Stato dell’Africa centro-orientale, confinante a N con il Sud Sudan, a E con il Kenya, a S con la Tanzania e il Ruanda, a O con la Repubblica Democratica del Congo.
Il territorio, comprendente quasi la metà del Lago Vittoria e attraversato, nella sua sezione meridionale, dalla linea dell’equatore, è costituito da un altopiano con quote medie da 900 a 1500 m s.l.m., dolcemente inclinato verso il centro, dove si trova il bacino del Kyoga. Verso O, al confine con la Repubblica Democratica del Congo, l’altopiano è delimitato dalla fossa tettonica dell’Africa orientale, con profondi bacini lacustri (Lago Edoardo e Lago Mobutu, già Lago Alberto) e alti rilievi di origine vulcanica (come il complesso del Ruwenzori, che supera i 5100 m). Alture vulcaniche compaiono anche a E, al confine con il Kenya, dove il Monte Elgon raggiunge i 4321 m.
Il clima è condizionato dalla posizione equatoriale e dall’altitudine: le piogge sono abbondanti (quasi ovunque superano i 1500 mm, con punte sopra i 2000 mm sulle sponde del Lago Vittoria e sui fianchi dei rilievi), la temperatura costante (intorno ai 20 °C) e la stagione asciutta ha sempre una durata limitata. Questi elementi climatici (con l’aggiunta che buona parte del territorio dell’U. è esente dalla malaria, in quanto l’anofele non resiste ad altitudini elevate) hanno creato una condizione molto favorevole alle attività umane.
L’abbondanza delle precipitazioni ha favorito una ricca rete idrografica, dominata dal Nilo che, col nome di Nilo Vittoria, esce dal maggiore lago africano e, dopo le Owen Falls, entra nel Kyoga; successivamente raggiunge il Lago Mobutu dopo le cascate di Kabalega, esce da questo con il nome di Nilo Alberto ed entra infine nel territorio del Sudan con il nome di Bahr al-Gebel.
La vegetazione spontanea presenta foreste a galleria lungo i fiumi o sulle sponde dei laghi, foreste a parco nell’altopiano, foreste pluviali d’altura sui rilievi, savane arborate nelle pianure settentrionali e orientali. Pesantemente modificata dall’azione dell’uomo in passato, in modi a volte depauperanti, è oggi oggetto di politiche ambientali tese alla valorizzazione, anche turistica, del patrimonio naturale.
La popolazione dell’U. è divisa in diversi gruppi etnici, appartenenti per gran parte al ceppo bantu, con minoranze nilo-camitiche e nilotiche. L’etnia bantu prevalente, e che storicamente ha sempre rappresentato il gruppo dominante del paese, è quella dei Ganda (o BaGanda), con il 17,3%, seguita dai Banyankore, Basoga, Bakiga, Iteso, Langi, Bagisu, Acholi e da altre popolazioni. La comunità asiatica, che aveva una presenza significativa prima del 1969, è stata espulsa quasi completamente, così come quella europea (prevalentemente britannica). Le centinaia di migliaia di profughi dal Ruanda e dal Sudan, sistemati in poverissimi campi di raccolta al confine con questi Stati, incidono pesantemente sulla debole struttura del paese. Sia il tasso di accrescimento demografico (3,6% nel 2008) sia quello di natalità (47,8‰) sono tra i più elevati del mondo. La maggior parte degli indicatori demografici e socioeconomici delinea un quadro assai poco soddisfacente, sebbene in lieve miglioramento rispetto agli anni 1990: la mortalità infantile è del 64,8‰ (2009), la speranza di vita alla nascita è intorno ai 50 anni e l’analfabetismo riguarda circa un terzo della popolazione adulta. L’U. è, inoltre, tra i paesi africani più colpiti dall’epidemia di AIDS, con 77.000 morti all’anno su 940.000 sieropositivi (dati 2007). Le aree urbane sono poche (13% della popolazione totale) e sempre circondate da periferie misere: la principale è l’agglomerazione della capitale, seguita da quelle di Kira, di Gulu e di Lira.
Le lingue ufficiali sono l’inglese e lo swahili, ma molto usate sono anche le lingue etniche, fra cui prevale il luganda, che è la lingua dei Ganda. La popolazione è fortemente cristianizzata (82% del totale) in conseguenza dell’attività missionaria dei cattolici e degli anglicani; la presenza islamica, raddoppiata dagli anni 1990, si aggira intorno al 12%, mentre il resto della popolazione segue credenze di tipo animistico o naturalistico.
L’U. è uno degli Stati più poveri del mondo, agli ultimi posti nella graduatoria dei paesi sottosviluppati. Questa situazione è dovuta ai disastri provocati nel sistema produttivo (e, ovviamente, anche in quello sociale) dalle vicende politiche interne degli anni 1970 e dalle calamità naturali (in particolare, i lunghi periodi di siccità) degli anni 1980. Solo con il decennio 1990 la situazione generale ha cominciato a migliorare, grazie alla maggiore stabilità politica, e il PIL ha iniziato a crescere a tassi elevati, anche se una parte rilevante di questi risultati è stata compromessa dall’incidenza del notevole incremento demografico. Allo scopo di incamerare nuove risorse da destinare a investimenti produttivi, fin dai primi anni 1990 è stato varato un piano per la privatizzazione delle imprese di Stato, che, se pure viziato da episodi di corruzione, ha prodotto buoni risultati attirando capitali stranieri. L’economia del paese, comunque, resta pesantemente dipendente dagli aiuti internazionali. Una voce importante dell’economia, che si avvia a diventare sempre più rilevante, è costituita dalle rimesse degli emigrati.
Della popolazione attiva, l’82% è dedito all’agricoltura e all’allevamento, ma quasi sempre in forme familiari. La colonizzazione inglese aveva portato nel paese la coltura del cotone, del caffè, del tè, delle piante oleaginose e del tabacco; le piantagioni, favorite dalla fertilità dei suoli e dal clima e concentrate soprattutto nella regione rivierasca del Lago Vittoria, alimentavano una forte corrente di esportazione attraverso l’U. Railway, la linea ferroviaria ultimata all’inizio del 20° sec., che, attraversando il Kenya, raggiunge il porto di Mombasa, sull’Oceano Indiano. Durante il periodo della dittatura militare, la produzione delle colture da esportazione è drasticamente diminuita, e solo negli anni 1990 le vecchie piantagioni sono state riassettate: il caffè, sia nella varietà robusta, sia in quella arabica, rappresenta la coltura commerciale più importante (211.000 t nel 2008) e l’unica voce di rilievo nelle debolissime esportazioni ugandesi. Volte per gran parte all’autoconsumo sono invece le produzioni di batata, manioca, patata, mais, frumento, orzo, miglio e ortaggi. L’allevamento conta un buon patrimonio zootecnico (ovini, caprini e bovini), ma è praticato con tecniche arretrate e senza un utilizzo razionale delle aree pascolive, affette da forme di degrado accelerato. In crescita, con buone rese, sia la pesca nelle acque interne che la produzione di legname pregiato.
Le attività estrattive si sono notevolmente sviluppate, nel nuovo secolo, grazie agli investimenti delle compagnie minerarie straniere. Tra le risorse del sottosuolo attualmente sfruttate vi sono cobalto, tungsteno, cassiterite e amianto. Di rilievo la produzione di sale (Lago Katwe, Kasenyi, Lago Mobutu). Prospettive di ottimi rendimenti offre il vasto giacimento d’oro individuato nella regione di Karamoja e giacimenti minori di petrolio e di uranio. Notevole anche il potenziale idroelettrico, solo parzialmente sfruttato (centrale delle Owen Falls). Il settore manifatturiero opera soprattutto nei rami tessile, agroalimentare, metallurgico, chimico (produzione di fertilizzanti), del legno. La bilancia commerciale è in pesante passivo, dato il valore delle importazioni (macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici e alimentari, combustibili) che sopravanza notevolmente quello delle esportazioni (caffè, pesce e prodotti derivati, tè, cotone, fiori). Principali partner commerciali sono i paesi confinanti (in particolare Sudan, Kenya e Ruanda), la Svizzera, l’India e la Cina.
La rete delle comunicazioni interne, oltre alla sopra ricordata ferrovia di penetrazione, può contare su 70.746 km di strade, con un parco veicoli, comunque, limitato a poco più di 150.000 unità. L’unico aeroporto internazionale è a Entebbe, la vecchia capitale coloniale, 40 km a S della capitale attuale. Kampala è il principale porto per i traffici sul Lago Vittoria.
L’U. è stata abitata dal Paleolitico inferiore da uomini portatori di manufatti di tipo acheuleano, industria che in seguito si specializzò verso un adattamento all’ambiente forestale, lasciando il posto al Sangoano (➔). Il periodo finale del Paleolitico è documentato dal sito di Magosi, consistente in una cisterna artificiale, in cui si trovano, per la fase più antica, manufatti corrispondenti alle industrie genericamente raggruppate sotto l’etichetta di Stillbay, e, nella parte più recente, un’industria microlitica associata poi a ceramica. Gruppi di cacciatori-raccoglitori, dotati di tali strumenti, continuarono un’esistenza autonoma anche dopo lo stanziamento delle prime comunità contadine, nella seconda metà del 1° millennio d.C. Collegato agli inizi dell’agricoltura è l’arrivo nella regione di popolazioni bantu che, pur costituendo una vasta fascia della popolazione del paese, furono dominate da caste aristocratiche di gruppi nilotici provenienti da nord: poco è noto sulla leggendaria dinastia pastorale degli Chwezi, stabilitasi nell’attuale U. occidentale verso la metà del 14° sec., ma nilotici erano gli Hima che, nel 16° sec., causarono la fine del reame degli Chwezi.
Il regno di Bunyoro, costituitosi nel 15° sec., divenne progressivamente dominante nella regione, ampliandosi a E e a S, dove avevano sede altri piccoli regni governati come quello da capi-sacerdoti. Verso la fine del 18° sec., mentre il regno di Bunyoro declinava, emerse quello di Buganda (➔), di etnia Ganda. Contemporaneamente, il territorio dell’U., da sempre attraversato da traffici sulle lunghe distanze, conobbe un incremento dei commerci per l’attività svolta da mercanti arabi, provenienti da Zanzibar e dalla costa orientale africana in cerca di schiavi e avorio.
L’arrivo dall’Europa di esploratori quali J.H. Speke, J.A. Grant e H.M. Stanley fu seguito da un’intensa attività missionaria condotta da cattolici (Francesi) e anglicani (Inglesi), in aspra rivalità tra loro. Le missioni furono accolte con favore nel regno di Buganda, divenuto nel 19° sec. lo Stato più esteso nella regione, dal sovrano (kabaka) Mutesa I, desideroso di ottenere l’aiuto europeo per respingere le truppe egiziane provenienti dal Sudan, penetrate nel suo regno nei primi anni 1870. Ma le rivalità fra cattolici, anglicani, musulmani e tradizionalisti scatenarono la persecuzione anticristiana di Mwanga (salito al trono nel 1884), che tuttavia non riuscì a evitare il protettorato inglese (1894), preceduto nel 1890 da un accordo anglo-tedesco che assegnava l’U. alla sfera d’influenza della Gran Bretagna. Il protettorato fu esteso nel 1896 agli altri regni (oltre a Bunyoro, Ankole e Toro) compresi nel possedimento. Il Bunyoro, con la sua economia di piantagione, fu il fulcro dell’U. britannico.
L’autorità coloniale escluse sino al 1945 gli Africani dalle istituzioni politiche, introdotte intorno al 1920. I primi partiti videro la luce negli anni 1950 e, pur in presenza di un quadro etnico estremamente frammentario, favorirono in genere formule unitarie. L’U., giunto alla piena indipendenza nell’ambito del Commonwealth nel 1962, fu organizzato come una federazione tra i quattro regni originari.
Nel 1963 il paese divenne una repubblica parlamentare e il kabaka Mutesa II, sul trono dal 1939, unì la corona del Buganda alla presidenza dell’Uganda. Nel 1966 un colpo di Stato di A.M. Obote depose il re e una nuova costituzione istituì una repubblica unitaria che abolì anche la monarchia del Buganda. Obote fu rovesciato nel 1971 da un nuovo colpo di Stato guidato dal generale I. Amin Dada, che instaurò una dittatura feroce e personalistica. Messo al bando dalla comunità internazionale, il regime di Amin fu abbattuto dalla Tanzania, le cui forze nel 1979, integrate da esuli ugandesi invasero il paese, assumendone il controllo. Le contestate elezioni del 1980, vinte da Obote, sembrarono chiudere il confuso periodo che seguì la caduta di Amin, ma la vita politica del paese non si rasserenò. Contro il governo scesero in campo numerosi movimenti armati e, mentre il paese sprofondava nel caos, il National resistance army, animato dai Ganda e capeggiato da Y. Museveni, avviò un’offensiva che non si arrestò neppure dopo la deposizione di Obote (1985).
Il consolidamento del regime instaurato da Museveni (rieletto ininterrottamente dal 1996 al 2021), una combinazione di centralismo e autonomia di gestione degli enti e organismi locali, richiese alcuni anni, soprattutto perché le tribù del Nord lottarono aspramente prima di sottomettersi; nell’ambito del riconoscimento di forme di autonomia locale nel 1993 fu ricostituita l’esistenza dei quattro regni tribali tradizionali, con funzioni in teoria solo culturali. Ciò consentì l’incoronazione di Mutebi II, figlio di Mutesa II, in un ruolo destinato restare essenzialmente simbolico, ma che di fatto ha assunto un progressivo un ruolo politico.
In ambito regionale, il desiderio di esercitare un controllo economico sulle risorse del Congo (partecipazione alla guerra del Congo, 1997-2002) e di affermare la propria leadership economica e politica nella regione portarono verso la fine del 1999 allo scontro con il Ruanda per il controllo dei territori occupati nel Congo. Un altro fronte di conflitto, quello con il regime islamico-militare sudanese, si è trascinato dalla fine degli anni 1980, vedendo un miglioramento solo dal 2001. Nel 2002, U. e Sudan hanno firmato un accordo per combattere il movimento fondamentalista cristiano Lord’s resistance army, nato nel 1987 e che, arroccato sul confine fra i due paesi, persegue un’attività di guerriglia feroce, terrorizzando la popolazione civile e reclutando forzatamente bambini e bambine.
Ventidue ugandesi convertiti al cattolicesimo trucidati nel corso della persecuzione anticristiana ordinata nel 1886 dal sovrano del Buganda Mwanga. Beatificati nel 1920 da Benedetto XV e canonizzati da Paolo VI nel 1964.