Commonwealth Nel linguaggio politico inglese, la comunità organizzata dei cittadini, la società politica. Ufficialmente il termine fu adottato nel periodo cromwelliano (1649-60) ed equivalse a ‘Repubblica’. Dal 1688 accompagna la formulazione teorica dei rapporti fra sovrano, Parlamento e paese. La denominazione di British C. of Nations, usata a partire dagli anni 1920 per designare il «gruppo di nazioni dotate di autogoverno» nell’ambito dell’impero britannico, volle appunto indicare programmaticamente l’unità di un organismo che ha parti autonome concorrenti tutte al fine unico del «bene comune».
La spinta iniziale alla formazione dell’Impero britannico venne dalle grandi scoperte e dalle esplorazioni geografiche del 15° e 16° secolo. Nel 17° sec. nacquero le prime colonie stabili. Infranta la superiorità marittima e coloniale ispano-portoghese e prossima al tramonto quella olandese, seguì la lotta coloniale anglo-francese, culminata nella guerra dei Sette Anni (1756-63) e nella fine dell’impero nordamericano francese. Nel 1783, con la guerra d’indipendenza e la creazione degli Stati Uniti d’America, crollò il primo impero coloniale inglese, ma l’intatta preponderanza marittima consentì all’Inghilterra nuove occupazioni coloniali, che abbozzarono i contorni dell’impero britannico dell’Ottocento; con la fine del secolo, nonostante la volontà di altre potenze come la Russia e il Giappone, di costituirsi possedimenti territoriali nelle regioni dei continenti extraeuropei ancora non occupate, l’Inghilterra continuò ad allargare ulteriormente i limiti dell’impero. Intanto, lo sviluppo delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto aveva favorito la formazione di comunità dotate di autogoverno, i dominions, il cui contributo alla madrepatria, durante la Prima guerra mondiale, segnò una tappa decisiva nel loro processo di emancipazione; i dominions costituirono, secondo la relazione Balfour alla Conferenza imperiale del 1926, comunità autonome nell’ambito dell’Impero britannico, in nessun modo subordinate l’una all’altra ma unite da un comune vincolo di fedeltà alla Corona e liberamente associate fra loro. Lo Statuto di Westminster del 1931 riconobbe, in particolare, la piena autonomia legislativa dei dominions rispetto alla Gran Bretagna e segnò, per così dire, l’atto formale di nascita del British C. of Nations.
Il lento processo evolutivo che aveva dato vita al C. era comunque destinato a subire, dopo la Seconda guerra mondiale, una netta accelerazione. Nel 1947 l’India otteneva lo status di dominion, spezzando così per la prima volta il carattere esclusivamente ‘bianco’ del Commonwealth. Contemporaneamente venivano lasciati cadere l’aggettivo British dal nome dell’organizzazione (che diveniva quindi C. of Nations) e il termine dominion (sostituito da member of the Commonwealth), mentre l’uscita dell’Irlanda dall’organizzazione e la mancata adesione da parte della Birmania (od. Myanmar) ne sancivano la natura puramente volontaria. I rapporti tra gli Stati membri si configuravano essenzialmente sotto il profilo economico e culturale. Anche la costituzione (1965) di un segretariato del C. non ha modificato la natura puramente consultiva dell’organizzazione. Dei paesi aderenti al C. (v. fig.) soltanto 16, oltre alla Gran Bretagna, riconoscono come capo dello Stato il sovrano britannico. Gli unici membri che non siano stati colonia britannica sono il Mozambico, il Ruanda (ammesso nel 2009) e il Gabon (ammesso nel 2022). Del C. faceva parte anche lo Zimbabwe, ritiratosi nel 2003 dopo essere stato sospeso per mancato rispetto dei diritti umani. Al 2022, con l'ingresso nel mese di giugno degli stati di Togo e Gabon, l'organizzazione intergovernativa conta 56 Stati membri.