Pittore (Les Andelys, Normandia, 1594 - Roma 1665), tra i massimi esponenti del classicismo barocco. Allievo del pittore manierista Q. Varin (1611), nel 1612 si trasferì a Parigi dove, dopo un breve e insoddisfacente apprendistato presso F. Elle e G. Lallemant, si rese indipendente, accettando commissioni casuali per sostenersi. Interrotti, forse a causa di malattie, due tentativi di recarsi a Roma (1620, 1621), rientrò a Parigi dove i gesuiti lo incaricarono di dipingere sei grandi tempere per la canonizzazione di s. Ignazio (1622; perdute); collaborò poi con Ph. de Champaigne alla decorazione dell'appartamento di Maria de' Medici (1623; perduta). In quegli anni avvenne l'incontro con G. B. Marino per il quale eseguì dei disegni illustranti le Metamorfosi di Ovidio (Windsor Castle) che, unica testimonianza rimastaci del periodo preromano, indicano una formazione ancora manieristica. Incoraggiato da Marino, ripartì per Roma dove, dopo un breve soggiorno a Venezia, giungerà all'inizio del 1624. Con lo scultore F. Duquesnoy disegnò e misurò le statue antiche, copiò i Baccanali di Tiziano, ammirò i pittori bolognesi (in particolare il Domenichino) e Raffaello. Tra i primi committenti di P. vi fu il cardinale Francesco Barberini, ma più importante fu l'amicizia con Cassiano Dal Pozzo, conoscitore d'arte e appassionato studioso dell'antichità. Grazie a Dal Pozzo, a Barberini e a Bernini ricevette la commissione di dipingere il Martirio di s. Erasmo per S. Pietro (1629, Pinacoteca Vaticana), in cui è già visibile la meditazione classicista di P., che fu accolto però abbastanza freddamente. In seguito l'artista non cercherà più commissioni ufficiali, preferendo dedicarsi a tele di minori dimensioni, destinate a collezionisti privati. P. realizzò quadri religiosi (Strage degli innocenti, 1627 circa, Chantilly, Musée Condé) e di soggetto storico, in cui espresse in forme severe e contenute l'aspirazione a un linguaggio ricco di significati filosofici e universali (Morte di Germanico, 1626-28, Minneapolis, The Minneapolis institute of arts). L'artista predilesse però soggetti mitologici e raffigurazioni arcadiche, così influenzati dallo studio di Tiziano da far parlare di un P. "neoveneto" (Pastori d'Arcadia, 1627 circa, Chatsworth, collezione del duca di Devonshire; Trionfo di Flora, 1627 circa, Louvre; ecc.). P. sviluppò anche un intenso interesse per il paesaggio, studiato dalla natura in splendidi disegni, che assunse nei suoi dipinti un ruolo fondamentale e lirico in rapporto alla storia narrata (Apollo e Dafne, Monaco, Alte Pinakothek; Cefalo e Aurora, Londra, National Gallery). Dopo il 1633 P. recuperò una concezione formale più rigorosa; lo stile si fece più controllato, il disegno prevalse sul colore e l'idea sul sentimento. Ai soggetti sacri (Passaggio del Mar Rosso, 1634, Melbourne, National Gallery of Victoria; Adorazione del vitello d'oro, 1635 circa, Londra, National Gallery) si alternarono quelli profani in cui sono più evidenti i riferimenti alla cultura rinascimentale (Trionfo di Venere, 1634 circa, Filadelfia, Philadelphia museum of art). Si può osservare una ispirazione più diretta rivolta al mondo degli antichi; la cultura classica attraverso i suoi monumenti occupò la mente di P. che raggiunse nei suoi dipinti un altissimo grado di elaborazione formale e di pensiero. Attraverso l'antico studiò le passioni umane e nuovi criterî di proporzioni e di grandezza in grado di esprimerli (prima serie dei Sette sacramenti, commissionata da Dal Pozzo, 1636-42, cinque tele a Grantham, Belvoir Castle, una a Washington, The national gallery of art, una perduta; Ratto delle sabine, 1637, Louvre). Il soggiorno parigino (1640-42) non fu ricco di soddisfazioni per P., incompreso e scontento degli incarichi monumentali affidatigli. Al ritorno a Roma la sua pittura divenne più solenne e patetica, la forma si semplificò ulteriormente, il colore divenne più astratto e quasi spento, solo a tratti ravvivato da dettagli di colore scintillante. Nella seconda serie dei Sette sacramenti, commissionata da P. Fréart de Chantelou (1644-48, Edimburgo, National gallery of Scotland), si intensificò l'intonazione solenne; la composizione è impostata su una severa simmetria e una perfetta padronanza dello spazio; le figure sembrano statue: viene eliminato tutto ciò che non è essenziale. Negli ultimi anni, funestati da una malattia alle mani che gli impedì di lavorare intensamente, P. sembrò nuovamente rinnovare il suo stile dando più importanza al paesaggio. Nel Paesaggio con i funerali di Focione (1648, Cardiff, National museum of Wales), la natura viene usata per sottolineare il carattere eroico del personaggio; nel Paesaggio con Diogene (1648, Louvre) la lussureggiante vegetazione esprime invece l'ideale del filosofo che considera la natura fonte di tutto ciò che è necessario per l'uomo; nel Paesaggio con un uomo ucciso da un serpente (1648, Londra, National Gallery) sono indagate le forze misteriose della natura; nel Paesaggio con Orione e Diana (1658, New York, The Metropolitan Museum) l'umanità ormai non è più nulla e lo stesso gigante sembra sopraffatto dalle querce che lo circondano. Le Quattro stagioni (1660-64, Louvre) sono una sintesi altissima e commovente dello stile tardo di Poussin.