Stato federale dell’Africa orientale, costituito da una sezione continentale, il Tanganica, e una insulare, Zanzibar, comprendente amministrativamente anche l’altra isola di Pemba. Confina a N con Uganda e Kenya, a S con il Mozambico, a SO con Zambia e Malawi, a O con il Congo, a NO con Ruanda e Burundi; comprende ampie parti dei laghi Vittoria, Tanganica e Malawi; si affaccia a E sull’Oceano Indiano, dove si trovano Pemba (a N) e Zanzibar, e inoltre, più a S, l’isola di Mafia, con altre minori. La sezione continentale ha prevalenza assoluta (99,7% della superficie e 97% della popolazione dello Stato).
Il territorio continentale della T. è costituito, in prevalenza, da un vasto lembo dell’altopiano est-africano. L’uniformità della morfologia tabulare (altitudine media intorno ai 1000 m) è movimentata nelle fasce marginali da formazioni montuose originate da un sistema di faglie (Rift Valley) il cui decorso si divide in due rami. Il solco principale è quello che segna il confine occidentale, lungo la linea dei grandi laghi di fossa tettonica (Lago Tanganica, sulla linea di confine con il Congo), ed è orlato da rilievi montuosi che a S culminano a quasi 3000 m nel Monte Rungwe. A NE il ramo minore della grande fossa tettonica è segnato da un’imponente bastionata di massicci vulcanici, che culminano nel Kilimangiaro (5895 m), la più alta montagna dell’Africa. All’estremità settentrionale l’altopiano digrada verso la grande conca del Lago Vittoria; a E lascia spazio a una larga regione costiera pianeggiante, a volte coperta da acquitrini e aree paludose, che termina sulla costa dell’oceano con una serie di spiagge sabbiose, orlate da mangrovie e da barriere coralline. La sezione settentrionale dell’altopiano è movimentata da rilievi collinari e da depressioni che ospitano alcuni bacini lacustri (Rukwa, Manyara, Eyasi, Natron).
Il corso d’acqua più importante è il Rufiji che, con il Ruvu, il Wami e il Pangani, si getta nell’Oceano Indiano dopo avere raccolto le acque della piana costiera; gli altri fiumi si perdono negli acquitrini dei bacini interni o si immettono nei laghi.
Il clima è caratterizzato da temperature elevate nella regione costiera, dove, nella stagione delle piogge monsoniche, l’umidità è molto forte (a Dar es Salaam la temperatura media oscilla tra 27,8 °C in gennaio e di 23,6 °C in luglio), ma negli altopiani interni la minore umidità e l’altitudine consentono condizioni climatiche certamente migliori (a Tabora la media di gennaio è di 22,5 °C e quella di luglio di 21,4 °C). La piovosità è assai incostante, con sensibili variazioni sia nell’anno sia da regione a regione. La parte più estesa del territorio, quella centrale, riceve meno di 500 mm annui; un quinto ha una media annua di 750 mm e solo il 3% arriva a 1250 mm annui o più. Le piogge, in genere, sono concentrate nella stagione da novembre a maggio, con due picchi, uno in novembre-dicembre e l’altro in aprile-maggio.
La vegetazione è povera e buona parte delle alteterre sono coperte da magre steppe (fra cui la più estesa è quella dei Masai, a S del Kilimangiaro) o da una boscaglia secondaria (miombo) nella quale domina il baobab; solo la fascia costiera è intensamente coltivata. Ampi spazi trova la fauna, oggi protetta da un sistema che comprende 14 parchi nazionali e numerose riserve forestali e naturali, e che copre il 40% del territorio.
Dal punto di vista etnico, la popolazione della T. è prevalentemente costituita da gruppi bantu, penetrati nel paese a partire dal 1° millennio a.C., rafforzatisi dal 4° sec. d.C. e, definitivamente, nel corso del 15° e del 16° secolo. Essi sono venuti a sovrapporsi a un originario substrato khoisanide, di cui permangono alcuni piccoli gruppi residuali. Nelle regioni settentrionali sono presenti elementi etiopidi e niloto-camitici (Masai), mentre la fascia costiera, dove predominano i Swahili, ha risentito delle penetrazioni commerciali araba (dall’8° sec., particolarmente sensibile a Zanzibar), europea e indiana.
La crescita demografica ha assunto ritmi vertiginosi nel 20° sec., quando la popolazione è passata dai 5 milioni di ab. del 1935 ai 34,5 milioni censiti nel 2002. Il tasso di incremento annuo, che fino agli anni 1990 si è mantenuto intorno al 2,8%, tende a diminuire (2,04% nel 2009). La densità media (43,3 ab./ km2) ha scarso significato, essendo la distribuzione assolutamente irregolare. La popolazione, infatti, è concentrata nella pianura costiera, sulle alture che circondano il Kilimangiaro e lungo i grandi assi stradali e ferroviari che dal porto di Dar es Salaam raggiungono i grandi laghi e che corrispondono, per lo più, alle antiche vie carovaniere, mentre vaste aree dell’interno sono quasi del tutto spopolate. L’insediamento è prevalentemente rurale nei tradizionali villaggi, a eccezione della fascia costiera. La popolazione urbana rappresenta poco più del 25% del totale, con un’unica grande concentrazione (Dar es Salaam, 2.236.000 ab. nel 2002). La rete urbana delle regioni interne è impostata esclusivamente sugli assi di comunicazione: è il caso della stessa nuova capitale, Dodoma, il cui ruolo è stato quello di riequilibrare il peso della fascia litoranea in termini di insediamento e di potere decisionale. Gli altri centri non vanno oltre modeste funzioni commerciali e amministrative.
Religioni più praticate sono la cristiana (quasi 6 milioni i cattolici) e la musulmana (nettamente prevalente a Zanzibar), ciascuna con circa 1/3 della popolazione; per il resto si hanno culti animisti, ma è consistente anche la presenza dell’induismo.
Già soggetta alla tipica economia coloniale, dopo l’indipendenza la T. assunse un indirizzo peculiare, noto come socialismo africano che, rifiutando il marxismo, cercava piuttosto di unificare la popolazione del paese, formata da circa 120 gruppi etnici differenti, in un unico sistema nazionale. Sotto il profilo economico, il nuovo modello cercò di eliminare ogni forma di capitalismo, impedendo la concentrazione della ricchezza con la diffusione della cooperazione a tutti i livelli e prendendo come base le forme di produzione e di solidarietà che erano proprie della società africana precoloniale. Il modello economico socialista-collettivista non diede però buoni risultati, anche perché le difficoltà finanziarie non consentirono di dotare le ujamaa (nuclei produttivi costituiti mediante l’aggregazione della popolazione in comunità agricole) delle infrastrutture necessarie. La recessione mondiale intervenuta verso la fine degli anni 1970 e gli effetti di una disastrosa siccità segnarono la fine dell’esperienza e il graduale ripristino di un’economia di mercato. Un miglioramento del quadro economico si è prodotto nell’ultimo decennio del 20° sec., dopo il varo (1995) di un programma di stabilizzazione macroeconomica che ha contribuito a incoraggiare la ripresa di investimenti stranieri nel settore minerario, in decisa espansione. Nel 2009 il tasso di crescita del prodotto interno lordo è stato del 4,5% (7,1% nel 2008 e 2007). Ma il bilancio statale continua a dipendere in larga misura dagli aiuti internazionali e la situazione sociale è particolarmente critica: il dato dell’indice aggregato dello sviluppo umano calcolato dalle Nazioni Unite nel 2005 (speranza di vita alla nascita: 51 anni; analfabetismo: 31%; reddito pro capite: 744 dollari) colloca la T. al 157° posto nella graduatoria mondiale di 177 paesi.
L’agricoltura occupa circa l’80% della popolazione attiva e contribuisce per il 26,6% (2009) alla formazione del prodotto interno lordo. Solo il 6% della superficie territoriale è coltivabile; i terreni migliori sono destinati alle colture da esportazione: caffè (52.000 t nel 2007), cotone (fibra 109.000 t, semi 210.000 t) e sisal (27.800 t). L’agricoltura di sussistenza produce mais, manioca, riso, sorgo, miglio ed è esposta al rischio di ricorrenti siccità, con conseguenti carestie locali. L’allevamento (18 milioni di bovini e circa altrettanti fra caprini e ovini) è praticato in gran parte da pastori nomadi o all’interno del sistema produttivo familiare: gli allevamenti di grandi dimensioni e modernamente attrezzati sono ancora pochi.
Tra le risorse minerarie si segnala l’estrazione di oro (secondo produttore in Africa dopo il Sudafrica e dodicesimo produttore mondiale), diamanti e altre pietre preziose, carbone. Le attività industriali, concentrate quasi tutte nell’area di Dar es Salaam, riguardano beni di prima necessità o trasformano materia prima locale: zuccherifici, impianti tessili e per la lavorazione del tabacco, birrifici, cementifici, stabilimenti per l’inscatolamento della frutta e per la distillazione dell’olio dei chiodi di garofano. Una raffineria di idrocarburi è ubicata al punto di partenza dell’oleodotto che collega Dar es Salaam con la Zambia.
Le comunicazioni terrestri contano circa 78.000 km di strade (2008) e 4.000 km di ferrovie (2006), di cui quasi 1000 formano il nuovo tronco della linea di penetrazione dalla T. nella Zambia, aperta nel 1975 per consentire lo sbocco al mare di questo paese. Dar es Salaam è il principale porto e dispone di un aeroporto internazionale. Il commercio con l’estero è cronicamente passivo: i principali partner della T. sono gli Stati dell’Unione Europea, soprattutto il Regno Unito; molto scarso, invece, è il commercio con gli altri paesi africani. Il turismo (692.000 ingressi nel 2007) è in costante espansione, attratto dai parchi nazionali e dalle spiagge di Zanzibar.
La T. nacque il 27 aprile 1964 dall’unione del Tanganica con le isole di Pemba e Zanzibar. La nascita del nuovo Stato fu preceduta da una cruenta rivoluzione, scoppiata a Zanzibar nel gennaio 1964 e guidata dal leader dell’Afro-Shirazi party (ASP) A.A. Karume. Con J.K. Nyerere presidente e Karume vicepresidente, la Repubblica unita di T. fu inizialmente retta dalla Costituzione del Tanganica, integrata da norme che assicuravano a Zanzibar una pressoché assoluta autonomia amministrativa e legislativa; la Tanganyka African National Union (TANU) e lo ASP vennero riconosciuti unici partiti legali. La T. si diede un indirizzo socialista, schierandosi sul piano internazionale dalla parte dei movimenti di liberazione nazionale nelle colonie portoghesi e di quelli antirazzisti in Rhodesia, e allacciando rapporti sempre più stretti con URSS e Cina popolare. Il socialismo utopico e umanistico di Nyerere cercava di riallacciarsi alle tradizioni comunitarie della cultura africana di villaggio e adoperava termini quali ujamaa («fratellanza») e self-reliance («autofiducia»). I risultati conseguiti furono tuttavia modesti, mentre nel 1977 fallirono definitivamente le istanze economiche create dieci anni prima con Kenya e Uganda (Comunità est-africana). A portare il paese sull’orlo del fallimento economico contribuì inoltre il conflitto che oppose la T. all’Uganda nel 1978-79, culminato col rovesciamento del dittatore ugandese I. Amin. Nel 1977 era stata intanto adottata una Costituzione definitiva, che continuava a garantire a Zanzibar un presidente, un governo e un parlamento propri. Sempre nel 1977, TANU e ASP si erano fuse, dando vita al Chama Cha Mapinduzi (CCM), o Partito rivoluzionario di Tanzania.
Preso atto del mancato raggiungimento del socialismo e dell’autosufficienza economica, Nyerere (confermato alla presidenza nel 1965, 1970, 1975 e 1980) dovette fare appello ai paesi occidentali per ottenerne l’aiuto finanziario. Nel 1985 fu eletto presidente della Repubblica A.H. Mwinyi. Nel 1990 Nyerere rinunciò anche alla presidenza del CCM a favore di Mwinyi, rieletto nello stesso anno capo dello Stato. Il processo di liberalizzazione fu completato nel 1992 con l’introduzione del multipartitismo. Mentre emergevano contrasti tra l’amministrazione centrale e quella di Zanzibar e nascevano dissidi tra la popolazione di origine africana e la minoranza di origine asiatica, nonché rivalità religiose tra cristiani e musulmani, nell’autunno 1995 si svolsero le prime elezioni generali multipartitiche. Il candidato del CCM, B. Mkapa, fu eletto presidente della Repubblica e nel 1996 divenne anche capo del partito. La sua nomina favorì un ricambio del tradizionale personale politico e ciò permise l’avvio di una decisa battaglia contro la corruzione. In politica economica il governo confermò sostanzialmente l’impostazione liberista del passato esecutivo e ottenne la riapertura dei crediti da parte del Fondo monetario internazionale. Un fattore di crescente tensione sociale fu rappresentato dalle drammatiche dimensioni raggiunte dal problema dei profughi del Ruanda e del Burundi. Mkapa confermò una politica di contenimento dei nuovi arrivi e di limitazione temporale delle presenze.
Nel 1999, con la morte di Nyerere, si accese in forme drammatiche la discussione sulla forma istituzionale dello Stato e sull’autonomia di Zanzibar. L’esito delle elezioni del 2000, che videro la rielezione di Mkapa, venne duramente contestato dal Civic United Front (CUF), il più radicato tra i partiti autonomisti, che accusò il governo di forti pressioni sugli elettori e di brogli. La tensione assunse forme sempre più violente nei primi mesi del 2001: manifestazioni, scontri e attentati si susseguirono. La situazione ritornò tuttavia sotto controllo quando CCM e CUF si accordarono per la formazione di comitati congiunti di pacificazione. Alla fine il CUF accettò di partecipare come minoranza alla vita parlamentare. Nel 2003 la T. siglò un accordo con Uganda e Kenya per la costituzione di un’unione doganale della Comunità dell’Africa dell’Est. Nel 2005, 2010 e 2016 il CCM si è affermato nuovamente nelle elezioni a Zanzibar e nelle presidenziali, vinte da J. Kikwete, che si è impegnato in una politica di sviluppo nel segno della continuità ed è stato riconfermato nel 2010. Nel novembre 2015 è stato eletto presidente del Paese J. Magufuli, anch'egli del CCM, riconfermato a seguito delle consultazioni svoltesi nell'ottobre 2020; deceduto nel marzo 2021, è stato sostituito ad interim nel marzo 2021 dalla vicepresidente S.H. Suhulu.