Stato dell’Africa settentrionale, di cui occupa l’estremo lembo occidentale. Confina a E e SE con l’Algeria e a S con il Sahara Occidentale: confini puramente convenzionali e in buona parte rettilinei; a N si affaccia sul Mediterraneo e a NO, largamente, sull’Oceano Atlantico; capitale Rabat.
L’attuale assetto geologico e morfologico del Marocco è il risultato di più fasi orogeniche sviluppatesi dapprima durante il Paleozoico (orogenesi ercinica) e successivamente durante il Cenozoico (orogenesi alpino-himalayana). A cominciare da N, si incontra l’arco montuoso del Rif (alto fino a 2456 m), che orla il Mediterraneo e si raccorda, oltre allo Stretto di Gibilterra, alla Cordigliera Betica. Oltre il ‘corridoio’ di Taza si allungano le montagne dell’Atlante, disposte secondo due quinte principali: il Medio Atlante (altezza massima 3340 m) e l’Alto Atlante. L’Alto Atlante si sviluppa senza soluzione di continuità per più di 700 km dalle rive dell’oceano al Mediterraneo, con direzione SO-NE, culmina nella sezione occidentale, la più elevata dell’intera catena, con una vetta (Tubkal, 4165 m), e si salda a S con l’Anti Atlante. Tra i due insiemi montagnosi, il Rif e l’Atlante, si aprono sull’oceano diverse pianure. Un vasto altopiano (meseta) si estende tra le pianure costiere e i piedi delle catene dell’Atlante. A S del versante meridionale dell’Anti Atlante comincia l’ambiente desertico, caratterizzato da vaste distese di tavolati pietrosi, chiamati ḥammāda.
Il M. è soggetto a una gamma piuttosto varia di tipi climatici. L’esame delle temperature vede opporsi le regioni costiere, a clima marittimo, alle regioni interne, con caratteristiche continentali talvolta assai accentuate, come si verifica nelle valli incise nelle montagne. Lungo le coste, atlantica e mediterranea, pur con qualche eccezione, gli scarti termici tra il mese più freddo (gennaio) e quello più caldo (agosto) sono attenuati per la presenza delle masse marine. Procedendo verso l’interno le differenze termiche tra i due mesi estremi si dilatano sempre più. Le piogge, in linea di massima, decrescono verso S e verso E: dai valori minimi, nettamente inferiori ai 100 mm annui, delle sezioni orientale e meridionale, che hanno già affinità con il deserto, si passa ai massimi di oltre 1000 mm della sezione nord-occidentale, dove sono stati registrati, sui versanti del Rif e del Medio Atlante settentrionale, valori medi superiori ai 1300 e anche ai 1700 millimetri.
Condizionati nel loro sviluppo dalla disposizione del rilievo, i corsi d’acqua marocchini lo sono ancora di più dal clima, che ne determina direttamente i comportamenti nel corso del tempo. Vanno distinti, innanzi tutto, i fiumi che mandano le loro acque all’oceano e al Mar Mediterraneo da quelli delle steppe e del deserto, in genere privi di sbocco al mare, in secca anche per più anni e con alcune caratteristiche tipiche dell’idrografia fossile sahariana. I primi danno vita a una rete idrografica notevole, pur avendo un regime assai irregolare, contraddistinto da magre estive accentuate e da portate massime in inverno coincidenti con il periodo delle piogge.
La flora del M. è essenzialmente mediterranea: macchia nella fascia litoranea, vegetazione steppica e forestale (con querce, pini di Aleppo e, nel Medio Atlante, anche cedri) sui versanti del Rif e delle altre catene montuose. Nelle pianure costiere atlantiche si conservano foreste di querce da sughero, come quella a NE di Rabat, punto di sosta di uccelli migratori.
La fauna selvatica del M., rappresentata un tempo da sciacalli, iene, cinghiali ecc., si è molto impoverita. Frequente è ancora, nel Sud, la gazzella; più rari il fennec, il muflone, il caracal, la lepre atlantica. Numerosi sono gli uccelli (tra cui la cicogna, l’airone guardabuoi, il gruccione) e i rettili. Ampie zone forestali sono protette da estesi parchi nazionali, ai quali se ne aggiunge uno costiero che comprende la laguna e l’uadi di Sous Massa, popolati di orici e gazzelle.
Prescindendo dai gruppi minori, la struttura etnica del M. è costituita prevalentemente da Arabi (65% della popolazione) e da Berberi che hanno saputo conservare la loro lingua e la loro cultura. La conquista e l’occupazione araba hanno infatti profondamente influenzato le caratteristiche della preesistente società berbera, della quale sopravvivono la lingua, la tradizione, i costumi e un’arte che si manifesta nella decorazione geometrica dei tappeti e del vasellame e nella manifattura di oggetti in argento. La lingua araba e la religione mu;sulmana si sono progressivamente diffuse dalle pianure ai primi pendii delle montagne, dove le popolazioni sono diventate bilingui. Ostinatamente attaccati alla lingua berbera sono rimasti soltanto gli abitanti del cuore dei massicci montuosi. Una ulteriore metamorfosi della realtà berbera si è registrata durante il periodo coloniale, con l’arabizzazione dei montanari scesi verso le pianure e le città, e si può dire che continui tuttora, con la progressiva integrazione degli spazi marginali nel contesto geografico-economico moderno.
Lingua ufficiale è l’arabo, parlato dai 2/3 della popolazione in modo esclusivo; circa 1/3 parla anche i dialetti berberi. Tra le lingue straniere la più diffusa è il francese. Religione assolutamente prevalente è l’islamismo, cui si affiancano esigue minoranze cattoliche ed ebraiche.
Nel 1921 la popolazione del M. ammontava a 3,5 milioni di abitanti; nel corso degli ultimi 100 anni si è pressoché decuplicata. Alla base di questa impressionante esplosione demografica sta l’elevato tasso di natalità, mantenutosi mediamente, fino a tutti gli anni 1970, intorno al 47-48‰; e combinato con una mortalità in graduale contrazione (13-14‰ nel decennio citato). Dagli anni 1980 la natalità ha preso a diminuire (20,9‰ nel 2009), e il saldo naturale è sceso al 15‰ (nel 2009). La densità media (78 ab./km2) è ben poco significativa. Una diagonale tracciata da Oujda a Tiznit distingue un M. densamente popolato e urbanizzato, verso cui affluiscono le migrazioni dall’interno, da un M. nell’insieme rurale e assai povero di abitanti; l’entroterra più accidentato e immiserito da una crescente aridità, come ai bordi del Sahara, diventa poi decisamente repulsivo all’insediamento umano. Tra gli aspetti più interessanti della dinamica insediativa recente vi è l’incremento della popolazione urbana: principali poli di attrazione dei flussi migratori interni sono la conurbazione atlantica Casablanca-Rabat-Salé e le altre maggiori città (in particolare Fès, Marrakech, Oujda, Agadir e Tangeri, tutte con più di mezzo milione di abitanti).
La ristrutturazione dell’economia, cresciuta nel periodo coloniale su basi agricole e minerarie, si avviò molto stentatamente negli anni successivi alla riconquistata indipendenza (1956). Ma gli assidui sforzi volti a diversificare l’economia e ad attenuare la dipendenza dall’estero hanno finora conseguito solo in parte l’obiettivo di ridurre la disoccupazione e di migliorare il tenore di vita della popolazione. All’inizio del primo decennio del 21° sec., l’economia cresceva mediamente del 2,7% in termini reali. Il M. sembra pertanto avere imboccato una strada di relativa crescita, dovuta a un’accelerazione del programma di privatizzazioni e di liberalizzazione dell’economia, a una maggiore apertura agli investimenti internazionali e alla stipula di importanti accordi commerciali con l’Unione Europea (2000) e con gli Stati Uniti (2006).
L’agricoltura occupa il 40% della popolazione attiva, contribuendo però solo per il 15,7% alla formazione del prodotto interno lordo (2008). Morfologia e clima condizionano la distribuzione delle colture, concentrate in 4 zone agrarie: quella costiera centro-settentrionale atlantica e mediterranea (cerealicoltura intensiva, ortofrutticoltura); gli altopiani occidentali e centro-settentrionali (cerealicoltura estensiva); le aree prevalentemente pascolive delle montagne interne; le oasi irrigue della regione presahariana e sahariana. Per oltre la metà le terre arabili sono adibite alla coltura dei cereali, la cui produzione, per i bassi rendimenti unitari e per l’irregolarità del regime pluviometrico, è soggetta a oscillazioni notevoli. Orzo, grano, mais predominano sugli altri, ma restano comunque insufficienti al fabbisogno interno e devono essere in buona parte importati. La colonizzazione ha dato impulso all’orticoltura di stagione e di primizia, praticata principalmente nelle terre irrigue in riva all’oceano. Tra le colture industriali si segnalano barbabietola e canna da zucchero, girasole, lino, cotone e tabacco. Tra le colture mediterranee, la vite, che fornisce uva da tavola e soprattutto da vino, e l’olivo denunciano rispetto al passato un certo regresso; non così gli agrumi, dei quali il M. è divenuto notevole esportatore.
L’allevamento, forte di circa 25 milioni di capi, in prevalenza ovini e caprini, rimane comunemente legato a un’economia di sussistenza basata sullo sfruttamento estensivo della vegetazione spontanea: è praticato in forma nomade e seminomade (con qualche eccezione) e avverte gli effetti negativi dei lunghi periodi di siccità. La pesca è attività in continua crescita, grazie ai buoni fondali e alle correnti, e ha i suoi porti principali a Safi, al-Mohammadiyya, Casablanca e Agadir.
Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo fa leva sull’estrazione di fosfati, le cui riserve accertate ammontano a 2/3 del totale mondiale: essi vengono estratti dai giacimenti di Khouribga, di Youssoufia, e, più a S, di Bou Craa, nel Sahara occidentale. I fosfati sono per 1/3 trasformati in fertilizzanti (oltre 3 milioni di t annue) e per il resto esportati. Scarse sono le risorse energetiche: il carbone del bacino di Giarada (presso Oujda), il gas naturale e il petrolio (Sidi Kacem e Sidi Rhalemn) coprono solo una minima parte del fabbisogno interno; peraltro, lungo la costa atlantica sono stati individuati di recente ingenti giacimenti di idrocarburi, che dovrebbero consentire al M. di ridurre l’alto grado di dipendenza dalle esportazioni. La produzione di elettricità, essenzialmente da centrali termoelettriche, ammontava a 21,8 miliardi di kWh nel 2006. Ampio è il ventaglio delle altre risorse minerarie: ferro, manganese, cobalto, piombo, zinco, stagno, rame ecc. Incentivi di vario genere e il concorso di capitali sia interni sia esteri hanno favorito lo sviluppo dell’industria moderna, accanto alle attività ereditate dall’epoca coloniale. Fra le industrie di base, sono attive la siderurgia, la metallurgia del piombo, la petrolchimica e soprattutto la chimica (acido fosforico, fertilizzanti) e i cementifici. A esse si affiancano le manifatture tessili, articolate in opifici artigiani e grandi imprese, la meccanica (montaggio di autoveicoli), le industrie alimentari (specie dello zucchero e della conservazione del pesce), la conciaria, che ha una lunga tradizione artigianale, la cartaria, il sugherificio. L’industria non ha estromesso l’artigianato, presente oltre che con il ramo conciario, con quelli delle calzature, della ceramica, della gioielleria e dei pregiatissimi tappeti.
Le comunicazioni interne sono garantite da una buona rete stradale (57.625 km, nel 2006, di cui 35.664 asfaltati), integrata da quella ferroviaria (1907 km), in gran parte costruita dai Francesi. Casablanca è il più attivo nodo stradale e ferroviario, nonché il massimo scalo aereo e navale, e svolge un importante ruolo internazionale.
La bilancia commerciale si mantiene nettamente passiva: tra le importazioni predominano le fonti di energia, i prodotti siderurgici, le derrate alimentari (frumento) e i manufatti; tra le esportazioni, oltre ai fosfati, si segnalano prodotti chimici, tessili e frutta. Il deficit della bilancia commerciale, in gran parte dovuto alla dipendenza dall’estero per le forniture energetiche, è parzialmente compensato dalle importanti rimesse degli emigrati (oltre 2 milioni, di cui 500.000 in Francia) e dagli introiti del turismo (6,5 milioni di ingressi nel 2006). Gli scambi più intensi si svolgono con Francia, Spagna, Arabia Saudita, Cina, Italia e Germania.
Le tracce più remote di vita umana risalgono a una fase certamente molto antica del Paleolitico inferiore. La sequenza stratigrafica di Sidi ‛Abd ar-Rahman, presso Casablanca, abbraccia una serie di culture che partono dalla pebble culture all’Acheuleano, e la sua interpretazione cronologica è stata proposta in base al susseguirsi delle diverse linee di riva marine quaternarie. L’esistenza di un vero Musteriano è stata provata da alcuni studi nella Grotta dei Colombi di Taforalt e al Gebel Irhoud. La diffusione dell’Ateriano (prima di 30.000 anni fa) nel M. è da tempo nota, e vi sono anche i giacimenti in cui è attestata la successiva cultura iberomaurusiana (20.000-7000 a.C.). La variante marocchina del Neolitico di tradizione capsiana sembra sia perdurata piuttosto a lungo; a Dar es-Soltan sono stati rinvenuti anche alcuni elementi che ricordano i complessi a vaso campaniforme europei (bicchiere di forma simile a quella tipica, bracciale da arciere). Il paese intrattenne dalla fine del secondo millennio a.C. rapporti con i navigatori fenici, intensificatisi dopo l’ascesa di Cartagine (6° sec.).
Nel 4° sec. a.C. si formò il regno indigeno di Mauretania, che si estendeva dall’Oceano al fiume Mulucha (Muluia) e si mantenne fino all’annessione romana in seguito all’uccisione dell’ultimo re Tolomeo (40 d.C.) divenendo, nel 42, la provincia della Mauretania Tingitana. Del dominio romano, durato 4 secoli, restano le rovine di Volubilis e Sala. Dopo l’invasione vandalica (5° sec.) e la parziale riconquista bizantina, il M. fu occupato dagli Arabi (7°-8° sec.). Dopo una prima formazione statale autonoma sotto gli Idrisiti, seguì un periodo in cui il M. fu disputato fra Omayyadi di Spagna e Fatimidi di Tunisia ed Egitto. Si successero quindi i due grandi imperi berberi degli Almoravidi e Almohadi (11°-12° sec.) che rappresentarono il periodo di maggior potenza del Marocco. Alla caduta degli Almohadi la storia marocchina riprese una fisionomia regionale; vi regnarono i Merinidi (13°-15° sec.) e i Wattasidi (15°-16° sec.), soppiantati dalle due dinastie sceriffiane, i Sadiani e i Filālī, sotto cui la penetrazione europea mise fermo piede nel paese, con l’occupazione spagnola della striscia costiera lungo il Mediterraneo e l’Atlantico (1860, conquista di Tetuán) e con la graduale occupazione dei Francesi, che imposero al M. (a eccezione della regione mediterranea del Rif, spagnola) un regime di protettorato (1912). Tangeri venne destinata a un regime di amministrazione internazionale.
Il primo residente generale, gen. H. Lyautey (1912-25), proseguì l’occupazione del paese e si scontrò con la resistenza guidata dall’emiro del Rif ‛Abd al-Karīm. Nel corso degli anni 1930 la Francia impose di fatto un’amministrazione diretta alla propria zona; contemporaneamente, si registrò la ripresa del movimento nazionalista sfociata (1943) nella costituzione del Partito dell’indipendenza (Istiqlāl), filomonarchico, protagonista politico – accanto a una formazione militare, in parte repubblicana – della lotta per l’indipendenza.
Il 2 marzo 1956 venne proclamata l’indipendenza e nell’aprile il M. recuperò la sovranità anche sulla zona di occupazione spagnola nel Nord, a esclusione di Ceuta e Melilla; nell’ottobre 1956 anche Tangeri veniva restituita al M., che a novembre fu ammesso all’ONU. Muḥamad ibn Yūsuf, sultano del M. dal 1927, assunse il titolo di re con il nome di Muḥamad V nell’agosto 1957, dopo aver nominato nel marzo 1956 un governo guidato dall’Istiqlāl. Morto nel 1961, Muḥamad V (che aveva assunto anche la carica di primo ministro nel 1960) fu sostituito, al trono e a capo del governo, dal figlio Ḥasan II. Nel 1962 fu approvata, tramite referendum, una Costituzione che garantiva ampi poteri al re (capo religioso, capo dello Stato, capo delle forze armate e capo del governo – funzione esercitata attraverso un primo ministro); il potere legislativo era affidato a un Parlamento bicamerale (costituito da una Camera dei rappresentanti eletta a suffragio universale e una Camera dei consiglieri eletta da un collegio elettorale formato da membri dei consigli comunali e provinciali e di associazioni sindacali e professionali).
Sul piano internazionale il Regno, che aveva mantenuto forti legami con Francia e USA, perseguì l’idea nazionalista del Grande M. avanzando rivendicazioni sulla Mauritania, oltre che su territori nell’Algeria sud-occidentale e sul Sahara Spagnolo. All’interno, la difficile situazione economica e l’ampia disoccupazione provocarono una crescente tensione e all’esplosione di disordini, nella prima metà del 1965, il re rispose con la proclamazione dello stato di emergenza; la tensione aumentò nell’ottobre dello stesso anno quando M. Ben Barka, leader dell’Union nationale des forces populaires (UNFP), fu rapito e presumibilmente assassinato in Francia. Il M. abbandonò ogni rivendicazione sulla Mauritania nel 1969 e raggiunse con l’Algeria un accordo sui confini nel 1970. Sul piano interno, una nuova Costituzione fu approvata nel luglio 1970, mentre veniva ritirato lo stato di emergenza. Nel 1971 e 1972 si verificarono due falliti attentati al re da parte di esponenti delle forze armate, e nel 1972 fu approvata una nuova Costituzione.
Fu sui temi di politica estera che si costituì negli anni successivi un clima unitario all’interno del paese (intervento militare nel conflitto arabo-israeliano del 1973, rivendicazione del Sahara Spagnolo). Nel 1975 un accordo stabilì il ritiro spagnolo e il trasferimento del Sahara Spagnolo, ribattezzato Sahara Occidentale, a un’autorità congiunta del M. e della Mauritania. L’Algeria si oppose duramente e rafforzò il proprio sostegno al movimento di liberazione del popolo Sahrawi organizzato nel Frente Polisario (Frente popular para la liberacion de Saguia el-Hamra y Rio de Oro), mentre quest’ultimo contrastava l’occupazione marocchina in corso. Nel 1976 venne proclamata in esilio la Repubblica Araba Sahariana Democratica (RASD), mentre M. e Mauritania si accordavano sulla spartizione del territorio. Nel 1979, la Mauritania firmò un trattato di pace con il Frente Polisario e il M. dichiarò il settore precedentemente attribuito alla Mauritania propria provincia, provocando un’intensificazione degli scontri.
La posizione intransigente del M. sfociò nel 1984 nella sua uscita dall’Organisation de l’unité africaine (OUA), mentre l’incontro di Ḥasan II con il primo ministro israeliano S. Peres (luglio 1986) aumentava l’isolamento del M. fra i paesi arabi. Durante la seconda metà del decennio il M. uscì progressivamente dall’isolamento a livello regionale (Unione del al-Maghrib Arabo, costituita nel 1989 da Algeria, Libia, M., Mauritania e Tunisia).
Sul piano interno lo sforzo bellico aggravò le condizioni economiche. La politica liberista sostenuta dal governo creò ulteriori tensioni. Anche la partecipazione marocchina alla forza multinazionale guidata dagli USA nella guerra contro l’Iraq (1991) suscitò manifestazioni di protesta popolare. Scioperi e disordini si ripeterono nei primi anni 1990, mentre il fondamentalismo islamico acquistava un ruolo crescente. La realizzazione di un piano di pace per il Sahara Occidentale, adottato nel 1991 dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, si scontrò con l’atteggiamento intransigente del M., e il referendum di autodeterminazione previsto per il gennaio 1992 fu più volte rinviato. Tradizionalmente vicino ai paesi occidentali, il M. fu il secondo paese arabo, dopo l’Egitto, a stabilire relazioni dirette con Israele nel 1994.
Nel 1996 furono approvati con referendum emendamenti costituzionali che prevedevano la creazione di un Parlamento bicamerale dotato di maggiori poteri di controllo sull’esecutivo. Nel marzo 1998, il socialista A. Yūsufī fu chiamato a dirigere il primo governo di coalizione di centrosinistra del M., che concretizzava l’alternanza politica e un discreto rinnovamento nella classe dirigente, impegnandosi in un programma di riforme che prevedeva più spese per la sanità e l’educazione, mostrando in generale una maggiore sensibilità e attenzione ai diritti umani nel tentativo di mitigare il tradizionale autoritarismo del regime.
Nel 1999 salì al trono Muḥamad VI. I primi mesi del suo regno furono caratterizzati da gesti simbolici che sembravano indicare una certa liberalizzazione politica del regime (decreto di amnistia per i prigionieri politici, ritorno in patria dei dissidenti ecc.). La grande forza d’impatto degli islamisti nella società marocchina si manifestò in più occasioni nella primavera del 2000, quando alcune centinaia di migliaia di militanti scesero in piazza contro la proposta governativa di riformare in favore delle donne uno degli statuti più retrogradi del mondo arabo. Tra la fine del 2001 e i primi mesi del 2002, mentre crescevano nel paese le manifestazioni di protesta contro Israele, tornarono a irrigidirsi le posizioni della monarchia verso le rivendicazioni del Frente Polisario.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 il M. diede il proprio appoggio alla strategia americana di lotta contro il fondamentalismo islamico. Nel maggio 2003 si verificarono gravissimi attentati suicidi a Casablanca, che provocarono decine di vittime e alimentarono il timore di una crisi del turismo, fattore chiave dell’economia nazionale. Le autorità risposero con una stretta repressiva, che parve mettere in dubbio il corso riformatore del nuovo sovrano. A ogni modo, venne proseguita la politica delle liberalizzazioni allo scopo di favorire gli investimenti stranieri e furono aperti centri di assistenza sociale nelle aree più povere. Inoltre continuarono le inchieste della commissione nominata per accertare le violazioni dei diritti umani avvenute durante il lungo regno di Ḥasan II. Si sono registrate ancora nuove tensioni con la Spagna intorno all’isola contesa di Perejil e alle enclave spagnole di Ceuta e Melilla; il fatto che queste ultime siano diventate un punto di passaggio per molti migranti che dall’Africa subsahariana cercano di raggiungere l’Europa ha contribuito a rendere più difficili i rapporti tra Rabat e Madrid. Anche l’annosa controversia sull’assetto del Sahara Occidentale è rimasta irrisolta: nel 2007 è fallito l’ultimo tentativo di colloquio tra il governo marocchino e il Frente Polisario.
Nell'ambito della politica interna, al fine di stemperare il clima di tensione che - sull'onda delle proteste popolari che hanno agitato molti paesi del Nord Africa e del Medio Oriente - dal febbraio 2011 si è organizzato in un movimento politico giovanile affiancato da esponenti del Partito socialista unificato, Muḥamad VI ha indetto un referendum per trasferire parte dei suoi poteri assoluti al Parlamento, al governo e alla giustizia e per conferire al berbero, cultura a cui appartiene la maggioranza degli abitanti del paese, lo status di lingua ufficiale accanto all'arabo. Gli esiti della consultazione, tenutasi nel luglio dello stesso anno, hanno registrato una schiacciante vittoria dei consensi, ma le forze dissidenti ritengono la riforma costituzionale del tutto inadeguata a limitare i poteri del regime monarchico e ad avviare il paese verso la democrazia. Alle elezioni politiche svoltesi nel novembre dello stesso anno, sebbene con un'altissima percentuale di astensioni (si è recato alle urne solo il 45% degli aventi diritti al voto) il partito Giustizia e sviluppo ha raggiunto per la prima volta la maggioranza parlamentare: gli islamici moderati hanno in tal modo ottenuto 107 seggi su 395, e il re Muḥamad VI ha nominato nuovo premier il suo leader A. Benkirane, che ha formato accordi di coalizione con gli partiti politici per cercare la stabilità politica e la promozione di riforme utili allo sviluppo socioeconomico del Paese. Le consultazioni amministrative svoltesi nell'ottobre 2016 hanno confermato il partito alla guida del Paese assegnandogli 125 seggi su 395, ma nel marzo 2017, non essendo Benkirane riuscito a formare un nuovo esecutivo, Muḥamad VI ha revocato l'incarico al premier, assegnandolo a S. El Othmani, che lo ha assunto il mese successivo dopo avere ottenuto la fiducia dal Parlamento, permanendo nella carica fino al settembre 2021, quando - a seguito della vittoria del Raggruppamento nazionale degli indipendenti alle elezioni politiche - gli è subentrato A. Akhannouch.
Nel gennaio 2017 il Paese è stato riammesso, su richiesta del governo di Rabat, nell’Unione Africana, che nel 2002 ha sostituito l’OUA da cui il Paese era uscito nel 1984, dopo il riconoscimento da parte dell'organizzazione internazionale dell'autoproclamata Repubblica araba democratica del Sahrawi, ritenuta dal M. parte del suo territorio.
Nel settembre 2023 un devastante terremodo di magnitudo 6,8 - il più violento nella storia del Paese - , con epicentro le zone più vicine nel municipio di Ighil, 72 km a sud-ovest di Marrakech, ha provocato la morte di oltre 2000 persone.
La più antica lingua parlata nel M. fu il libico-berbero, mentre sotto il dominio romano il latino fu la lingua di cultura, specie nei centri urbani. La conquista araba introdusse l’arabo letterario come lingua scritta, e diede luogo d’altra parte alla diffusione di dialetti arabi parlati anche presso le popolazioni berbere, in larga parte arabizzatesi. Vi sono nel M. alcuni grandi blocchi berberofoni (Rif, Alto Atlante ecc.), altri gruppi esclusivamente arabofoni, e gruppi bilingui.
Per la letteratura del M. ➔ al-Maghrib.
Per quanto riguarda l’urbanizzazione poco si può dire della fase precedente alla romanizzazione: un caso piuttosto interessante è Tamuda, città fondata intorno al 200 a.C. da coloni punici; importanti elementi sono noti anche a Volubilis, che è il principale sito archeologico del Marocco; il sito di Thamusida fu frequentato forse fin da epoca preistorica; Lixus era un antico insediamento fenicio, databile alla fine del 2° millennio a.C.; anche Sala era in origine uno scalo fenicio. Riguardo alle tipologie monumentali, non sono trascurabili i resti della cinta di Thamusida, le mura di Sala e Tipasa. Tra gli archi onorari spicca il cosiddetto Castello del Faraone di Volubilis. Il foro costituisce, con i suoi annessi, il punto focale di ogni impianto urbano, in cui si inserisce con assetti e caratteristiche di volta in volta diversi (Volubilis, Tipasa). Anche per i templi sono interessanti le testimonianze di Volubilis, Thamusida e Tipasa, mentre il luogo di culto tra i più difficili da interpretare di tutto il mondo romano è quello dell’acropoli di Lixus. In tutte le città sono attestati impianti termali: un unicum è costituito dalle terme di Volubilis, in cui, accanto al complesso termale vero e proprio, vi era un cospicuo reparto ginnico. Gli edifici per spettacolo non sono molti nella regione, ma offrono una casistica di estremo interesse (Lixus, Tipasa). Piuttosto esemplificata è l’edilizia residenziale, che talvolta comprende anche settori produttivi (Volubilis, Thamusida, Tipasa, Lixus). Riguardo alle arti figurative, le principali sculture e i principali mosaici sono stati rinvenuti a Volubilis.
Le prime manifestazioni dell’arte islamica (➔ islam) risalgono alla fine dell’8° sec., con la fondazione di Fès, mentre tracce di arte ispano-moresca si hanno con gli Almoravidi, attivi costruttori di edifici religiosi e militari, fondatori di Marrakech (1062). Gli Almohadi (12° sec.) ne proseguirono l’attività. Marrakech e Rabat ebbero cinte fortificate, con maestose porte, la Qaṣba e importanti edifici. Agli elementi tratti dall’Andalusia si aggiunsero quelli di origine orientale. Nelle cupole si introduce l’uso della ‘stalattite’ e della ceramica, ambedue di origine persiana (già in Africa settentrionale nella moschea di Qairouan, nel 9° sec.). L’arte ispano-moresca, così arricchita, giunge a forme originali (capitelli, moschea della Kutubiyya; sculture decorative in pietra e legno; i mirabili pulpiti della Qarawiyīn di Fez, della Kutubiyya e della moschea della Qaṣba a Marrakech). Sotto il dominio dei Merinidi (13°-15° sec.) diminuisce il potere creativo, ma le architetture raggiungono armonie e proporzioni classicheggianti: madrasa di Fès e le zawāyā («case di preghiera»). I Merinidi crearono Shella, necropoli principesca. L’attività architettonica, in declino alla fine del dominio merinide, è ripresa nella seconda metà del 16° sec. dagli sceriffi Sadiani, con costruzioni fastose, tradizione proseguita come quella dell’artigianato artistico (tappeti, maioliche, ricami, oreficerie). In margine all’arte dei centri cittadini, il M. ne ha conservata una propriamente berbera, nell’architettura delle zone meridionali, e in alcune produzioni dell’artigianato locale. Casablanca (dagli anni 1920) con il suo considerevole sviluppo, ribadito dal sensibile ruolo commerciale, industriale e finanziario, catalizza alcune iniziative a scala urbana (Parco della lega araba, 1918; Piazza Muḥammad V, progettata da J. Marrast nel 1920; Piazza delle Nazioni Unite, sistemata all’inizio del secolo e ripensata negli anni 1950) a cui si associano opere architettoniche più tradizionali (Moschea Ḥasan II, con minareto alto 175 m, opera di M. Pinseau, 1993).
Le culture berbera e arabo-islamica e i rapporti con il mondo occidentale spagnolo e francese caratterizzano l’arte moderna in M. (M. ibn ‛Alī Rabatī e M. Aḥmad Idrissī; F. Ḥasan). Molti artisti si formarono in Europa e negli Stati Uniti; stimolante fu l’attività del Gruppo di Casablanca, per la sintesi tra elementi locali e occidentali (A. al-Šarqāwī; F. Balkāhiya, che ha diretto l’École des beaux-arts di Casablanca; M. Malaḥī, tra i fondatori del Museo di Arte Contemporanea di Tangeri). Nella scultura, si segnalano ‛Abd al-Ḥaqq Siǧilmāsī (sculture monumentali a Casablanca); B. Laẖḍar (ispirato alla cultura berbera); ‛Umar Yūsufī. Sono da ricordare le azioni-défilé di M. Qāttāri (n. 1966), che affronta l’ambigua situazione della donna, e le esperienze di videoarte di M. Fatmī.