paesaggio, pittura di Genere pittorico che, avendo come unico o principale soggetto la rappresentazione dello scenario naturale, cominciò a configurarsi come un genere artistico autonomo nell’arte occidentale soltanto nel 17° secolo. Seppure sottoposto al pregiudizio accademico, come genere minore, incontrò sempre maggior fortuna tra collezionisti e amatori.
Le prime raffigurazioni in cui il paesaggio mostra una certa autonomia sono di origine ellenistica, riprese nella decorazione parietale romana (mosaico con paesaggio nilotico, 2° sec. a.C., Palestrina, Museo; affreschi con scene dall’Odissea, 1° sec. a.C., Musei Vaticani)
Durante il Medioevo, pur nella persistenza di motivi ellenistici, talora nell’arte bizantina e nell’arte carolingia, l’elemento naturale va assumendo un valore simbolico e decorativo. Con il romanico, ma soprattutto con il gotico, la trattazione di soggetti come il tema dell’hortus conclusus o le raffigurazioni dei mesi o delle stagioni (affreschi di A. Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena e di M. Giovannetti nel palazzo dei Papi di Avignone), accompagnate da rappresentazioni di vita quotidiana e cortese, è occasione per un ampio sviluppo dello scenario naturale, ma soprattutto con valore decorativo, in Francia e in Borgogna e poi in Italia (illustrazioni dei fratelli de Limbourg delle Très Riches Heures del duca di Berry, 15° sec., Chantilly, Musèe Condé; Pisanello, Visione di S. Eustachio, Londra, National Gallery; B. Gozzoli, Viaggio dei Magi, Firenze, Palazzo Medici Riccardi). Spetta all’arte fiamminga, soprattutto con J. van Eyck, l’introduzione nel paesaggio dell’elemento unificante della luce (Adorazione dell’Agnello, 1432, Gand, St. Bavon; Madonna del cancelliere Rolin, Parigi, Louvre).
Primi esempi di una reale indagine topografica sono in A. Dürer, importante stimolo nello sviluppo della scuola danubiana, precedente per la pittura di paesaggio del Rinascimento tedesco. Nei suoi più significativi interpreti, come A. Altdorfer e W. Huber, il paesaggio diviene espressione poetica e drammatica delle forze della natura. Nello sviluppo del paesaggio nordico è decisiva l’importanza del paesaggio descrittivo di J. Patinir e del paesaggio fantastico di H. Bosch, poi della pittura di P. Bruegel il vecchio. In Italia, un contributo al sorgere di un paesaggio realistico fu dovuto al nuovo interesse per lo spazio; L.B. Alberti dedica al paesaggio alcuni brani del De re aedificatoria, e ne sperimenta la resa con l’uso della camera ottica, mentre l’elaborazione della prospettiva lineare produce i rigorosi paesaggi prospettici di Piero della Francesca o di Pollaiolo. L’osservazione scientifica del dato naturale si ha con Leonardo da Vinci, che introduce elementi come la percezione dell’effetto atmosferico sulle lontananze; proficuo l’influsso della pittura nordica e fiamminga, vivo soprattutto a Venezia dove, con G. Bellini, poi con Giorgione e Tiziano, si sviluppa un paesaggio poetico e allusivo. Del tutto eccezionale è a Roma la ripresa classica dei paesaggi di Polidoro da Caravaggio in S. Silvestro al Quirinale (1525-27); echi del paesaggio nordico sono in D. Dossi o in Niccolò dell’Abate. Nel 16° sec. esigenze decorative e celebrative determinano l’uso di paesaggi in dimore private (Paolo Veronese in Villa Barbaro a Maser, 1561 ca.; A. Tempesta in Palazzo Farnese a Caprarola, 1580-83).
Con la progressiva specializzazione nell’ambito della bottega (pittori di architetture, di paesaggi, di fiori ecc.), nel corso del 17° sec. il paesaggio diviene infine soggetto autonomo, codificato nella trattatistica come un genere, con le sue diverse categorie (marine, architetture, vedute di città). Il paesaggio classico italiano, in cui rientra l’opera del fiammingo P. Brill, si sviluppa con A. Carracci e la sua cerchia (lunette Aldobrandini nella galleria Doria Pamphili di Roma), soprattutto con Domenichino e F. Albani. In questo tipo di paesaggio, definito ideale o ‘eroico’, lo studio dal vero è subordinato a una elaborazione compositiva che segue uno schema convenzionale. Tra le massime espressioni, i paesaggi di N. Poussin, C. Lorrain, G. Dughet. Tendenze diverse sono rappresentate da A. Elsheimer, V. Codazzi, dai paesaggi inquieti di S. Rosa, e nel secolo successivo da A. Magnasco e M. Ricci. Di fondamentale importanza nel 17° sec. è il paesaggio realistico olandese: lo sviluppo dell’arte profana nei paesi dell’Europa settentrionale a seguito dei conflitti di religione si evidenzia nella pittura di paesaggio, che ebbe grande fortuna tra la ricca committenza borghese (H. Seghers, J. van Goyen, A. van de Velde, J. van Ruysdael e M. Hobbema). Di grande importanza i paesaggi di P.P. Rubens, Rembrandt, J. Vermeer.
Durante il 18° sec., allo sviluppo dei diversi aspetti del paesaggio contribuiscono l’interesse per la scenografia teatrale e i progressi della ricerca nel campo dell’ottica. Alla visione realistica e documentaria fa riscontro il gusto del ‘rovinismo’ o del ‘capriccio’: a Roma, accanto all’olandese G. van Wittel operano G.P. Pannini e poi i francesi J. Vernet e H. Robert; a Venezia L. Carlevarijs, e poi Canaletto e B. Bellotto, accanto a F. Guardi. Il paesaggio arcadico e classicheggiante ha suoi rappresentanti in J.F. van Bloemen, F. Zuccarelli e G. Zais.
L’esperienza del paesaggio classico e del vedutismo italiano fu fondamentale per il paesaggio inglese del 18° e 19° sec.; con R. Wilson si assiste allo sviluppo della scuola di paesaggio inglese: T. Gainsborough, A. e J.R. Cosenz, J. Crome, fondatore della scuola di Norwich. I maggiori rappresentanti del paesaggio romantico inglese sono J. Constable, interprete di un paesaggio naturalistico e sensibile, e W. Turner, con una visione drammatica e sublime della natura. Nel paesaggio romantico tedesco la natura è intesa come esperienza spirituale (C.D. Friedrich, E.F. Oehme, J.C. Dahl, L. Richter). È da ricordare l’emergere del paesaggio nella pittura americana del 19° sec., in particolare nella produzione della Hudson River School. In Francia, dagli anni 1830 si forma intorno a T. Rousseau la scuola di Barbizon, interprete di un nuovo sentimento della natura; inoltre si afferma il paesaggio naturalistico di J.-B.-C. Corot, alla base del successivo paesaggio impressionista. In Italia, il naturalismo è rappresentato a Napoli dalla scuola di Posillipo con A. Pitloo, G. Gigante e poi F. Palizzi; in contatto con la pittura francese di Corot e dei pittori di Barbizon e con l’opera di Turner e Constable fu A. Fontanesi, il maggiore paesaggista italiano del 19° secolo.
Sullo stimolo del naturalismo di G. Courbet le ricerche francesi per una pittura al di fuori delle convenzioni compositive accademiche conducono alle esperienze impressionistiche di C. Monet, C. Pissarro, A. Sisley, A. Renoir, che di fatto approdano a un superamento della visione naturale, e in seguito alle sperimentazioni sulla resa volumetrica del paesaggio in P. Cézanne, ai paesaggi drammatici di V. van Gogh, all’approccio intellettuale di G. Seurat, seguito in Italia dai paesaggi divisionisti. Con queste esperienze il paesaggio è un motivo di ispirazione, ormai al di fuori della tradizionale classificazione accademica.