Tipo di paesaggio determinato da un regime climatico con precipitazioni annue inferiori a 200 mm. Il termine viene usato soprattutto per le zone aride delle basse latitudini, benché le terre artiche e antartiche a clima freddo costituiscano dei d. molto vasti.
I d. di clima arido (d. sabbioso o erg, ciottoloso-sabbioso o serir, roccioso o ḥammāda) hanno valori della piovosità molto variabili, passando da 0,6 mm di pioggia in un ventennio per il d. del Cile ai 20 mm negli anni piovosi per il Sahara e infine a 100-200 mm annui riscontrati in alcuni d. degli Stati Uniti e dell’Asia centrale (fig. 1). In Africa, Asia e Australia le temperature dei d. sono caratterizzate da forti escursioni termiche giornaliere, con valori superiori ai 50 °C.
Nel paesaggio desertico predomina l’azione meccanica di modellamento morfologico del vento, mentre quella chimica si limita a una sottile pellicola superficiale chiamata vernice del deserto. L’azione eolica si esercita peraltro con effetti diversi a seconda della qualità o resistenza della roccia superficiale. Il vento, soffiando con violenza, solleva e asporta facilmente, per la mancanza o scarsezza di una copertura vegetale, i materiali minuti dispersi sul suolo (deflazione) e consuma la roccia superficiale (corrasione). Il materiale di cui il vento è carico viene poi depositato, quando la sua energia diminuisce, in dune: rilievi o collinette sabbiosi di varia foggia, ma mobili. Benché rara, anche l’azione delle acque correnti è particolarmente energica e produce solchi profondi su tutti i pendii.
La morfologia e il clima desertico non sono stati però sempre tipici delle regioni che oggi li presentano. Fra la fine del Terziario e la prima fase del Quaternario queste regioni ebbero certamente un clima più temperato, quindi una certa quantità di piogge, e perciò un processo di erosione normale con formazione di fiumi e con discreta copertura vegetale. Le valli percorse da questi fiumi sono i caratteristici uidian che incidono oggi le superfici desertiche.
La scarsezza o addirittura la totale mancanza dell’acqua fanno dei d. aree decisamente repulsive. Vasti lembi desertici sono anecumenici, cioè del tutto privi di insediamento umano; in tali condizioni si trovano, per es., ampie parti del Sahara occidentale, del D. Libico e dell’Arabia meridionale. Altre aree a clima desertico sono interessate solo da forme d’insediamento temporaneo. L’agricoltura non è praticabile se non nelle oasi o lungo le rive dei rari fiumi che riescono ad addentrarsi nel d. (massimo esempio il Nilo), o in casi particolari nei quali l’applicazione di tecniche molto evolute ha consentito opere di bonifica e d’irrigazione (Negeb, in Israele). Meno raro è l’allevamento, nomade o seminomade, di animali poco esigenti, soprattutto i camelidi. L’attività estrattiva ha portato in taluni casi alla ‘colonizzazione’ di aree desertiche, com’è avvenuto nel Sahara algerino e in Libia per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi.
Sia le piante sia gli animali che vivono nel deserto presentano adattamenti ai principali fattori limitanti di quest’ambiente, cioè la scarsità di acqua e le temperature estreme. Per quanto riguarda le piante esse realizzano vari adattamenti: crescita molto rapida e durata del ciclo vitale molto breve; immagazzinamento di acqua; eventuale formazione di organi sotterranei di riserva idrica, talora a notevole profondità; riduzione al minimo del consumo di acqua diminuendo o annullando l’estensione delle superfici traspiratorie; esistenza di vari stadi di quiescenza ecc.
Gli adattamenti negli animali sono anch’essi numerosi: molti rettili e alcuni insetti hanno tegumento molto spesso ed escrezioni solide. Alcuni insetti possono utilizzare l’acqua metabolica, derivante cioè dalla scissione dei carboidrati (per es., Coleotteri Tenebrionidi, tipici della fauna desertica). Alcuni Mammiferi, come il ratto canguro (gen. Dipodomys) e il topo delle piramidi (gen. Iaculus), possono vivere di semi senza mai bere, non escono dalle tane che di notte e producono un’urina molto concentrata.
Con il termine desertificazione si indica genericamente un’avanzata del d. a spese di terre limitrofe con copertura vegetale (o comunque non propriamente desertiche), provocata congiuntamente da cause naturali (come l’accentuato inaridimento per scarsità di pioggia protrattasi per più anni consecutivi) e dall’intervento di attività umane economiche e sociali incontrollate, che esercitano una pressione crescente sui territori aridi e semiaridi. Nei paesi al margine meridionale del d. del Sahara il fenomeno ha assunto aspetti di particolare gravità in occasione della siccità del 1968-73, per poi estendersi negli anni successivi. La minaccia di d. (fig. 2) incombe su grandi estensioni della superficie terrestre (in Italia ca. il 30% del territorio).(➔ anche desertificazióne)