse solo in parte l’intento di danneggiare il commercio marittimo delle Province Unite. La rivalità sul mare tra le due potenze sfociò nella seconda guerra inglese (1665-67), vinta dalle Province Unite: la pace di Breda modificò parzialmente l’Atto di navigazione. Molto del merito di tutti questi successi spettò a Johan de Witt, gran pensionario dal 1653, che elevò le Province Unite a grande potenza. Ma Luigi XIV era desideroso di estendervi la sua sovranità: la guerra scoppiò nel 1672: le Province Unite, di fronte alla coalizione di Francia, Inghilterra, elettore di Colonia e vescovo di Münster, si trovarono in grave difficoltà. Guglielmo III fu nominato capitano generale per una sola campagna, poi eletto statolder; il paese riuscì a superare la grave crisi. Luigi XIV e i suoi alleati furono costretti a una precipitosa ritirata.
Il piano di Luigi XIV era fallito, ma la rivalità personale tra il Re Sole e Guglielmo III costituì, da allora in poi, un elemento determinante della politica europea. La politica di Luigi XIV favorì i disegni dello statolder e della grande coalizione antifrancese del 1686 (Lega di Augusta) di cui egli fu l’ispiratore. Nel 1689 Guglielmo d’Orange salì sul trono d’Inghilterra e da allora alla sua morte (1702) la repubblica si trovò coinvolta nei conflitti europei, riducendosi in posizione di dipendenza politica dall’Inghilterra. Partecipò alla guerra di successione spagnola, al cui termine, con il trattato della Barriera, le fu riconosciuto il diritto di tenere guarnigioni in diverse città dei P. meridionali, soggetti ora alla sovranità austriaca, come garanzia contro nuove invasioni francesi.
Da quando, alla morte di Guglielmo III, gli Stati delle Province decisero di non nominare più un nuovo statolder, l’oligarchia dominante cercò di isolarsi in una politica di neutralità nel timore che la partecipazione alla guerra potesse offrire al partito orangista l’occasione di ritornare al potere. Ciò si verificò infatti durante la guerra di successione austriaca, quando la popolazione si sollevò accusando l’oligarchia dei mercanti di aver sacrificato l’interesse pubblico al tornaconto personale: Guglielmo IV, statolder di Frisia, di Drenthe e di Gheldria, assunse la stessa carica in tutte le altre province (1747), trasmissibile per eredità alla sua discendenza maschile e femminile. Durante la guerra dei Sette anni il commercio subì gravi restrizioni; nel paese la richiesta di riforme divenne sempre più pressante soprattutto da parte del partito dei cosiddetti Patrioti, schieratisi apertamente contro lo statolder i quali, fallito un tentativo di insediarsi al potere, si rifugiarono in Francia, dove parteciparono alla Rivoluzione. A loro richiesta la Francia rivoluzionaria nel 1793 mosse guerra alle Province Unite.
Nel 1795 l’esercito francese occupò il paese: si giunse così alla proclamazione della repubblica batava: la repubblica delle sette Province Unite aveva cessato di esistere. Con la nuova Costituzione del 1798 l’esecutivo fu affidato a un direttorio, quindi si ebbe a capo del governo un gran pensionario fino al 1806, e infine una monarchia sotto Luigi, fratello dell’imperatore Napoleone. Nel 1810 i P. furono incorporati nell’Impero francese. La campagna di Russia alimentò il movimento di liberazione e nel 1813 si procedette alla formazione di un governo provvisorio, che fece proclamare principe sovrano, con il nome di Guglielmo I, il figlio dello stadolder Guglielmo V e provvide all’emanazione di una nuova Costituzione nel 1814.
L’unione dei P. austriaci e del vescovato di Liegi, insieme al conferimento del granducato di Lussemburgo a Guglielmo I, portò alla costituzione del regno dei P., deliberata al Congresso di Vienna. Ma il contrasto tra il dispotismo illuminato del sovrano e il liberalismo degli ex P. austriaci, e tra i protestanti del Nord e i cattolici del Sud, era troppo profondo: nel 1830 i Belgi si ribellarono apertamente e proclamarono la separazione dai Paesi Bassi. Invano Guglielmo I si oppose alla scissione approvata dalle grandi potenze europee e solo nel 1839 rinunciò ai suoi diritti; l’anno dopo abdicò.
Gugliemo II, dopo aver in buona parte risanato le finanze statali, concesse nel 1848 una nuova Costituzione che istituiva il sistema rappresentativo. Il lungo regno di Guglielmo III (1849-90) fu caratterizzato dal progressivo rafforzamento del sistema parlamentare. Nel 1887 entrò in Parlamento il primo deputato socialista e la questione sociale assunse sempre maggiore importanza. Da diverse parti si fece viva la richiesta di una democratizzazione dell’ordinamento dello Stato: nel 1917 si ebbe l’introduzione del suffragio universale maschile e l’adozione della proporzionale per le elezioni al Parlamento.
Durante la Prima guerra mondiale il paese, pur mantenendosi strettamente neutrale, soffrì moltissimo. La coalizione di governo, composta di elementi cattolici, antirivoluzionari (calvinisti) e cristiano-storici, si mantenne al potere fino al 1925; dal 1926 al 1939 riuscì impossibile la formazione di un governo stabile e i ministeri che si susseguirono furono tutti extra-parlamentari. Scoppiata la Seconda guerra mondiale, i P. si mantennero neutrali, ma l’invasione tedesca del maggio 1940 segnò l’inizio di un periodo assai doloroso. L’occupazione straniera rovinò l’economia del paese. La regina Guglielmina e il governo, rifugiatisi a Londra, tornarono in patria nel 1945.
Dal 1946 alla fine degli anni 1950 il governo restò a una coalizione formata dal partito socialdemocratico, che dopo la guerra si era fuso con l’ala sinistra del movimento di resistenza di W. Schermerhorn e con altri gruppi assumendo il nome di Partij van de Arbeid (PvdA), e dal Katholische Volkspartij (KV). Abbandonata la politica di neutralità, i P., che nel 1944 avevano costituito, insieme al Belgio e al Lussemburgo, il Benelux, aderirono all’Unione europea occidentale (trattato di Bruxelles, 1948) e alla NATO (1949). Nel 1948 salì sul trono la regina Giuliana. Il dopoguerra segnò anche la fine dell’impero coloniale: falliti i tentativi di domare con le armi i ribelli dell’Indonesia, nel 1949 fu riconosciuta l’indipendenza della nuova repubblica; nel 1954 i possedimenti delle Indie occidentali (Suriname e Antille olandesi) divennero autonomi in un’associazione con i P.; nel 1962 fu ceduta all’Indonesia la Nuova Guinea. A questa nuova situazione i P. fecero fronte rafforzando i rapporti con l’Europa: fu meglio definita l’unione economica del Benelux (1958) e furono sancite le adesioni all’OECE (poi OCSE), alla CEE e all’Euratom.
Al periodo della ricostruzione seguì un periodo di governi di centrodestra (1958-73), basato sull’alleanza dei partiti confessionali con il Volkspartij voor Vrijheid en Democratie (VVD) e altre formazioni di ispirazione liberale. Nei primi anni 1970 le affermazioni della sinistra riportarono il PvdA al governo in una coalizione di sinistra (1973-77) cui succedettero (1977-81, 1982-89) alleanze di governo tra VVD e Christen-Democratisch Appèl (CDA), nuova formazione che raccoglieva i partiti cristiani. Nel 1989 CDA e PvdA varavano un nuovo centrosinistra. Frattanto nel 1980 era salita al trono la regina Beatrice. Dopo le elezioni del 1994, per la prima volta dal 1917 i cristianodemocratici passarono all’opposizione e si costituì un governo di coalizione fra laburisti, liberali ed esponenti del partito di centrosinistra Democraten 66 (D66), sotto la guida del leader del PvdA W. Kok. Il dibattito politico continuò però a essere sempre imperniato sul problema dei costi dello Stato sociale.
Le elezioni politiche del 1998 videro il successo dei laburisti e dei liberali, mentre i cristianodemocratici continuarono a perdere posizioni. Il partito dei Verdi (Groen Links), nato nel 1991 da un’alleanza tra piccoli partiti di sinistra, radicali, social-pacifisti, comunisti, ottenne un discreto successo. Il nuovo ministero, guidato ancora da Kok fu costituito dalla stessa coalizione che aveva governato fin dal 1994: laburisti, liberali ed esponenti del D66. Sul piano della legislazione sociale, nel 1999 fu approvata dal Parlamento la legalizzazione delle case chiuse, nel 2000 fu riconosciuta la validità civile dei matrimoni tra omosessuali e nel 2001, dopo mesi di acceso dibattito politico e con l’opposizione dei cristianodemocratici e di alcuni piccoli partiti confessionali, fu varata una legge sull’eutanasia che ne legalizzava, per la prima volta al mondo, il ricorso. Nella primavera del 2002 il governo cadde in seguito alle polemiche scoppiate intorno al massacro di Srebrenica, in Bosnia, avvenuto nel 1995 quando la città era sotto la protezione di un contingente olandese. Le conseguenti elezioni anticipate furono macchiate dall’assassinio di P. Fortuyn, postosi alla guida di un movimento politico contro l’immigrazione. Il voto vide la vittoria dei cristianodemocratici, seguiti dalla Lista Fortuyn. Si formò una coalizione di governo di centro-destra guidata dal cristianodemocratico J.P. Balkenende. Tuttavia nel giro di pochi mesi le divisioni tra gli eredi di Fortuyn provocarono nuove elezioni anticipate, vinte ancora una volta dai cristianodemocratici (2003). Seguirono complesse trattative politiche, che si conclusero con la formazione di un nuovo governo di centro-destra sempre guidato da Balkenende, che si impegnò sul fronte della riforma del welfare e dei tagli alla spesa pubblica. In politica estera, si decise l’invio di un contingente di soldati in Iraq con compiti di peacekeeping (la missione durò fino al 2005).
Nel novembre 2004 l’uccisione del regista T. van Gogh da parte di un estremista islamico alimentò le tensioni già presenti nella società sui problemi dell’immigrazione e tra la primavera e l’estate del 2006 la coalizione al potere si divise sul tema delle politiche migratorie: Balkenende formò un governo di minoranza con il compito di condurre il paese a nuove elezioni. Il voto portò alla formazione di una nuova maggioranza formata da cristianodemocratici, laburisti e dall’Unione Cristiana; alla testa dell’esecutivo rimase Balkenende, attestandosi su una linea più moderata riguardo sia alle riforme economiche sia a quelle del welfare, che avevano generato una diffusa protesta sociale. Nel 2010 disaccordi in politica estera e, sul fronte interno, le tensioni derivate dalle pressioni dell’opposizione di estrema destra e dalle difficoltà economiche conseguenti alla crisi globale hanno portato alle dimissioni del governo Balkenende e all’indizione di nuove elezioni, vinte dal liberale M. Rutte, appartenente al VVD. Il primo ministro si è dimesso nel febbraio 2012, dopo il rifiuto del leader dell'estrema destra G. Wilders di votare le misure di austerità, che in aprile sono state comunque approvate dal governo; le elezioni tenutesi nel settembre successivo hanno comunque visto l'affermazione dei liberali e filoeuropeisti di Rutte, che hanno ottenuto 41 seggi alla Camera Bassa, due in più rispetto ai socialisti guidati da D. Samsom, mentre il partito di Wilders ha visto quasi dimezzati i suoi elettori. Nel periodo successivo alcune scelte politiche del governo sono state duramente criticate per le posizioni di sostegno all’austerity nelle misure economiche adottate in risposta alla crisi, ciò che è stato evidenziato dalla sconfitta alle elezioni europee del 2014, vinte dal partito libertario D66. L'avanzata di posizioni euroscettiche e populiste è stata inoltre attestata dall'esito del referendum tenutosi nell'aprile 2016 sulla ratifica da parte di Amsterdam di un accordo per facilitare il commercio tra Kiev e i Paesi Ue mediante la creazione di una zona di libero scambio - accordo già provvisoriamente attuato dal 1° gennaio 2016 e che il Paese è stato l'unico a non ratificare: i no hanno vinto con il 61,1% dei voti, ma il Parlamento ha comunque deciso di non ritirare la ratifica dell'accordo.
Le elezioni legislative del marzo 2017, svoltesi con una grande affluenza alle urne (81% degli aventi diritto) e seguite nell’Unione europea con preoccupazione per il rischio della deriva xenofoba e populista rappresentata da una vittoria di Wilders, dato in testa nei sondaggi fino a pochi giorni dal voto, hanno invece ribadito la vocazione europeista e liberale del Paese, sancendo l’affermazione del VVD del premier Rutte (21,2%, 33 seggi), che pur in flessione rispetto alle consultazioni del 2012 si è confermato primo partito, seguito dal PVV di Wilders (13,1%, 20 seggi), comunque in crescita, dai democristiani del CDA e dal centrosinistra di D66 (rispettivamente 12,4% e 12,1%, 19 seggi); rilevante il successo del partito dei Verdi GroenLinks (GL, dal 2,3% del 2012 al 9%, da 4 a 14 seggi) e la sconfitta dei laburisti del PvdA (-29 seggi rispetto al 2012). Nell'ottobre successivo, riconfermato alla guida del Paese, il premier Rutte ha formato un governo di coalizione costituito da forze politiche eterogenee, tra cui il VVD, i progressisti del Christen-Democratisch Appèl e il D66.Le elezioni europee svoltesi nel maggio 2019 hanno registrato la netta affermazione del PvdA, che ha ottenuto il 18,10% dei consensi, seguito dal VVD del premier Rutte (14,6%) dal CDA (12,1%) e dai Verdi (10,9%), mentre il PVV di Wilders ha subìto una netta flessione, non raggiungendo la soglia del 3,85% e non ottenendo seggi all'Eurocamera. Il VVD di Rutte ha vinto anche le consultazioni politiche svoltesi nel marzo 2021, aggiudicandosi 33 seggi su 150, mentre il PVV di Wilders ha ottenuto 20 seggi; il quarto esecutivo guidato da Rutte si è insediato nel gennaio 2022, dopo dieci mesi di stallo per la difficoltà di trovare una coalizione con una solida maggioranza in Parlamento, rassegnando le dimissioni nel luglio 2023 dopo il fallimento del negoziato sulle nuove misure da adottare in merito alla questione immigratoria.
Il 30 aprile 2013 è salito al trono Guglielmo Alessandro (n. 1967); figlio primogenito di Beatrice, che ha abdicato in suo favore, ha assunto il nome di Guglielmo IV ed è il primo sovrano di sesso maschile dal 1890.
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2016 i P. hanno assunto la presidenza del Consiglio dell'Unione Europea.
Lingua ufficiale dei P. è il nederlandese. Nella provincia della Frisia il frisone gode di uno speciale status ed è lingua ufficiale di comunicazione accanto al nederlandese.
Nell’area nederlandese i centri di cultura si erano inizialmente sviluppati nelle regioni meridionali, nel Limburgo, ad Anversa, nelle Fiandre e in modo particolare nel Brabante, sotto i duchi di Borgogna. I primi testi letterari risalgono agli ultimi decenni del 12° sec., mentre nelle regioni del Nord, nonostante gli stretti legami linguistici e culturali con quelle del Sud, la produzione letteraria inizia un po’ più tardi. Sulla scia delle cronache storiche di J. van Maerlant e J. van Boendale, compare agli inizi del 14° sec. la Rijmkroniek van Holland («Cronaca rimata d’Olanda», 1305) di M. Stoke, opera piuttosto ampia che costituisce un’importante fonte per la storia nazionale. La prima parte è dedicata al conte Floris V (1266-96), assassinato dalla nobiltà ribelle, figura divenuta leggendaria che avrebbe ispirato varie opere teatrali (P.C. Hooft, J. van den Vondel, W. Bilderdijk). Al servizio dei conti d’Olanda fra il 1383 e il 1408, vero e proprio artista di corte fu il cantastorie W. van Hildegaersberch, autore di poesie e racconti farseschi, d’impronta realistica e moraleggiante, che offrono una penetrante immagine degli avvenimenti e dei costumi del tempo. Intorno al primo decennio del 15° sec. emerge la figura di D. Potter, gentiluomo al servizio di Giacomina di Baviera e del suo successore Filippo di Borgogna, la cui opera principale, Der minnen loep («Il corso dell’amore», 1412), è un poema didascalico composto da una sessantina di racconti in rima su diversi tipi d’amore lecito e illecito. Lo spirito religioso che al Sud aveva trovato espressione nella lirica e nella speculazione mistica, al Nord confluì, soprattutto attraverso l’opera di J. van Ruusbroec, in una forma di devozione rivolta principalmente alla pratica degli ideali cristiani che diede vita al movimento religioso noto come Devotio moderna, di cui l’operetta in latino De imitatione Christi, attribuita a Tommaso da Kempis (14°-15° sec.) è lo scritto più famoso. Da ricordare sono le popolarissime prediche del francescano J. Brugman (15° sec.) e i due libretti di meditazioni, preghiere e liriche della monaca di Utrecht suor Berta.
Anche il fenomeno della Camera di retorica, al cui sviluppo contribuirono notevolmente l’affermarsi della borghesia cittadina e la più facile diffusione della cultura dovuta all’invenzione della stampa, si manifestò inizialmente al Sud, soprattutto nel Brabante e nelle Fiandre, ma nell’arco di qualche decennio si diffuse anche al Nord: la più antica camera di retorica fu fondata a Middelburg nel 1430, e le famose camere di Amsterdam e di Haarlem, De eglantier e De pellicaen, sorsero dopo il 1500. Accanto alla funzione svolta dalle camere di retorica, che stimolando la ricerca di forme letterarie più complesse e l’espressione artistica individuale prepararono in certa misura la strada al Rinascimento, nella prima metà del 16° sec. due fattori furono determinanti per l’evoluzione di nuovi modelli esistenziali, artistici e spirituali: l’affermarsi dell’Umanesimo e la Riforma.
Dall’Italia, le idee dell’Umanesimo furono accolte e propagate nei P. da Erasmo da Rotterdam, che tra le posizioni della Chiesa cattolica e i nuovi orientamenti protestanti di M. Lutero, G. Calvino e H. Zwingli, seppe affermare un modello di vita ispirato alla conciliazione e alla tolleranza, al rifiuto di ogni fariseismo. Erasmo scrisse in latino, come pure molti autori che a lui si ispirarono: tra questi ricordiamo Janus Secundus, con la raccolta di liriche Basia, e Macropedius e Gnapheus, autori di drammi.
Un grande centro di cultura umanistico-rinascimentale divenne Leida, la cui università fu fondata nel 1575 e poté vantare professori e studiosi di fama europea quali Joseph Justus Scaliger e Justus Lipsius; il filosofo-filologo G.J. Voss che, interpretando la Poetica di Aristotele, pubblicò un’ampia trattazione dei vari generi letterari secondo i canoni del classicismo; e in particolare l’eminente classicista D. Heinsius, la cui opera poetica diede un’impronta determinante alla produzione letteraria neolatina di tutto il 17° secolo. Hensius però non scrisse solo in latino: in Hymnus of Lofsanck van Bacchus («Inno o Lode a Bacco», 1614), Nederduytsche poemata («Poemi nederlandesi», 1616) e Lofsanck van Jesus Christus («Lode a Gesù Cristo», 1616) volle usare la lingua nazionale, come aveva già fatto J. van Hout (16° sec.), uno tra i primi autori dei P. settentrionali ad aver recepito lo spirito rinascimentale promuovendo una letteratura in lingua nazionale.
Tra i primi umanisti fu anche D.V. Coornhert (16° sec.), la cui vita e le cui opere furono caratterizzate da uno spirito erasmiano di tolleranza. Portatore di una nuova etica e dei nuovi ideali estetici, Coornhert contribuì anche a rivalutare la lingua nazionale, formulandola con grande accuratezza, fluidità e rigore nella sua prosa, che fu presa a modello per tutto il secolo successivo. Un’esigenza di purezza della lingua, indotta anche dalla volontà di contrastare la moda francesizzante diffusasi negli ambienti letterari per effetto della dominazione borgognona, si concretizzò nella prima grammatica nederlandese, Twe-spraack van de Nederduytsche letterkunst («Dialogo sulla grammatica nederlandese», 1584) di H.L. Spiegel, che fu pubblicata con una prefazione di Coornhert. Anche il mercante-poeta P.R. Visscher, la cui casa fu un luogo d’incontro per artisti e letterati, contribuì a dare un carattere proprio alla lingua nederlandese con la raccolta di epigrammi Brabbeling («Bagattelle», 1614) e il volumetto di emblemi Sinnepoppen (1614), che nel tono realistico e nel sapore popolare preludono all’opera di autori diversi quali C. Huygens, J. van den Vondel, G.A. Bredero, J. Cats e J. Luyken.
Con la nascita (1588) della repubblica delle Province Unite, il predominio letterario si spostò gradualmente dall’area meridionale a quella settentrionale. Allo sviluppo culturale e anche economico della Repubblica contribuirono in notevole misura i capitali, l’erudizione, l’ingegno e lo spirito d’iniziativa delle molte decine di migliaia di esuli trasferitisi al Nord, dove, per circa tre secoli, la lingua e la letteratura nederlandese poterono prosperare ed evolversi.
La lotta per la libertà nazionale e religiosa, il cui spirito è autenticamente espresso nei canti dei ribelli raccolti nel Geuzenliedboek («Il canzoniere dei pezzenti», 1574), ispirò diverse opere storiche di rilievo, come quelle in latino dello storico e giurista U. Grozio (H. van Groot), e quella d’impronta tacitiana di P.C. Hooft, Nederlandsche historiën («Storie nederlandesi», 1642-54). Versatile e raffinato umanista, Hooft fu al centro della vita letteraria e culturale del suo tempo sia ad Amsterdam, divenuta centro artistico del Rinascimento, che al castello di Muiden, dove molti letterati e artisti animavano il clima intellettuale del famoso Circolo di Muiden, e la sua opera annovera diversi capolavori della letteratura rinascimentale nederlandese in tutte le forme da essa adottata, dalla lirica all’epistolario alla drammaturgia.
J. Cats fu il più autorevole rappresentante della poesia emblematica del Seicento, nella cui opera popolare prevale l’intento didascalico, percepibile anche nella poesia di C. Huygens, aristocratico di grande cultura umanistica e acuto osservatore e giudice della realtà e dei costumi; G.A. Bredero e J. van den Vondel, entrambi squisiti poeti ma anche autori teatrali (il primo commediografo, il secondo tragediografo) che arricchirono la produzione teatrale del tempo, cui diede il suo apporto anche il popolare drammaturgo J. Vos. L’attività teatrale, inoltre, stimolata dalle tre più importanti camere di retorica che curavano anche le rappresentazioni, ebbe uno dei momenti più significativi con l’inaugurazione del nuovo teatro di Amsterdam (1638), costruito dall’architetto J. van Campen. La lirica religiosa trovò espressione in alcuni poeti minori, quali il cattolico J.S. van der Wiele, i protestanti D.R. Camphuizen e J. Revius.
Se si eccettuano la traduzione della Bibbia, Statenbijbel, ordinata dagli Stati Generali e ultimata nel 1637, che tanta influenza ebbe sulla lingua scritta e parlata, la prosa storica ed epistolare di Hooft e qualche prefazione di Vondel, nella letteratura di questo periodo la prosa fu scarsamente rappresentata. Oltre al romanzo pastorale di J. van Heemskerk, a quello picaresco di N. Heinsius e all’arguta prosa dei moralisti Johan de Brune e Jan de Brune, vanno ricordati i diari di viaggio, fra i più noti quello di W.Y. Bontekoe, e l’opera biografica di G. Brandt.
Nella fiorente produzione letteraria della seconda metà del 17° sec. si osserva l’accentuarsi dell’elemento barocco, come nella particolare sensibilità religiosa di J. de Decker e H. Dullaert. Allievo di Vondel fu J.A. van der Goes, un poeta apprezzabile malgrado l’eccesso di retorica e di elementi mitologici. Il conflitto quasi ventennale tra i fautori del teatro classico, che ebbero un instancabile sostenitore in S. Coster, e quelli del teatro ‘libero’ si concluse nel 1635 con la fusione delle tre camere di retorica nella Amsterdamsche Kamer. Le opposte tendenze continuarono a coesistere, ma la drammaturgia classica ebbe il sopravvento grazie al classicismo francese, che fece il suo ingresso nella letteratura nederlandese con la fondazione dell’accademia ‘Nil volentibus arduum’ (1669), un’associazione di poeti. Questa, e le numerose società di poesia sorte successivamente, determinarono fino al 1766 il clima letterario, in particolar modo per il teatro, i cui canoni estetici si conformarono alla precisa normativa codificata dal francese N. Boileau nell’Art poétique (1674).
Al di fuori del classicismo si colloca il volumetto del pregevole poeta J. Luyken, Duytsche lier («Lira nederlandese», 1671), raccolta di vivaci e delicate liriche in stile anacreontico. Nell’ultimo quarto di secolo due autori teatrali riprendono felicemente la tradizione realistica di Bredero: T. Asselijn, che dopo una serie di tragedie d’impronta classicista rivela il suo vero talento nella commedia, e P. Bernagie, che fornisce una spiritosa immagine di costume nella farsa De belachelyke jonker («Il gentiluomo ridicolo», 1681).
Insieme alla drammaturgia, anche il poema epico rientra nei generi privilegiati e rigidamente codificati nei modelli classicisti. Fra i più noti rappresentanti della poesia epica, che attinge prevalentemente ad argomenti biblici o della storia nazionale, con o senza riferimenti mitologici, vanno menzionati: L. Rotgans con Wilhelm de Derde («Guglielmo III», 1700) e A. Hoogvliet con Abraham de aartsvader («Abramo il patriarca», 1727), entrambi tenuti in grandissima considerazione dagli scrittori contemporanei; Lucretia W. van Merken con David (1767); i fratelli van Haren, Willem, autore della grande epopea Gevallen van Friso («Le vicende di Friso», 1741), e Onno Zwier, autore dei poemi Aan het vaderland («Alla patria», 1769) e De geusen («I pezzenti», 1771) oltre che dell’apprezzabile tragedia su un episodio della storia coloniale nederlandese, Agon, sulthan van Bantam («Agon, sultano di B.», 1796). Per la poesia arcadico-pastorale, rappresentata soprattutto da J.B. Wellekens, che pubblicò nel 1715 Verhandeling van het herdersdicht («Trattato della poesia pastorale») insieme alla traduzione dell’Aminta, va ricordato C. Bruin con Noord-hollandsche Arkadia («L’Arcadia dell’Olanda settentrionale», 1719), mentre per la poesia lirica la figura di maggior rilievo è H.K. Poot.
Per la tragedia, per lo più ridondante e prolissa, gli autori più importanti di questo periodo sono il citato Rotgans e B. Huydekoper, mentre la commedia, più rispondente al carattere nederlandese per la sua impostazione realistica, è rappresentata soprattutto da P. Langendijk, attento osservatore dei costumi e interessato a cogliere il contrasto fra apparenza e realtà (Het wederzijds huwelijksbedrog «Il reciproco inganno matrimoniale», 1714; De spiegel der vaderlandse koopliederen «Lo specchio dei mercanti nederlandesi», 1760). Acuto osservatore dei costumi fu anche il critico e prosatore J. van Effen che, ispirandosi allo Spectator inglese, fondò la rivista De Hollandsche spectator («L’osservatore olandese», 1731-35), in cui si proponeva di edificare il suo pubblico trattando con buon senso e realismo argomenti di vario genere.
La fine dell’accademismo classico fu segnata dalla nascita della Maatschappij der Nederlandsche letterkunde («Società della letteratura nederlandese»), fondata a Leida nel 1766 e tutt’oggi attiva, nata dalla fusione di alcune società di poeti su iniziativa di R. M. van Goens, profondo conoscitore delle letterature europee del suo tempo e autore di tre saggi, scritti tra il 1765 e il 1767, sugli orientamenti dei nuovi ideali artistici del periodo preromantico. Anche H. van Alphen, autore di versi in cui seppe esprimere la nuova sensibilità (Kleine gedigten voor kinderen «Piccole poesie per bambini», 3 vol., 1778-82), argomentò contro l’accademismo nella Theorie der schoone kunsten en wetenschappen («Teoria delle belle arti e delle scienze», 1778-80), e in Digtkundige verhandelingen («Dissertazioni poetiche», 1782). Riflessioni teoriche sui concetti di bellezza e arte furono elaborate inoltre da R. Feith, J. Kinker (poeta-filosofo d’ispirazione kantiana) e W. Bilderdijk.
Il sentimentalismo pietistico d’impronta tedesca, in cui si libera una raffinata e profonda commozione interiore e un’esaltata e malinconica ammirazione della natura, trovò eco soprattutto in R. Feith, autore dei romanzi Julia (1783) e Ferdinand en Constantia (1785), e in E.M. Post, che rivolse il suo interesse soprattutto alla natura, autrice di un romanzo sul Suriname (Reinhart, of natuur en godsdienst «R. ovvero natura e religione», 1791). Il lacrimevole sentimentalismo dei romanzi di Feith suscitò le critiche e l’ironia di diversi autori contemporanei. Fra questi anche E. Wolff-Beker e A. Dekken, che, sul modello della letteratura inglese, introdussero nei P. il romanzo epistolare educativo. Le due scrittrici scrissero in collaborazione Historie van mejuffrouw Sara Burgerhart («Storia della signorina S. B.», 1782), considerato il primo romanzo moderno della letteratura nederlandese, e Historie van den heer Willem Leevend («Storia del signor W. L.», 8 vol., 1784-85), che comprende un’ampia trattazione teologica di tutte le correnti religiose.
Nei P. il Romanticismo si sviluppò intorno a tre motivi: la religiosità, l’esaltazione dei valori nazionali e il realismo del quotidiano, in cui trovano espressione il sentimento di domestica intimità e un garbato senso umoristico. La figura di maggior rilievo fu W. Bilderdijk, spirito tormentato, esaltato e individualista, che malgrado le teorie esposte in Kunst der poëzy («Arte poetica», 1809), non seppe tuttavia affrancarsi dai modelli formali del classicismo. Gli autori di questo periodo sentono tutti la necessità di una forma poetica autonoma e del ritorno alla naturalezza. La romanza, componimento epico-lirico che sembra esprimere al meglio la sensibilità romantica, è un genere molto in voga, praticato da autori come i citati Feith e Bilderdijk, J. Bellamy (fondatore della rivista di critica letteraria De poëtische spectator «L’osservatore poetico», 1784-86), A.C.W. Staring, che in seguito si rivelò autore di gustose narrazioni umoristiche. Tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento si distinsero ancora A. Loosjes, con quello che si può considerare il primo romanzo storico olandese, Leven van Maurits Lijnslager («Vita di M. L.», 1808), e J.F. Helmers con il poema De Hollandsche Natie («La nazione olandese», 1812). Dopo alcuni anni J. Vosmaer pubblicò Het leven en de wandelingen van Meester Maarten Vroeg («La vita e le passeggiate di M. M. V.», 1821-22), una serie di novelle umoristiche che con vivace realismo esprimono una tollerante critica della vita culturale e sociale del tempo. Molto successo ebbe H. Tollens, cantore dell’amor patrio in numerose ballate e nel popolarissimo poema narrativo Overwintering der Hollanders op Nova-Zembla («Svernamento degli Olandesi in Nuova Zemlia», 1819). I. da Costa, allievo di Bilderdijk e profetico sostenitore della missione sacerdotale del poeta, professò la sua avversione per gli ideali liberali in Bezwaren tegen den geest der eeuw («Obiezioni contro lo spirito del tempo», 1823), e fu il maggior esponente del réveil, il movimento religioso protestante con tendenze dichiaratamente conservatrici che proponeva un rinnovamento ispirato alla tradizione pietistica. Tipico prodotto letterario di questo movimento fu la predikantenpoëzie («poesia dei predicatori»), rappresentata da autori sia laici sia religiosi.
L’ideale romantico nazionale trovò ispirazione nell’opera di W. Scott, additata a modello ideale per il romanzo storico dall’autorevole erudito D.J. van Lennep già nel 1827. Entusiastico sostenitore degli ideali storico-nazionali e stimolatore del rinnovamento delle lettere e della società in generale fu E.J. Potgieter, che esercitò grande influenza con De gids («La guida»), la rivista di critica letteraria da lui fondata (1837) e diretta. Il ricco filone del romanzo storico, iniziato da A. Drost con Hermingard van Eikenterpen («Ermingarda di E.», 1832), fu continuato con successo da J. van Lennep con De Roos van Dekama («La rosa di D.», 1836) e Ferdinand Huyck (1840), da J.F. Oltmans con De schaapherder («Il pastore», 1838), e soprattutto da A.L.G. Bosboom-Toussaint. Nell’ambito della produzione romantico-realistica, che nel culto dell’umorismo s’ispira prevalentemente ai modelli inglesi (L. Sterne, C. Lamb e C. Dickens), uno dei migliori esempi è costituito da Camera obscura (1839) di N. Beets, in cui la comicità scaturisce dall’attenta e divertita osservazione del quotidiano. Da ricordare sono anche i bozzetti di Studententypen («Tipi di studenti», 1839-41) di J. Kneppelhout, Waarheid en droomen («Verità e sogni», 1840) di J.P.Hasebroek e Schetsen uit de Pastorij te Mastland («Bozzetti dalla casa del pastore evangelico a M.», 1843) di C.E. van Koetsveld. Nelle Gedichten van de schoolmeester («Poesie del maestro di scuola», post., 1859) di G. van de Linde sono presenti elementi grotteschi e parodistici, e i versi della raccolta Snikken en grimlachjes van Piet Paaltjens («Singhiozzi e sogghigni di P. P.», 1867) di F. Haverschmidt sono pervasi da un umorismo malinconico che ricorda quello di H. Heine.
L’ambiente borghese di commercianti è ritratto con amara e pungente ironia da Multatuli nel romanzo Max Havelaar, of de koffy-veilingen der Nederlandsche Handel-maatschappij («M.H., ovvero le aste di caffè della Società Commerciale Nederlandese», 1859), che per la qualità e il carattere innovativo della sua prosa, oltre che per il valore e l’originalità dei contenuti, è da considerarsi l’opera più importante di tutto l’Ottocento. Lo sviluppo della letteratura in prosa favorì la nascita di generi autonomi quali la saggistica. Figura di rilievo in questo campo fu C. Busken Huet, letterato fecondo e spirito polemico che, oltre a Litterarische fantasiën en kritieken («Fantasie e critiche letterarie», 25 vol., 1881-88), pubblicò una pregevole storia culturale del Seicento, Het land van Rembrandt («La terra di R.», 1882-84).
Nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, insieme al desiderio di rinnovamento già validamente rappresentato, sul piano critico e sociale oltre che letterario, da Multatuli e Busken-Huet, trovò finalmente espressione la tendenza individualistica del Romanticismo nelle giovani generazioni di poeti che guardavano all’esempio inglese (P.B. Shelley, J. Keats, W. Wordsworth) e francese (C. Baudelaire, G. Flaubert, É. Zola). Con la pubblicazione dei sonetti di J. F.H. Perk in Mathilde (post., 1882), vibrante glorificazione della Bellezza, nasceva il Beweging van Tachtig («Movimento degli Ottanta»), che da quell’opera, e dall’introduzione che ne fece il suo curatore W.J.T. Kloos, trasse il suo manifesto. Principi fondamentali dell’estetica degli ottantisti erano l’importanza dell’individualità del poeta, a livello sia percettivo sia espressivo, il culto della bellezza, l’arte fine a sé stessa, l’unità di forma e contenuto e la concezione della realtà come percezione sensoriale ed esperienza diretta. Organo del movimento fu la rivista De nieuwe gids («La nuova guida»), fondata ad Amsterdam nel 1885 da Kloos insieme a W. Paap, F. van der Goes, F.W. van Eeden, A. Verwey; poco dopo entrò nella redazione anche L. van Deyssel. L’espressione più compatta e durevole nella produzione di De nieuwe gids, che pur accogliendo anche saggi di carattere politico e scientifico diede spazio soprattutto alla letteratura e alla critica letteraria, fu la lirica, rappresentata nel suo momento più alto dal poema lirico-simbolico Mei («Maggio», 1889) di H. Gorter, la cui stupefacente capacità evocativa si realizza in un linguaggio espressionistico che gioca incessantemente su ritmi e suoni. Accanto a Gorter, fra i più importanti poeti ottantisti va menzionata, oltre a Kloos e Verwey, entrambi rappresentativi anche per la critica, H. Swarth. L’esasperato estetismo del movimento fu ridimensionato dall’esigenza di dare espressione ad altri valori di tipo etico, religioso-filosofico e sociale; l’unità del gruppo si frantumò e i vari componenti scelsero orientamenti diversi: Kloos e van Deyssel rifiutarono il socialismo in quanto negazione del loro individualismo estetizzante, Gorter approdò al marxismo, van der Goes e van Eeden furono entrambi di tendenze socialiste, ma l’uno prese un indirizzo razionalistico e l’altro religioso. Verwey, orientato verso l’idealismo e il simbolismo, abbandonò la redazione e fondò, insieme a van Deyssel, Het tweemaandelijks tijdschrift («La rivista trimestrale», 1894).
Il rinnovamento introdotto dal movimento degli Ottanta coinvolse soprattutto la poesia, ma il principio della percezione sensitiva valse anche per la prosa, che si orientò principalmente verso l’impressionismo e il naturalismo. La tendenza impressionista è rappresentata soprattutto dallo scrittore-pittore J. van Looy, autore del popolare romanzo autobiografico Jaapje (1917), e da A. Prins, che aveva esordito come naturalista. La tendenza naturalista, che ebbe un antesignano in M. Emants, conta un maggior numero di rappresentanti, alcuni dei quali nella fase iniziale della loro attività. Tra gli autori di maggior prestigio: van Eeden, con il romanzo Van de koele meren des doods («I freddi laghi della morte», 1900); van Deyssel, che dopo Een liefde («Un amore», 1887), voltò ben presto le spalle a Zola evolvendosi verso il simbolismo e il misticismo; il grande romanziere L. Couperus con Eline Vere (1889). Nell’ambito di un naturalismo d’impronta realistica s’inserì tutta l’opera di H. Heijermans, autore di profonde convinzioni socialiste che con i suoi drammi incivisi (Op hoop van zegen «La buona speranza», 1900; Allerzielen «Il giorno dei morti», 1905) risollevò le sorti di un genere un po’ trascurato. Fra naturalismo e realismo, e con accenti diversi, si collocano A. Aletrino, J. de Meester, F. Netscher, F. Coenen. Un orientamento psicologico si delinea in H. Robbers, I. Boudier-Bakker, T. Naeff e soprattutto in C. van Bruggen, mentre il pessimismo di J. van Oudshoorn anticipa l’esistenzialismo. Agli inizi degli anni 1890 la poesia si orienta verso l’espressione dell’idea, fenomeno che già si osserva in J.H. Leopold e in P.C. Boutens, i versi dei quali, nonostante la diversità di stile, rivelavano un approfondimento filosofico. De Beweging («Il Movimento», 1905-19), l’autorevole rivista fondata da Verwey, ebbe molta influenza nel combattere il culto della forma e nell’affermazione di un orientamento idealistico. Nel suo ambito operarono i giovani autori che esordirono intorno al 1910; tra i più importanti P.N. van Eyck, A.R. Holst e J.C. Bloem, la cui tematica – la ricerca della felicità e la dolorosa inestinguibilità del desiderio – approdò rispettivamente a una rassegnata delusione, a una serena concezione panteistica, all’orgoglioso ritiro nella costruzione poetica di un proprio mondo. Non meno significativi sono J.A. dèr Mouw, J.I. de Haan e G. Gossaert. M. Nijhof, pur appartenendo a questa generazione, è una tipica figura di transizione per la modernità della sua tematica esistenziale. All’inizio del 20° sec. si manifestò una tendenza neoromantica, rappresentata da A. van Schendel, uno dei più grandi scrittori moderni dei P.B., da A. van de Leeuw, P.H. van Moerkerken, N. van Suchtelen e dalle due poetesse A. de Wit e N. van der Schaaf. Figure a sé stanti, per quanto riguarda la prosa, sono Nescio, per lo stile asciutto e ironico dei suoi racconti, e F. Bordewijk, che dopo una serie di racconti di tipo espressionistico pervenne allo stile conciso e disadorno della ‘nuova oggettività’.
L’espressionismo era stato introdotto nei P. dalla rivista d’avanguardia Het getij («La marea», 1916-24), cui subentrò De vrije bladen («I fogli liberi», 1924-32) che ne continuò l’indirizzo di apertura al vitalismo e all’esaltazione di un sentimento cosmico. In queste riviste si espressero inizialmente C. van Wessem, H. De Vries, J.J. Slauerhoff, e soprattutto H. van der Bergh, che fu il portavoce, l’animatore e il teorico della poesia ‘vitalistica’, e H. Marsman che di quella poesia fu il massimo esponente. Verso un indirizzo umanitario si orientarono prevalentemente i poeti espressionisti cattolici, che si raccolsero intorno alle riviste Roeping («Vocazione», 1922-63) e De Gemeenschap («La comunità», 1925-41). Autorevole portavoce di questa corrente fu il critico e saggista A. van Duinkerken e gli autori più rappresentativi furono il poeta J. Engelman e il romanziere A. Coolen.
Altre riviste accolsero indirizzi spirituali diversi, come quello dei giovani autori protestanti, fra i quali emerse il poeta W. de Merode, o quello etico-umanistico di cui D. Coster fu l’animatore. Fra gli autori di orientamento socialista e comunista vanno ricordati A.M. de Jong, J. Last, A. den Doolaard, A. Helman e soprattutto T. de Vries. Intorno agli anni 1930 la rivista d’avanguardia di arti figurative De Stijl si fece portavoce del concetto di ‘nuova oggettività’, con cui in architettura si indicava una tendenza che privilegiava la funzionalità e rifiutava ogni elemento superfluo. In letteratura tale tendenza si espresse in una forma asciutta, di cui linguaggio comune, fraseggio e ironia erano elementi essenziali, e fu adottata dalla rivista Forum (1932-35), fondata insieme a C.E. Du Perron da M. ter Braak, polemista e moralista indipendente, nonché brillante saggista. Tra i collaboratori di Forum, che assunse un ruolo guida nella vita culturale del tempo, vi furono molti nomi di prestigio, tra cui Bordewijk, Marsman, Slauerhoff, J. Geshoff, e soprattutto S. Vestdijk, ingegno versatile e scrittore di formato europeo, i cui numerosi romanzi sono caratterizzati da una penetrante indagine psicologica. La rivista Criterium (1940-42; 1945-48), che si proponeva come rivista ‘aperta’, accolse autori diversi con tendenza al realismo romantico. Il più importante redattore e leader critico fu E. Hoornik, e fra i collaboratori di maggior rilievo figurano le scrittrici I. Gerhardt e M. Vasalis, G. Achterberg, A. Morriën e B. Aafjes. La cessazione di Forum, la tragica e pressoché simultanea scomparsa di Du Perron, ter Braak e Marsman, costituirono una grande perdita per la letteratura nederlandese e, infine, con l’istituzione di una Cultuurkamer filonazista nel 1942, molti scrittori furono costretti al silenzio o alla clandestinità.
La poesia della Resistenza trovò le sue più significative espressioni in Het lied der achttien dooden («La canzone dei diciotto morti») di J. Campert e in Het vrij Nederlandsh liedboek («Il libero canzoniere nederlandese», 1944), che raccoglie poesie di vari autori. Una delle più note testimonianze degli orrori della guerra è Het achterhuis («La retrocasa», 1947; trad. it. Il diario, 1956) di A. Frank, mentre è una scoperta recente la pregevole opera di E. Hillesum, uccisa a Auschwitz: Het verstoorde leven («La vita turbata», 1981; trad. it. Diario 1941-43, 1985) e Brieven 1942-1943 (1986; trad. it. Lettere 1942-43, 1990). Il tema della guerra e dei ricordi a essa legati ricorrerà nell’opera di vari autori, dalla novella De nacht der girondijnen (1957; trad. it. La notte dei girondini, 1976) di E. Presser, alle raccolte Het bittere kruid («L’erba amara», 1957) e De val (1982; trad. it. La caduta, 1992) della scrittrice M. Minco, al romanzo De aanslag (1982; trad. it. L’attentato, 1986) di H. Mulisch.
Con l’acquisizione dell’indipendenza da parte dell’Indonesia (1949), i ricordi del passato coloniale ispirarono negli anni 1950 diversi autori, tra cui la scrittrice M. Dermoût con De tienduizend dingen (1955; trad. it. Le diecimila cose, 1959) e E. Breton de Nijs con Vergeelde portretten («Ritratti ingialliti», 1954).
Nei primi anni del dopoguerra la letteratura nederlandese percorse la strada già tracciata da Forum e riproposta da Libertinage (1948-54), la rivista fondata da H. Gomperts. Tuttavia, tra le generazioni più giovani serpeggiava un profondo senso d’inquietudine e d’insoddisfazione che si manifestavano con l’intolleranza nei confronti del sistema costituito e con il rifiuto dei valori e dei principi consolidati dalla tradizione borghese. In nome della spontanea creatività e della libertà dell’artista, propugnate dal gruppo internazionale COBRA e dall’omonima rivista, alcuni giovani poeti si associarono per sperimentare una nuova poesia anti-intellettuale, irrazionale, in cui il subcosciente affiora nella sequenza casuale di parole, pensieri e immagini in libero gioco associativo. Tra essi, J.G. Elburg, G. Kouwenaar e soprattutto Lucebert (pseudonimo del poeta L.J. Swaanswijk), la cui poesia Verdediging van de 50-ers («Difesa dei Cinquantisti») è un attacco all’establishment letterario e allo stesso tempo la formulazione programmatica del Beweging van Vijftig («Movimento degli anni Cinquanta»), con il quale dadaismo e surrealismo irrompono nella letteratura nederlandese. Del movimento si fecero portavoce alcune riviste, quali Blurb (1950-51), fondata da S. Vinkenoog, e Braak (1950-51), della cui redazione fecero parte, oltre ai fondatori R. Campert e R. Kousbroek, anche Lucebert, Kouwenaar e B. Schierbeek, il primo autore di prosa sperimentale. Importante è stato anche il ruolo svolto nella configurazione dello sperimentalismo da alcune antologie, quali Atonaal («Atonale», 1951) di Vinkenoog, e Nieuwe griffels, schone leien («Gesso nuovo, lavagne pulite», 1954) del teorico del movimento P. Rodenko.
All’inizio degli anni 1960 nuovi stimoli vengono dalla pop art e dal movimento dei nouveaux réalistes: l’artista distoglie l’attenzione dal proprio mondo interiore e rivolge il suo interesse alla realtà, vista soprattutto nei suoi aspetti più concreti e banali. Altro forte stimolo è venuto dal movimento della generazione beat, cui si riallaccia quello dei provo (riduzione del fr. provocateur), movimento giovanile di contestazione sviluppatosi ad Amsterdam (1964-66). Le riviste rappresentano le tendenze dominanti negli ambienti letterari. Nell’ambito della combattiva Gard Civik («Guardia civica», 1955-64) operano gli autori sperimentali Armando (pseudonimo dello scrittore H.D. van Dodeweerd), C.B. Vaandrager e H. Verhagen, che privilegiano provocatoriamente temi quali la violenza, il sesso, la follia; intorno a Barbarber (1958-71) si raduna un altro gruppo sperimentale che ricerca gli aspetti artistici dei soggetti più banali. Figure dominanti di questa corrente sono K. Schippers, autore di Een klok en profiel («Un orologio di profilo», 1965) e Een vis zwemt uit zijn taalgebied («Un pesce nuota fuori dalla sua area linguistica», 1976), e J. Bernlef. Per la strada intrapresa dagli sperimentalisti proseguono Merlijn («Merlino», 1962-66), che fin dall’inizio ha dato ampio spazio alla saggistica, soprattutto quella di natura strutturalista, e Raster («Rastrello», 1967-72; nuova serie dal 1977), che si muove in un ambito culturale più ampio e vario e annovera tra i suoi collaboratori il prestigioso poeta H.C. ten Berge, oltre a R. Bloem, H. Faverey, A. Zuiverent, P. Nijmeijer. Un gruppo piuttosto eterogeneo di tendenze chiaramente individualiste si raccoglie intorno alle riviste Tirade («Tirata», dal 1957) e Hollands maandblad («Mensile olandese», dal 1959). L’opera di questi autori ha come elementi comuni la libertà formale e la concretezza d’immagini, ereditate dal movimento cinquantista, e una tendenza alla riflessione d’ispirazione personalistica o più generalmente umanitaria. Tra essi, R. Kopland, autore molto popolare, la cui poesia tecnicamente raffinata è spesso venata d’ironia; J. Herzberg, che fornisce un nuovo assetto alla realtà e agli avvenimenti, osservati da una personalissima ottica femminile; inoltre D. Hillenius, K.L. Poll e T. van Deel.
Nella seconda metà degli anni 1960 si evidenzia una nuova tendenza d’ispirazione romantica, che si affermerà nel decennio successivo. Tra i primi poeti neo-romantici si ricordano F.H. van Beek, J. Hamelink e K. Ouwens, mentre G. Komrij si distingue per la maestria con cui recupera il sonetto, forma adottata anche da J. Kuijper, J. Kal e L. Weemoedt. I nuovi orientamenti formali e contenutistici investono anche la narrativa, prodotta dalla maggior parte dei poeti citati.
Sin dall’immediato dopoguerra, nella prosa si erano andati verificando notevoli cambiamenti sia per quanto riguarda i contenuti sia nella forma, in particolare nella struttura del romanzo, sull’esempio di autori quali J. Joyce, M. Proust e F. Kafka. Tre romanzi, pubblicati a breve distanza, De avonden («Le serate», 1947) di G. Reve, Eenzaam avontuur («Avventura solitaria», 1948) della scrittrice A. Blaman, e De tranen der acacia’s («Le lacrime delle acacie», 1949) di W.F. Hermans possono essere considerati il punto di partenza della nuova prosa, che fino all’inizio degli anni 1960 rimarrà fortemente radicata al neorealismo disincantato di queste opere.
Negli anni 1960 debutta H. Mulisch, una delle figure più originali e innovatrici della prosa nederlandese, mentre ha inizio l’attività di una nutrita generazione di scrittori che, pur rimanendo legati alla narrativa tradizionale, mostrano di aver recepito lo spirito e le tematiche dei tempi nuovi. H. Haasse, narratrice e saggista di fama internazionale, dopo i primi successi con la novella Oeroeg (1949; trad. it. Il lago degli spiriti, 1992) e i romanzi Het woud der verwachting (1949; trad. it. Vagando per una selva oscura, 1991) e De tuinen van Bomarzo («I giardini di Bomarzo», 1968), ha dato l’avvio a un rinnovamento del romanzo storico con Mevrouw Bentinck of de onverenighaarheid van karakter («La signorina B. ovvero L’incompatibilità di carattere», 1978) e De groten der aarde of Bentinck tegen Bentinck («I grandi della terra ovvero B. contro B.», 1981). A. van der Veen è attento osservatore dei problemi dell’uomo e della società in Het wilde feest («La festa sfrenata», 1952) e impegnato nell’analisi personale in Kom mij niet te na («Non venirmi troppo dietro», 1968) e Blijf niet zitten waar je zit («Non restare seduto dove sei», 1972). Si ricordano inoltre A. Koolhaas, A. Kossman, P.H. Dubois, M. Dendermonde. Un capitolo a parte costituisce la prosa umoristica, rappresentata soprattutto da due grandi scrittori molto amati dal pubblico: G. Bomans e S. Carmiggelt. La protesta e l’anticonformismo assumono un tono più violento e aggressivo nella prosa di J. Wolkers, autore di molti racconti e romanzi, fra cui alcuni best seller degli anni 1960, e J. Cremer, ispirato al modello di J. Kerouac. Controllato e composto è il realismo di H. Heeresma, di cui si ricordano le novelle (Een dagje naar het strand, 1962, e De vis, 1963; trad. it. Una giornata alla spiaggia. Il pesce, 1973) e il testo parodistico di Han de Wit gaat in ontwikkelingshulp («H. de W. va volontario nei paesi in via di sviluppo», 1972). B. den Uyl, in una prosa laconica e precisa, ma piena di effetti spiazzanti, registra la follia di una realtà affidata al caso (Een zachte fluittoon «Un fischio sommesso», 1968; Gods wegen zijn duister en zelden aangenaam «Le vie del Signore sono oscure e raramente piacevoli», 1975; Opkomst & ondergaang van de zwarte trui «Ascesa e declino del maglione nero», 1982). Elementi mitici e magici affiorano nella fantasia di J. Hamelink, che descrive il contrasto fra la civiltà tecnologica e le minacciose forze della natura in Het plantaardig bewind («Il potere vegetale», 1964), Ranonkel («Ranuncolo», 1969) e De boom Goliath («L’albero Golia», 1973). D’ispirazione fantastica è anche il realismo di G. Krol, autore di Het gemillimeterde hoofd (1967; trad. it. La testa millimetrata, 1969), mentre A. Koolhaas con i suoi originali racconti di animali rinnova le forme tradizionali di questo genere narrativo, e W. Brakman, autore di romanzi psicologici, rivolge particolare attenzione alla lingua e alla forma. Carattere fortemente impegnato ha la prosa della scrittrice A. Burnier, sia nella ricerca della propria identità che nell’analisi della posizione della donna nella società. La sensibilità romantica e l’approfondimento psicologico, insieme ai pregi compositivi e stilistici sono elementi distintivi nella prosa di J. Brouwers, narratore e polemico saggista, che ha conquistato la notorietà con il romanzo Zonsopgangen boven zee («Albe sul mare», 1977) e con Bezonken rood («Rosso depositato», 1981). Per quanto riguarda la prosa sperimentale, le cui tematiche sono spesso orientate verso l’impegno sociale e politico, oltre alle opere di H.C. ten Berge, si ricordano i romanzi Mannekino («Manichino», 1968) e De sirkelbewoners («Gli abitanti del cerchio», 1970) di S. Polet. Fortemente influenzato dalla Scuola di Francoforte e dal nouveau roman è J.F. Vogelaar, con le sue tecniche di montaggio e l’uso rivoluzionario della lingua (Anatomie van een glasachtig lichaam «Anatomia di un corpo vitreo», 1966; Raadsels van het rund «Enigmi del bue», 1978; Verdwijningen «Sparizioni», 1988). Anche la scrittrice L. van Marissing, che debutta agli inizi degli anni 1970, ricorre alle tecniche di montaggio nel suo antiromanzo Ontbinding («Decomposizione», 1972), in De omgekerde wereld («Il mondo all’inverso», 1975) e Het gedroomde leven/Een denkbeeldig onderzoek («La vita sognata/Una ricerca immaginaria», 1979). L’impegno socio-politico espresso dal gruppo sperimentale è condiviso anche da autori dichiaratamente orientati verso un’impostazione più realistica e verso forme espressive più accessibili. Ricordiamo F.M. Arion, con Afscheid van de Koningin («Commiato dalla regina», 1975), e le scrittrici A. Meulebelt, con De schaamte voorbij («Oltre il pudore», 1976), e H. Meinkema, con il popolarissimo En dan is er koffie («E poi c’è il caffè», 1976).
Nei primi anni 1970, in reazione alla prosa sperimentale, nasce il fenomeno del realismo aneddotico che trova la sua formulazione più appropriata nel racconto breve, talvolta brevissimo, scritto in un linguaggio usuale e centrato su personaggi ironicamente insignificanti. Il modello più seguito è quello di Heeresma, che, insieme a P. Andriesse e H. Plomp, pubblica nel 1970 il Manifest van de jaren zeventig («Manifesto degli anni Settanta»). I giovani autori che hanno inaugurato il realismo aneddotico sono, accanto a Plomp, H. Vervoort, J. Donkers, G. Luijters e la scrittrice M. van Keulen, che in Bleekers zomer («L’estate di B.», 1972), Van lieverlede («A poco a poco», 1975) e Overspel («Adulterio», 1982) si distingue per la precisione stilistica e l’efficacia dei dialoghi. Il movimento acquista maggior rilievo e spessore artistico con il contributo di tre autori, nella cui opera la realtà è rappresentata in una prospettiva più profonda e la tematica si arricchisce di suggestioni romantiche: F.B. Hotz, di cui ricordiamo la raccolta di racconti Eb en vloed («Alta e bassa marea», 1987); J.M.A. Bisheuvel, i cui racconti recano un’impronta autobiografica e surrealista (In de bovenkooi «Nella cuccetta superiore», 1972; De verpletterende werkelijkheid «La schiacciante realtà», 1979); M. ’t Hart, che raggiunge il successo con Een vlucht regenwulpen (1978; trad. it. Un volo di chiurli, 1984). A partire dal 1974, con la pubblicazione della rivista De revisor («Il revisore»), si delinea un altro importante orientamento che individua nella tecnica narrativa un elemento artistico autonomo cui il contenuto è subordinato. La prosa fortemente strutturata di De revisor si colloca tra la letteratura realistica e quella sperimentale, rifiutando l’aneddotismo della prima e la sperimentazione fine a sé stessa della seconda, ed è rappresentata in modo particolare da quattro autori che si ricollegano consapevolmente a quelle forme e tecniche che con Joyce sono entrate a far parte di una tradizione letteraria internazionale. Primo fra questi è D.A. Kooiman con Souvenirs (1974), De grote stilte («Il grande silenzio», 1975) e De vertellingen van een verloren dag («I racconti di un giorno perduto», 1980); segue N. Matsier con Oud Zuid («Vecchio Sud», 1976) e Onbepaald vertraagd («Ritardato indefinitamente», 1979); D. Meijsing, con De kat achterna («Rincorrendo il gatto», 1977), Tijger, tijger! («Tigre, tigre!», 1980) e Utopia of de geschiedenissen van Thomas («Utopia o le storie di Tommaso», 1982); infine F. Kellendonk con Bouval («Rudere», 1977), De nietsnut («Il buono a nulla», 1979) e Mystick lichaam («Corpo mistico», 1986). Nella stessa area si collocano O. de Jong, con De hemelvaart van Massimo («L’ascensione di M.», 1977), Opwaaiende zomerjurken («Gonne estive sventolanti», 1979) e Cirket in het gras («Cerchio nell’erba», 1985); A.F.T. van der Heijden, con Een gondel in de Herengracht («Una gondola sull’H.», 1978) e il ciclo De tandeloze tijd («Il tempo sdentato», 1983, 1985, 1990); L. de Winter, con De (ver)wording van de jongere Dürer («La (de)generazione del giovane D.», 1978), Zoeken naar Eileen W. («Cercando E. W.», 1981), e Hoffman’s honger («La fame di H.», 1990). Nell’ambito di questo orientamento che ha come punto centrale il rapporto tra immaginazione e realtà, si può collocare C. Nooteboom con Rituelen (1980; trad. it. Rituali, 1993) e Een lied van schijn en wezen (1981; trad. it. Il canto dell’essere e dell’apparire, 1991).
Con le dovute cautele, la suddivisione in correnti si applica anche dagli anni 1980 in poi; alcuni degli autori che hanno debuttato intorno agli anni 1950 continuano a occupare un posto di rilievo e a pubblicare le loro opere: si ricordano De heren van de thee (1992; trad. it. I signori del tè, 1994) della Haasse, Au pair (1989) di Hermans, Bezorgde ouders («Genitori preoccupati», 1988) di Reve, De ontdekking van de hemel («La scoperta del cielo», 1992) di Mulisch. Tra i nuovi autori, prevalentemente narratori, particolare interesse hanno suscitato A. van Dis con Zilver of het verlies van de onschuld («Argento ovvero la perdita dell’innocenza», 1988) e Het beloofde land («La terra promessa», 1990); G.J. Zwier con De inquisiteur («L’inquisitore», 1989); B. Büch con De kleine blonde dood («La piccola morte bionda», 1985) e Het dolhuis («Il manicomio», 1989); K. Freriks con Soevereine actrice («Attrice sovrana», 1983); J. Zwagermann con Gimmik! (1988). Sorprendentemente numerosa è la rappresentanza femminile: M. Höveler (Mooi was Maria «Bella era M.», 1985; Tragisch wonen «Abitare tragicamente», 1987); M. de Moor (Dubbelportret «Doppio ritratto», 1989); N. Heykamp (De stenenzoeker «Il collezionista di pietre», 1985; Schoon van gestalte «Di bella presenza», 1988); T. de Loo (De meisjes van de sutkerwerkfabriek «Le ragazze della fabbrica di confetti», 1983; De tweeling «Le gemelle», 1993); F. Bourgogne (De terugkeer «Il ritorno», 1986; Wat het water gaf «Ciò che l’acqua ha dato», 1989); M. Brouwers (De feniks, een familiekroniek «La fenice, una cronaca familiare», 1985; De lichtjager «Il cacciatore di luce», 1990); H. de Graaf (Aanklacht tegen onbekend «Accusa contro ignoto», 1987; Stella Klein, 1990); V. van der Meer (Een warme rug «Una schiena calda», 1987; De reis naar het kind «Il viaggio verso il bambino», 1989); C. Palmen (De wetten, 1991, trad. it. Le leggi, 1993; De vriendshap «L’amicizia», 1995; Lucifer, 2007).
Prima della costituzione della Repubblica delle Province Unite (1579), l’arte e l’architettura rispecchiano le vicende storiche e le influenze cui furono soggetti i Paesi Bassi.
In età romanica, a Maastricht, dipendente dal vescovato di Liegi, l’architettura fu legata alle forme mosane; in vari edifici a pianta centrale (cappella di Nimega, 11° sec.) perdura l’influenza della cappella palatina di Aquisgrana. Influenze lombarde (transetti secondari intersecati con la navata centrale) si ritrovano, tra l’altro, in Nostra Signora a Maastricht e in S. Maria a Utrecht. Tra la fine del 13° sec. e l’inizio del 14°, il gotico ebbe una particolare impronta nel Brabante (cattedrale di s’Hertogenbosch) e lungo il Reno (chiese di Nimega, Arnhem); potenti torri campanarie si costruirono a Dordrecht, Utrecht, Amersfoort. A Groninga e nelle regioni vicine è interessante l’uso ornamentale del mattone. Nell’ambito della scultura gli esempi più antichi sono un timpano dell’abbazia di Egmond (11° sec., Amsterdam, Rijksmuseum) e la cassa di s. Servazio a Maastricht (1160), che mostrano affinità con l’arte mosana. A parte alcune sculture in pietra (lastre tombali del 14° sec. nel duomo di Utrecht), dal 15° sec. assume importanza la scultura lignea con A. van Wessel (altare della cattedrale di s’Hertogenbosch, in parte al Rijksmuseum di Amsterdam).
Nell’ambito della pittura le più antiche testimonianze mostrano caratteristiche franco-sassoni (Evangeliario di Egmond del 10° sec., L’Aia, Biblioteca Reale) o della scuola di Colonia (Plenarium, 13° sec., Arnhem, Archivio di Stato). Nel 15° sec. sorsero scuole di miniatura nella Gheldria e a Utrecht (Libro d’ore di Caterina di Clèves, New York, Pierpont Morgan Library); P. Christus, D. Bouts, G. David, originari delle province settentrionali, lavorano nei P. del sud (➔ fiammingo); nella seconda metà del secolo sono centri di attività pittorica Haarlem, Leida, Amsterdam, Utrecht: scuola di Haarlem con A. Ouwater (Resurrezione di Lazzaro, Berlino, Gemäldegalerie); Maestro del dittico di Brunswick (Herzog Anton Ulrich Museum), identificato con Jacob Jansz., e soprattutto Geertgen tot Sint Jans; a Delft il Maestro della Virgo inter virgines. Riallacciandosi ai van Eyck e a D. Bouts, questi maestri rivelano una sensibilità per la luce, attenzione per il paesaggio, un realismo scabro, a volte grottesco, caratteristica emergente anche nell’importante produzione di incisioni su legno che accompagna la precoce diffusione della stampa con gli stampatori J. Bellaert a Haarlem e J. van der Meer a Delft. In modo del tutto particolare, J. Bosch condensa e travalica i modi dell’arte degli antichi Paesi Bassi.
Nel 16° sec. forme gotiche continuarono a caratterizzare l’architettura religiosa e civile (Pesa di Deventer, 1528) ma, anche per la presenza di italiani (T. Vincidor, A. Pasqualini), si introdussero motivi rinascimentali (Castello di Enrico di Nassau a Breda, campanile di IJselstein). Se l’arte dei primitivi olandesi permaneva nell’alta qualità pittorica di J. Mostaert a Haarlem, di J. Corneliszoon van Oostsaanen ad Amsterdam, di C. Engebrechtszoon a Leida, un sostanziale rinnovamento anche nel campo della grafica si ebbe con Luca da Leida e, a Utrecht, con J. van Scorel, che fu a Venezia e a Roma nel 1520-23. Accanto ai soggetti religiosi e al ritratto appaiono tematiche mitologiche. Allievi di Scorel furono A. Moro e M. van Heemskerck, attivo per lo più a Haarlem; nel campo della grafica, fu preminente H. Goltzius; per le notevoli vetrate si ricordano D. e W. Crabeth (S. Giovanni a Gouda) e per il tardo manierismo C. Cornelisz e J. Wttewael. K. van Mander, alle soglie del nuovo secolo, inaugurò la storiografia artistica olandese.
Nomi come quelli di F. Hals, Rembrandt, J. Vermeer, rappresentano la pittura dei P. nel Seicento, insieme ad altre personalità di grande qualità. Attivo a Utrecht dal 1590 al 1650, A. Bloemaert ebbe tra i suoi allievi i fratelli Honthorst, J. van Bijlert, D. van Baburen, che, venuti in Italia, vi subirono l’influsso di Caravaggio e dei caravaggeschi, mentre C. Poelenburgh e J. Both crearono i prototipi di una pittura di paesaggio ‘italianizzante’. Notevole, pure a Utrecht, l’opera di H. Terbrugghen. A Haarlem la tendenza accademica cedette a una corrente più realistica che culminò in F. Hals e nella pittura di genere di A. Brouwer, P. van Laer, A. van Ostade ecc. Nel paesaggio la scuola di Haarlem eccelse con J. van Ruysdael, intorno al quale si ricordano S. van Ruysdael, C. Vroom, P. Molijn ecc. La scuola di Amsterdam ebbe grandissima importanza nel 17° secolo. Rembrandt si stabilì da Leida ad Amsterdam (1631), dove era stato allievo di P. Lastman; tra i suoi allievi, C. Fabritius, A. de Gelder, F. Bol, G. Flinck, N. Maes, G. van den Eeckhout. La pittura di paesaggio iniziò a svilupparsi ad Amsterdam quando vi si stabilirono alcuni pittori di Anversa, tra i quali H. Seghers. Ad Amsterdam si trasferì J. van Ruysdael; accanto a lui lavoravano P. Potter, A. van de Velde, J. Hackaert, A. van der Neer, M. Hobbema e altri. Pittori affini a P. van Laer furono J. Asselijn, C. Dujardin e J. Lingelbach. Va ricordato che nei P. settentrionali, come in quelli meridionali, il 17° sec. vide il sorgere di varie ‘specialità’: pittori di marine, di frutta, di fiori, di animali, di interni ecc. Nelle marine fu specialmente noto W. van de Velde; nelle vedute cittadine J. van der Heyden. Pittori di interni e di genere furono P. de Hooch, G. Metsu, P. Codde e altri; fra i pittori di nature morte, W. Kalff, W. van Aelst, J. van Huysum, pittore di fiori, e M. de Hondecoeter. Oltre a centri importanti come Amsterdam e Haarlem, a Leida, patria di Rembrandt, di J. van Goyen e di J. Steen, fiorì nel Seicento una scuola specializzata in quadretti di esecuzione minuta e finissima, in cui primeggiano G. Dou e F. van Mieris il Vecchio; a Delft lavora J. Vermeer. Sono anche da ricordare i pittori della famiglia Cuyp, attivi a Dordrecht.
In campo architettonico il Rinascimento olandese, dalla seconda metà del 16° sec., si era espresso con spiccati caratteri locali nelle forme monumentali dei municipi dell’Aia, di Oudewater, di Bolsward. All’inizio del 17° sec. architetti notevoli sono L. de Key di Haarlem (mercato della carne, 1602; torre della Nieuwe Kerk, 1613) e H. de Keyser, attivo anche come scultore. Incisivo il piano di Amsterdam (1613), che imposta il caratteristico sviluppo della città nella serie di canali concentrici tagliati da un sistema radiale di strade. Sotto il governo dello statolder Federico Enrico (1625-47) trova impulso un classicismo architettonico di matrice francese: significativi esponenti, J. van Campen (L’Aia, Mauritshuis, 1644; Amsterdam, Municipio, poi Palazzo Reale, 1648; Haarlem, Nieuwe Kerk, 1645) e, nella seconda metà del secolo, P. Post, A. van ’s Gravesande, P. Vingboons. Oltre a H. de Keyser (mausoleo di Guglielmo il Taciturno, Delft, Nieuwe Kerk, 1614-21), la scultura ha tra i protagonisti R. Verhulst e A. Quellinus. Nelle arti applicate, furono fiorenti le manifatture di maiolica di Delft (disegni blu su fondo bianco o viceversa) e alcuni laboratori di oreficeria (van Vianen a Utrecht).
In campo architettonico l’influenza francese divenne predominante grazie anche alla presenza di D. Marot, che vi emigrò dopo il 1685 (L’Aia, Stadhuis, facciata della Biblioteca Reale ecc.); in seguito si diffuse ampiamente lo stile neoclassico fino al primo quarto del 19° sec., quando sotto l’impulso del Romanticismo subentrarono modi neoromanici, poi neogotici. Il più significativo architetto del 19° sec. fu P.J.H. Cuypers che realizzò ad Amsterdam il Rijksmuseum (1876-85), la Stazione (1881-89) e numerose chiese neogotiche. Presso Cuypers lavorò all’inizio H.P. Berlage che iniziò nel 1898 la Borsa di Amsterdam, edificio miliare dell’architettura moderna olandese.
Anche nel campo della pittura, dopo un periodo di neoclassicismo moderato (J. Pieneman e A. Scheffer), già prima del 1850 la tendenza romantica si rivela con i quadri storici di J. Spoel, T. Cool, W. Schmidt e si protrae con C. Bischop e L. Alma Tadema. La scoperta dei maestri del 17° sec. ne porta all’imitazione. J. Israëls, con tipiche tematiche di soggetto umanitario, è figura predominante della cosiddetta scuola dell’Aia (J.H. Maris, H.W. Mesdag, A. Mauve), formatasi intorno al 1880, mentre si fanno strada nuove correnti che rispecchiano le tendenze europee con J.B. Jongkind, G.H. Breitner, C. Toorop, J. Sluyters, J. Wiegers e la figura di V. van Gogh si staglia al di là dei confini nazionali.
L’opera di Berlage è alla base di due filoni distinti che caratterizzano l’architettura dei P. nel 20° sec.: da un lato, la cosiddetta scuola di Amsterdam (M. de Klerk, P.L. Kramer, M. van der Mey), che per l’uso del mattone e le articolate ricerche spaziali si pone nell’ambito dell’espressionismo, e, dall’altro, il movimento De Stijl, che dal 1917 avviò ricerche di limpido razionalismo con gli architetti P. Oud, G. Rietveld, C. van Eesteren, e le istanze del neoplasticismo con i pittori P. Mondrian, T. van Doesburg e con lo scultore G. Vantorgerloo. Un posto particolare nel campo della grafica occupa M.C. Escher. L’attenzione ai problemi dell’urbanistica, della casa e della scuola, nella prima metà del secolo restano le spinte essenziali di un’attività di impegno e alta qualità. I maestri del movimento moderno, Dudok, Rietveld, Oud sono ancora attivi nel dopoguerra, mentre s’impongono vari studi d’architettura, in particolare quello di van der Broek e Bakema, e poi architetti delle successive generazioni, da A. van Eyck a H. Herzberger, C.J.M. Weber, T. Bosch, R. Koolhaas, S. Soeters.
Nel campo delle arti figurative, nell’immediato secondo dopoguerra giovani di varie tendenze si unirono nell’associazione Vrij Beelden («Libera creatività») dalla quale nacque (1948) il Gruppo sperimentale con la rivista Reflex, e con K. Appel, Constant e Corneille, protagonisti poi del gruppo COBRA. Con una ricerca autonoma J. Nanninga giunse a un armonioso astrattismo e s’imposero a livello internazionale, nell’ambito dell’informale, B. e G. van Velde. Intorno al 1960 si formò il Gruppo zero olandese con Armando e J. Schoonhoven; A. Dekkers lavorò a uno sviluppo della razionalità neoplastica; J. Dibbets e G. van Elk sono significativi esponenti dell’arte concettuale. Nel campo della scultura si ricordano A. Volten, d’impronta costruttivista, C.N. Visser, astratto-geometrico, W. Couzijn, che da una ricerca astratta si è avvicinato alla junk art. Esponenti di una «pittura fondamentale» J. Berghuis e K. Smits; nella scultura sono attivi H. Visch e P. Veneman. Dagli anni 1980, nell’ambito della pittura, una matrice concettuale si rileva in R. Daniëls; un riferimento alle contemporanee esperienze figurative tedesche e italiane è alla base di una nuova figurazione (Nieuwe figuratie), come in A. Freijmuth. M. Dumas ha incentrato i suoi dipinti sul corpo e la psiche; E. Verkerk ha svolto il ritratto; P. Klashorst è volto a una pittura gestuale; R. Scholte ha operato con esiti neo-pop; W. Oorebeek ha lavorato con elementi propri della litografia. In ambito astratto si citano: T. Verhoef, con soluzioni minimaliste, R. van de Wint, R. van Konigsbruggen e H. Schuil. Nella scultura e nell’installazione si ricordano P. Laurens Mol; M. Roosen; G. Geelen. Con vari mezzi espressivi ha lavorato R. Birza. Hanno realizzato installazioni e strutture di grande formato N. Kemps, B. Theis e H. Vlugt; installazioni video e cinematografiche, fotografie e immagini digitali M. van Warmerdam, A. Mik e F. van der Salm.
La cultura architettonica dei P. si è progressivamente aperta alle ricerche internazionali, sviluppando una propria identità divenuta, alla fine del 20° sec., emblema della modernità del paese e punto di riferimento dell’avanguardia architettonica europea. I considerevoli risultati ottenuti vanno ricondotti alla particolare attenzione delle istituzioni per la qualità e l’innovazione in edilizia, nonché verso giovani generazioni di progettisti. Un ruolo trainante è stato svolto da istituti come il Nederland Architectuurinstituut (NAi), fondato nel 1990 a Rotterdam, e da scuole come il Berlage Institut, ivi, e il Politecnico di Delft. La figura che più ha influenzato la rinascita dell’architettura nederlandese, in senso radicale, è stata quella di R. Koolhaas con l’OMA (Office for Metropolitan Architecture, e con la parallela produzione grafico-pubblicitaria di AMO). Declinazioni sperimentali sono state indotte dal diffondersi delle tecnologie informatiche. Oltre a nomi affermati come quelli di W. Arets, J. Benthem e M. Crowel, R. Uytenhaak, F. Claus e K. Kaan, Mecanoo, J. Coenens e K. Christiaanse, tra i principali esponenti delle nuove tendenze sono: MVRDV (W. Maas, J. van Rijs, N. de Vries), l’Architektengroep (D. van Gameren, B. Mastenbroek), l’Architekten Cie (F. van Dongen, P. Puljiz), UN Studio (B. van Berkel, C. Bos), W. Jan Neutelings e M. Riedijk, NOX (L. Spuybroek), K. Oosterhuis, oltre ad architetti paesaggisti come West 8 (A. Geuze, P. van Beek) e Studio I.S. (W. Diekema, A. Bousema).
Dei maestri fiamminghi che nel 15° e 16° sec. lasciarono un’impronta fondamentale nella storia della musica europea, pochi soltanto nacquero entro le frontiere degli odierni Paesi Bassi. Tra questi figurano i polifonisti J. Obrecht, che insieme a J. Ockeghem è il maggiore esponente del secondo periodo fiammingo in cui fu sviluppata al massimo grado la tecnica del contrappunto e, probabilmente, J. Clemens. A cavallo tra 16° e 17° sec. visse J.P. Sweelinck, compositore più propriamente olandese: di lui sono particolarmente notevoli le composizioni strumentali, che rappresentano un momento essenziale nell’evoluzione dal ricercare cinquecentesco alla fuga. Suoi contemporanei furono C. Schuyt, J. Tollius e J. Vredeman. Dopo la morte di Sweelinck si registra un declino della musica colta olandese. Continua è invece la fioritura della musica popolare, della quale rimane una collezione di valore quale quella dei canti guerreschi contenuta nella cronaca Valerius Gedenckclanck (1626), in cui figura anche l’inno nazionale olandese Wilhelmus van Nassauwe (ca. 1570).
Nel 17° e 18° sec. i P. non contribuirono molto alla vita musicale europea; liutai di buona fama furono nel 17° sec. H. Jacobsz e i Cuypers, costruttori di grandiosi carillons P. e F. Hemonie, mentre anche l’arte organaria fu particolarmente diffusa in questo periodo. Compagnie d’opera francesi e italiane impedirono con la loro fortunata attività il nascere di un teatro lirico nazionale, nonostante qualche tentativo fatto da C. Hacquart e S. de Koning. Nella prima metà del 19° sec. ebbero qualche rinomanza i compositori J. Schenk, P. Hellendaal, J.G. Bertelman, J.B. van Bree. Un intensificarsi della produzione musicale si ha a partire dal 1850; sotto l’influsso dei romantici tedeschi, scrissero J. Verhulst, R. Hol, W.F.G. Nicolai, C. van Rennes, C. van Tussenbroek, J.P.J. Wierts, autori che coltivarono soprattutto il Lied. Musiche di più ampio respiro composero B. Zweers, J. Wagenaar e A. Diependrock, che è considerato il principale musicista olandese dopo Sweelinck. Figurano, accanto a questi, S. e D. de Lange, D. Schafer, J. Röntgen, P. van Anrooy, H. Zagwijn, C. Dopper, R. Mengelberg. Le tendenze musicali novecentesche, da Debussy in poi, influenzano le opere di S. Dresden, B. van den Sigtenhorst Meijer, W. Landré, H. Bosmans, A. Voormolen, B. van Dieren, D. Ruyneman, M. Monnikendam e W. Pijper, autore di musiche in scrittura poliritmica e politonale che gli hanno assicurato l’autorità di un caposcuola presso numerosi allievi.
Nel campo delle esecuzioni musicali, i P. godono di un’ottima reputazione. Già nel 1591 fu fondata ad Arnhem la Società di Santa Cecilia, tuttora esistente; nel 1621 sorse il Collegium musicum di Utrecht, dal quale si è formata l’orchestra di quella città, oggi nota per un grande festival di musica antica; ad Amsterdam nel 1624 fu istituita una Camera musicale. Grandi meriti ha avuto sin dalla sua fondazione nel 1829 la Società per l’incremento della musica. Tra gli attuali complessi musicali il più importante è l’orchestra del Royal Concertgebouw di Amsterdam, di cui sono stati direttori W. Mengelberg, per cinquant’anni, R. Chailly (dal 1988) e M. Jansons (dal 2004).