Stato dell’Africa nord-occidentale; confina a N con l’Algeria, a E con il Niger, a S con la Repubblica di Guinea, la Costa d’Avorio e il Burkina Faso, a O con la Mauritania, il Senegal e la Repubblica di Guinea.
I principali caratteri distintivi dell’ambiente fisico consistono nella varietà di zone morfologiche e climatiche, legata alla grande estensione del Paese, e nella presenza del corso del fiume Niger, che attraversa il M. per 1800 km, impaludandosi nella depressione centrale in un ampio sistema di laghi, di rami secondari e bracci morti, denominato correntemente ‘delta interno del Niger’. Il rilievo è costituito da tre grandi elementi morfologico-strutturali, che si susseguono in direzione SO-NE. Il primo, al confine sud-occidentale, è rappresentato dalle propaggini settentrionali dell’altopiano guineano, da cui trae origine il Niger; subentra poi una zona di altopiani, sulla destra del medio Niger; infine un’area di bassopiani a N, sovrastata, al confine con l’Algeria, dal vasto massiccio dell’Adrar des Ifoghas (942 m). In complesso il 65% del territorio è desertico o semidesertico. La rete idrografica, essenzialmente costituita dai fiumi Senegal e Niger (che riceve da destra il tributo del Bani), esercita un ruolo fondamentale, specie attraverso il secondo, la cui piena annuale rappresenta una risorsa fondamentale per lo sviluppo agricolo e che ha sempre attratto agricoltori e pescatori. Quanto al clima, si passa da caratteristiche subequatoriali all’estremo S (dove le precipitazioni sono superiori a 1300 mm) a condizioni di sempre maggiore aridità procedendo verso N: in gran parte del paese il clima è di tipo tropicale steppico, poi, a settentrione del corso del Niger, di tipo predesertico saheliano, o addirittura desertico. Parallelamente alla diminuzione delle piogge va accentuandosi l’escursione termica annua, che da valori minimi (1-2 °C) nelle aree più a S sale a quasi 20 °C all’estremo Nord. La vegetazione spontanea è formata da savane nelle aree meridionali, mentre procedendo verso N assume caratteri steppici e desertici sempre più marcati.
La densità media di popolazione (10,2 ab./km2) è molto bassa. I tre quarti degli abitanti e quasi tutta la popolazione urbana si concentrano nella regione centro-meridionale, il cosiddetto M. utile, in termini di potenzialità agricola. La rarefazione demografica è massima nelle plaghe sahariane, che occupano più della metà del territorio e costituiscono l’ambito dei popoli pastori, essenzialmente i Tuareg, i quali nomadizzano tra il massiccio dell’Adrar e l’ansa del Niger. I Tuareg non hanno mai accettato di sottostare al dominio politico esercitato dal gruppo etnico più consistente, i Mandingo, e si sono ribellati a più riprese contro il potere di Bamako. Il gruppo mandingo forma il 40% della popolazione e comprende i Bambara (30%), la cui lingua tende a diventare l’idioma veicolare del M., i Malinke e i Soninke. Nella parte centrale del bacino del Niger sono presenti anche i Peul (10%). Le altre etnie fanno parte di famiglie voltaiche, come i Senufo, o sudanesi, come i Dogon. L’incremento demografico (2,7% annuo nel 2008) è molto sostenuto (per effetto di un quoziente di fecondità che supera i 6 figli per donna) e alimenta intensi flussi migratori, sia stagionali verso i paesi contermini sia stabili verso l’Europa (Francia soprattutto). Le condizioni di vita sono precarie per la maggior parte della popolazione, come attesta la posizione di retroguardia (173° posto su 177) occupata dal M. nella graduatoria mondiale (2005) dell’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite (speranza di vita alla nascita: 53,1 anni; tasso di alfabetizzazione: 24%; reddito effettivo pro capite: 1033 dollari).
Lingua ufficiale resta il francese, ma il bambara ha carattere di lingua nazionale, e coesiste con un’altra decina di idiomi parlati dai gruppi più numerosi; i nomadi del Nord parlano idiomi arabi o berberi.
La quasi totalità della popolazione è musulmana sunnita; il resto è animista, con un’esigua minoranza cristiana.
Lo sviluppo delle strutture legate all’economia di tratta, favorito dal collegamento con il porto senegalese di Dakar (la costruzione della ferrovia Dakar-Bamako risale al 1924), consentì al paese di emergere tra quelli dell’interno. Dopo l’indipendenza, il M. credette di trovare una via allo sviluppo adottando un’organizzazione economico-sociale di tipo collettivista, che finì per provocare una paralisi dell’attività economica, a vantaggio unicamente di un pletorico apparato burocratico. Il quadro economico è migliorato a partire dagli anni 1990, dopo l’adozione di riforme con il supporto delle istituzioni finanziarie internazionali. Ma lo sviluppo del M. è ostacolato da più elementi di debolezza: l’isolamento, la carenza di infrastrutture, e soprattutto l’aridità dell’ambiente, legata alla progressiva desertificazione del Sahel. Gravi e prolungati episodi di siccità, protrattisi anche per parecchi anni di seguito, hanno fra l’altro innescato conflitti tra coltivatori e allevatori per l’utilizzazione delle acque del Niger e accelerato l’esodo verso le città di moltitudini rimaste senza risorse. L’agricoltura, praticabile peraltro solo nelle aree rivierasche del Niger (il 5% di tutto il territorio), rappresenta, insieme con l’allevamento, la principale risorsa del paese. Alle colture di cereali (miglio, riso, sorgo e mais) destinate all’alimentazione locale, si affiancano quelle commerciali: soprattutto cotone (300.000 t di semi e 160.000 t di fibra nel 2006; il M. è il terzo produttore africano dopo il Burkina Faso e l’Egitto), arachidi e canna da zucchero. Il delta interno del fiume Niger è sede di uno dei più annosi e importanti progetti di irrigazione dell’Africa a S del Sahara, l’Office du Niger, avviato dai Francesi nel 1932, con il duplice obiettivo di provvedere ai fabbisogni di cotone dell’industria tessile francese e di assicurare l’autosufficienza alimentare locale dando impulso alla risicoltura irrigua. Notevole importanza ha l’allevamento (7,7 milioni di bovini e oltre 20 milioni di capi tra caprini e ovini). Tra le risorse del sottosuolo si segnala in particolare l’oro, la cui produzione, in sensibile crescita, è arrivata a rappresentare la più importante fonte di proventi delle esportazioni. Il M. è particolarmente vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi del cotone sui mercati mondiali, e ha un elevato grado di dipendenza dagli aiuti esteri. La produzione manifatturiera si limita essenzialmente alla lavorazione di prodotti agricoli e a qualche altra modesta attività (impianti tessili, meccanici, chimici, cementifici, calzaturifici ecc.). La bilancia commerciale è cronicamente passiva, ed è appesantita dalla dipendenza dall’estero per forniture energetiche e prodotti industriali. Le strade (15.000 km, di cui 3000 asfaltati) sono in gran parte percorribili solo stagionalmente. Gli aeroporti principali sono quelli di Bamako e di Mopti.
Lo Stato africano che, con l’indipendenza nel 1960, fu chiamato M. si era formato con il nome di Sudan nell’Africa Occidentale Francese. Il M. antico era popolato e dominato dai Malinke o Manding. Secondo la leggenda, il fondatore dell’impero fu Sundiata Keita (o Marj-Diada), autore della distruzione del potere residuo del Ghana, che avrebbe regnato dal 1230 al 1255. La dinastia si convertì all’islam e le principali città del M. divennero sedi di arte e cultura musulmana, anche se rimase in vigore il principio della discendenza matrilineare e, nel complesso, la popolazione continuò a professare culti pagani. La compattezza dell’impero fu scossa dai Tuareg che conquistarono Tombouctou (1435), dai Mossi e dai Songhai; l’ultima dinastia sudanese con centro a Gao fu quella degli Askia.
Dopo un lungo periodo di semianarchia, la penetrazione commerciale e coloniale vide come protagonisti i Francesi; nel 1880 una missione, comandata da J.-S. Gallieni, rivelò la via del Niger, nel 1883 fu stabilita una piazzaforte a Bamako, fra il 1888 e il 1898 furono conquistate Timbuctù e Gao, dando vita all’Africa Orientale Francese, che era imperniata su Dakar e il Senegal. Nel 1958 un referendum istituì la V Repubblica in Francia e la Comunità franco-africana, cui il Sudan aderì. Nel 1960 Sudan e Senegal proclamarono la loro indipendenza formando la Federazione del M., ma ben presto il Senegal se ne distaccò e il Sudan decise di conservare per sé la denominazione di M., proclamandosi indipendente (22 settembre). L’Union soudanaise e il presidente M. Keita avviarono un esperimento ispirato al ‘socialismo africano’, alleandosi a Ghana e Guinea. Ma l’uscita dalla zona del franco provocò gravi problemi economici che condussero a un colpo di Stato militare (19 novembre 1968). Il generale M. Traoré fu eletto presidente nel 1979 e di nuovo nel 1985 in un crescendo di instabilità, autoritarismo e corruzione, sotto l’egida di un partito unico (Union démocratique du peuple malien).
Il regime militare precipitò fra il 1990 e il 1991. Dopo una sommossa finita nel sangue i militari intervennero arrestando lo stesso presidente. L’assestamento del potere avvenne mediante una Conferenza nazionale, la Costituzione e l’elezione di un presidente e dell’Assemblea nazionale (1992). Alla presidenza salì A.O. Konaré, leader dell’Alliance pour la démocratie en Mali-Parti panafricain pour la liberté, la solidarité et la justice (ADEMA). La profonda fragilità delle alleanze fra i partiti, la sospensione degli aiuti finanziari da parte del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale e, infine, nel gennaio 1994, la svalutazione del 50% del franco CFA, accompagnarono il fallimento di varie coalizioni governative guidate dall’ADEMA. Nonostante l’accordo dell’agosto 1994 con cui il governo centrale aveva sottoscritto l’impegno a proteggere i diritti della minoranza tuareg, solo nella primavera del 1995 si giunse all’abbandono della lotta armata da parte dei gruppi più estremisti e all’avvio di una reale integrazione dei Tuareg. Il primo turno delle elezioni legislative (aprile 1997) registrò una netta vittoria dell’ADEMA in un clima di disordini e irregolarità. In seguito i risultati furono invalidati. Ciononostante, le consultazioni per l’elezione del presidente, svoltesi nel maggio, confermarono Konaré. Boicottate dalle principali forze politiche e ulteriormente rimandate, le nuove elezioni generali si svolsero in un clima di grave tensione politica. Mentre alcuni importanti esponenti delle opposizioni venivano arrestati, nel settembre 1997 I.B. Keita formò un nuovo governo con l’appoggio di gruppi dell’opposizione moderata. Ma lo scontro politico, le tensioni sociali, le violenze tra gruppi etnici in diverse aree del paese, nonché i problemi di sicurezza ai confini settentrionali, portarono Keita a dimettersi dalla carica di primo ministro per essere sostituito da M. Sidibé. Nel 2002 divenne presidente A.T. Touré. Si formò un nuovo governo di ‘unità nazionale’, formula perseguita fino all’aprile 2004, quando venne costituito un nuovo esecutivo. I tentativi di migliorare le condizioni di vita della popolazione furono però affossati da gravi crisi alimentari. Inoltre permaneva il problema della guerriglia interna, alimentata dai Tuareg e da gruppi islamici integralisti. Nell’aprile 2007 Touré ha vinto nuovamente le elezioni presidenziali, ottenendo il suo terzo e ultimo mandato. Nel marzo 2012 un gruppo di militari ha deposto il presidente, accusato di non essere in grado di soffocare l'insurrezione organizzata nel gennaio precedente nel nord-est del paese dai Tuareg, che reclamano l'indipendenza e l'autodeterminazione politica e culturale. I militari hanno quindi formato un'autorità governativa provvisoria, il Comitato nazionale per il ripristino della democrazia e dello Stato (CNRDR), mentre i lealisti fedeli a Touré - sulle cui sorti sono circolate poche e contraddittorie notizie - hanno iniziato a mobilitarsi per organizzare un controgolpe. Il 10 aprile, dopo una complessa trattativa tra la giunta militare e l'Ecowas, la Corte costituzionale ha ratificato l'affidamento del mandato presidenziale al presidente del Parlamento D. Traoré; pochi giorni dopo i militari e la classe politica maliana hanno trovato un accordo sulla nomina del primo ministro del governo di transizione, incarico che è stato affidato a C.M. Diarra. A maggio i golpisti e gli inviati della Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale hanno raggiunto un accordo definitivo sul periodo di transizione, che sarebbe dovuto durare dodici mesi, ma a dicembre, dopo essere stato arrestato dai militari, Diarra ha rassegnato le dimissioni. Nel gennaio 2013 Traoré ha chiesto e ottenuto un intervento aereo della Francia, in accordo con l'Ecowas, contro i ribelli del nord del Paese, a seguito del quale sono state liberate molte città che erano cadute in mano ai fondamentalisti islamici. Le consultazioni presidenziali tenutesi nel mese di agosto hanno registrato la vittoria dell'ex primo ministro I.B. Keita, eletto al secondo turno con il 77,6% dei voti contro il 22,3% dello sfidante S. Cissé, mentre la nomina a premier di M. Mara (aprile 2014) ha contribuito a rafforzare l’impegno pacificatore profuso dalle forze governative, affiancato tra l'altro dall’agosto 2014 dalla missione militare di counter-terrorism a guida francese Barkhane, avente l'obiettivo di contrastare il terrorismo militante nella fascia sahelo-sahariana. Nel luglio 2014 si sono aperti ad Algeri i negoziati per la pacificazione del Nord del Paese, i cui esiti sono stati alquanto compromessi dal mancato accordo sulla tipologia dell’autonomia da accordare ai territori settentrionali; l’apertura delle trattative è slittata al settembre 2014, e un primo accordo è stato prodotto nel febbraio 2015, contemplando una tregua immediata delle ostilità, la liberazione dei prigionieri e la partecipazione a un comitato per la sicurezza e la protezione dei civili. In un quadro sociopolitico interno comunque ancora tormentato dai conflitti etnici e agitato sul piano internazionale dall'inasprimento dell'offensiva islamica contro l'Occidente, cellule jihadiste hanno realizzato nel corso degli anni successivi numerosi attentati nel Paese, tra i più gravi dei quali è stato quello di Bamako del novembre 2015. In un paese ancora profondamente agitato dalla deriva terroristica e in cui la frattura del patto sociale tra potere politico e popolazione civile è andata acuendosi, nell'agosto 2018 Keita è stato riconfermato nella carica presidenziale con il 67,1% dei consensi contro il 32,8% del suo storico avversario Cissé; incapace di porre fine ai violenti conflitti che lacerano il Paese, nell'aprile 2019 l'intero esecutivo guidato da S.B. Maïga, in carica dal dicembre 2017, ha rassegnato le dimissioni, e il presidente Keïta ha assegnato al ministro uscente dell’Economia e delle finanze B. Cissé l'incarico di formare un nuovo governo. Il primo turno delle elezioni legislative tenutesi nel marzo 2020 con un tasso di affluenza estremamente basso (35,7%) a causa dell’emergenza Coronavirus ha consentito di assegnare soltanto 17 seggi dei 147 seggi dell’Assemblea nazionale, 14 dei quali aggiudicatisi dal partito al potere Rassemblement pour le Mali (RPM), seguito dal principale partito di opposizione, l'Union pour la République et la Démocratie (URD), che ha conquistato tre seggi. Nei mesi successivi le tensioni politiche e le proteste di piazza a opera di una coalizione di oppositori politici, leader religiosi e membri della società civile si sono intensificate, fino a sfociare nell'agosto 2020 in un colpo di stato dei militari, che hanno costretto il presidente Keita a dimettersi e a sciogliere il Parlamento. Nuovo leader del Paese si è autoproclamato il colonnello dell'esercito di terra A. Goïta, che nel mese successivo, dopo l'elezione di Bah Ndaw alla presidenza delle autorità di transizone, ha assunto la carica di vicepresidente; nel maggio 2021 l'uomo politico ha guidato un nuovo golpe, arrestando Bah Ndaw e il premier ad interim M. Ouane, proclamandosi presidente del Paese e imponendo nuovamente il controllo militare sul governo civile. Nel gennaio 2022 la giunta militare ha prolungato la fase di transizione verso la democrazia postponendo al 2026 le consultazioni previste per il mese di febbraio; nello stesso mese, in ragione dell'esacerbamento delle relazioni con la giunta golpista, dopo nove anni di interventi contro il terrorismo jihadista è stata decisa la chiusura delle operazioni militari europee nel Paese. Il referendum svoltosi nel giugno 2023 ha approvato a larga maggioranza (97%) la nuova Costituzione elaborata dalla giunta militare, che prevede tra gli altri punti l’amnistia per gli autori di colpi di stato avvenuti prima della sua promulgazione, ampliando i poteri del presidente e delle forze armate. Nel luglio successivo, insieme al Burkina Faso e alla Guinea, il Paese si è schierato contro l’ultimatum imposto dalla Ecowas a seguito del golpe verificatosi nello stesso mese in Niger, sottoscrivendo nel settembre successivo, con il Mali e il Niger, l'Alleanza degli Stati del Sahel per la reciproca difesa militare.