(arabo aṣ-Ṣaḥrā’) Il più vasto deserto del globo, che si estende attraverso l’intero continente africano dall’Atlantico al Mar Rosso, appena interrotto dalla stretta fascia irrigata dalle acque del Nilo, per una lunghezza di circa 4000 km in senso O-E e per una larghezza di 1500-2000 km in senso meridiano. A N si affaccia sul Mediterraneo in corrispondenza della costa egiziana e della massima parte di quella libica, mentre si arresta al piede meridionale delle catene dell’Atlante in corrispondenza dei territori degli Stati maghrebini. A S il confine con il Sudan è indicato da fattori di ordine climatico (graduale comparsa di un periodo di piogge estive), cui si accompagna la presenza della vegetazione steppica. La stretta zona di transizione oscilla tra i paralleli di 16° e 18°.
L’aridità del S., come quella dei maggiori deserti caldi, è legata alla sua ubicazione in corrispondenza delle fasce tropicali, dove persistono condizioni di alta pressione pressoché stazionarie che determinano la mancanza quasi assoluta di piogge, le quali, quando si manifestano, assumono il carattere di violentissimi acquazzoni. L’area del S. dove cadono meno di 100 mm annui di pioggia, risulta superiore a 8.000.000 di km2, il 27% circa dell’Africa. Altro carattere climatico è la secchezza dell’aria, causa di fortissima evaporazione, intenso riscaldamento diurno e intensa irradiazione notturna: ne conseguono oscillazioni termiche diurne altissime, fino a 25-30 °C, che sono un cospicuo agente di disgregazione meccanica della roccia superficiale. Le temperature massime assolute superano a volte i 50 °C. Elemento climatico di primaria importanza sono poi i venti desertici, secchi, caldissimi, designati con vari nomi (simun, harmattan, chamsin, ghibli ecc.) e caratterizzati da manifestazioni diverse per intensità, durata, frequenza.
La struttura geologica del S. è piuttosto semplice, essendo costituita da un basamento di età precambriana (scudo sahariano, circa 2 miliardi di anni), al di sopra del quale si trovano rocce sedimentarie di età più recente. I maggiori elementi strutturali dello scudo sahariano sono orientati in direzione N-S nelle zone più interne, mentre verso l’Atlantico essi cambiano bruscamente direzione, orientandosi all’incirca in direzione E-O. Da un punto di vista paleoclimatico, esistono valide prove a sostegno del fatto che nell’Ordoviciano il S. nord-occidentale fosse ricoperto dai ghiacci e che durante il Pleistocene alcuni settori del S. formassero vaste praterie con sorgenti e laghi.
Nel S. sono compresi massicci elevati, che si possono far cominciare da quelli del Deserto Arabico, lungo il Mar Rosso, e sono poi rappresentati dall’Auenat Gebel (1934 m), dal Tibesti (3415 m), dall’Aïr (1800 m), dall’Hoggar (2918 m), dall’Adrar des Ifoghas, dall’Adrar della Mauritania. Fuori di questi massicci, il deserto ha un’altezza di 300-800 m e presenta tre tipi ben distinti: il deserto tabulare di roccia nuda, lisciata e lavorata dal vento, frammentata spesso in schegge acute e taglienti (ḥammāda); il deserto formato da una coltre di ciottoli e di ghiaie (serir); infine il deserto a dune (erg; nel S. centrale anche idehàn).
Il S. è percorso da una rete di valli disseccate, o di fiumi fossili, detti uidian (sing. uadi), che sono diretti verso il Niger, verso il Lago Ciad e altri bacini chiusi o anche verso il Nilo. Oggi il S. è privo di una circolazione superficiale a carattere continuo, ma ha, in tutta la sua estensione, una vasta circolazione di acque sotterranee, in falde a diversa profondità, alle quali si deve l’esistenza delle oasi.
Nel S. vi sono regioni quasi completamente prive di vita vegetale. Altrove la vegetazione mostra numerosi adattamenti contro la siccità e contro il vento. La vegetazione erbacea è rappresentata da alcune artemisie, da Salsolacee, da qualche graminacea (stipe). Appaiono anche cespugli xerofili (Zizyphus, Pistacia, Tamarix, Retama, Calligonum, qualche Acacia, Rhus ecc.).
Dopo il forte disseccamento che il S. ha subito dalla fine dei periodi pluviali del Quaternario, la fauna sahariana comprende oggi scarsi rappresentanti, soprattutto nei gruppi di maggior mole: qualche Mammifero e qualche Rettile molto mobili; parecchi Insetti, tra i quali un buon numero di Coleotteri; un ristretto numero di Molluschi terrestri con lunghe diapause (Eremina). Si tratta di animali capaci di sopportare periodi molto prolungati di siccità sul posto, o, al contrario, abbastanza mobili per migrare continuamente alla ricerca della scarsa vegetazione del deserto. Nelle oasi, naturalmente, vivono anche animali più adatti ad ambienti umidi (igrobi); interessanti i popolamenti di Crostacei Branchiopodi, Ostracodi ecc. delle pozze salate e delle acque temporanee.
Soltanto ai suoi estremi meridionali, pressappoco alla latitudine del Lago Ciad, il S. è interessato da penetrazione di forme di savana; mentre verso settentrione, dove non giunge fino al mare, sfuma nella steppa mediterranea ed è pertanto marginalmente interessato dalle forme più mobili e più euriecie (➔ eurieco) di questa. A occidente forma un brusco contrasto, tanto fisionomico quanto faunistico, con la fascia litorale atlantica, relativamente umida, abbastanza ricca di flora e di fauna, con discusse affinità con la flora e fauna delle Canarie. Ma fino a qualche millennio fa le forme di savana giungevano in Libia (Fezzan) e nel sud algerino: lo documentano le note incisioni rupestri, protostoriche, di giraffe, elefanti, rinoceronti ecc.; lo testimonia la presenza di alcuni pesci d’acqua dolce, del coccodrillo del Nilo e di un esiguo numero di Rettili di piccole dimensioni, confinati in alcuni massicci centrali.
In concreto non è possibile identificare nel S. un netto limite geografico (convenzionalmente decorrente lungo il tropico del Cancro) tra la distribuzione della fauna paleartica e della paleotropicale. Tutta la fauna del suolo sahariano, dagli Insetti ai Molluschi, mostra, nella miscela di forme da cui è costituita, la risultante di avanzate alterne, seguite da estinzioni o da ritirate, della fauna africana e di quella mediterranea, secondo le vicende del clima e la spinta delle grandi migrazioni biologiche. Alcuni elementi rappresentano i resti di una fauna molto antica, distribuita in Africa e nell’Asia centro-meridionale; altri sono tipicamente africani; altri mediterranei; questi contingenti si trovano commisti, per es., nelle montagne vulcaniche dell’Hoggar e del Tibesti, che per la loro notevole altitudine, atta a condensare piogge non troppo scarse, hanno assunto funzione di rifugio durante la formazione del deserto. A ponente, lungo le coste atlantiche, gli elementi mediterranei scendono fino alle soglie della Mauritania; e, in parte, anche più a sud, fino a Dakar e alle isole del Capo Verde, sempre più frammiste a elementi della fauna africana che si vanno facendo predominanti. A oriente parecchi elementi paleartici sono giunti fino all’acrocoro etiopico e alla Somalia, e la formazione del deserto nella media e bassa valle del Nilo li ha disgiunti dalle zone di origine. La fauna d’acqua dolce ha un carattere paleotropicale molto più marcato, in gran parte dell’area sahariana.
Abitato dall’uomo sin da epoca remotissima, il S. ha costituito a lungo, almeno fino all’introduzione del dromedario (a partire dall’epoca di Settimio Severo, ma con capillarità solo nel 4°-5° sec. d.C.), una zona d’isolamento tra l’area mediterranea e l’Africa nera. Tuttavia, anche in epoca antica l’isolamento non è mai stato completo. I gruppi berberi, infatti, spostandosi verso S, organizzarono le grandi rotte carovaniere, che consentirono la penetrazione dell’islam e degli Arabi in tutta l’Africa occidentale sub-sahariana. Il mondo sahariano presenta tratti culturali comuni: organizzazione politica di tipo tribale, commercio e/o predazione a lunga distanza, prevalenza del nomadismo e della pastorizia, rapporti costanti e molto spesso conflittuali (soprattutto negli ultimi decenni del 20° sec.) con le realtà agricole, stanziali e statuali, presenti all’interno o ai margini dell’area.
È possibile tuttavia distinguere in quest’area precise identità ed entità sociopolitiche. Partendo da occidente, troviamo infatti gli emirati Mauri, sorti intorno al 17° sec., capaci di organizzare una vasta area (con centri urbani importanti: Walata, Audaghost) e di controllare i percorsi commerciali, direttamente o attraverso l’imposizione di tributi. Connotato da una maggiore conflittualità tra strati sociali e da una più marcata tendenza alla frammentazione è invece il mondo dei Tuareg. Nell’area centrale, quella del Ciad, ha a lungo dominato la scena la popolazione dei Tebu, anch’essi mercanti nomadi, con una struttura sociale meno gerarchizzata delle precedenti e con presenza di gruppi di discendenza patrilinea poco stratificati, che hanno a lungo opposto resistenza alla penetrazione dell’islam. L’area più orientale, infine, presenta organizzazioni politiche di tipo tribale, caratterizzate dalla forte presenza dell’islam, della cultura e della lingua arabe, che hanno controllato il territorio e le attività commerciali fino all’arrivo della presenza coloniale europea, cui opposero strenua resistenza.
Il contrasto tra nomadi e sedentari è tuttora una fisionomia caratteristica del S.: riguardo alla distribuzione della popolazione, esso presenta poche aree (le oasi e la valle del Nilo) con una popolazione sedentaria fittissima, e le vaste distese interposte scarsamente abitate o frequentate da genti nomadi. Per effetto del graduale declino del commercio carovaniero, tuttavia, il nomadismo si è notevolmente ridotto.
Il S. possiede diverse risorse minerarie, tra le quali si segnalano i minerali di ferro dell’Algeria e della Mauritania. La principale ricchezza è tuttavia rappresentata dal petrolio e dal gas naturale dell’Algeria e della Libia, il cui sfruttamento, avviato nei primi anni 1950, ha determinato notevoli mutamenti nell’organizzazione territoriale di alcune aree, per es., la nascita di nuovi centri e di una vera e propria cittadina ‘pioniera’ come Hassi Messaoud, nel S. algerino. Il problema dei trasporti è stato risolto con la costruzione di una rete di oleodotti e gasdotti per l’inoltro degli idrocarburi ai porti d’imbarco. La tecnologia moderna, in questo mondo già bene organizzato nel suo isolamento, e in pratica autosufficiente, ha provocato un vero e proprio rivolgimento economico e sociale: nelle oasi il fenomeno più appariscente è stato quello dell’emigrazione, diretta in prevalenza verso le città del nord algerino. Anche le vie e i mezzi di comunicazione si sono andati gradualmente sviluppando, soprattutto in certe zone del S. occidentale, quel settore cioè che per motivi economici ha visto da secoli il più forte sviluppo delle comunicazioni transahariane.
Politicamente il S. è diviso tra Algeria, Ciad, Egitto, Libia, Mali, Mauritania, Marocco, Niger, Sudan, a parte l’estrema porzione di NO, per la quale ➔ Sahara Occidentale.
La presenza dell’Uomo è attestata nel S. fin dal Paleolitico inferiore, con industrie a bifacciali di tipo acheuleano. L’interpretazione del clima di questa fase del Pleistocene sahariano appare complessa; trova consensi una possibile suddivisione climatica del S. in una regione settentrionale a clima pluviale e una meridionale a clima più arido. All’interglaciale Riss-Würm europeo corrisponde un’importante fase erosiva nel S.; nel successivo Würm antico si registrano due fasi umide, con formazione di ampi bacini lacustri e sviluppo di savane ricche di grandi mammiferi; alla prima fase corrispondono industrie di tipo musteriano e ateriano, alla seconda di tipo ateriano. Meglio nota è la storia paleoclimatica del S. nel Pleistocene terminale: tra 30.000 e 10.000 anni fa si verificò un progressivo inaridimento, seguito prima da oscillazioni umide fino a circa 5000 anni fa, in cui la fascia desertica era assai più stretta di quella attuale e ampio sviluppo avevano fiumi e laghi (per es., il Lago Ciad era almeno 5 volte più esteso di ora), poi da una nuova fase arida che preludeva a quella desertica attuale.
La neolitizzazione del S. procedette in modo regionalmente differenziato. Nel S. centro-settentrionale si sviluppò tra il 7° e il 2° millennio a.C. il cosiddetto Neolitico sahariano-sudanese, caratterizzato da ceramiche impresse e punzonate a ornamentazione complessa, spesso con linee ondulate e triangoli lisci e decorati, industrie litiche piuttosto semplici, macine, pestelli e coltelli in osso. L’economia si basava su caccia, pesca, raccolta di vegetali e molluschi, cerealicoltura e, a partire dal 4° millennio a.C., anche sull’allevamento di bovini. Questo Neolitico, nella sua lunga evoluzione, ha lasciato alcune tra le più antiche e notevoli espressioni di arte rupestre nelle regioni montuose del S. centrale, sia di stile realistico con figurazioni di grandi mammiferi (elefante, giraffa, antilope, rinoceronte e bufalo), sia dello stile detto delle teste rotonde, caratterizzato da raffigurazioni umane a grandi teste sferiche, generalmente stilizzate e colorate (rosso-vinate, bianco-gialle a contorno rossastro), che evolvono nel tempo verso maggiore realismo, policromia e particolare cura nei dettagli, per es. delle acconciature. A tale stile fa seguito tra il 5° e il 3° millennio il cosiddetto stile pastorale (o bovidiano), in cui il ruolo di elementi figurativi dell’economia pastorizia (buoi, suini, ovini) diviene dominante, accompagnato a scene di vita sociale evoluta (caccia con l’arco, danze, particolari abiti, ornamenti e acconciature).
In parziale sovrapposizione al Neolitico sahariano-sudanese, tra il 4° e il 3° millennio a.C. si sviluppò dal Fezzan alla Mauritania il complesso tenereano, caratterizzato da pregevoli industrie litiche e sculture zoomorfe in pietra e terracotta.
Nel S. settentrionale (Algeria occidentale) si riconoscono a partire dal 6° millennio facies neolitiche ad affinità mediterranea, caratterizzate da ceramica impressa con vasi a fondo conico. Sviluppi neolitici diversi sono attestati nel S. nord-occidentale e nell’Atlante, dove fiorirono tra il 6° e il 3° millennio a.C. varie culture di tradizione capsiana, anch’esse associate ad arte rupestre (incisioni con figure umane dal profilo europoide). Nel 6° millennio a.C. si svilupparono aspetti locali nel Grande Erg Orientale e nell’Atlante sahariano. Le incisioni di questa regione, datate tra il 6° e il 3° millennio a.C. e testimoniate in numerosi siti, sono prevalentemente di uno stile detto naturalistico, con motivi figurativi differenziati (bufali, montoni con caratteristico sferoide sul capo, cani, figure umane oranti con tratti europoidi). Uno stile figurativo distinto e forse coevo al precedente è quello detto di Tazina, con eleganti rappresentazioni di antilopi e gazzelle. Ancor più a ovest fiorì infine il Neolitico mauritanico, caratterizzato da influenze diverse.
Il progressivo inaridimento del S. a partire dal 3° millennio a.C. determinò il declino delle culture succitate e lo spostamento dei baricentri culturali verso le coste mediterranee e atlantiche, dove si manifestano influssi eneolitici. Nell’età del Bronzo antica e media tali rapporti si intensificano, mentre nell’Atlante e nel S. occidentale ha sviluppo una metallurgia locale del rame. La desertificazione determina l’abbandono di molti siti neolitici precedentemente occupati e una riduzione nell’arte rupestre, per quanto nel 2° millennio a.C. esistano ancora testimonianze di quest’ultima nei Tassili, con uno stile detto equidiano, caratterizzato da rappresentazioni schematiche del cavallo.