Stato dell’Africa australe, bagnato dall’Oceano Indiano e confinante con la Tanzania a N, il Malawi, la Zambia e lo Zimbabwe a O, la Repubblica Sudafricana e lo Swaziland a SO e a S.
In Mozambico vi è un netto contrasto morfologico tra le regioni centro-meridionali e quelle settentrionali: le prime sono costituite da una vasta pianura alluvionale, che, assai estesa a mezzogiorno, si restringe nella parte centrale del paese; le altre consistono in tavolati di media altezza che si affacciano sul Canale di M. (il braccio di mare che separa in questo tratto il M. dal Madagascar) con una costa alta e scoscesa, mentre nell’interno sono delimitati dalla profonda incisione della Rift Valley, qui occupata dal Lago Malawi e dal corso dello Scirè, emissario del lago e affluente dello Zambesi. A occidente della Rift Valley, inoltre, appartiene al M. un’ampia porzione del bacino dello Zambesi.
La posizione in latitudine fa sì che in tutto il paese la media termica sia piuttosto elevata (20-25°C), con escursioni annue modestissime nella sezione orientale, esposta all’influenza dell’Oceano Indiano, più pronunciate all’interno. Le piogge sono concentrate nel periodo estivo (da novembre ad aprile), quando sul paese si stabilisce un’area di bassa pressione su cui convergono le correnti d’aria umida provenienti dall’oceano. Le zone più aride (con precipitazioni inferiori ai 500 mm annui) sono quelle interne, dove si fanno sentire meno gli influssi oceanici; altrove la piovosità varia tra 600-700 mm nelle zone meridionali e oltre 1000 in quelle settentrionali, pur registrandosi valori più pronunciati (anche 1700 mm) sui versanti meglio esposti dei maggiori rilievi.
Il sistema idrografico annovera numerosi corsi d’acqua, che, con andamento pressoché parallelo, scendono dagli altopiani interni direttamente all’oceano. Spicca per portata lo Zambesi, uno dei maggiori fiumi africani, navigabile per circa 400 km; il suo corso è interrotto da numerose rapide e cascate, tra le quali quelle di Cabora Bassa, dov’è in funzione un grande impianto idroelettrico. Al M. appartiene una parte del Lago Malawi.
La vegetazione presenta aspetti assai vari legati al rilievo e all’entità delle precipitazioni: prevale comunque la savana, arborata o erbacea, che, interrotta lungo i corsi d’acqua dalla foresta a galleria, nei territori più aridi lascia il posto alla steppa e sugli altopiani a una boscaglia di essenze xerofile.
Il quadro etnico del M. è dominato dai Bantu, nell’ambito dei quali si distinguono diversi gruppi (Makua, Tsonga, Lomwe, Karanga, Sena e altri). Accanto ai Bantu, nella regione costiera vivono gruppi misti derivati da incroci tra indigeni, Arabi e Indiani.
La popolazione del M. è sensibilmente cresciuta nel corso del 20° sec., passando dai circa 3 milioni di abitanti del 1920 ai 6,6 milioni del 1960, e superando i 20 milioni all’inizio del 2° millennio: un accrescimento straordinariamente rapido (soprattutto negli anni 1970 e 1980), il cui valore percentuale annuo si aggirava intorno all’1,8% nel 2009. La distribuzione degli abitanti è piuttosto irregolare, essendo cospicuo il divario tra le aree costiere, discretamente popolate, e quelle interne, dove vasti lembi di territorio sono quasi disabitati: la provincia di Niassa, la più estesa del M., conta appena 8 ab./km2. Dopo l’indipendenza (1975) un gran numero di abitanti ha lasciato le campagne, andando a ingrossare i maggiori centri, e soprattutto la capitale Maputo (già Lourenço Marques), la cui popolazione si è decuplicata nel corso degli ultimi cinquant’anni. Le città, comunque, ospitano complessivamente solo il 31% degli abitanti: l’insediamento tradizionale, infatti, è rappresentato da villaggi agricoli, spesso di dimensioni minime, privi dei più elementari servizi e difficilmente raggiungibili perché lontani dalle vie di comunicazione. Si calcola che il 70% della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà.
Lingua ufficiale è il portoghese, ma la popolazione si vale largamente di idiomi bantu. Quanto alla religione, la maggioranza pratica culti animisti; i cristiani (prevalentemente cattolici) sono il 24%, i musulmani il 18%.
Il M. ha vissuto molto drammaticamente il periodo successivo al conseguimento dell’indipendenza a causa dell’abbandono del paese da parte di tecnici e imprenditori portoghesi, dell’impreparazione della classe dirigente locale, e soprattutto della tensione creatasi con Stati confinanti (Rhodesia, poi divenuta Zimbabwe, e Repubblica Sudafricana), della conseguente guerra civile protrattasi per un decennio, delle ricorrenti siccità. Il governo varò ben presto un piano di riforme economico-sociali, puntando in particolare all’eliminazione della grande proprietà e alla ridistribuzione della popolazione agricola. Tali riforme ebbero scarso successo per le condizioni in cui versava il paese e per la mancanza di quegli aiuti finanziari che il M. sperava dall’Unione Sovietica e dagli altri Stati del COMECON, cui era venuto avvicinandosi. Successivamente, l’apertura ad alcuni paesi occidentali e la cessazione della guerra civile hanno consentito di dare avvio a nuovi programmi economici (fondati in gran parte su una più razionale utilizzazione dell’acqua sia per fini irrigui sia per la produzione di energia).
Il settore principale dell’economia mozambicana resta quello agricolo, che occupa l’80% delle forze di lavoro, interessando però solo un’assai modesta frazione della superficie territoriale. Le colture principali sono quelle di prodotti destinati all’esportazione: il cotone e la canna da zucchero, ma anche le noci di anacardio, l’arachide, il tè, il tabacco. Per il consumo interno, invece, si coltivano soprattutto manioca, batata e cereali (sorgo, mais, miglio). Le produzioni, normalmente appena sufficienti a coprire il crescente fabbisogno della popolazione, scendono drammaticamente nelle annate siccitose, determinando vere e proprie carestie. Il manto forestale, che copre il 18% del territorio, fornisce essenze pregiate (mogano rhodesiano, ebano rosso, cedro di Mlanje). L’allevamento, ostacolato dalla tripanosomiasi, riguarda soprattutto i bovini e gli animali da cortile. Modesto è l’apporto economico della pesca, praticata con sistemi arretrati dalle popolazioni rivierasche.
Le risorse minerarie sono ingenti, ma sfruttate solo parzialmente: si estraggono modesti quantitativi di carbone, bentonite, titanio e bauxite. La provincia di Inhambane fornisce gas naturale, esportato nella Repubblica Sudafricana con un gasdotto di 900 km. Il potenziale idroelettrico è consistente, grazie all’impianto di Cabora Bassa. Per quanto riguarda le attività secondarie, accanto alle industrie tradizionali si annoverano una raffineria di petrolio, uno stabilimento chimico (fertilizzanti, acido solforico) e una nuova importante fonderia di alluminio.
Per l’economia del M. è fondamentale il traffico commerciale di transito, che, interrottosi negli anni successivi all’indipendenza, è ripreso dal 1980: Maputo, infatti, è collegata per ferrovia alla provincia sudafricana denominata Stato Libero (già Transvaal) e allo Zimbabwe, la cui capitale è congiunta anche al porto di Beira; il Malawi, inoltre, è raggiungibile tramite ferrovie dagli scali portuali di Beira e di Nacala. Tale funzione, infine, è accentuata dal lungo oleodotto (311 km) che unisce Beira a Umtali, nello Zimbabwe. Il commercio estero del M. si svolge, oltre che con i paesi confinanti, con gli Stati Uniti e con alcuni Stati dell’Unione Europea (Paesi Bassi, Italia, Germania). Le importazioni sono costituite da materie prime per l’alimentazione e l’industria e da manufatti meccanici; le esportazioni, da alluminio, cotone, zucchero, prodotti della pesca, oli vegetali, legname e tè.
In origine il territorio del M. era abitato da diverse etnie quali i Makonde, i Makua e i Tsonga (parte del popolo Nguni). Tra il 13° sec. e la fine del 15°, l’attuale M. costituiva un sistema commerciale che faceva capo a Kilwa e ad altre città-stato swahili (con la città portuale di Sofala, probabile sbocco della produzione mineraria); anche dopo che Vasco da Gama ebbe doppiato il Capo di Buona Speranza (1498), era ancora tangibile la giurisdizione di quel regno, dagli Europei chiamato Monomotapa. Più che alla conquista del territorio, in un primo periodo, i Portoghesi furono interessati ad assicurarsi le basi portuali per i traffici commerciali e la loro influenza rimase limitata alle coste; solo nel 17° sec. iniziarono lo sfruttamento minerario e la colonizzazione, scontrandosi duramente con gli indigeni ma senza pervenire a un sicuro controllo del territorio. Questo fu dapprima amministrato dalle Indie portoghesi, e solo nel 1752 fu creata un’amministrazione per l’Africa Orientale Portoghese, mentre, data anche la limitatezza delle risorse, il M. diveniva importante soprattutto quale uno dei maggiori centri per la raccolta e l’avvio degli schiavi verso il Brasile.
Nell’ambito della spartizione dell’Africa della seconda metà del 19° sec. vennero definiti i confini dei possedimenti portoghesi. La valorizzazione del M. fu lasciata a poche grandi compagnie commerciali che puntarono sulle coltivazioni di cotone e i trasporti con Sudafrica e Rhodesia, mentre, negli anni 1920, con le prime associazioni politiche le élites africane iniziarono a manifestare volontà di emancipazione. Dopo la Seconda guerra mondiale, e soprattutto negli anni 1960, il Portogallo, per contenere l’espansione della ‘rivoluzione africana’, tentò di integrare il M. politicamente nel territorio nazionale ed economicamente nella regione, soprattutto con il Sudafrica. Ma la risposta del nazionalismo mozambicano fu la lotta armata, alimentata in particolare dal Frente de Libertaçao de Moçambique (FRELIMO), movimento di ispirazione marxista fondato nel 1962.
Il crollo della dittatura in Portogallo (1974) permise la costituzione di un governo di transizione misto, presieduto da J. Chissano, cui seguì la dichiarazione d’indipendenza (25 giugno 1975): i poteri furono assunti dal FRELIMO e fu proclamato presidente S. Machel, ma l’obiettivo di costruire una società socialista venne frustrato dall’arretratezza economica, dall’esodo dei tecnici bianchi e dalle cattive relazioni con Rhodesia e Sudafrica, che alimentarono il malcontento e sostennero il movimento armato antigovernativo Resistencia Nacional Moçambicana (RENAMO). Dopo l’oscuro incidente aereo nel quale morì Machel (1986), Chissano divenne presidente e permise il varo di una Costituzione (1990), aprendo le porte a un sistema multipartitico.
La fine della lunga e cruenta guerra civile lasciava un paese stremato. L’amministrazione uscita dalle elezioni legislative e presidenziali del 1994, che avevano visto l’affermazione del FRELIMO e la conferma di Chissano, ebbe come obiettivo prioritario quello di risollevare le sorti dell’economia, comprimendo le spese per la difesa, avviando la privatizzazione di diverse compagnie statali e liberalizzando i prezzi di numerosi generi di prima necessità: il conseguente miglioramento dei principali indicatori macroeconomici indusse il Fondo monetario internazionale a concedere dei prestiti. Più incerto si rivelò il processo di stabilizzazione della situazione politica. Le elezioni presidenziali e legislative (1999), vinte da Chissano e dal FRELIMO, furono oggetto di una violenta contestazione da parte della RENAMO, che minacciò propositi secessionisti. Le proteste si ripeterono, anche se con minore violenza, nel 2004 quando fu eletto a succedere a Chissano A. Guebuza, candidato del FRELIMO. Il nuovo presidente, riconfermato nel 2009, proseguì sulla strada delle riforme economiche. Le speranze di consolidare lo sviluppo economico furono alimentate tra 2006 e 2007 dalla cancellazione di buona parte del debito nazionale da parte della Banca Mondiale.
Le consultazioni presidenziali tenutesi nell'ottobre 2014 hanno registrato la vittoria del candidato del FRELIMO F. Nyusi, che ha ottenuto il 57% dei voti contro il 37% delle preferenze aggiudicatosi dall'avversario A. Dhlakama della RENAMO. Nell'agosto 2019 il presidente Nyusi e il leader della RENAMO O. Momade hanno firmato uno storico accordo di pace che dovrebbe porre fine alle ostilità tra i due schieramenti politici; nell'ottobre 2019 Nyusi è stato riconfermato nella carica con oltre il 70% delle preferenze.
Nel giugno 2022 il Paese è stato eletto membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2023-2024.
Esempi notevoli di architettura tradizionale e di ispirazione europea sono conservati nell’antica Ilha de Moçambique, mentre a Maputo, caratterizzata da un centro storico in stile portoghese, sono il Mercato municipale (1903, David & Carvalho), la stazione (1910) e la Casa de Ferro (ambedue su progetto di G. Eiffel); dalla metà del 20° sec. sono stati eretti edifici funzionalisti e grattacieli, mentre ha iniziato a formarsi una scuola locale di architettura. Dall’inizio dell’età coloniale la ricca tradizione della scultura in M. fu apprezzata dagli Europei, la cui crescente domanda nella prima metà del 20° sec. non giovò alla qualità dei manufatti. Soprattutto dagli ultimi decenni del secolo l’ispirazione alle tradizioni culturali e materiali ha rinnovato la produzione scultorea con artisti quali Chissano, N. Langa, Gowane, S. Makamo, nelle ceramiche di R. Chadimba, nelle opere in cemento di Massinguitana. Anche in pittura la difesa dell’identità locale ispira l’opera impegnata di M. Valente Ngwenya e di M. Mahumana. Dopo l’indipendenza emergono il realismo di Neto, la ritualità di Idasse, il cubismo di N. Ubisse; sostengono l’astrattismo come mezzo espressivo E. Lemos e F. Fernandes. Di impegno sociale e umano i lavori di Samate e di R. Chichorro; nella grafica si distinguono G. Cossa e F. Conde.