Stato dell’Europa meridionale, il cui territorio, affacciato per circa 850 km sull’Oceano Atlantico, occupa il margine occidentale della Penisola Iberica. Al territorio metropolitano vanno uniti gli arcipelaghi atlantici delle Azzorre (➔) e di Madeira (➔).
La struttura geologica del P. ricalca quella generale della Penisola Iberica: le rocce prevalenti sono quelle granitiche e metamorfiche di età precambriana e paleozoica, che costituiscono lo zoccolo della Meseta. Formazioni vulcaniche relativamente recenti sono presenti fra Sintra e Lisbona e nell’Algarve. Formazioni esclusivamente sedimentarie di ambiente marino, in prevalenza calcari, affiorano in una fascia piuttosto limitata, che interessa l’Estremadura e un arco più ridotto dell’Algarve. Di età neogenica sono inoltre le rocce sedimentarie, di origine continentale o marina, che con i depositi alluvionali, presenti nelle valli del Tago e del Sado, affiorano in una stretta banda litoranea a nord di Capo Carvoeiro. Queste formazioni rocciose hanno reagito in modo vario alle sollecitazioni connesse alle orogenesi ercinica e alpina; in particolare il Sistema Centrale iberico e il suo prolungamento verso nord-ovest, ovvero il massiccio esteso dalla Galizia al Duero, si fratturarono dando luogo a numerosi blocchi sopraelevati e sprofondati che hanno dato vita a un rilievo assai complicato.
La sezione orientale del P. (Trás-os-Montes e Alentejo) è interessata dalla Meseta e quella settentrionale da propaggini della cordigliera centrale iberica (Serra da Estrela, 1993 m, massima elevazione del paese). A O il rilievo si abbassa nel bacino del Tago-Sado. A NE di Lisbona si estende l’arco orografico dell’Estremadura. Le coste sono ampie e pianeggianti in corrispondenza delle depressioni, strette fino a scomparire e alte quando le propaggini montane incombono sull’oceano; le sole articolazioni sono date dagli estuari e dalla Ria de Aveiro.
Molti fiumi appartengono al P. solo per un tratto terminale più o meno lungo (nascono per lo più in Spagna, dove sviluppano gran parte del loro corso, mentre il solo Mondego, con altri minori, ha l’intero bacino nel paese) e la loro direzione è dettata dalla disposizione dei rilievi. Le portate assolute sono modeste, fatta eccezione per il Duero, il cui bacino abbraccia quasi totalmente la Meseta settentrionale, riceve il contributo cospicuo degli affluenti della regione di Trás-os-Montes e raccoglie le acque da rilievi ad alta piovosità (Monti Cantabrici e Monti di León). La portata del Tago, decisamente più bassa (490 m3/s, contro i 660 del Duero), trae vantaggio dall’apporto di alcuni affluenti (Jarama e Alberche), alimentati dalle acque abbondanti della catena centrale e dal fatto di scorrere in una valle bassa relativamente piovosa. La più povera delle grandi arterie fluviali portoghesi è la Guadiana, per i contributi modesti dei suoi affluenti che scendono da rilievi con scarse precipitazioni e perché attraversa vaste regioni della Meseta meridionale semiarida. Più ricchi sono i fiumi del P. settentrionale, tra i quali spicca il il Minho. I corsi d’acqua sfociano tutti nell’Atlantico con estuari anche profondi sui quali sono spesso sorte città portuali.
La posizione astronomica e quella geografica condizionano strettamente il clima del Portogallo. Su di esso influiscono in particolare l’anticiclone subtropicale atlantico o delle Azzorre, che stabilisce d’estate condizioni meteorologiche piuttosto uniformi (con cielo sereno, temperature elevate e poca umidità), e i cicloni che, a N di questa area di alta pressione, invadono la Penisola Iberica, determinando nell’autunno e nei mesi di marzo-aprile condizioni di tempo instabile, specialmente nella regione nord-orientale. Dal punto di vista termico è la fascia costiera, a contatto con l’oceano, che avverte direttamente le sue benefiche influenze, che penetrano talora anche profondamente verso l’interno, come nel caso della depressione Tago-Sado. Allontanandosi dall’Atlantico o in presenza di barriere montane la temperatura diminuisce. Le piogge superano dappertutto i 600 mm all’anno, con l’eccezione di due strette fasce costiere e di due settori più ampi del SO interno, dove si riducono a valori compresi fra 300-350 e 600 mm.
La popolazione del P. nel 2009 ammonta a 10.707.924 ab. (densità di 115,8 ab./km2), avendo fatto registrare tra la metà degli anni 1990 e il 2003 una crescita costante ma modesta e poi un rallentamento. Lo scarso incremento naturale (con tassi di natalità e di mortalità quasi uguali) ha determinato un repentino invecchiamento della popolazione. A partire dal 2000, i componenti delle classi d’età più giovani (fino a 14 anni) sono stati superati da quelli delle classi più anziane (oltre i 65 anni), ma non in maniera uniforme in tutto il P.: nelle regioni autonome delle Azzorre e di Madeira e nella regione Nord, l’indice relativo agli anziani è decisamente inferiore a 100, mentre nelle regioni del Centro e dell’Alentejo è notevolmente superiore (rispettivamente, 140 e 170). A determinare la crescita della popolazione fino al 2003 ha contribuito il tasso migratorio positivo, calato poi a partire da quell’anno (dallo 0,7% del 2002 allo 0,3% del 2009). Il fenomeno migratorio in P., rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, resta comunque marginale, anche se è da notare il passaggio da paese di forte emigrazione a paese di immigrazione. La componente straniera della popolazione residente, escludendo quella di altri paesi europei, mostra una chiara prevalenza di individui provenienti dai paesi africani di lingua portoghese (43,7% del totale). Il gruppo maggiormente rappresentato è quello della ex colonia di Capo Verde (20,1%), seguito da Angola (10%) e Guinea-Bissau (7,7%). Una certa rilevanza assume anche la componente brasiliana, attratta dal P. per l’affinità linguistica.
Ancora alla fine degli anni 1990, la popolazione urbana era stimata nel 37% del totale, cifra probabilmente inferiore alla realtà, ma che rifletteva una condizione pregressa di ruralità della società portoghese. Nel 2008, il tasso di urbanizzazione risultava essere più vicino a quello degli altri paesi europei, attestandosi intorno al 59%. Resta ancora oggi difforme, rispetto a tutti gli altri Stati dell’Unione Europea, il tasso di analfabetismo, che, pur essendosi dimezzato durante gli anni 1990, è ancora piuttosto elevato (7,5%).
Il commercio internazionale è sempre stato uno dei principali motori dell’economia portoghese. Dai primi anni 2000, l’esportazione di beni e di servizi è stata meno brillante che nel periodo precedente, a causa della flessione dei prezzi delle esportazioni, dell’euro forte e di una perdita di competitività di alcune industrie. L’Unione Europea rappresenta oltre il 75% delle esportazioni e delle importazioni portoghesi. I principali clienti europei del P. sono la Spagna, la Germania, la Francia e l’Italia e il Regno Unito. I più importanti fornitori sono la Spagna, la Germania, la Francia e l’Italia. Il mercato nordamericano conta il 6,5% ca. delle esportazioni e l’1,5% ca. delle importazioni. L’Africa di lingua portoghese è un importante partner del Portogallo: un numero crescente di compagnie portoghesi mostra interesse verso questi mercati, che assorbono il 6% delle esportazioni portoghesi (2006); in particolare l’Angola è il quarto cliente del Portogallo. Le esportazioni verso l’America latina sono cresciute gradualmente fino al 2% del totale. L’Asia è un altro mercato in espansione. Tessile, abbigliamento e calzature sono i prodotti tradizionali delle esportazioni portoghesi, a cui si sono aggiunti veicoli a motore e altri mezzi di trasporto e prodotti tecnologicamente avanzati (stampi per l’industria plastica, cavi elettrici e cablaggi, trasformatori e microchip), che coprono oltre l’8% delle esportazioni. Altra voce importante è costituita da legno, sughero, carta; in particolare il P. è il leader mondiale nel sughero, con una quota di mercato pari al 60% delle esportazioni globali. Il paese è pesantemente dipendente dalle importazioni di energia, macchine utensili, equipaggiamenti per i trasporti, forniture alimentari.
Fino al 2000, si è avuta una considerevole crescita degli investimenti diretti esteri (IDE), che ha trasformato il P. in esportatore netto di capitali, invertendo il suo ruolo tradizionale; l’Unione Europea rappresentava circa l’81% del totale degli IDE. Dal 2001, in conseguenza della caduta del mercato commerciale straniero, gli IDE sono diminuiti. Nel 2002, i due più importanti paesi di destinazione sono stati la Spagna e i Paesi Bassi. Dal 2006, ci si è rivolti maggiormente ai paesi dell’Est europeo, particolarmente alla Polonia. Gli IDE nei paesi africani di lingua portoghese sono ugualmente cresciuti, soprattutto in Angola. Gli IDE verso il P. sono cresciuti nella prima metà degli anni 2000, tranne nel 2002. L’UE rimane la più importante fonte di capitali, con la Germania al primo posto, seguita da Spagna, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito.
La divisione della popolazione attiva per settori produttivi mostra una società in trasformazione: non ancora profondamente terziarizzata (con il 60% degli addetti nei servizi nel 2008), conserva una quota relativamente alta di addetti all’industria (quasi il 30%) e una percentuale decisamente elevata di addetti all’agricoltura (più del 10%). Il turismo è uno dei più importanti settori dell’economia portoghese e rappresenta circa l’11% del PIL.
La crescita economica del P., determinata da una performance decisamente positiva delle esportazioni di beni e servizi trainata dalla domanda esterna, è stata superiore alla media europea per gran parte degli anni 1990, ma il paese ha cominciato ad arretrare a partire dal 2001 ed è decisamente entrato in recessione in conseguenza della crisi finanziaria ed economica globale del 2008-09 (-2,6 % nel 2009). Dopo una fase di riduzione del deficit nel settore pubblico (2,6% del PIL nel 2007 rispetto al 6,1% del 2005), addirittura in anticipo rispetto alle previsioni del Patto di crescita e stabilità del 2006-10, il tasso è nuovamente lievitato negli anni successivi (9,4% nel 2009).
Il commercio internazionale è sempre stato uno dei principali motori dell'economia portoghese. Dai primi anni 2000, l'esportazione di beni e di servizi è stata meno brillante che nel periodo precedente, a causa della flessione dei prezzi delle esportazioni, dell'euro forte e di una perdita di competitività di alcune industrie. L'Unione Europea rappresenta oltre il 75% delle esportazioni e delle importazioni portoghesi. I principali clienti europei del P. sono la Spagna, la Germania, la Francia e l'Italia. Il mercato nordamericano conta il 6,5% circa delle esportazioni e l'1,5% circa delle importazioni. L'Africa di lingua portoghese è un importante partner del Portogallo: un numero crescente di compagnie portoghesi mostra interesse verso questi mercati, che assorbono il 6% delle esportazioni portoghesi (2006); in particolare l'Angola è il quarto cliente del Portogallo. Le esportazioni verso l'America latina sono cresciute gradualmente fino al 2% del totale. L'Asia è un altro mercato in espansione. Tessile, abbigliamento e calzature sono i prodotti tradizionali delle esportazioni portoghesi, a cui si sono aggiunti veicoli a motore e altri mezzi di trasporto e prodotti tecnologicamente avanzati (stampi per l'industria plastica, cavi elettrici e cablaggi, trasformatori e microchip), che coprono oltre l'8% delle esportazioni. Altra voce importante è costituita da legno, sughero, carta; in particolare il Portogallo è il leader mondiale nel sughero, con una quota di mercato pari al 60% delle esportazioni globali. Il paese è pesantemante dipendente dalle importazioni di energia, macchine utensili, equipaggiamenti per i trasporti, forniture alimentari.
Fino al 2000, si è avuta una considerevole crescita degli investimenti diretti esteri (IDE), che ha trasformato il Portogallo in esportatore netto di capitali, invertendo il suo ruolo tradizionale; l'Unione Europea rappresentava circa l'81% del totale degli IDE. Dal 2001, in conseguenza della caduta del mercato commerciale straniero, gli IDE sono diminuiti. Nel 2002, i due più importanti paesi di destinazione sono stati la Spagna e i Paesi Bassi. Dal 2006, ci si è rivolti maggiormente ai paesi dell'Est europeo, particolarmente alla Polonia. Gli IDE nei paesi africani di lingua portoghese sono ugualmente cresciuti, soprattutto in Angola. Gli IDE verso il Portogallo sono cresciuti aglii inizi degli anni 2000, tranne che nel 2002. L'UE rimane la più importante fonte di capitali, con la Germania al primo posto, seguita da Spagna, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito.
Fino all’11° sec. la storia delle popolazioni dell’odierno P. si confonde con quella generale della Penisola Iberica (➔ Iberica, Penisola; Lusitani). Nell’11° sec. la riconquista cristiana avvenne a opera dei re di León, Ferdinando il Grande e Alfonso VI, che costituirono la contea di P., affidandone il governo a Enrico di Borgogna, genero di Alfonso VI di León, del quale aveva sposato la figlia Teresa. Enrico avrebbe dovuto rimanere in sottordine a Raimondo di Borgogna, marito di Urraca, erede al trono di León. Ma, morto Alfonso VI e scoppiata la guerra civile nel regno di León, consolidò la propria indipendenza; alla sua morte (1114), la moglie Teresa assunse il potere ribellandosi alla sovranità leonese. La lotta tuttavia continuò ancora a lungo, anche per le ostilità sorte tra Teresa e il figlio Alfonso Henriques. In seguito, entrambi dovettero prestar omaggio ad Alfonso VII di Castiglia e di León, che aveva invaso la Galizia; finché nel 1143, dopo nuove ostilità, Alfonso VII si piegò a riconoscere ad Alfonso Henriques (che si dichiarò vassallo della Santa Sede e promise il pagamento di un censo annuo al papa) il titolo di re di Portogallo.
Nel lungo regno di Alfonso Henriques (Alfonso I), fu portata avanti con successo la lotta contro i musulmani; alla morte di Alfonso I (1185), i confini del regno (il titolo di re era stato riconosciuto da papa Alessandro III solo nel 1179) si erano estesi sino a Beja, comprendendo più di tre quarti del territorio attuale. La conquista proseguì sotto i regni di Sancio I (1185-1211), Alfonso II (1211-23), Sancio II (1223-45) e Alfonso III (1248-79); l’Algarve fu presa nel 1249 e fu assicurata definitivamente al P., dopo lunghi contrasti con la Castiglia che avanzava pretese su di essa, con il trattato di Alcañiz (1297), che fissò i confini territoriali quali sono ancor oggi. Papa Innocenzo IV depose (1245) Sancio II e lo sostituì con il fratello Alfonso. Seguirono i regni di Dionigi (1279-1325), Alfonso IV (1325-57), Pietro I (1357-67), Ferdinando I (1367-83); morto quest’ultimo, ultimo monarca della casa di Borgogna, senza eredi maschi, il re di Castiglia, sposo della sua unica figlia, si preparava a occupare il paese; ma i borghesi di Lisbona insorsero con alcuni nobili e acclamarono difensore del regno Giovanni, gran maestro dell’ordine militare di Aviz e bastardo del re Pietro I.
Acclamato re dalle Cortes (1385), Giovanni diede inizio alla casa di Aviz, sotto il cui regno, che durò fino al 1585, fiorì il periodo più glorioso della storia portoghese. Respinti i tentativi castigliani di impadronirsi del regno, assicurata l’indipendenza del P. con la pace del 1411 e concluso un trattato di amicizia e pace perpetua con l’Inghilterra (Giovanni stesso sposò una principessa inglese, Filippa, figlia del duca di Lancaster), Giovanni I (1385-1433) e i suoi successori Edoardo (1433-38), Alfonso V (1438-81), Giovanni II (1481-95), Emanuele I (1495-1521), Giovanni III (1521-57) poterono creare l’impero coloniale portoghese. Conquistata Ceuta nel 1415, i Portoghesi si impadronirono dell’isola di Madeira (1418-20), delle Azzorre (1431 o 1432), delle isole del Capo Verde (1433), giungendo sino alla Sierra Leone (1460) e al Congo (1484): nel 1487 doppiarono il Capo delle Tempeste (poi Capo di Buona Speranza), entrando nell’Oceano Indiano.
Il trattato di Tordesillas (1494), stipulato fra Giovanni II e i Re Cattolici, fissava la ripartizione fra Spagnoli e Portoghesi delle terre scoperte e da scoprirsi, stabilendo come linea di divisione il meridiano a 370 leghe a ovest delle isole del Capo Verde e lasciando ai Portoghesi le terre poste a oriente di esso. Nel 1498 Vasco da Gama giungeva sulla costa del Malabar, in India, nel 1500 P.A. Cabral scopriva il Brasile; nel 1505 partiva per l’India il primo viceré, F. de Almeida, il cui successore, A. de Albuquerque, organizzava l’impero portoghese nelle Indie, stabilendo un triangolo strategico da Hormuz (1507) a Goa (1510) e Malacca (1511). Nel 1515 fu raggiunto il Giappone; tra il 1521 e il 1522 furono visitate le Molucche, quindi le isole della Sonda; nel 1526 fu compiuto uno sbarco nella Nuova Guinea. Nel 1520, intanto, i primi ambasciatori portoghesi erano giunti a Pechino. Sotto Giovanni III Lisbona divenne uno dei massimi empori del commercio internazionale, soppiantando Venezia e Genova.
La monarchia portoghese era ormai così forte da poter tentare di unire alla propria anche la corona di Castiglia (matrimonio di Alfonso V con Giovanna la Beltraneja nel 1475, invasione della Castiglia, lotta contro i Re Cattolici, con esito negativo). Giovanni II instaurò l’assolutismo regio ma, sotto il regno di Sebastiano (1557-78), la potenza portoghese subì il primo grave colpo: il tentativo del re di conquistare il Marocco venne frustrato nella disfatta di Alcázarquivir, dove egli morì (1578) e, non avendo eredi diretti, il trono toccò al prozio, l’ormai vecchio cardinale Enrico, la cui morte (1580) aprì il problema della successione. Tra i molti candidati prevalse il re di Spagna Filippo II, figlio di Isabella di P., acclamato re dalle Cortes di Tomar (1581).
L’unione di tutti i regni iberici era divenuta un fatto compiuto, ma con la sottomissione del P. alla Spagna. Iniziò quindi un periodo di decadenza per il P.: la lotta fra Spagna da una parte e Inghilterra e Olanda dall’altra chiuse anche il P. al commercio con queste due nazioni, rovinando economicamente Lisbona, e indusse gli Olandesi ad attaccare il dominio coloniale portoghese, impadronendosi delle Molucche, di Malacca, dell’Angola, di San Jorge da Mina nel Golfo di Guinea, e finalmente invadendo il Brasile. Nel 1640, approfittando della ribellione della Catalogna, nobiltà e borghesia si sollevarono, acclamando re il duca di Braganza che prese il nome di Giovanni IV. Per 24 anni durò la guerra d’indipendenza, in cui il P. ebbe alleati la Francia e l’Inghilterra: finalmente nel 1688, con il trattato di Lisbona, la Spagna riconobbe l’indipendenza portoghese. Anche nelle colonie si poté condurre con successo la lotta contro gli Olandesi, che furono costretti ad abbandonare l’Angola e il Brasile. Giovanni IV (1641-56) e Alfonso VI (1656-67) portarono vittoriosamente a conclusione la lotta per l’indipendenza: ma sotto i loro successori Pietro II (1683-1706), Giovanni V (1706-50) e Giuseppe I (1750-77) la vita del P. fu quella di un piccolo Stato. Con il trattato di Methuen (1703) il P. entrò nell’orbita inglese. Le riforme del marchese di Pombal, di netto stampo illuministico, diedero per un momento nuova fama al P. e alla sua dinastia.
Sotto Maria I (1777-1816), inferma di mente, il P. subì una nuova invasione da parte della Spagna (1801) e della Francia (1807). La regina, con il principe reggente Giovanni, si rifugiò in Brasile; ma quasi subito sbarcò nel P. settentrionale l’esercito inglese ed ebbe inizio la guerra di liberazione, vinta dagli Inglesi. La dinastia, impersonata da Giovanni VI (1816-26), continuò tuttavia a risiedere in Brasile. Scoppiata nel 1820 a Porto una rivoluzione liberale, il re fu costretto a tornare in P. e a giurare la Costituzione (1822); in questo stesso tempo il Brasile si dichiarò impero indipendente sotto il primogenito di Giovanni VI, il principe Pietro. Alla Costituzione del 1822 seguì una reazione assolutista che portò Giovanni VI ad abolire la Costituzione (1823).
L’usurpatore che gli successe, Michele, accentuò ancora la reazione; ma gli emigrati liberali, raccolti intorno a Pietro, che aveva lasciato il Brasile abdicando (1831), sbarcati in P. costrinsero l’usurpatore ad abbandonare il potere. La vita politica sotto gli ultimi re della casa di Braganza, Maria II (1833-53), Pietro V (1853-61), Luigi I (1861-89), Carlo I (1889-1908), fu caratterizzata in un primo tempo (con Maria) da sommosse; successivamente (con Pietro e Luigi) dalla pacificazione del paese e dalla ripresa dell’espansione oltremare, con la colonizzazione dei possedimenti africani (Angola e Mozambico); in ultimo (sotto il regno di Carlo) dal rapido propagarsi delle idee repubblicane.
Lo stesso Carlo I fu assassinato e il successore, Emanuele II, nel 1910 fu deposto da una rivoluzione che proclamò la repubblica. Un governo provvisorio, guidato da J.F.T. Braga, varò una serie di provvedimenti anticlericali e preparò l’elezione di un’Assemblea costituente; quest’ultima diede al P. una nuova carta fondamentale ed elesse alla presidenza della Repubblica M. de Arriaga (1911). Il massiccio ricorso da parte dei sindacati all’arma dello sciopero, due falliti tentativi di restaurazione monarchica (1911 e 1912) e le divisioni nate all’interno del partito repubblicano, contribuirono ad accentuare il clima di instabilità. Nel 1915 il generale Pimenta de Castro instaurò un effimero regime militare, presto rovesciato da una rivoluzione democratica. Dopo le dimissioni di Arriaga, sostituito alla presidenza da B.L. Machado, il P. entrò in guerra contro gli Imperi Centrali (1916), aggravando ulteriormente le sue condizioni economiche. Dopo il colpo di Stato del generale Sidónio Pais (1917-18), il ritorno al regime parlamentare non fu accompagnato dal miglioramento della situazione interna e sempre più frequenti si fecero i tentativi insurrezionali da parte delle forze armate. Nel maggio 1926 il generale M. de Oliveira Gomes da Costa depose Machado (rieletto nel 1925) e costituì una giunta militare, al vertice della quale fu ben presto sostituito dal generale A.Ó. de Fragoso Carmona, dal 1928 al 1951 presidente della Repubblica. Carmona chiamò al ministero delle Finanze A. de Oliveira Salazar, che in pochi anni risanò la situazione finanziaria. Il prestigio così guadagnato gli consentì di assumere nel 1932 la presidenza del Consiglio e di dare inizio a una dittatura di fatto.
Sul piano della politica internazionale, il regime salazarista sostenne gli insorti di F. Franco nella guerra civile spagnola, quindi proclamò la neutralità del P. allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Entrato a far parte della NATO nel 1949, il P. fu ammesso all’ONU solo nel 1955.
Sul piano interno, nell’immediato dopoguerra il regime consentì la ricostituzione dei partiti politici; tuttavia, grazie alla censura sulla stampa e all’azione repressiva della polizia politica, l’União nacional, prima partito unico, vinse tutte le consultazioni legislative e fece eleggere alla presidenza della Repubblica F. Craveiro Lopes (1951) e A. Tomás (1958). Gli sforzi per superare l’arretratezza economica furono vanificati dal progressivo aumento delle spese militari per mantenere l’impero coloniale: persi nel 1961 i possedimenti indiani di Goa, Diu e Damão, poco dopo il governo dovette fronteggiare i movimenti di liberazione nazionale in Angola, Guinea portoghese e Mozambico. Colpito da emorragia celebrale nel 1968, Salazar fu sostituito da M. Caetano, che ne proseguì la politica, pur avviando una parziale liberalizzazione del regime; mentre il perdurare della guerriglia nelle colonie africane impediva lo sviluppo economico del paese.
Il 25 aprile 1974 alcuni ufficiali progressisti, riuniti nel Movimento das Forças Armadas (MFA), deposero Caetano e il presidente Tomás (‘rivoluzione dei garofani’). A maggio, l’ex capo di Stato maggiore A.R. de Spínola assunse la carica di presidente della Repubblica e a luglio fu costituito un governo di unità nazionale, guidato dal colonnello V. Gonçalves; Spínola fu costretto a dimettersi nel settembre 1974, sostituito dal generale F. da Costa Gomes. Mentre crescevano le divisioni tra le diverse componenti della stessa sinistra, il governo Gonçalves varò una serie di provvedimenti radicali (avvio della riforma agraria, nazionalizzazione di banche, assicurazioni, industrie petrolifere e metallurgiche), estese il suffragio a diciottenni e analfabeti e concluse le trattative con i movimenti di liberazione delle colonie africane, giunte all’indipendenza entro il 1975. Le elezioni per la costituente (1975), videro l’affermazione del Partido Socialista Português (PSP) e la guida dell’esecutivo passò all’ammiraglio J. Pinheiro de Azevedo. Le elezioni del 1976 diedero la maggioranza al PSP di M. Soares, che andò al governo. Negli anni successivi i socialisti continuarono a giocare un ruolo decisivo negli equilibri politici del P., in alternanza o in coalizione con forze moderate e centriste, anch’esse più volte alla guida dell’esecutivo.
Nonostante le difficoltà e la persistente presenza di vaste aree di arretratezza, il P. fu ammesso nella CEE (1986), ratificò il Trattato di Maastricht (1992), e nel 1999 entrò a far parte dell’Unione monetaria europea. Parallela alla scelta europeista fu la progressiva revisione, nel corso degli anni 1980 e 1990, dei principi socialisti che avevano ispirato la ‘rivoluzione dei garofani’. In politica economica si procedette, infatti, in quei due decenni, alla riprivatizzazione delle industrie di base nazionalizzate, al drastico ridimensionamento della spesa pubblica e delle politiche di welfare, risolvendo in senso moderato i contrasti apertisi su questi temi anche all’interno delle stesse forze di sinistra. Un analogo processo di revisione investì la sfera istituzionale: l’abolizione del Consiglio della rivoluzione, la riduzione dei poteri del presidente e infine, nel 1988, l’eliminazione dalla Costituzione di ogni riferimento al socialismo rappresentarono le tappe principali di un ridimensionamento del potere di controllo dei militari, che erano stati gli artefici della rivoluzione.
Dopo la vittoria dei socialdemocratici nelle elezioni del 2002, i socialisti sono tornati al potere in seguito al successo riportato nelle consultazioni anticipate del 2005 e hanno formato un governo presieduto da J. Sócrates. Nel 2006 i socialdemocratici hanno tuttavia imposto il loro candidato alla presidenza della Repubblica, A. Cavaco Silva, ex capo del governo. La leadership socialista si è confermata nelle elezioni del 2009, ma con una maggioranza più ridotta, mentre alle consultazioni del giugno 2011 il partito socialdemocratico capeggiato da P. Passos Coelho ha conquistato 105 dei 230 seggi, e l'uomo politico è subentrato nella carica di premier a Sócrates. Nonostante l’aggravarsi della crisi economica, che nel maggio 2013 ha comportato un rimpasto di governo e la formazione di una coalizione guidata dal Partito socialdemocratico, grazie a durissime politiche di austerità nel maggio 2014 il Paese è uscito dal piano di salvataggio internazionale della troika; le consultazioni politiche tenutesi nell’ottobre 2015 hanno confermato il consenso popolare accordato alle forze governative, con la vittoria di Coelho (38,3% dei voti, 104 su 230 seggi), che pure ha perso la maggioranza assoluta, seguito dal Partito socialista (32,4% e 85 seggi). Il governo di minoranza guidato da Coelho, insediatosi nel mese di novembre, è stato però sfiduciato pochi giorni dopo dai partiti di sinistra, che hanno votato una mozione contraria alla politica di rigore messa in atto a partire dal 2011 dalla coalizione conservatrice; nello stesso mese il presidente Cavaco Silva ha nominato premier il leader socialista A. Costa, cui ha affidato l'incarico di formare un nuovo governo, composto da un'alleanza tra socialisti, comunisti e sinistra radicale. Nel gennaio 2016 è stato eletto presidente del Paese al primo turno, con il 52% dei suffragi, l'ex leader del Partito social-democratico di centrodestra M. Rebelo de Sousa, riconfermato con il 61% dei consensi alle presidenziali del gennaio 2021. Alle elezioni europee tenutesi nel maggio 2019 il Partito socialista del premier Costa si è confermato primo partito del Paese con il 33,8% dei consensi, seguito dai socialdemocratici (22%) e dal Blocco di sinistra (9,5%). Analogo risultato è emerso dalle consultazioni politiche svoltesi nell'ottobre successivo, con il Partito socialista che ha ottenuto il 36,6% dei voti, ma non la maggioranza assoluta, seguito dai socialdemocratici (27,9%); nello stesso mese il premier uscente Costa è stato riconfermato nella carica. Alle elezioni anticipate svoltesi nel gennaio 2022 il Partito socialista di Costa ha ottenuto una netta vittoria, aggiudicandosi la maggioranza assoluta dei seggi (117 su 230).
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2021 ha presieduto il Consiglio dell'Unione Europea.
Il portoghese può essere suddiviso in tre gruppi fondamentali: un gruppo continentale, con varianti linguistiche tipiche dell’area settentrionale e altre proprie dell’area centro-meridionale del P.; un gruppo insulare (Azzorre e Madeira); un gruppo d’oltremare, costituito dall’insieme delle varietà parlate nel Brasile, in Asia e in Africa. Rientrano in parte nel portoghese anche il gallego (parlato, oltre che in Galizia, in un lembo settentrionale del P.) e i dialetti di Riodonor e della Terra di Miranda (Trás-os-Montes), i quali tutti presentano caratteri misti ispano-portoghesi. Il portoghese è anche alla base di varie lingue creole.
In Europa la lingua portoghese si è diffusa principalmente ad Amsterdam e Amburgo, dove nel 16° sec. si diressero i movimenti migratori ebraici sospinti per motivi politico-religiosi oltre i Pirenei.
All’interno delle lingue romanze, e soprattutto di fronte ai dialetti spagnoli, il p. s’individua per i seguenti caratteri peculiari: ou o oi da au latino (ouro, oiro da aurum «oro»); la scomparsa di d e l intervocalici (fé da fidem «fede»); la scomparsa di n intervocalico e la conseguente nasalizzazione, spesso perdutasi più tardi, della vocale precedente (lũa, lua da luna); la palatalizzazione in ch- dei nessi iniziali pl-, fl-, cl- (chorar dal lat. plorare, chama da flamma, chave da clavem). Notevole inoltre la penetrazione nel lessico di voci coloniali.
La lingua letteraria è fondata sul gallego-portoghese della Lusitania settentrionale; formatasi verso la fine dell’11° sec., s’è poi estesa nel 12° e 13° sec., con la progressiva liberazione delle varie regioni dalla dominazione araba, a tutto il Portogallo. Su di essa hanno avuto un notevole influsso dapprima il provenzale, il catalano e anche l’antico francese; quindi, nel Rinascimento, l’italiano e lo spagnolo; in età moderna il francese e l’inglese.
Le origini della letteratura lusitana risalgono al 12° sec., con una fioritura lirica in lingua gallego-portoghese e in gran parte di derivazione provenzale che, dal tempo del re Sancio I, raggiunse la metà del 14° sec.: scarna nel contenuto, ma capace di produrre, accanto ad aristocratiche e ben modellate cantigas de amor, la freschezza popolareggiante di quelle de amigo e la satira pungente delle cantigas de escarnho. Tre canzonieri (conservati rispettivamente nella biblioteca dell’Ajuda a Lisbona, nella Vaticana e nella Nazionale di Lisbona) ne sono, insieme con altri manoscritti di minor estensione, la copiosa testimonianza.
Spirito e forme cortesi raggiungono, nel canzoniere raccolto nel 1516 da G. de Resende, le soglie del Rinascimento, con una produzione artificiosa e pur varia di contenuto e d’influssi. La prosa offre numerose traduzioni, trattati morali e didattici, leggende agiografiche, cronache e storie: massimi nomi, quelli di F. Lopes (14°-15° sec.) e Edoardo re di P. (15° sec.). L’imitazione italiana, e in particolare petrarchesca, apre con F. de Sá de Miranda il periodo del Rinascimento, e ispira tutta l’opera poetica di B. Ribeiro (entrambi 15°-16° sec.), C. Falcão, A. Ferreira, D. Bernardes (tutti 16° sec.). La prosa, oltre ai romanzi cavallereschi di J. de Barros e F. de Moraes (entrambi 16° sec.), che affondano le radici nel romanzo di discusse origini Amadís de Gaula, offre la squisita vicenda pastorale di Menina e moça di B. Ribeiro e l’intensa produzione storica di J. de Barros, D. de Góis ecc. Il teatro classico di Sá de Miranda e A. Ferreira convive accanto al teatro nazionale creato da G. Vicente (15°-16° sec.), rispecchiante con fedeltà la vita e la società del tempo nella visione di un poeta cristiano e moralista, idealista e lirico; l’opera di Vicente verrà continuata da numerosi epigoni. L. Vaz de Camões realizza nel suo canzoniere la più alta forma del petrarchismo lusitano e organizza nei Lusíadas elementi lirici, tragici, cavallereschi, storici e cronachistici, creando un poema guerriero eroico-lirico che consacra le gloriose vicende e le alte aspirazioni di tutto un popolo.
Caduto sotto la dominazione spagnola poco dopo la tragica fine di don Sebastiano re di P. (1578), di nuovo indipendente nel 1640, il P. presenta nel 17° sec. caratteristiche letterarie identiche a quelle del resto della penisola. Diffusissima l’imitazione di L. de Góngora, come testimoniano le composizioni raccolte da M. Aires da Silva nella Fenix renascida (5 vol., 1716-28), e la ricerca del concettismo, teorizzata da F. Rodrigues Lobo. Tra gli scrittori di questo periodo emergono F.M. de Melo e A. Vieira.
L’Arcadia lusitana, fondata nel 1756 e rappresentata principalmente da P. A. Correia Garção, va considerata nel quadro delle aspirazioni e delle riforme che caratterizzano l’epoca illuminista del marchese di Pombal. Al di fuori di tale ambito fioriscono tuttavia poeti notevoli, quali M.M. Barbosa du Bocage, preromantico di ricca sensibilità e sincerità, F.M. do Nascimento, L. Almeida de Portugal marchesa di Alorna, J.A. de Macedo ecc.
L’atteggiamento arcadico perdura fino ai primi dell’Ottocento, fino a quando cioè J. B. Almeida Garrett, con la malinconica ispirazione della sua poesia, dà espressione alla nuova sensibilità romantica. In un’atmosfera di libertà, la letteratura diviene il terreno sul quale si confrontano le diverse correnti di pensiero. Fra il 1825 e il 1865 emergono personalità vigorose e si producono opere di singolare importanza: Garrett introduce il lirismo romantico e il teatro storico, il gruppo di poeti raccolto intorno a Trovador (1844) e poi a Novo trovador (1851) elabora una nuova sensibilità e una nuova concezione della letteratura, intesa come mezzo di rinascita sociale e presa di coscienza dell’identità nazionale, insieme a un nuovo senso critico applicato ai fenomeni della cultura.
Il romanzo storico, creato da A. Herculano, fiorisce rigoglioso con J. de Andrade Corvo e A. de Sousa Dantas da Gama; il romanzo passionale con A.P. Lopes de Mendonça, F. M. Bordallo, J. Dinis e soprattutto con C. Castelo Branco. Lisbona, Porto e Coimbra sono i centri letterari principali. A.F. de Castilho continua, con toni esageratamente romantici, la tradizione di Garrett e Herculano. J. de Deus, A.T. de Quental e J.F.T. Braga sono gli iniziatori del realismo: il primo dà vita a una forma di semplice e appassionato lirismo, il secondo è poeta di doloroso pessimismo, di profonda ispirazione filosofica e perfetta elaborazione formale, mentre il terzo coltiva la poesia storica e politica e l’indagine erudita. Figure di primo piano sono in questo periodo G. de Azevedo, A.M. Guerra Junqueiro, vigoroso autore satirico, e A.D. Gomes Leal, dal delicato accento lirico. J.M. Eça de Queirós volge la sua attenzione ai problemi sociali in romanzi di spiccata impronta verista. Per la novellistica è importante la produzione di J. V. Fialho de Almeida e J.F. de Trindade Coelho, mentre nel campo della critica spicca l’opera di J.D. Ramalho Ortigão; quest’ultimo si distingue anche per i suoi libri di viaggio, genere che conosce in quest’epoca un’ampia diffusione.
Gli orientamenti simbolisti, proposti dalle riviste Boémia nova e Os insubmissos (entrambe pubblicate a Coimbra dal 1889), trovano la loro espressione programmatica nella raccolta di versi Oaristos (1890) di E. de Castro e Almeida e nella sua prefazione. Non restano estranei a questi nuovi influssi poeti come A. Nobre, A.M.A. de Oliveira e C. Pessanha, mentre nel teatro J. da Câmara, R. Brandão, Teixeira de Pascoais (pseudonimo dello scrittore J. Pereira Teixeira de Vasconcelos) ecc. tentano un dramma poetico a imitazione di Ibsen.
La generazione legata alla rivista Orpheu (1915) segna la conclusione dell’esperienza simbolista e l’inizio del modernismo, rappresentato da F. Pessoa, M. de Sá-Carneiro e J. de Almada Negreiros. Con il gruppo legato alla rivista Presença (1927), fondata e diretta da A.J. Branquinho da Fonseca, J. Gaspar Simões e J. Régio, il modernismo, opponendosi a ogni sorta di accademismo, si orienta all’esplorazione della psiche e dell’intuito individuali, diffondendo ampiamente la letteratura europea e sostenendo una critica libera, soggettiva e impressionista. Tra gli esponenti di questa tendenza spiccano A. Botto, P. Homem de Melo, M. Torga, A. Casais Monteiro e C. Queirós. Come reazione al movimento presencista sorge nel 1941 il gruppo di poeti legati alla rivista Novo cancioneiro che, mosso dalla scoperta della narrativa nordamericana, inaugura una poesia di carattere sociale e di tendenza neorealista (J. Gomes Ferreira; A. Rodrigues; T. Kim; M. Dionísio; F. Gonçalves Namora; S. Muralha; C.A. Serra de Oliveira). Negli stessi anni si afferma anche la rivista Cadernos de poesia (1940), che promuove una lirica depurata ed ermetica legata principalmente ai nomi di R. Cinatti, J. de Sena, S. de Mello Breyner Andresen, E. de Andrade, A. O’Neill. La narrativa neorealista ha i suoi rappresentanti più significativi in I. Lisboa, J. Rodrigues Miguéis, T.X. de Figueiredo, J. Paço d’Arcos, A. Alves Redol. Come reazione al realismo sociale si costituisce intorno agli anni 1950 il nucleo di poeti della Tavola redonda (D. Mourão-Ferreira; M. Cesariny de Vasconcelos; A.M. Couto de Viana; L. de Macedo; A. de Lacerda), il cui fine è «il recupero del lirismo come primo stadio della creazione poetica». A esso seguono negli anni 1960 lo sperimentalismo e negli anni 1960-80 il concretismo di stampo brasiliano e le correnti influenzate dalla psicanalisi e dalla semiotica. Anche nella narrativa la seconda metà del secolo è segnata da una reazione al neorealismo a volte influenzata dal surrealismo, altre volte di chiara impronta esistenzialista.
Alla fine del 20° sec. gli scrittori, facendo leva sulle proprie esperienze esistenziali, da un lato hanno scavato nella storia patria per riflettervi la loro immagine del presente, dall’altro hanno fatto della memoria lo strumento di una nuova indagine sull’identità nazionale. Vi è in prima linea la memoria delle donne, emerse dalla rivoluzione del 1974 con una nuova prepotente personalità, e vi è la memoria dei combattenti e delle vittime della guerra d’Africa, voluta dal regime salazarista e chiusasi con l’abbandono delle colonie, premessa della rinascita di un paese più moderno e dinamico, testimoniata dall’ultima delle grandi esposizioni internazionali del Novecento, l’Expo di Lisbona del 1998. Ma vi è anche la memoria collettiva dei grandi del passato, da Camões, il vate della patria, a Pessoa, il poeta dell’inquietudine divenuto uno dei referenti obbligati di ogni discorso letterario nel paese. La letteratura del nuovo P. vede comunque sulla scena alcuni grandi personaggi, quasi sempre attivi su tutti i fronti della creazione letteraria, cui si uniscono le nuove voci impegnate in un dialogo, da un lato, con le influenze coeve provenienti dall’Europa ma anche da un Brasile ancestrale e avanguardistico, e, dall’altro, con una storia patria di avventure marittime, conquiste e naufragi, che le celebrazioni colombiane del 1992 hanno permesso di riscoprire. Riferimenti al mare e alla storia patria si ritrovano in quasi tutti i grandi poeti consacrati. I nomi sono quelli di E. de Andrade, la cui ascendenza lorchiana si esprime in una straordinaria sapienza metaforica e linguistica (Poesia e prosa, 1989; Os lugares do lume, 1998), A. Ramos Rosa, che accoglie nella sua poesia suggestioni ecologiche e animiste (Delta seguido pela primeira vez, 1996), F. Guimarães (A analogia das folhas, 1990), H. Hélder, in cui la lezione surrealista sfocia nello sperimentalismo poetico (Do mundo, 1994), A. Osório (Crónica da fortuna, 1997), P. Tamen (Depois de ver, 1995), H. Macedo (Viagem de inverno, 1994), M. Alegre, bardo di respiro epico (Atlântico, 1989; Sonetos do Obscuro Quê, 1993; 30 anos de poesia: obra poética completa, 1995), G. Cruz (As pedras negras, 1994), V. Graça Moura (A sombra das figuras, 1985; Poemas escolhidos, 1963-1995, 1996), N. Júdice, poeta e narratore. Fra i narratori il nome più noto è quello di J. Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998, autore di romanzi in cui la materia storica è vista in una prospettiva metaforica ed espressa in un peculiarissimo linguaggio oralizzante. Accanto a lui va ricordato J. Cardoso Pires rimasto fedele, anche nelle ultime opere, alla sua vocazione di interprete del carattere nazionale portoghese. A questi due autori si è affiancato, specialmente a livello internazionale, A. Lobo Antunes. Fra gli altri vanno almeno ricordati U. Tavares Rodrigues, F. Campos, A. Abelaira, A. Alçada Baptista, M. Cláudio, A. Faria, M.de Carvalho, J. de Melo. Particolarmente folta è la presenza delle scrittrici. Tra tutte primeggia ancora S. de Mello Breyner Andresen, personalità assai complessa nella quale convivono la poetessa di impostazione classica e la narratrice per l’infanzia di sorridente complicità. Un’analoga ispirazione polivalente si riscontra in molte più giovani poetesse, narratrici, saggiste e autrici drammatiche, come A. Hatherly, F. Hasse Pais Brandão o Y.K. Centeno. Ma anche per le scrittrici, il romanzo o il racconto hanno un ruolo di primo piano. La più autorevole tra le narratrici portoghesi è considerata A. Bessa Luís, prolifica romanziera, drammaturga, biografa e critica.
La letteratura africana di lingua portoghese nasce dall’espansione coloniale lusitana avviata nel 15° sec. e continuata fino agli anni 1970, quando i territori africani occupati dal P. (Angola, Capo Verde, Guinea-Bissau, Mozambico, São Tomé e Príncipe) ottennero progressivamente l’indipendenza. L’espansione coloniale permise la diffusione della cultura portoghese anche verso altre zone: da un lato il Brasile (➔), dove si afferma una letteratura dapprima dipendente dalla madrepatria, poi sempre più libera dai canoni europei, e dall’altro l’Asia, disseminata di tracce culturali dell’ex impero lusitano.
La letteratura indoportoghese (che ha in Goa il suo principale centro) inizia con F. Álvares do Oriente (16° sec.), ma è solamente dal 19° sec. che l’India portoghese dà una produzione originale alla madrepatria. La poesia, di impronta ora romantica ora parnassiana, mossa da temi quali la natura e le leggende indiane, conta autori come F. Leal, C. Aires, M. Gracias, P. Dias, F. Barreto, H. Meneses Rodrigues e J.F.A. Barreto. Il romanzo, costruito sul modello di V. Hugo, trova la sua più alta espressione in Os brâmanes (1866) di F.L. Gomes. Tra le riviste letterarie nate tra la fine del 19° sec. e l’inizio del 20° si ricordano Ilustração goana, O heraldo, Índia portuguesa e Revista da Índia. La tradizione orale reca tuttora testimonianze dell’indoportoghese e del maleoportoghese, nati dall’incontro del portoghese con le culture locali. La zona di Macao – descritta da autori portoghesi come C. Pessanha, in China (postumo, 1944), e M. da Silva Mendes – ha dato i natali a L. Gonzaga Gomes, autore di narrativa breve (Lendas chinesas de Macau, 1951); nei decenni successivi si sono affermate le scrittrici M. Ondina e A.M. da Silva Amaro. La poesia nel dialetto locale è coltivata da J. dos Santos Ferreira. L’isola di Timor, che ha attratto autori portoghesi come A. Osório de Castro e R. Cinatti, è al centro della produzione del poeta e saggista timorese F. Silva (Poemas de Fernando Silva, 1945).
Testimonianze del periodo visigoto, caratterizzate dal tipico arco a ferro di cavallo, si hanno nelle chiese di S. Frutuoso de Montélios presso Braga (seconda metà 7° sec., a croce greca), di S. Pedro de Balsemão presso Lamego e di S. Amaro a Beja. Tracce di costruzioni risalenti al periodo arabo rimangono nel Castello dos Muros a Sintra e nel Castello di Mértola. Esempio tipico dell’arte mozarabica è la chiesa di Lourosa (10° sec.) nella Beira Alta. Un’architettura religiosa propriamente portoghese si ebbe solo nel periodo romanico, soprattutto nella regione nord-occidentale, già liberata dalla dominazione musulmana: inizialmente ispirata al primo stile cluniacense, a una sola navata con copertura lignea, si sviluppò poi in ampie costruzioni a tre navate con copertura a volta (cattedrali di Braga, Porto, Coimbra, Lamego, Lisbona ed Évora, 12° sec.), ornate da motivi di ispirazione bizantina e visigotica. La chiesa dei Templari a Tomar resta l’unico esempio di edificio a pianta centrale, improntato sullo schema del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Con l’affermarsi degli ordini monastici e cavallereschi (Cluniacensi, Cistercensi, Templari, Ospedalieri, Cavalieri di Cristo) fiorirono numerosi complessi architettonici: i monasteri di Alcobaça (1152, cistercense), di Almoster presso Santarém (1289), di Odivelas (1295-1305), di S. Chiara di Vila do Conde presso Porto (fondato nel 1318), con elementi stilistici di transizione tra romanico e gotico; e ancora la cattedrale di Silves presso Faro e la chiesa di S. Francesco a Porto. La scultura, espressa da forme simboliche e linguaggio popolare, fu strettamente connessa all’architettura (portali, capitelli): tra i rilievi più noti quelli di S. Salvador (12° sec.) di Bravães presso Viana do Castelo. Del periodo gotico si ricorda il monastero di S. Maria da Vitória a Batalha (1388-1402, di impianto cisterciense) con la chiesa, progettata da A. Domingues, e le capelas imperfeitas (non terminate) di Maestro Huguet in stile manuelino. Della scultura di questo periodo restano gli Apostoli (portale della cattedrale di Évora) e alcune opere funerarie (sarcofagi in S. Clara di Coimbra, nella cattedrale di Braga, in S. Maria di Alcobaça). La pittura assunse una connotazione propria nel 15° sec., per influenza del fiammingo J. van Eyck (attivo in P. nel 1428); il più significativo esponente fu N. Gonçalves. Sotto i regni di Emanuele I e Giovanni III furono attivi, fra gli altri, G. Lopes, C. de Figueiredo, V. Fernandes, G. Vaz e F. Carlos.
Nel 16° e nel 17° sec. si diffuse lo stile plateresco; accanto a esso, alla fine del 16° sec., elementi di impronta rinascimentale italiana furono introdotti da A. Sansovino (Coimbra, Porta Speciosa della cattedrale), F. Terzi (Tomar, interventi al convento dei Templari) e dallo spagnolo D. de Torralva, che conciliò la tradizione italiana con quella portoghese (chiesa da Graça, Évora; monastero dos Jerónimos de Belém, Lisbona; chiesa dei Templari, 1510-14, Tomar). Nella scultura furono determinanti gli apporti di alcuni francesi attivi a S. Cruz di Coimbra: P. Houdart (Ultima Cena), N. Chanteraine (tombe dei primi due re del P.), J. Loquin (pulpito) e J. de Rouen. Francisco de Holanda scrisse (1547-49) il trattato Da pentura antiga e tra i pittori operarono J. de Óbidos e D. Vieira, che si ispirarono a modelli italiani e spagnoli. Il barocco, favorito dai gesuiti, ebbe ampia diffusione sotto il regno di Giovanni V: notevoli, tra l’altro, a Porto la torre dos Clérigos (N. Nazoni, 1754) e, a Mafra, il convento (J.F. Ludwig, 1717-30).
Lisbona, distrutta dal terremoto (1755), fu in parte ricostruita su progetto di E. dos Santos de Carvalho, arricchendosi anche di ville e palazzi ornati di intagli, stucchi, terrecotte, sculture: notevole il Palazzo reale di Queluz (P.B. Robillon e M.V. de Oliveira, 1758-94). A Porto, tra le opere civili, notevole la costruzione dell’acquedotto delle Aguas Livres (1728-48). Di stile rococò è la basilica di Estrela di Lisbona. Fra gli scultori: C. Laprade e A. Giusti; J. Almeida (allievo a Roma di C. Monaldi), J.J. de Aguiar (allievo di Canova) e J. Machado de Castro, noto per i presepi di terracotta. Decorazioni in legno scolpito e dorato (talha dourada), maiolica colorata (azulejos) e rilievi in argilla e legno (monastero di S. Maria, Alcobaça), abbellirono gli interni delle chiese e dei palazzi. Tra i pittori, Vieira De Matos (Vieira Lusitano), autore anche di sanguigne e acqueforti.
Il neoclassicismo si manifestò con la ripresa eclettica degli stili del passato; a Lisbona si affermarono, dopo essersi formati in Italia, Vieira Portuense e D.A. de Sequeira (decorazione del Palazzo reale di Ajuda). Nell’Ottocento l’architettura presentò ancora caratteri ispirati al recupero del linguaggio stilistico affermatosi nei secoli precedenti: notevoli a Lisbona il Teatro nazionale Dona Maria (F. Lodi, 1842-46); il Palazzo municipale (D. Parente da Silva, 1866); gli interventi in neomanuelino al monastero dei Jerónimos di Belém (G. Cinatti e A. Rambois, 1878) e la stazione di Rossio (J.L. Monteiro,1887). A Sintra, il Palácio de Pena (von Eschwege, 1839). A Porto: Palazzo della Borsa (Costa Lima, in stile palladiano,1842); Palácio de Cristal (D. Tillen Jones, per la prima esposizione industriale,1865).
Tra gli scultori furono attivi S. d’Almeida, A. da Costa Mota e Soares dos Reis (celebre ritrattista). In pittura si affermarono come paesaggisti di successo A. Carvalho da Silva Porto e H. Pousão mentre a temi popolari fu legata l’opera di J.V.B. Malhoa; grande notorietà ebbe inoltre C.B. Pinheiro, decoratore e ritrattista.
Il passaggio tra il 19° e il 20° sec. fu segnato anche da notevoli interventi urbanistici (Avenida da Libertade, 1879, Lisbona; Avenida dos Aliados, 1915, Porto, progettata da M. da Silva). Tra gli architetti ricordiamo M. Ventura Terra, che si ispirò a modelli francesi (trasformazione del convento di S. Bento nel palazzo del Parlamento, 1903, Lisbona) e R. Lino, espressione della tradizione nazionale (cinema Tivoli, 1918, Lisbona). Della generazione tra gli anni 1920 e 1930, orientata al modernismo, si ricordano a Lisbona: C. da Silva (cinema Capitol, 1926-31), P. Monteiro (Istituto Tecnico Superiore, 1927), C. Ramos (Istituto di Oncologia, 1927-33), C. Branco (Cinema Eden, 1930-33), J. Segurado (Palazzo della Moeda, 1934-36), P. Pardal Monteiro (chiesa di Nossa Senhora de Fátima, 1934-38). Tra gli scultori che si opposero all’accademismo: F. Franco, J. da Silva, A. de Sousa, D. de Macedo e C. Maia. Alcuni pittori (A.F. Sousa Cardoso, T. Viana e G. Santa-Rita), dopo un soggiorno a Parigi (1905-10), influenzati dal cubismo, crearono i presupposti per un rinnovamento; a Lisbona J. Sobral de Almada Negreiros e, tra gli altri, il poeta F. Pessoa diedero vita al movimento modernista con la rivista Orpheu. Gli anni 1920-40 evidenziarono una tendenza al naturalismo (E. Viana, D. Gomes, A. Manta, C. Botelho, B. Marques); tra il 1935 e il 1940 furono attivi M. Eloy, A. Pedro e A. Dacosta. Nel secondo dopoguerra il piano De Groër, favorito dalla politica dell’Estado novo, assecondò forme classiche e monumentali.
Dopo una fase caratterizzata soprattutto dall’architettura intensiva nelle periferie urbane, Lisbona conobbe un rinnovamento culturale con la creazione della Fondazione C. Gulbenkian (A. Pessoa, P. Cid, R. Atugia, 1962-69); notevoli anche la costruzione della chiesa del Sagrado Coração de Jesus (T. Pereira, N. Portas, V. Lobo e V. Figueiredos, 1962-75) e, tra gli interventi urbanistici, il ponte sospeso sul fiume Tago (1962-66) e il recupero del quartiere Chiado (progetto 1994, A. Siza Vieira); di rilievo la Stazione ‘Do Oriente’ (S. Calatrava, 1998). A Porto si formò con successo una scuola di architetti, influenzati dalle correnti internazionali: A. Siza Vieira (Biblioteca dell’Università di Aveiro, 1991; Padiglione del P. per l’Expo del 1998 ecc.), J. Gigante, E. Souto de Moura, V. Moutinho e A. Soutinho (trasformazione del Convento di S. Gonçalo de Amarante in museo d’arte, 1973, ma realizzato nel 1980-83). Gli artisti della generazione postbellica, in un primo tempo impegnati contro il regime di Salazar, diedero vita poi a diversi movimenti: neorealista (J. Pomar), surrealista (M. Vespeira, F. Azevedo, F. Lemos); in seguito si allinearono alle tendenze europee (F. Lanhas, N. Afonso, J. Rodrigo), per giungere all’astrattismo lirico degli anni 1950 (J. Vieira, M. Baptista, A. Bual, A. Charrua). Di particolare rilevanza internazionale è stata l’attività pittorica di M.E. Vieira da Silva, stabilitasi a Parigi già nel 1929. Negli anni 1960 sono emersi artisti di diverse tendenze, dal surrealismo, all’astrattismo al neofigurativismo (J. Rodrigo, F. Azevedo, M. Vespeira), alla pop art (P. Rego) e alla optical art (A. Rosa, E. Nery); a Porto fu rilevante il gruppo dei Quatro Vintes (J. Rodrigues, J. Pinheiro, A. de Sousa e A. Alves). Nel 1974 il grande pannello della Rivoluzione dei garofani, eseguito da 48 artisti, ha costituito un intervento simbolico di confronto tra le diverse tendenze. Nel 1977 si inaugura a Cela Velha il primo monumento non figurativo, dedicato a H. Delgado, opera di J. Aurelio.
È soprattutto dalla metà degli anni 1980, tuttavia, che l’arte contemporanea in P. emerge a livello internazionale con nuove figure di artisti. Nell’ambito della scultura e dell’installazione, tra le figure più interessanti sono R. Sanches, P. Cabrita Reis, J.P. Croft e R. Chafes. Tra i pittori, P. Rego, che ha elaborato uno stile personale con opere di grande formato, anche in cicli. Elementi ironici e immaginari compaiono nelle pitture figurative di C. Pinheiro e R. Bertholo; E. Batarda opera tra geometria e figurazione. Dagli ultimi anni del 20° sec. si sono affermati i pittori G. Morais, J. Sarmento, P. Calapez, I. David, P. Casqueiro. Nel campo della fotografia sono attivi J. Molder e L. Campos; nel campo delle installazioni A. Ferreira; nelle videoinstallazioni J. Penalva e N. Sendas. Significativa anche l’attività a Lisbona della Caixa Geral dos Depósitos, del Centro culturale di Belém (sede progettata da V. Gregotti, 1993), della Fondazione Calouste Gulbenkian; a Porto del Centro di Arte Contemporanea e della Fondazione Serralves (A. Siza Vieira, 1999).
Le vicende dell’arte musicale portoghese attraverso i secoli non appaiono caratterizzate da tratti costanti e distintivi rispetto al panorama della musica europea. Il P. accolse tendenze stilistiche di vari popoli, dall’arabo all’italiano, con cui entrò in contatto. In particolare l’arte trovadorica ebbe anche in P. una sua popolaresca espressione nelle serranilhas (ballate) e nei vilancicos. Di tale periodo rimangono documenti diretti nel codice neumatico di Lisbona Ceremoniale episcoporum antiquum, contenente un buon numero di canti; documenti indiretti si trovano, invece, in un manoscritto del 14° sec., che riporta una Canção do figueiral proveniente dalla tradizione orale. Con i re Alfonso III, Dionigi, Alfonso IV, Pietro I, la vita musicale si intensificò e raggiunse prosperità sotto Giovanni I.
Dalla fine del 13° sec. in poi si sviluppò anche una corrente di musica sacra di stile anglo-francese, di cui abbiamo documenti anche nel cerimoniale dei re, fatto copiare da re Alfonso alla corte inglese per uso delle cappelle portoghesi; alle norme contenute nel cerimoniale si attenne l’organizzazione della stessa cappella di corte, fondata da Giovanni II e poi, sotto Emanuele I, assurta a grande importanza, essendovi chiamati artisti di gran nome: J. de Coimbra, D. de Belmonte, M. de Fontes, D. Gonçalves, F. Rodrigues ecc. Questo centro dette grande incremento all’attività musicale del paese, che trovò nel primo Cinquecento un esponente nella personalità artistica di G. Vicente, autore di autos sacramentales, sia in portoghese sia in spagnolo, composti in musica su melodie popolari. Durante questo periodo lavorano in P. compositori spagnoli e franco-fiamminghi.
Dal tardo 16° sec. al maturo 17° si segnalarono artisti locali come A. de Aguiar, A. Lobo, M. Rodrigues Coelho, F. de Magalhães e D. Lobo, celebre autore di musiche religiose italianizzate. La maggiore fioritura musicale portoghese, fortunata soprattutto nel genere religioso, di scuola palestriniana, coincise con il regno di Giovanni IV e si legò ai nomi di J. Soares Rebelo e dello stesso monarca. Successivamente emersero i nomi portoghesi di J. da Silva, A. Teixeira ecc.
Dalla fine del 17° sec. in poi, la vita musicale portoghese fu dominata dalla scuola italiana, soprattutto nell’operistica, ma anche nella musica religiosa e strumentale. I pochi musicisti nazionali, tra i quali F.A. de Almeida, scrivevano anch’essi in perfetto stile italiano. Un risveglio nazionale si ebbe a fine Ottocento con J. Viana da Mota, grande pianista e buon compositore, influenzato da Liszt e Wagner. Altri compositori, in diverso modo influenzati dal Romanticismo tedesco, furono Ó. da Silva (1870-1958) e F. de Lacerda (1869-1934), collaboratore di V. d’Indy; al russo Gruppo dei Cinque si volse invece D. de Sousa, mentre all’impressionismo e poi alla scuola di Vienna L. de Freitas Branco, poi confluito nel neoclassicismo.
Assai variegato il panorama della produttività contemporanea, che si muove su fronti stilistici diversi come quello nazionalistico (R. Coelho, 1891-1986), quello di un recupero originale della tradizione folclorica (F. Lopes-Graça, 1906-1994) e lo strutturalismo (A.J. Fernandes, 1906-1983). Tra i compositori delle generazioni successive si sono segnalati L.F. Pires, F. de Sousa, Á. Cassuto, A.J. Santiago, E. Nunes. Tra gli interpreti portoghesi che si sono affermati all’estero spicca la pianista M.J. Pires.
L’espressione più tipica della musica popolare portoghese è il fado (➔).