(sp. Galicia) Regione autonoma della Spagna (29.574 km2, con 2.784.169 ab. nel 2008; 94,1 ab./km2). Comunità autonoma dal 1981, con capoluogo Santiago de Compostela. Occupa l’estremità nord-occidentale della Penisola Iberica, a N del Portogallo, e comprende le province di La Coruña, Lugo, Orense e Pontevedra. È una regione storico-culturale, la cui unità deriva soprattutto dalla lingua, il gallego; dopo il Paese Basco e la Catalogna, è la comunità che persegue più apertamente una politica autonomistica.
L’ossatura della regione è data da un massiccio cristallino antico culminante a quasi 1800 m, digradante verso la costa atlantica e inciso da valli fluviali; queste valli sono sommerse dalle acque marine nella loro parte terminale, così che la costa è assai frastagliata, con numerose ampie insenature il cui nome locale, rías, è divenuto di uso comune nella nomenclatura geomorfologica. Il clima è tipicamente temperato oceanico, fortemente influenzato dall’Atlantico, con lievi escursioni termiche annue e precipitazioni abbondanti, quasi sempre superiori a 1000 mm annui, spesso, in vicinanza delle coste, prossime ai 2000 mm. Tra i fiumi, brevi, ma ricchi d’acqua, il principale è il Miño. La popolazione si addensa nelle province costiere di La Coruña e, soprattutto, di Pontevedra, mentre si rarefà nelle province interne (Lugo e Orense). I centri urbani più notevoli sono Vigo e La Coruña.
L’agricoltura galiziana è diversa da quella della maggior parte delle altre regioni spagnole, nelle quali prevalgono coltivazioni mediterranee. Qui, in relazione al clima umido, il suolo è prevalentemente utilizzato per colture di cereali (mais, grano), patate e piante da foraggio; integrate dall’allevamento di bovini da carne e da latte, dall’allevamento di conigli, dalla frutticoltura (kiwi) e dalla floricoltura. Largamente praticata è la pesca, che ha portato allo sviluppo di grandi porti pescherecci (Vigo, La Coruña) e di impianti industriali per la conservazione del pesce. Altre industrie notevoli sono quella cantieristica, automobilistica, chimica e metallurgica. Sviluppato il turismo (in particolare, pellegrinaggi al santuario di Santiago de Compostela).
La regione, abitata già nell’Età eneolitica, verso il 6° sec. a.C. fu colonizzata da popolazioni celtiche. I Romani la conquistarono nel 137-136 a.C. e la sottomisero del tutto solamente sotto Augusto. Dal 411 d.C. fu sottoposta agli Svevi, poi (585) ai Visigoti. Incorporata nel Regno delle Asturie (718), ma occupata dagli Arabi (734), sostenne l’azione di riconquista. Il 9° e 10° sec. furono contrassegnati dalle incursioni di Normanni. Con lo smembramento dello Stato asturiano, la G. si trovò legata al León (914) e nel 1037 passò a far parte della Castiglia. Per brevi periodi fu eretta in Regno indipendente (1063-72 e 1110). La parte meridionale, costituita in contea dall’11° sec., costituì il nucleo originario del Regno del Portogallo. Contro la dominazione napoleonica la G. si sollevò formando nel 1808 una giunta governativa rivoluzionaria.
Le istanze autonomistiche, sviluppatesi a partire dal 19° sec., ebbero una prima espressione nello statuto di autonomia del 1936, bloccato però dalla guerra civile e dalla dittatura franchista. Un nuovo statuto di autonomia, varato in base alla Costituzione del 1978 e approvato per via referendaria nel 1980, ha dotato la G. di organi legislativi ed esecutivi propri, con ampia giurisdizione.
Il gallego è una lingua neolatina, parlata oltre che in G., nel Portogallo settentrionale, a nord del Duero. Nettamente differenziato dal castigliano, è invece notevolmente affine al leonese e più ancora al portoghese. L’affinità con il portoghese dovette essere molto più stretta nella fase arcaica, dal 12° al 15° sec., e soprattutto nella lingua letteraria: per questo periodo infatti non si può, almeno sulla base dei documenti linguistici e letterari tramandatici, e soprattutto della lirica dei trovatori galiziani e portoghesi, isolare il gallego dal portoghese, tanto che per questa fase si usa abitualmente il termine comprensivo di gallego-portoghese.
Dopo essere stato la lingua letteraria poetica dell’intera penisola iberica durante il 13° e 14° sec., dal 15° sec. il gallego decadde per rifiorire nel periodo romantico nel quale si compilarono vocabolari e grammatiche, e videro la luce giornali e riviste che svolsero una propaganda di carattere regionalistico. Nel 19° sec., fra gli eruditi, J.A. Saco y Arce curò una Gramática gallega e una Literatura popular de Galicia, A. de la Iglesia pubblicò un Diccionnario gallego-castellano (1863), F.J. Rodríguez scrisse El idioma gallego: su antigüedad y su vida (3 vol., 1871). In campo letterario la prima personalità di rilievo è N. Pastor Díaz, che si riannoda in alcune sue composizioni alla tradizione lirica gallega medievale, come fanno anche A. Aguirre e B. Vicetto y Pérez e principalmente F. Añón. Tra i lirici di primo piano sono la poetessa R. de Castro, V. Lamas Carvajal, J. Pintos, ed E. Pondal. Nell’ultimo quarto del 19° sec. la rinascita si riflette anche nel teatro e nella prosa.
Nel Novecento la letteratura gallega è andata sempre più affermando la propria specificità nei confronti delle altre letterature della Spagna, in primo luogo della castigliana, anche se agli inizi del secolo il bilinguismo con il castigliano era fortemente condizionante: ancora nel 1924 A. Losada Diéguez poteva lamentare che non esistesse una prosa in lingua galiziana. Perché la lingua della G. si affermasse con la propria singolarità in tutti i generi letterari fu necessaria l’esperienza della rivista Nós (1920-36). R. Otero Pedrayo fa del distacco dal castigliano la propria cifra stilistica, in particolare con il romanzo-manifesto Arredor de sí (1930). Accanto a lui spiccano le figure di V. Risco, autore della Teoria do nacionalismo galego (1920), e di A. Rodríguez Castelao, tipico esponente (insieme con L. Seoane) del galiziano della diaspora, il quale dall’esilio volontario di Buenos Aires (dove soprattutto, grazie alla presenza di un’attiva colonia di espatriati, la letteratura gallega sopravvivrà durante gli anni del franchismo) continua l’opera di traghettamento del galiziano da lingua orale e popolare a lingua scritta e letteraria. Il periodo che precede la guerra civile vede così l’affermazione di poeti come R. Cabanillas, X. Crecente Vega o G. López Abente, mentre tra i narratori si segnalano la scrittrice F. Herrera Garrido e F. Álvarez de Nóvoa.
Il franchismo, con l’imposizione del castigliano come unica lingua, segna una frattura, che si risanerà a partire dalla fine degli anni 1940 grazie all’attività della casa editrice Galaxia, che dal 1963 pubblica la rivista Grial, tra i cui fondatori spicca la personalità di R. Piñeiro, il filosofo della saudade (La saudade: ensayos, in collaborazione con altri, 1953; Filosofia da saudade, 1984). Nel 1947 A. Iglesia Alvariño dà alle stampe Cómaros verdes, che per il solo fatto di presentare poesie in gallego è di per sé un evento rivoluzionario nella Spagna di Franco e che preannuncia il definitivo risveglio delle lettere negli anni 1950, in cui appaiono le opere di poeti come C.E. Ferreiro e Á. Cunqueiro, accanto a quelle di nuovi autori come L. Pozo Garza (da O paxaro na boca, 1952, a Prometeo a flor de loto, 1992). Nel 1951 esce il romanzo A xente da Barreira di R. Carballo Calero. Á. Fole nel 1953 pubblica Á lús do candil: contos a carón do lume e, due anni dopo, Terra brava, recuperando la tradizione popolare contadina gallega. Nel 1955 esce Merlín e familia, del citato Cunqueiro, autore nel 1956 di Las crónicas del sochantre, che offre un sostanziale impulso alla creazione di una moderna letteratura in lingua gallega, affiancato in quest’operazione da E. Blanco-Amor, che pubblica, nella Buenos Aires dell’esilio, A esmorga (1959). Si afferma così una nuova generazione di autori, influenzati dall’estetica del nouveau roman e dalla contemporanea narrativa statunitense: C. Casares (da Vento ferido, 1967, a Deus sentado nun sillón azul, 1996) e soprattutto X.L. Méndez Ferrín (Percival e outras historias, 1958), autore anche di poesie (Estirpe, 1994).
Tra il 1975 e il 1981, con la caduta del franchismo, una nuova generazione è ormai pronta; si affermano C. Gonsar (Cara a Times Square, 1980; Arredor do non, 1995), P. Martín (No cadeixo, 1976; Dous homes ou tres, 1993; Medio burato, 2000), A. Conde (Come e bebe que o barco é do amo, 1978; Sempre me matan, 1995), con una produzione vivace, eclettica e aperta anche al successo internazionale.