Stato dell’Africa nord-orientale, il cui territorio confina a N con l’Egitto, a E con l’Eritrea e l’Etiopia, a S con il Sud Sudan, a O con la Repubblica Centrafricana e il Ciad, a NO con la Libia; per un tratto di circa 800 km, a NE, si affaccia sul Mar Rosso.
All’unità morfologica derivante dalla coincidenza del territorio con la depressione nilotica, compresa tra l’Altopiano Etiopico, le alteterre africane orientali e le dorsali divisorie dei bacini idrografici del Lago Ciad e del fiume Congo, si contrappone, per l’enorme ampiezza in latitudine (tra i paralleli 3° e 22° N), una grande varietà di paesaggi naturali. Tuttavia, nella complessità degli ambienti, dove l’unico elemento unificante è costituito dal lungo percorso del fiume Nilo, si possono individuare tre grandi insiemi differenziati, da N verso S. Il S. settentrionale, caratterizzato da un ampio deserto attraversato dalla valle del Nilo, si scompone nell’area desertica occidentale, di tipo sahariano, e in quella orientale, il Deserto di Nubia. Il S. centrale si estende tra i paralleli 10° e 16° N, e, per le più favorevoli condizioni naturali rispetto al deserto settentrionale e alle aree meridionali, dove dominano le savane e le paludi, costituisce il centro economico e politico del paese. Anche nel S. centrale, che presenta tutti i caratteri di un’area saheliana, il paesaggio si presenta assai diversificato: all’area semisteppica, quasi priva di vegetazione, segue l’altopiano cristallino del Darfur, mentre più a S si sviluppa l’area arbustiva, fino a raggiungere la Gezira, vera e propria ‘mesopotamia’ compresa tra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Quest’ultimo fiume, proveniente dai suoli vulcanici dell’Altopiano Etiopico e quindi ricco di limo, confluisce nel Nilo (all’altezza di Khartoum), con un rilevante apporto idrico (stimato pari al 60% dell’intera portata), che, durante la stagione delle piogge, provocava l’inondazione dei terreni, fertilizzandoli (fenomeno cui è collegata la nascita dell’antica civiltà nilotica). Nel S. meridionale, infine, l’ampia pianura argillosa, orlata dai rilievi terminali dell’Altopiano Etiopico a SE e dalle propaggini della dorsale Congo-Nilo a SO, è percorsa da una serie di tributari del Nilo, che penetra nel territorio sudanese con il nome di Bahr al-Gebel, prosegue con una serie di rapide fino a Juba e successivamente, nella regione denominata Sudd, forma un’area di paludi e acquitrini. Qui e nel bacino dell’affluente (di sinistra) Bahr al-Ghazal, con oltre 1000 mm annui di piogge, si hanno anche foreste di tipo equatoriale.
L’aspetto più rilevante della componente demografica del Paese è la forte eterogeneità etnico-linguistica. All’entità della popolazione, sostenuta da un tasso di accrescimento annuo ancora molto sostenuto (2,1% nel 2009), si contrappongono modesti valori di densità (in media, 16 ab./km2) proprio per l’ampiezza territoriale; valori che, tuttavia, contrastano con una preoccupante pressione demografica sulle risorse disponibili. Si calcola che il 40% dei Sudanesi, esposto ai rischi di carestie e di malnutrizione, viva ancora al di sotto del livello di povertà. La popolazione comprende oltre 600 distinti gruppi e sottogruppi etnici, tra i quali prevalgono gli Arabi, più diffusi a N, che rappresentano il 39% degli abitanti; seguono Nilotici e Camitici (30%) e Sudanesi. Nonostante i continui flussi migratori verso le città, e in particolare verso la capitale, che nel 2008 contava 1.410.858 ab., la popolazione urbana non raggiunge neppure un quarto di quella totale, mentre si stimano ancora quasi 2 milioni di nomadi.
Le lingue ufficiali sono l’arabo e l’inglese, ma vengono parlati anche idiomi camitici, nilotici e sudanesi. La religione musulmana, praticata dal 70% della popolazione, è diffusa nel S. settentrionale e centrale, mentre nel sud si praticano culti animisti (25%) ed è presente una minoranza cattolica (5%).
L’economia sudanese, già tradizionalmente dipendente dal settore primario, è rimasta in uno stato di grave sottosviluppo fino all’ultimo decennio del Novecento, quando ha cominciato a dare segni di ripresa, dopo una radicale trasformazione delle strutture produttive. Questa svolta è stata resa possibile sia dall’inizio dell’estrazione del petrolio sia dagli aiuti da parte di organismi internazionali che il S. ha cominciato a ricevere dopo aver intrapreso un severo programma di aggiustamento strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale. Le prospettive aperte dallo sfruttamento petrolifero e la rigida politica monetaria hanno richiamato nel S. ingenti investimenti esteri, così che il prodotto interno lordo ha registrato incrementi superiori al 10% annuo nel 2006 e nel 2007.
Le attività agricole rimangono importanti, dato che impegnano l’80% delle forze di lavoro, e contribuiscono a formare ancora il 32% del prodotto interno lordo (2007). Tuttavia sono condizionate negativamente dalla grande estensione dei deserti e dalla scarsità idrica: pertanto lo sviluppo agricolo si è realizzato solo lungo il corso del Nilo e dei suoi principali affluenti, e nelle regioni in cui le precipitazioni sono in grado di sostenere il processo di crescita delle colture. Si possono individuare tre tipologie di agricoltura: irrigua, pluviale e tradizionale. L’agricoltura irrigua moderna si incentra sulla coltivazione del cotone (960.000 q di fibra e 2,6 milioni di q di semi) sui suoli fertili della Gezira, dai quali si è successivamente estesa nelle aree limitrofe ai fiumi Atbara e Rahad, dove è stata affiancata alla coltura della canna da zucchero, delle arachidi, del sorgo, ovvero ai classici prodotti da esportazione. La tipologia agricola prevalente resta tuttavia quella pluviale, che interessa quasi 10 milioni di ha (rispetto ai 12 milioni complessivi), coltivati solo per un quarto con mezzi meccanici. L’agricoltura pluviale meccanizzata contribuisce per il 50% alla produzione nazionale di sorgo (4,2 milioni di t nel 2005) e per il 25% a quella di sesamo (4,2 milioni di q), prevalentemente sui suoli delle pianure di Kassala e del Nilo Azzurro. L’agricoltura tradizionale è diffusa soprattutto nelle aree centrali, occidentali e meridionali del paese e comprende, oltre a quella pluviale non meccanizzata, l’agricoltura itinerante, in graduale regresso per i provvedimenti governativi di incoraggiamento della sedentarizzazione delle popolazioni nomadi. L’allevamento è caratterizzato da una notevole consistenza numerica del bestiame di proprietà degli agricoltori sedentari: nel 2005 si contavano 38 milioni di capi di bovini, 48 milioni di ovini, 42 milioni di caprini, 3,3 milioni di cammelli.
Fino al 2002, anno in cui sono entrati in attività i pozzi petroliferi di Abu Jabra e Heglil, nel centro-sud, la produzione mineraria consisteva essenzialmente nell’estrazione di oro (4728 kg nel 2005), cromite e sale. L’estrazione di petrolio, a opera in primo luogo di compagnie cinesi, ha prodotto 18.850.000 t nel 2006, ma a regime la produzione dovrebbe raddoppiare. L’attività manifatturiera, localizzata in prevalenza nell’area centro-orientale, dominata dalla capitale e dotata di infrastrutture, comprende zuccherifici, oleifici, distillerie, industrie tessili e della raffinazione del petrolio (a Bur Sudan, località nota anche con il nome di Port Sudan, e Khartoum).
Nel quadro nazionale le vie di comunicazione risultano insufficienti. La rete stradale misura 11.900 km sempre percorribili, di cui 4100 asfaltati. La rete ferroviaria (5000 km) poggia sulla linea principale che attraversa il paese in senso N-S, collegando Wadi Halfa, sul confine egiziano, con al-Obeid, attraverso la capitale. Tre sono gli aeroporti principali: oltre a quello della capitale, Juba e Bur Sudan. Quest’ultimo è il solo porto marittimo del paese, e svolge un ruolo fondamentale per lo smistamento delle merci in entrata e in uscita, oltre che per il rifornimento delle navi in transito sul Mar Rosso. La bilancia commerciale è fortemente passiva.
Le culture più antiche del S. sono assai poco conosciute. A parte gli sporadici resti paleolitici rinvenuti lungo il Nilo Azzurro (Abu Anga), le fasi successive si collocano tra Paleolitico e Mesolitico. Insediamenti di notevole interesse sono quelli di Khartoum per il Mesolitico, di Shaheinab per il Neolitico. Alla fine del 4° millennio a.C. si rinvengono i primi oggetti metallici. Il materiale importato dall’Egitto permette, dalla I dinastia in poi, di stabilire una buona cronologia. I faraoni della XII dinastia (inizio 2° millennio a.C.) estesero il loro dominio su parte del S. che, a partire da quest’epoca, gravitò nell’orbita politica e culturale dell’Egitto. Nell’8° sec. a.C. fu però una dinastia venuta dalla Nubia a conquistare l’Egitto e a esercitare per oltre un millennio la sua autorità sulla regione dell’Alto Nilo, partendo dai centri di Napata e poi di Meroe; la sua distruzione avvenne intorno al 4° sec. a opera del regno di Aksum.
Il cristianesimo si radicò profondamente nella Nubia, grazie alla predicazione di monaci siriani nel 6° sec., in particolare nei regni di Nobazia, Makuria (Dongola) e Alodia. Dal 14° sec. si fece preponderante il dominio arabo e l’Islam, già presente da prima del crollo dei regni cristiani, dilagò. Dall’alleanza fra una tribù araba e un popolo nero islamizzato nacque, all’inizio del 16° sec., il regno di Funj, importante nodo commerciale, che si conservò sino alla conquista di Muḥammad ‛Alī nel 1820-23, quando la sovranità egiziana fu estesa su Darfur, Sennar e Kordofan.
L’Egitto nominò un viceré, assistito da governatori per le varie province, lasciando al loro posto i capi delle tribù, e nel 1830 fu costruita Khartoum. Dopo l’apertura del canale di Suez (1869), l’interesse europeo per la regione si fece più marcato. Contro l’occupazione egiziana e la penetrazione europea, nel 1881 al-Mahdī scatenò la guerra santa, scontrandosi con l’espansionismo della Gran Bretagna. Conquistata Khartoum, il Mahdī instaurò uno Stato teocratico, con capitale Omdurman. Nel 1896 forze congiunte anglo-egiziane intrapresero la riconquista del territorio e nel 1899 il S. divenne un condominio anglo-egiziano, nel quale, di fatto, i pieni poteri erano in mano al residente britannico. Applicando l’amministrazione indiretta, Londra lasciò che le due parti del paese si sviluppassero in maniera diversa: il Nord, saldamente in mano a un’oligarchia arabo-islamica e orientato verso l’Egitto, progredì maggiormente sul piano economico, mentre il Sud, dove operavano le missioni cristiane, restò più legato alle proprie tradizioni. Scopo non dichiarato dell’amministrazione britannica era quello di unire, almeno in parte, il S. all’Uganda, mantenendolo fuori dall’influenza araba. I militari saliti al potere in Egitto con il colpo di Stato del luglio 1952 si accordarono con le autorità britanniche per avviare il S., attraverso un periodo triennale di autogoverno, all’autodeterminazione circa il proprio avvenire. Nelle elezioni per il primo Parlamento sudanese (1953), si impose il Partito Nazionalista Unionista (PNU), espressione degli elementi filoccidentali e urbanizzati, oltre che degli ambienti islamici ortodossi, che nel gennaio seguente diede vita a un esecutivo guidato da I. al-Azharī. L’indipendenza fu proclamata il 1° gennaio 1956.
La neonata Repubblica preferì non aderire al Commonwealth ed entrò a far parte della Lega Araba, mentre sul piano interno l’avvio di un movimento di guerriglia nel Sud rese subito evidente il malcontento delle regioni meridionali, desiderose di maggiore autonomia dal governo centrale. Nel 1958 il generale I. ‛Abbūd con un colpo di Stato s’impadronì del potere, mantenuto con il sostegno delle forze armate sino al 1964. Da allora la vita politica sudanese è stata contrassegnata da un’alternanza di regimi militari e tentativi di democratizzazione; nei brevi periodi in cui, nel rispetto delle libertà fondamentali, si sono svolte elezioni democratiche, il S. ha conosciuto momenti di autentico pluralismo e ha cercato di risolvere positivamente la sua questione meridionale. Una nuova parentesi civile, iniziata nel 1964, fu bruscamente chiusa nel maggio 1969 dal colpo di Stato del generale G.M. an-Numairī, che sciolse tutti i partiti, a eccezione dell’Unione socialista sudanese, e diede al paese una nuova Costituzione (1973). Nel frattempo il regime aveva raggiunto un accordo globale con i guerriglieri, che prevedeva la concessione di un’ampia autonomia per le province meridionali del paese. Evolutosi in senso sempre più personalistico e autoritario, il regime di an-Numairī si allontanò progressivamente dall’URSS, avvicinandosi agli USA, all’Arabia Saudita e, soprattutto, all’Egitto. Il continuo peggioramento delle condizioni economiche del paese e la ripresa della guerriglia nelle province meridionali indebolirono il regime e nell’apr. 1985 an-Numairī fu spodestato da un gruppo di militari che, abolita la Costituzione del 1973, promosse un rapido ritorno alla democrazia: le elezioni per l’Assemblea costituente (1986) furono vinte dall’Umma, il cui leader, Ṣ. al-Mahdī, costituì un governo di coalizione. Ciò non impedì la prosecuzione nel Sud della lotta armata, condotta soprattutto dall’Esercito di Liberazione del Popolo del Sudan (ELPS), che pose l’abolizione della legge islamica quale condizione per avviare trattative con il governo.
Nel 1989 un golpe guidato dal generale ‛O.Ḥ.A. al-Bashīr portò al potere un gruppo di ufficiali vicini al Fronte islamico nazionale, capeggiato dal suo ideologo H. at-Turabi. Divenuto un punto di riferimento per gli islamisti di tutto il mondo, il governo si impegnò a estendere la sharī‛a a tutto il territorio nazionale, vanificando gli accordi precedentemente raggiunti con l’ELPS. La giunta militare, volgendo le spalle all’Egitto, portò il paese in uno stato di isolamento internazionale quasi assoluto, anche per avere appoggiato l’Iraq nella prima guerra del Golfo (1991) e avere più volte dato ospitalità al leader di al-Qā‛ida, O. bin Laden. Il S. si alleò quindi con l’Iran, determinando la rottura delle relazioni diplomatiche da parte egiziana (1995). Nel 1999 al-Bashīr esautorò at-Turabi dal potere, riallacciando poi i rapporti con l’Egitto e schierandosi con gli USA nella lotta al terrorismo (2001). La ripresa negoziale con l’ELPS approdò alla tregua del 2002 e alla firma dell’accordo (2005) con il quale il S. ha riconosciuto l’autonomia al Sud cristiano per 6 anni (con la previsione di un successivo referendum per l’autodeterminazione), il principio del multipartitismo e la cooptazione dell’ELPS nel governo. Nel 2003, però, nella regione del Darfur (➔) è scoppiata un’altra, tragica guerra civile fra milizie filogovernative arabe e popolazioni musulmane nere, che ha causato decine di migliaia di morti civili e la fuga dalla regione di 2 milioni di profughi; in seguito a tali eventi nel 2006 S. e ONU sono arrivati a un accordo per una missione di pace. Nel 2009 la Corte penale dell’Aia ha emesso un mandato di cattura contro al-Bashīr per i crimini compiuti in Darfur. Nel febbraio 2010 è stato raggiunto un accordo preliminare tra il governo e il principale gruppo dei ribelli, il JEM (Justice and Equality Movement). Nel gennaio del 2011 si è tenuto il referendum per l'autodeterminazione del Sudan meridionale, che ha sancito in modo inequivocabile (il 98,83% dei voti) la volontà d'indipendenza delle popolazioni del Sud Sudan da Karthoum, indipendenza proclamata formalmente e celebrata il 9 luglio del 2011 a Juba, la capitale del nuovo stato, alla presenza del neopresidente Salva Kiir Mayardit e di al-Bashīr. Nell'aprile 2015 al-Bashīr, al potere da oltre 25 anni, è stato confermato presidente del S., ottenendo il 94% delle preferenze; negli anni successivi è andato però aumentando il malcontento popolare per la durata lunghissima del suo mandato e per il peggioramento delle condizioni economiche del Paese, culminando dal dicembre 2018 in una serie di proteste che hanno aperto una crisi irreversibile del regime, sfociata nell'aprile 2019 nella destituzione dell'uomo politico a seguito di un colpo di stato dei militari. Nell'agosto 2019 il Consiglio militare del S. e i leader della protesta hanno firmato a Khartoum una storica dichiarazione costituzionale che prevede la creazione di un Consiglio formato da 11 membri, sia civili che militari, alla guida Paese per i successivi tre anni in attesa di nuove elezioni e retto dal militare AF.A. al-Burhan per i primi 21 mesi; primo ministro del Paese è stato nominato l’economista ed ex funzionario delle Nazioni Unite A. Hamdok. Uno storico accordo di pace è stato raggiunto nell'agosto 2020 tra il governo centrale e le forze ribelli del Fronte rivoluzionario del Sudan: firmato a Giuba (Sud Sudan) dopo complessi negoziati, esso ha posto fine a un conflitto durato 17 anni, disponendo tra gli altri punti la concessione di autonomia amministrativa agli stati del Darfur Occidentale, del Kordofan Meridionale e del Nilo Azzurro, la regolamentazione delle proprietà terriere tribali e l’integrazione delle forze militari ribelli nell’esercito sudanese. Nell'ottobre 2021, in un quadro di grave instabilità politica e di forti tensioni sociali, il controllo del potere è stato assunto da militari che hanno arrestato e posto ai domiciliari Hamdok e vari ministri del suo esecutivo; nel mese successivo il premier ha accettato un accordo con le forze che lo avevano deposto per tornare al governo, ciò non placando il clima di forti tensioni sociali che lo ha costretto nel gennaio 2022 a rassegnare irrevocabilmente le dimissioni. Nell'aprile 2023 si sono verificati violenti scontri tra le forze paramilitari guidate dal vice presidente del Consiglio di transizione M.H. Dagalo, e sostenute dai mercenari russi della Wagner, e l'esercito regolare del generale A.F. Al-Burhan, capo del Consiglio sovrano dopo la destituzione di Hamdok; nel mese successivo le tregue concordate tra esercito regolare e paramilitari per consentire il transito di civili e l’arrivo degli aiuti umanitari sono state ripetutamente violate.
In Sudan la tradizionale casa-scatola, su impianto rettangolare o quadrato (bayt jalus), con tetto piatto, fatta di pura argilla o fango essiccati al sole, di mattoni o con intonaci realizzati con escrementi di mucca (zibala), continua a essere la tipologia dominante; il legno è presente esclusivamente nei tetti, nelle porte o nelle finestre (esempi a Omdurman, città realizzata nel 1885 e che conservò il suo aspetto originario fino agli anni 1960). L’aspetto moderno della capitale Khartoum si deve alla ricostruzione promossa da Lord Kitchener all’inizio del 1900, protrattasi fino al 1912, attuata dopo la distruzione del 1885: una varietà di stili importati dall’estero, di influsso coloniale. Soltanto dopo l’indipendenza ha iniziato a emergere in S. l’interesse per un linguaggio architettonico e artistico autonomo.
Accanto alla cultura islamica, istituzionale, nel S. sono numerosissimi i gruppi etnici e i linguaggi ancora vitali, le antiche culture e le tecniche artigianali; su tale substrato il contatto con il mondo occidentale, iniziato con il dominio anglo-egiziano, ha avuto effetti sostanziali: l’istituzione, da parte degli Inglesi, di una scuola di disegno a Khartoum, nel 1945; il completamento, prevalentemente a Londra, della formazione di molti artisti sudanesi che, tornati in patria, si sono dedicati all’insegnamento. Dagli anni 1960 gli esponenti della cosiddetta Scuola di Khartoum hanno cercato di esprimere la loro duplice identità, africana e islamica (A. Šibrayn, che lavora sulla calligrafia araba; I. al-Ṣalāḥī, che commistiona figuratività e calligrafia; M. ‛Abd Allah, ceramista; A. Nūr, in complesse installazioni; R. Diyāb unisce calligrafia, versetti coranici, motivi folclorici; e inoltre, K. Ibrāhīm Ishāq; M. Bušāra; A.M. Abū Šarī‛a).